Ascensione
del Signore – Anno C – 2 giugno 2019
Rito
romano
At
1,1-11; Sal 46; Eb 9,24-28; 10,19-23; Lc 24,46-53
Rito
ambrosiano
At
1,6-13a; Sal 46, Ef 4,7-13; Lc 24,36b-53
1)
La reggia della Croce.
Con
la solennità dell’Ascensione celebriamo il fatto che Cristo è
elevato sul trono della Croce. Risorgendo non solo è stato tolto
fuori dal sepolcro ma è stato pure innalzato alla destra del Padre
del cielo. La festa di oggi ci fa contemplare Gesù Cristo che
ritorna al luogo della sua gloria: alla destra del Padre. Dunque la
Croce è un trono la cui reggia è il Cielo.
Ci
fa capire ciò anche il significato del verbo “elevare”, che è
di origine veterotestamentaria ed è riferito all'insediamento nella
regalità. L’Ascensione di Cristo significa dunque, in primo luogo,
l'insediamento del Figlio dell'uomo crocifisso e risorto nella
regalità di Dio sul mondo.
Cristo
vi ritorna con le sue pieghe gloriose. Vi ritorna da vero Dio e da
vero Uomo, con una vera carne d’uomo, anche se è una carne
glorificata. Questa gloria del Figlio di Dio diventa ora, a pieno
titolo, gloria del Figlio dell’uomo e quindi dell’uomo.
Contempliamo
oggi il Signore, con il suo corpo risorto e glorificato, alla destra
del Padre, ma che non ci ha abbandonati, perché da lì accompagna la
sua Chiesa, intercedendo per noi il dono dello Spirito Santo,
guadagnato con la sua Pasqua.
In
questa prospettiva comprendiamo perché l’evangelista Luca affermi
che, dopo l'Ascensione, i discepoli tornarono a Gerusalemme “pieni
di gioia” (24,52). La causa della loro gioia sta nel fatto che
quanto era accaduto non era stato in verità un distacco, un’assenza
permanente del Signore: anzi essi avevano ormai la certezza che il
Crocifisso- Risorto era vivo, ed in Lui erano state per sempre aperte
all’umanità le porte di Dio, le porte della vita eterna. In altri
termini, la sua Ascensione non ne comportava la temporanea assenza
dal mondo, ma piuttosto inaugurava la nuova, definitiva ed
insopprimibile forma della sua presenza, in virtù della sua
partecipazione alla potenza regale di Dio. Toccherà proprio a loro,
ai discepoli, resi arditi dalla potenza dello Spirito Santo, renderne
percepibile la presenza con la testimonianza, la predicazione e
l’impegno missionario.
Come
loro, anche noi, accogliendo l’invito dei “due uomini in bianche
vesti”, non dobbiamo rimanere a fissare il cielo, ma, sotto la
guida dello Spirito Santo, dobbiamo andare dappertutto e proclamare
l’annuncio liberante della morte e della risurrezione di Cristo.
Come
i discepoli siamo inviati ogni giorno a “predicare” soprattutto
con la vita la vittoria del Signore sulla morte, certi che in ogni
circostanza Egli “confermerà” la nostra parola “con i prodigi
che l’accompagneranno”. Sì fratelli, nella nostra vita tutto
sarà trasformato in “un prodigio” dell’amore di Dio che
testimonierà il destino celeste preparato per ogni uomo.
2)Guardare
al Redentore.
La
festa dell’Ascensione
di Cristo ci fa celebrare la manifestazione gioiosa e gloriosa del
vero aspetto dell’Ecce Homo, che la passione aveva nascosto in modo
drammatico. Poco più di una quarantina di giorni prima di questo
evento di cielo, Pilato aveva mostrato Gesù, il Servo sofferente e
insanguinato, alla folla riunita per condannare, rinviando in tal
modo al volto oltraggiato e umiliato dell’uomo come tale.
“Guardate,
questo è l’uomo”,
aveva detto il Procuratore romano. Ma la gente non si impietosì, e
ne decretò la morte. Anche oggi, giornali, televisione, internet,
cinema e teatro continuano a metterci davanti – talvolta con
compassione, più spesso cinicamente e molte volte anche con il
piacere masochistico dell’autodistruzione – l’uomo umiliato e
sconfitto, in tutte le forme di orrore: questo è l’uomo,
continuano a dirci. La scienza con l’evoluzionismo ci riporta al
passato, ci mostra il risultato delle sue ricerche, l’argilla da
cui è venuto l’uomo, e ci “assicura”: questo è l’uomo.
L’evento
dell’Ascensione del Salvatore dice ai discepoli antichi e nuovi:
l’affermazione di Pilato che mostra il Cristo flagellato, è
un’affermazione vera a metà, o anche meno. Gesù non è solamente
un uomo con il capo incoronato di spine ed il corpo infiacchito dalla
flagellazione a sangue: Lui è il Signore, e il suo dominio, che ha
la “violenza” dell’amore che si immola, restituisce all’uomo
ed al mondo intero la sua bellezza originaria. Cristo salendo al
cielo mostra di aver risollevato l’immagine di Adamo. Noi non siamo
solo sporcizia e dolore; siamo in Cristo fino al cuore di Dio.
“L’Ascensione
di Cristo è la riabilitazione dell’uomo: non l’essere colpiti
abbassa e umilia, ma il colpire; non l’essere oggetto di sputi
abbassa e umilia , ma lo sputare addosso a qualcuno; non chi è
offeso, ma chi offende è disonorato; non è la superbia che innalza
l’uomo, ma l’umiltà; non è l’autoglorificazione a renderlo
grande, ma la comunione con Dio, di cui egli è capace.”
(Benedetto XVI, Immagini di speranza 2005).
3)
Credere e celebrare l’Ascensione.
Che
cosa significa credere che Gesù "è asceso al cielo"? La
risposta la troviamo nel Credo: "È salito al cielo, siede alla
destra del Padre". Che Cristo sia salito al cielo significa che
"siede alla destra del Padre", cioè che, anche come uomo,
egli è entrato nel mondo di Dio; che è stato costituito, come dice
san Paolo nella seconda lettura, Signore e capo di tutte le cose.
Quando si tratta di noi, "andare in cielo", o andare "in
paradiso" significa andare a stare "con Cristo" (Fil
1,23). Il nostro vero cielo è il Cristo risorto con cui andremo a
ricongiungerci e a fare "corpo" dopo la risurrezione della
carne.
“L’Ascensione
non indica l’assenza di Gesù, ma ci dice che Egli è vivo in mezzo
a noi in modo nuovo; non è più in un preciso posto del mondo come
lo era prima dell’Ascensione; ora è nella signoria di Dio,
presente in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi”
(Papa Francesco, Udienza
generale,
17 aprile 2013). Dunque con la festa dell’Ascensione celebriamo il
fatto che il Paradiso si apre all’umanità con l’ingresso solenne
e gioioso di Cristo in cielo alla destra de Padre. Nel suo “addio”
Gesù lascia agli Apostoli la sua verità e la sua potenza, perché
l’Ascensione non fu una partenza, ma un intensificare la sua
presenza in tutti i punti dell’universo. Non era quindi un addio
(nel senso corrente del termine “addio” esso vuol dire che non ci
si rivedrà più se non in cielo), ma la promessa e la certezza di
una costante presenza fino agli estremi confini del tempo e dello
spazio: “Ecco
che io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei secoli”
(Mt 28 20). In effetti “addio” viene da “ad Deum”, verso Dio.
Quando ci si saluta così ci si impegna in un cammino, in un esodo
che vuole dire in un ritorno alla casa di Dio e nostra. La nostra
vita è tutta protesa verso un evento, quello dell'incontro
con Dio-Amore.
In
attesa di realizzare questo incontro definitivo grazie al passaggio
con il corpo nell’ultimo giorno, noi cristiani siamo chiamati a
realizzarlo con il cuore, ogni giorno. Ma questo passaggio del cuore
a ciò che è eterno e non passa, non distoglie il cristiano dai
compiti storici che ha in questo mondo. La domanda che i due angeli
in bianche vesti rivolsero agli apostoli: “Perché state a
guardare il cielo?”, vale anche per noi.
Per
“passare da questo mondo non passare con questo mondo”
(Sant’Agostino), dobbiamo lavorare su di noi perché il cuore passi
a ciò che è eterno, ogni giorno. Dobbiamo guardare al vero cielo,
non quello atmosferico, ma quello di Dio, a cui anela il nostro
cuore: “L’anima mia ha sete del Dio vivente”. E San Paolo
completa dicendo: “La nostra patria è nei cieli e di là
aspettiamo come Salvatore il Signore Gesù Cristo” (Fil 3, 20). Il
cielo della fede cristiana è, in ultima analisi, una persona; è il
Cristo risorto a cui siamo incorporati, con cui sia chiamati a a fare
“corpo”. “Andare in cielo”, o andare “in paradiso”
significa andare a stare “con Cristo” (Fil 1,23). “Vado a
prepararvi un posto, ha detto Gesù, perché siate anche voi dove
sono io” (Gv 14, 2-3). Dunque celebrare e vivere l’Ascensione è
alimentare questo santo desiderio di Dio, di vita piena, ora e per
l’eternità
4)
Annunciare il vangelo è portare la benedizione di Dio.
Il
brano del Vangelo di oggi (quello romano e quello ambrosiano hanno
presso che i medesimi versetti) verso la fine dice che Gesù :
“Mentre
li (gli apostoli) benediceva veniva portato verso il cielo”.
Ogni
volta che andiamo a Messa, ogni volta che sperimentiamo la
benedizione, potremo uscire di Chiesa e andare nel mondo come persone
benedette e non come poveri esseri abbandonati.
“Personalmente,
non dimenticherò mai con quale devozione e con quale interiore
dedizione mio padre e mia madre segnavano noi bambini con l'acqua
benedetta, facendoci il segno della croce sulla fronte, sulla bocca e
sul petto quando dovevamo partire.
Questa benedizione era un gesto di accompagnamento, da cui noi
ci sapevamo guidati: il farsi visibile della preghiera dei genitori
che ci seguiva e la certezza che questa preghiera era sostenuta dalla
benedizione del Redentore.
Penso
che questo gesto del benedire, come piena e benevola espressione del
sacerdozio universale di tutti i battezzati, debba tornare molto più
fedelmente a far parte della vita quotidiana e abbeverarla con
l'energia dell'amore che proviene dal Signore.”
(Joseph Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia”,
Milano 2001).
Benedire
è un gesto sacerdotale: in quel segno della croce noi percepivamo il
sacerdozio dei genitori, la sua particolare dignità e la sua forza.
Le
mani che benedicono sono anche mani che offrono e che pregano. A ciò
sono chiamate in modo particolare le Vergini consacrate, che
offrendosi pienamente a Cristo uniscono le loro mani a quelle di
Cristo, che diventano come il tetto che ci copre. Con la benedizione
del Vescovo la vita di consacrazione di queste Vergini è ricolmata
dei beni della salvezza e della vita, è spesa nella preghiera di
lode in ringraziamento dei beni ricevuti ed è offerta di
intercessione per la Chiesa ed il mondo intero.
Le
vergini consacrate si caratterizzano anche per la semplicità di
cuore e di vita, ma è ai semplici che Cristo affida il compito di
portare Lui e il suo messaggio a tutti. Più le persone sono
“irrilevanti
di fronte alle grandi potenze del mondo, più sono adatte a portare
il messaggio d’amore e di misericordia di Gesù in ogni angolo
della terra”
(cfr. Papa Francesco, 13 maggio 2018)
Breve
spiegazione di alcune parole del Vangelo.
Il
verbo anapherein
(=salire; portato su
nella nuova traduzione della Bibbia), che suggerisce un'azione
progressiva, è al passivo (unica volta nel N.T.) e riferisce
l'azione a Dio con un collegamento ai testi di rapimento nella Bibbia
(per esempio per Enoch o Elia, vedi Gen
5,24; Sir
44,16; 49, 14; 1Re 2,9ss;
Sir
48,9.14). Ma l'idea che l'evangelista vuole trasmettere è diversa:
egli indica l'esaltazione del risorto alla destra di Dio, ben
attestato nella predicazione apostolica (vedi Fil
2,9; 1Tm
3,16: 1Pt
3,22 ; At
2,33; 5,31).
Sebbene
il luogo dell'Ascensione non sia citato direttamente nella Bibbia,
dagli Atti degli Apostoli sembrerebbe essere l'Orto degli ulivi,
poiché dopo l'ascensione i discepoli “ritornarono
a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi
, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un
sabato.” (At
1,12).
Il
Getsemani
(parola aramaica che significa "frantoio") è un non grande
uliveto poco fuori la città vecchia di Gerusalemme ed ai piedi del
Monte degli Ulivi, nel quale Gesù si ritirò dopo l'Ultima Cena
prima di essere tradito da Giuda ed arrestato (Mt
26,36; Mc
14,32; Lc
22,39). Il luogo è noto anche come Orto
degli ulivi.
Lettura
Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona
DISCORSO
262
ASCENSIONE
DEL SIGNORE
DISCORSO TENUTO NELLA BASILICA DI S. LEONZIO
1.
1. Il Signore Gesù, unigenito del
Padre e coeterno a colui che lo genera, ugualmente invisibile,
ugualmente immutabile, ugualmente onnipotente, ugualmente Dio, per
noi, come sapete e avete ricevuto e credete, è divenuto uomo,
assumendo la natura umana senza perdere quella divina: nascondendo la
sua potenza si è manifestato nella debolezza. Come sapete è nato
perché noi potessimo rinascere, è morto perché potessimo non
morire in eterno. Subito dopo, cioè al terzo giorno, egli risuscitò
promettendo a noi, per la fine dei tempi, la risurrezione della
carne. Si manifestò ai suoi discepoli facendosi vedere con gli occhi
e toccare con le mani; convincendoli di ciò che era diventato senza
lasciare ciò che era da sempre. Rimase con loro quaranta giorni,
come avete ascoltato, entrando e uscendo, mangiando e bevendo; non
già per necessità ma tutto per potenza. E manifestando ad essi la
realtà del suo corpo, nella croce ne fece vedere la debolezza,
risorgendo dal sepolcro l'immortalità acquistata.
2.
2. Oggi celebriamo il giorno della sua
ascensione al cielo. Oggi ricorre anche un'altra festa, propria di
questa chiesa: la sepoltura di S. Leonzio, fondatore di questa
basilica. Ma la stella lasci che venga oscurata dal sole. Perciò
continuiamo a parlare piuttosto del Signore come avevamo iniziato. Il
servo buono gioisce quando viene lodato il suo Signore.
3.
3. In questo giorno dunque, cioè nel
quarantesimo dopo la sua risurrezione, il Signore ascese al cielo.
Noi non abbiamo visto il fatto, però crediamoci ugualmente. Coloro
che lo videro predicarono e riempirono tutta la terra [della loro
predicazione]. Sapete chi sono coloro che lo videro e che ce lo hanno
trasmesso; chi sono coloro dei quali fu predetto: Non
è racconto, non è linguaggio, non è voce che non possa essere
intesa. Per ogni terra ne corre la voce, ne giunge l'eco ai confini
del mondo. Vennero anche da noi e ci
svegliarono dal sonno. Ed ecco che questo giorno vien celebrato in
tutto il mondo.
4.
4. Richiamate alla mente il Salmo. A
chi fu detto: Innalzati sopra i cieli,
Dio ?
A chi fu detto? Si potrebbe dire:
Innalzati
a Dio Padre, che mai si è abbassato? Innalzati
tu [o Cristo]; tu che fosti chiuso nel grembo di una madre; tu che
sei stato formato in colei che tu stesso hai fatto; tu che sei stato
adagiato in una greppia; tu che hai succhiato dal suo seno come un
qualunque bambino; tu che, mentre reggi il mondo, eri sorretto da tua
madre; tu di cui il vecchio Simeone vide la piccolezza ma lodò la
potenza ; tu che la vedova Anna vide poppante e riconobbe
onnipotente ; tu che hai avuto fame per noi , hai avuto
sete per noi , ti sei stancato nel cammino per noi, (ma può il
pane aver fame, la fonte aver sete, la via
stancarsi?); tu che tutto questo hai sopportato per noi, tu che hai
dormito e tuttavia non ti addormenti, custode d'Israele ;
tu infine che Giuda vendette, i Giudei
comprarono ma non possedettero; tu che sei stato preso, legato,
flagellato, coronato di spine, sospeso alla croce, trafitto dalla
lancia; tu che sei morto e sei stato seppellito: Innalzati
sopra i cieli, Dio.
5.
4. Innalzati - dice il Salmo -
innalzati sopra i cieli, perché sei Dio. Ora siedi in cielo tu che
sei stato appeso alla croce. Ora sei atteso come giudice venturo, tu
che dopo essere stato atteso fosti giudicato. Chi crederebbe a queste
cose se non le avesse fatte colui che rialza il misero dalla terra e
dal letame solleva il povero? Lui stesso rialza il suo corpo misero e
lo colloca con i principi del suo popolo, con i quali giudicherà i
vivi e i morti. Ha collocato questo misero corpo vicino a coloro ai
quali disse: Sederete sopra dodici troni per giudicare le dodici
tribù d'Israele.
6.
5. Innalzati
perciò
sopra i cieli, Dio.
Già questo è accaduto, già si è
adempiuto. Ma noi diciamo: Come è stato predetto che si sarebbero
avverate le parole innalzati sopra i
cieli, Dio - noi non lo abbiamo visto
ma lo crediamo -, così è davanti ai nostri occhi quel che segue a
quelle parole: Innalzati sopra i cieli,
Dio e su tutta la terra la tua gloria.
Chi non vede realizzata la seconda parte (del versetto) può anche
non credere alla prima. Che cosa significa infatti: e su tutta la
terra la tua gloria se non: su tutta la terra la tua Chiesa, su tutta
la terra la tua signora, su tutta la terra la tua fidanzata, la tua
diletta, la tua colomba, la tua sposa? La Chiesa è la tua gloria.
L'uomo -
dice l'Apostolo - non deve coprirsi la
testa, perché è immagine e gloria di Dio, mentre la donna è gloria
dell'uomo. Come la donna è gloria
dell'uomo, così la Chiesa è gloria di Cristo.