Rito
Romano
2
Re 4,42-44; Sal 144; Ef 4,1-6; Gv 6,1-15
Rito
Ambrosiano
Gdc
2, 6-17; Tes2, 1-2. 4-12; Mc 10, 35-45
9
Domenica dopo Pentecoste
1)
Pane da condividere.
Con questa domenica la
liturgia interrompe la lettura continuata del Vangelo di San Marco e
per cinque domeniche consecutive (da oggi,17ª Domenica del Tempo
Ordinario, fino alla 21ª) ci propone tutto il capitolo sesto di san
Giovanni. La ragione di tale inserzione risiede nella volontà di
approfondire il tema del “pane”. Questo sesto capitolo di
Giovanni si apre appunto con la narrazione della moltiplicazione dei
pani, offrendoci un bellissimo esempio della compassione che Gesù
aveva per chi lo seguiva e che aveva “dimenticato” di mangiare
tanto era la voglia di vedere i suoi miracoli e di nutrirsi della Sua
parola.
Per capire bene il
brano del Vangelo di oggi, anche questa volta ricostruiamo il
contesto: Gesù viene seguito da “una grande folla, vedendo i
segni che faceva sugli infermi”. La gente è attratta dalla
potenza misericordiosa di Gesù che si preoccupa dei malati e li
guarisce. Gesù, però, non è solo un guaritore; è il maestro: per
questo sale sul monte, come Mosè che era salito sul Sinai per
accogliere la legge del Signore per Israele. Tuttavia, Gesù non va
sul monte per ricevere la parola di Dio, ma per donarla: è per
questo che si mette a sedere (nel testo originale in greco:
si mette in cattedra), non tanto perché sia particolarmente
stanco, ma perché questo è l’atteggiamento del maestro, che,
quando insegna, sale, per così dire, in cattedra. Del resto Gesù
aveva già fatto così, quando aveva proclamato la “nuova legge”
delle beatitudini: “Salì sul monte e si mise a sedere; poi
prendendo la parola, cominciò a insegnare” (Mt 5,1). Sempre
per quanto riguarda il brano evangelico di oggi, è utile mettere il
risalto l’annotazione temporale: era vicina la Pasqua. Quindi,
siamo in primavera. Questa indicazione temporale ci riporta
all’indietro, alla grande storia dell’esodo, iniziata con il
primo plenilunio di primavera di millenni fa, e ai tanti segni
che Dio aveva operato con Mosè per la liberazione degli Ebrei e
durante il loro cammino verso la Terra promessa. Ma il riferimento
alla Pasqua ci spinge anche in avanti e anticipa simbolicamente il
dono che Gesù farà del suo Corpo e del suo Sangue nell’ultima
Cena.
Questo dono del Pane di
Vita è da condividere come fu condiviso il pane moltiplicato da Gesù
per dar da mangiare a quanti lo avevano seguito.
Il pane condiviso
insegna l’attenzione all’altro e l’umiltà a non scartare
nessuno, e a fidarsi di un Dio che si fida di noi e ci fa capaci di
distribuire il pane a una folla numerosa.
Oltre a prendere il
Pane a noi donato e da noi condiviso mediante una vita caritatevole,
rivolgiamo a Cristo questa preghiera: “Se desidero medicare le mie
ferite, tu sei medico. Se brucio di febbre, tu sei la sorgente
ristoratrice. Se sono oppresso dalla colpa, tu sei il perdono. Se ho
bisogno di aiuto, tu sei la forza. Se temo la morte, tu sei la vita
eterna. Se desidero il cielo, tu sei la vita. Se fuggo le tenebre, tu
sei la luce. Se cerco il cibo, tu sei il nutrimento” (Sant’Ambrogio
da Milano). Insomma, preghiamo Dio, “Padre nostro”, perché “ci
dia il nostro pane quotidiano” del corpo e dello spirito.
Se è un miracolo dare
da mangiare a migliaia di persone con un po’ di pane, è un
miracolo ancora più grande dare il pane di verità, di gioia. Si
tratta del Pane vero, del Pane della Verità da condividere con gli
affamati di giustizia.
Il pane moltiplicato da
Chi nell’ultima Cena si farà Pane di Vita. Il grande miracolo non
è quello di sfamare una folla, ma quello di mostrare la gloria di
Dio rivelata in Gesù, Parola fatta carne, Verbo fatto cibo
eucaristico per i cristiani. In effetti, il brano del vangelo di oggi
racconta che Gesù prese i pani, rese grazie e li distribuì: tre
verbi che ci ricollegano a ogni Messa.
E mentre i discepoli lo
distribuivano, il pane non veniva a mancare, e mentre passava di
mano in mano, questo pane condiviso restava in ogni mano.
2) Pane di
misericordia.
In quel giorno, Gesù
sentì compassione perché è fatto dello stesso amore del Padre e
manifestò la misericordia di Dio parlando alla folla e saziandone la
sua fame.
Oggi, amandoci oltre
ogni misura, Cristo moltiplica il Pane di Vita per noi. Nel
sacramento dell’eucaristia Gesù si fa cibo di vita vera, lieta per
la misericordia ricevuta.
In questa Domenica, il
segno della misericordia, della compassione di Gesù Cristo è il
racconto dei pani moltiplicati e condivisi che ci aiuta a capire che
Cristo ci dona se stesso e la sua vita offrendosi a noi come pane
eucaristico. Lui, che ringraziò il Padre, benedisse e spezzò il
pane materiale donatogli da un bambino, si lascia spezzare per noi
quale pane spirituale. Mangiando di questo Pane, Corpo eucaristico di
Cristo, che è “la misericordia di Dio incarnata” (Papa
Francesco), anche noi diventiamo misericordia.
La
Cena eucaristica, dunque, non è un’azione da guardare, è un gesto
da vivere. Fare la comunione non è solamente ricevere e lasciarsi
santificare dalla presenza di Cristo, è aprire il nostro cuore per
portare all’altare il “sì” del nostro amore a Dio; è aprire
le nostre mani ai fratelli e sorelle, che hanno fame e che dobbiamo
soccorrere con le opere di misericordia materiale e spirituale. Ma
non dimentichiamo che la prima e più grande misericordia è di
insegnare la verità e di dare cose vere, perché “il bene è la
verità e la proposta della verità nasce dall’amore” (Card
Giacomo Biffi).
Un
esempio significativo di come vivere la misericordia è quello
offerto dalla Vergini consacrate che sono “i
fiori dell’albero che è la
Chiesa” (Sant’Ambrogio di
Milano).
In effetti, le vergini
consacrate nel mondo sono chiamate a essere annuncio e attuazione di
questa misericordia, a esserne immagine e a saperla offrire, con una
vita fatta di paziente vigilanza nella preghiera, di attenzione, di
discrezione e riserbo. E ciò perché la vocazione verginale è in
relazione profonda con il mistero dell’Eucaristia. “Infatti,
nell'Eucaristia la verginità consacrata trova ispirazione ed
alimento per la sua dedizione totale a Cristo. Dall'Eucaristia
inoltre essa trae conforto e spinta per essere, anche nel nostro
tempo, segno dell'amore gratuito e fecondo che Dio ha verso
l'umanità. Infine, mediante la sua specifica testimonianza, la vita
consacrata diviene oggettivamente richiamo e anticipazione di quelle
« nozze dell'Agnello » (Ap 19,7.9), in cui è posta la meta di
tutta la storia della salvezza. In tal senso essa costituisce un
efficace rimando a quell’orizzonte escatologico di cui ogni uomo ha
bisogno per poter orientare le proprie scelte e decisioni di
vita”.(Sacramentum caritatis, 81).
Imitando la Sempre
Vergine Maria, queste donne vergini testimoniano la verità del
Magnificat: “Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo é il
suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si
stende su quelli che lo temono”, che può essere così parafrasato:
“Mi ha fatta grande Colui che è potente ed il cui nome è santo,
perché la Divina potenza operò il miracolo della verginità e la
Sua infinita santità la riempì di grazie”. E il coro verginale
risponde magnificando la misericordia di Dio che, per Maria Vergine e
Madre, passò di generazione in generazione, facendo spuntare nel
fango del mondo i fiori di santa verginità che profumano la
terra e il Cielo. La verginità è seguire Gesù; non è quindi
rinuncia ad amare, ma lasciarsi afferrare e possedere completamente
dall’Amore, come insegna Sant’Ambrogio di Milano: “Vergine
consacrata cerca il Cristo nella tua luce, cioè nei buoni pensieri,
nelle buone azioni, nelle tue notti, cercalo nella tua stanza, perché
anche di notte viene e bussa alla tua porta. Vuole trovarti vigile in
ogni momento, vuole trovare aperta la porta dell’anima tua. La
bocca canti la lode e la professione di fede nella croce, mentre
nella tua stanzetta ripeti il Credo e canti i salmi. Quando egli
verrà, ti trovi desta e preparata. Dorma il tuo corpo, ma vigili la
tua fede; dormano le lusinghe del senso, ma vigili la prudenza del
cuore. Le tue membra profumino della croce di Cristo e della
fragranza della sua sepoltura. E c’è pure un’altra porta che
vuole trovare aperta: vuole che si schiuda la tua bocca e canti la
lode e la professione di fede nella croce, mentre nella tua stanzetta
ripeti il Credo e canti i salmi. Quando egli verrà, ti trovi desta e
preparata. Dorma il tuo corpo, ma vigili la tua fede; dormano le
lusinghe del senso, ma vigili la prudenza del cuore. Le tue membra
profumino della croce di Cristo e della fragranza della sua
sepoltura” (La Verginità, 46-47).
Lettura Patristica
Efrem,
Diatessaron, 12,
1-4
L’Eucaristia, dono
grande e gratuito
Nel
deserto, Nostro Signore moltiplicò il pane (Mt
14,13-21
Mt
15,32-38
Jn
6,1-13),
e a Cana mutò l’acqua in vino (Jn
2,1-11).
Abituò così la loro bocca al suo pane e al suo vino per il tempo in
cui avrebbe dato loro il suo corpo e il suo sangue. Fece loro gustare
un pane e un vino caduchi per suscitare in loro il desiderio del suo
corpo e sangue che danno la vita. Diede loro con liberalità queste
piccole cose perché sapessero che il suo dono supremo sarebbe stato
gratuito. Le diede loro gratuitamente, sebbene avessero potuto
acquistarle da lui, affinché sapessero che non sarebbe stato loro
richiesto il pagamento di una cosa inestimabile; infatti, se potevano
pagare il prezzo del pane e del vino, non avrebbero certamente potuto
pagare il suo corpo e il suo sangue.
Non
soltanto ci ha colmato gratuitamente dei suoi doni, ma ancor più ci
ha vezzeggiati affettuosamente. Infatti, ci ha donato queste piccole
cose gratuitamente per attirarci, affinché andassimo e ricevessimo
gratuitamente quella cosa sì grande che è l’Eucaristia. Quegli
acconti di pane e di vino che ci ha dato erano dolci alla bocca, ma
il dono del suo corpo e del suo sangue è utile allo spirito. Egli ci
ha attirati con quelle cose gradevoli al palato per trascinarci verso
colui che dà la vita alle anime. Ha nascosto la dolcezza nel vino da
lui fatto, per indicare ai convitati quale tesoro magnifico è
nascosto nel suo sangue vivificante.
Come
primo segno, fece un vino che dà allegria ai convitati per mostrare
che il suo sangue avrebbe dato allegria a tutte le genti. Il vino è
parte in tutte le gioie immaginabili e parimenti ogni liberazione si
riconnette al mistero del suo sangue. Diede ai convitati un vino
eccellente che trasformò il loro spirito per far sapere loro che la
dottrina con cui li abbeverava avrebbe trasformato i loro cuori. Ciò
che all’inizio non era che acqua fu mutato in vino nelle anfore;
era il simbolo del primo comandamento portato a perfezione; l’acqua
trasformata era la legge perfezionata. I convitati bevevano ciò che
era stato acqua, ma senza gustare l’acqua. Parimenti, quando udiamo
gli antichi comandamenti, li gustiamo nel loro sapore nuovo. Al
precetto: Schiaffo per schiaffo (cf. Ex
21,24
Lv
24,20
Dt
19,21)
è stata sostituita la perfezione: "Se
uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra"
(Mt
5,39).
L’opera
del Signore ottiene tutto; in un baleno, egli ha moltiplicato un po’
di pane. Ciò che gli uomini fanno e trasformano in dieci mesi di
lavoro, le sue dieci dita l’hanno compiuto in un istante. Le sue
mani furono come una terra sotto il pane; e la sua parola come il
tuono al di sopra di lui; il sussurro delle sue labbra si sparse su
di lui come una rugiada e l’alito della sua bocca fu come il sole;
in un brevissimo istante egli ha portato a termine quanto richiede di
norma un lungo lasso di tempo. Dalla piccola quantità di pane è
sorta una moltitudine di pani; come all’epoca della prima
benedizione: "Siate
fecondi e moltiplicatevi"
(Gn
1,28).
I pezzi di pane, prima sterili e insignificanti, grazie alla
benedizione di Gesù - quasi seno fecondo di donna - hanno dato
frutto da cui sono sopravanzati molteplici frammenti.
Il
Signore ha mostrato il vigore penetrante della sua parola a quelli
che l’ascoltavano, e ha mostrato la rapidità con la quale egli
elargiva i suoi doni a quelli che ne beneficiavano. Non ha
moltiplicato il pane al punto che avrebbe potuto, ma fino alla
quantità sufficiente per i convitati. Il miracolo non fu su misura
della sua potenza, bensì della fame degli affamati. Se, infatti, il
miracolo fosse stato misurato sulla sua potenza, riuscirebbe
impossibile valutare la vittoria di quella. Commisurato alla fame di
migliaia di persone, il miracolo ha superato le dodici ceste (Mt
14,20).
In tutti gli artigiani, la potenza è inferiore alla richiesta dei
clienti; essi non possono fare tutto quanto gli domandano i clienti.
Le realizzazioni di Dio, invece, superano i desideri. E: "Raccogliete
i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto"
(Jn
6,12)
e non si pensi che il Signore abbia agito solo per fantasia. Ma,
quando i resti saranno stati conservati un giorno o due, crederanno
che il Signore ha agito in verità, e che non si trattò di un
fantasma inconsistente.
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