X Domenica del Tempo
Ordinario – Anno B – 10 giugno 2018
Rito Romano
Gen 3,9-15; Sal 129;
2Cor 4,13-5,1; Mc 3,20-35
Rito Ambrosiano
Gen 2,18-25; Sal 8; Ef
5,21-33; Mc 10,1-12
III Domenica dopo
Pentecoste
- La vera famiglia di Cristo.
Il Vangelo, che la
Liturgia della Chiesa propone oggi, ci ricorda che la volontà di Dio
è volontà d’amore, di giustizia e di verità. E’ la volontà di
un Padre che, con i suoi comandamenti, ci indica la strada della vita
vera, lieta ed eterna.
Con la loro
disobbedienza a Dio che li aveva creati, Adamo ed Eva hanno
separato la volontà umana da quella divina, con la sua obbedienza
Gesù ha riconciliato queste due volontà, realizzando il desiderio
di Adamo e di tutti noi di essere completamente liberi e di abitare
il cielo.
Per continuare l’opera
di liberazione di Cristo, dobbiamo obbedirgli,
- dicendo il “Padre nostro che sei nei cieli … sia fatta la tua volontà come cielo così in terra” perché così riconosciamo che è nel ‘cielo’, il “luogo” dove si fa la volontà di Dio;
- facendo la volontà di Dio, cioè osservando i comandamenti, perché in questo faremo diventare la ‘terra’ ‘cielo’, cioè, luogo della presenza dell’amore, della bontà, della verità, della bellezza divina;
- seguendo la volontà di Dio ogni giorno e prendendo su di noi la nostra croce quotidiana, grazie alla quale diventeremo dei “Cristofori”, parola di origine greca che vuol dire portatori di Cristo.
Grazie a questa
obbedienza d’amore non solamente vivremo una sempre più grande
familiarità, portando con Cristo la nostra ‘terra’ nel
‘cielo’, ma saremo veri membri della sua famiglia.
Ciò che fa essere la
“vera” famiglia di Cristo è la consonanza con Lui nel compiere
“la volontà del Padre”. Mettendoci in questa sintonia, diveniamo
“consanguinei con Cristo” nello Spirito. Non ci sono altre
modalità per essere suoi famigliari. Il fare la volontà del Padre
che è nei cieli è l’elemento decisivo che ci colloca “dentro”
la vera famiglia del Redentore: “Non chiunque mi dice: Signore,
Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà
del Padre mio, che è nei cieli” (Mt 7,21).
Se ciò vale per i
discepoli di Cristo, vale in modo eminente per la Madonna. A questo
riguardo, nel Sermone 72, Sant’Agostino si chiedeva: “Non fece
forse la volontà del Padre la Vergine Maria, la quale per fede
credette, per fede concepì, fu scelta perché da lei venisse a noi
la salvezza, fu creata da Cristo, prima che Cristo fosse fatto nel
suo seno?”. La Madonna fece la volontà del Padre e la fece
interamente; e perciò fu madre di Cristo e la sua più alta
discepola.
Guardiamo con
riconoscenza all’obbedienza della Vergine Madre, al suo sì,
pronunciato non solo al momento dell’annunciazione ma
incessantemente ripetuto fino ai piedi della croce, e chiediamole la
forza di “fare” anche noi, come “fece” lei, la volontà di
Dio, di cui sperimenteremo l’ amore e la fedeltà. Questa
obbedienza è possibile per la spinta dello Spirito di Cristo, che
invochiamo per intercessione della Vergine: “Vieni, o Spirito
santo, vieni per Maria, e dà a noi un cuore grande, aperto alla tua
silenziosa e potente parola ispiratrice, e chiuso a ogni meschina
ambizione, un cuore grande e forte ad amare tutti, a tutti servire,
con tutti soffrire, un cuore grande, forte, felice di palpitare
solamente col cuore di Dio” (B. Paolo VI).
- Imitare la Madre nel fare la volontà del Padre.
Alle
parole di Cristo: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”
… “Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di
Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” (Mt 3, 33-35),
oggi come duemila anni fa, possiamo reagire con il cosiddetto buon
senso e pensare che Cristo stesse offendendo i suoi parenti e,
soprattutto sua madre. Così facendo, sbaglieremmo perché
giudicheremmo Cristo a partire dalla nostra piccola misura umana.
Gesù non sconfessa la Madre per servire il Padre. Cristo insegna che
Maria era sua
Madre in quanto aveva fatto e faceva la volontà del Padre. “E’
questo che il Signore volle esaltare in lei: di aver fatto la volontà
del Padre, non di aver generato dalla sua carne la carne del Verbo”
(Sant’Agostino, In
Io. Evang. tract., 10,3 -
PL 35,1468).
Per
la Vergine Madre – e in questo dobbiamo imitarla - fare la volontà
di Dio non fu sentire i
comandamenti come costrizione esteriore, con la conseguenza di avere
un rapporto servile con Dio e “legalista” con la sua parola. Per
lei fare la volontà di Dio è stato dire di sì all’amore e dare
carne a questo Amore redentivo.
Rinnovando
il suo sì (fiat)
a Dio, la Madonna ha fatto sì che nel suo cuore dimorasse l’amore,
che è il “pieno compimento della legge” (Rm
13, 10) ed è diventata la madre e
l’apostola dell’Amore, che vuole il nostro bene.
Facciamo
altrettanto. Se vivremo come Maria vivremo Gesù.
In
estrema sintesi: fare
la volontà di Dio significa “vivere Gesù, di Gesù e come Gesù”,
cioè vivere quel rapporto d’amore col Padre che si attua nel fare
la volontà sua: figli nel Figlio.
Ciò
facendo capiremo che l'unica volontà di Dio che
dobbiamo fare è di amare.
Come amare poi, nelle
circostanze concrete della vita, lo dobbiamo scoprire con il
discernimento. Dunque dobbiamo saper cercare e discernere la volontà
di Dio. A questo proposito, l’Apostolo Paolo raccomanda: “Non
conformatevi alla volontà di questo secolo, ma trasformatevi..., per
poter discernere la volontà di Dio” (Rm 12,2).
Essa si scopre momento
per momento con l'ascolto e la docilità alla voce dello Spirito
dentro di noi: “Camminate secondo [cioè sotto l'impulso del]lo
Spirito”, scrive ancora l’Apostolo delle Genti (Gal 5, 16).
Perciò è necessario affinare la sensibilità soprannaturale,
l’“istinto” evangelico che lo Spirito ci ha dato e che si
sviluppa solo esercitandolo.
Per ottenere questa
sensibilità alla voce dello Spirito, San Paolo ritiene necessarie
ancora due cose.
La prima è
l’inserimento e il progresso nella vita di reciproco amore entro la
vita della Chiesa che si manifesta nella comunità diocesana,
parrocchiale o religiosa: “Prego [Dio] che la vostra carità [=
amore cristiano vissuto nella comunità] si arricchisca sempre più
in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate
distinguere sempre il meglio” (Fil 1,9-10).
La seconda è la
preghiera, perché la conoscenza della volontà di Dio è anche un
dono: “Non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che
abbiate una piena conoscenza della sua volontà”(Col 1,9).
3)
L’esempio delle Vergini consacrate.
Un
esempio speciale di come si possa fare la volontà del Padre ci viene
dalle Vergini consacrate, che con una vita totalmente donata a Cristo
Sposo fanno la volontà di Dio offrendoGli non solo quello che hanno,
ma quello che sono. Con il “propositum” dell’ obbedienza hanno
interamente donato il cuore a Dio, con quello della castità gli
hanno offerto il corpo, con quello della povertà il loro beni per
metterli a servizio dell’amore di Dio e del prossimo. A questi tre
bracci della croce spirituale (obbedienza, castità e povertà)
aggiungo quello dell’umiltà.
L’umiltà non gode –
al giorno d’oggi e, forse non ha mai goduto – di una grande
stima, ma le Vergini consacrate nel mondo sanno che questa virtù
rende fecondo il lavoro nella vigna di Dio. Umiltà viene dalla
parola latina humilitas, che ha a che fare con humus
(terra), cioè con l’aderenza alla terra, alla realtà. Queste
donne, che si sono donate completamente a Dio, vivono da persone
umili perché vivendo in Lui e per Lui ascoltano umilmente Cristo, la
Parola di Dio, e tendono ad avere gli stessi sentimenti del loro
Sposo (“Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù”
– Fil 2,5), da loro amato. E come diceva Sant’Agostino:
“Non c’è carità senza umiltà” (Prologo del Commento alla
Lettera di San Giovani) e in altro libro scrive: “Custode della
verginità è la carità, la casa dove abita questo custode e
l’umiltà” (Sulla Santa virginità, 51, 52).
La
vocazione a vivere la verginità consacrata come dono completo di sé
a Cristo e segno della Chiesa Sposa si esplicita nel loro affidarsi
senza riserve all’amore del loro Sposo, all’intensità della
comunione con Lui, all’umile carità che si fa servizio
disinteressato alla Chiesa e testimonianza luminosa di fede, speranza
e carità, nel contesto della vita ordinaria. Come chiede il Rito
della loro consacrazione (cfr nn. 14-18) ogni vergine appartenente
all’Ordo si impegna costantemente ed ha presente che la
preghiera non è solo personale, generosa risposta alla voce dello
Sposo e umile richiesta di aiuto per mantenersi fedele al santo
proposito e al dono ricevuto, ma è intima partecipazione alla vita
del corpo mistico di Cristo, intercessione instancabile per la Chiesa
e per il mondo.
Lettura
Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona (354 – 430)
Sermo 25,
3.7
Legame
di sangue e legame di spirito di Maria con Gesù
Il brano che ho qui
proposto ha molti nodi. Come ha potuto il Signore Gesù Cristo con
tutta la sua pietà tenere a distanza sua madre, la Vergine madre,
alla quale egli stesso diede tale fecondità che non ne distruggesse
la verginità, Vergine nel concepire, Vergine nel partorire, Vergine
sempre-Vergine. Una tal madre egli tenne a distanza, perché il
materno amore non si insinuasse nell’opera ch’egli faceva e gli
fosse d’impedimento. Che cosa, infatti, faceva? Parlava ai popoli,
distruggeva i vecchi uomini, edificava i nuovi, liberava le anime,
scioglieva gl’incatenati, illuminava i ciechi, faceva il bene,
s’impegnava al bene in opere e parole. Mentre era impegnato in
queste cose gli fu portato il messaggio del suo legame con la madre.
Avete sentito la sua risposta; non ho bisogno di ripeterla. La
ritengano le madri, perché non sian d’ostacolo alle opere buone
dei figli. Se cercheranno d’impedirli e faranno dei guasti, saranno
allontanate dai figli. Oso dire: Saranno allontanate, per rispetto
saranno allontanate. E non dovrà essere tenuta a distanza dal figlio
intento a un’opera buona, una madre irata, sia sposata o vedova,
quando la Vergine Maria fu tenuta a distanza? Forse mi dirai: Vuoi
paragonare mio figlio a Cristo? Non paragono tuo figlio a Cristo, ma
neanche te a Maria. Non condannò il Signore Gesù l’affetto
materno, ma il suo esempio dimostrò che, per l’opera di Dio, anche
una madre dev’essere tenuta a distanza...
State più attenti, fratelli miei carissimi a ciò che dice il Signore, stendendo le mani verso i suoi discepoli: "Questa è mia madre, questi i miei fratelli. Chi fa la volontà del Padre, che mi ha mandato, mi è fratello, sorella e madre" (Mt 12,49-50). Non fece forse la volontà del Padre la Vergine Maria, la quale per fede credette, per fede concepì, fu scelta perché da lei venisse a noi la salvezza, fu creata da Cristo, prima che Cristo fosse fatto? Fece, fece certamente la santa Maria la volontà del Padre ed essa è più discepola che madre di Cristo. C’è più felicità ad essere discepola che madre di Cristo. Perciò Maria era beata, perché, anche prima che lo concepisse, portava il maestro nel suo seno. Vedi se non è come dico io. Mentre Gesù passava tra turbe di gente e faceva miracoli divini, una certa donna disse: "Beato il ventre che t’ha portato!" E il Signore, perché non si cercasse la felicità in un rapporto di carne, che cosa rispose? "Anzi, beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la tengono ben custodita" (Lc 11,27-28). Anche Maria beata, allora, perché ascoltò e conservò la parola di Dio. Maria custodì più Cristo con la mente, che non ne abbia tenuto la carne nel seno.
State più attenti, fratelli miei carissimi a ciò che dice il Signore, stendendo le mani verso i suoi discepoli: "Questa è mia madre, questi i miei fratelli. Chi fa la volontà del Padre, che mi ha mandato, mi è fratello, sorella e madre" (Mt 12,49-50). Non fece forse la volontà del Padre la Vergine Maria, la quale per fede credette, per fede concepì, fu scelta perché da lei venisse a noi la salvezza, fu creata da Cristo, prima che Cristo fosse fatto? Fece, fece certamente la santa Maria la volontà del Padre ed essa è più discepola che madre di Cristo. C’è più felicità ad essere discepola che madre di Cristo. Perciò Maria era beata, perché, anche prima che lo concepisse, portava il maestro nel suo seno. Vedi se non è come dico io. Mentre Gesù passava tra turbe di gente e faceva miracoli divini, una certa donna disse: "Beato il ventre che t’ha portato!" E il Signore, perché non si cercasse la felicità in un rapporto di carne, che cosa rispose? "Anzi, beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la tengono ben custodita" (Lc 11,27-28). Anche Maria beata, allora, perché ascoltò e conservò la parola di Dio. Maria custodì più Cristo con la mente, che non ne abbia tenuto la carne nel seno.
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