Rito
Romano
XX
Domenica del Tempo Ordinario - 20 agosto 2017
Rito
Ambrosiano
Domenica
XI dopo Pentecoste
1)
Il grido della fede per invocare un dono non per pretenderlo.
Domenica
scorsa, abbiamo meditato sulla preghiera filiale di Cristo, che
esprime la sua esigenza di stare con il Padre, e sulla preghiera di
Pietro che per stare con Cristo gli grida: “Signore, salvami”. Il
Vangelo di oggi ci fa ascoltare il grido di una donna pagana che -
in modo supplice e fiducioso - si rivolge al Messia dicendo: “Pietà
di me, Signore, figlio di Davide!”. Questa donna implora Cristo di
liberare sua figlia dal demonio. Chiede umilmente al Signore di
compiere un miracolo, ma non esige l’intervento divino come un
diritto, lo aspetta come un dono. Lo domanda a Colui che è dono,
riconoscendo in lui il Signore e Messia. La sua fede è tutta
racchiusa nell’espressione: “Pietà di me, Signore, Figlio di
Davide”.
Ancora una
volta la Liturgia ci fa contemplare il “Vangelo della Grazia” che
risponde al desiderio di salvezza e per questo ci fa pregare:
“Infondi in noi la dolcezza del tuo amore, perché amandoti in ogni
cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano
ogni desiderio” (Colletta).
Pregando
in questo modo ci mettiamo nell’orizzonte sconfinato dell’amore
di Dio per noi, amore che ci attira a Lui per colmarci di gioia.
L’episodio
raccontato dal Vangelo di oggi s’inserisce e si comprende in questa
logica dell’amore tenero ed infinito di Dio. In esso San Matteo ci
racconta di un incontro che si svolge “in terra straniera” con
una donna pagana, che è una madre oppressa da un dolore angosciante
(“Mia figlia è molto tormentata da un demonio”). Questa
madre ottenne quello che domandava. Il racconto evangelico di oggi ci
racconta la storia di un
dolore aperto alla fede e di una fede diventata miracolo e
liberazione.
La
donna Cananea si rivolge a Gesù, sicura di essere esaudita. La sua
fede è insistente, coraggiosa, umile, più forte dell’apparente
rifiuto. La fede deve essere nel contempo sicura e paziente. Non deve
lasciarsi scoraggiare nemmeno dal silenzio di Dio: “Non le rivolse
neppure la parola”. Può sembrare
sconcertante il silenzio di Gesù, tanto che suscita l’intervento
dei discepoli, ma non si tratta di insensibilità al dolore di quella
donna.
Sant’Agostino
commenta giustamente: “Cristo si mostrava indifferente verso di
lei, non per rifiutarle la misericordia, ma per infiammarne il
desiderio” (Sermo 77,
1: PL 38, 483).
L’apparente presa di distanza di Gesù, che dice: “Non sono stato
mandato se non alle pecore perdute della casa di Israele” (Mt
15, 24), non scoraggia
la cananea, che insiste: “Signore, aiutami!” (Mt
15, 25). E anche quando
riceve una risposta che sembra chiudere ogni speranza - “Non è
bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini” (Mt
15, 26) -, non desiste.
Non vuole togliere nulla a nessuno: nella sua semplicità e umiltà
le basta poco, le bastano le briciole, le basta solo uno sguardo, una
buona parola del Figlio di Dio. E Gesù rimane ammirato per una
risposta di fede così grande di questa madre e le dice: “Avvenga
per te come desideri” (Mt
15, 28) e a
partire da quell’istante sua figlia fu guarita.
2)
Domanda perseverante a chi ci ama.
La
guarigione di una giovane donna non è il solo miracolo di cui parla
il Vangelo oggi. Durante il dialogo tra Cristo e la donna Cananea,
che mendica una grazia, è avvenuto un altro miracolo più grande
della guarigione di sua figlia. Questa madre è diventata una
“credente”, una delle prime credenti provenienti dal paganesimo.
Se
il Messia l’avesse ascoltata alla prima richiesta, tutto quello che
questa donna avrebbe conseguito sarebbe stata la liberazione della
figlia. La vita sarebbe trascorsa con qualche fastidio in meno. Ma
tutto sarebbe finito lì e, alla fine, madre e figlia sarebbero morte
nell’anonimato. Invece così si parlerà di questa anonima donna
pagana fino alla fine del mondo. E, forse, Gesù ha preso lo spunto
proprio da questo incontro per proporre la parabola della vedova
importuna sulla “necessità di pregare sempre, senza stancarsi
mai”.
Nell'insistenza
della donna cananea traspare la fiducia nel potere di Gesù. Lui
cercava di starsene nascosto, ma la fama che lo accompagnava gli
impediva un solo istante di tregua. Lui
era lì per lei (e
oggi Lui è qui per noi). E lei lo aveva capito. La sua presenza in
quel territorio non ebreo, “nella zona di Tiro e di Sidone”, non
poteva essere il frutto di un caso. Aveva intuito il tempo favorevole
per la salvezza della figlia. Questa certezza la muove, la spinge
sino a Gesù. La
certezza della fede piena di speranza la getta ai piedi
di Cristo che dice:
“Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri”
(Mt
15,28). Sì, questa donna ha una fede grandissima. “Pur non
conoscendo né gli antichi profeti, né i recenti miracoli del
Signore, né i suoi comandamenti né le sue promesse, anzi, respinta
da lui, persevera nella sua domanda e non si stanca di bussare alla
porta di colui che per fama gli era stato indicato come salvatore.
Perciò la sua preghiera viene esaudita in modo visibile e immediato”
(San Beda il
Venerabile, Omelie
sui Vangeli
I,
22 : PL 94, 102-105).
La
preghiera insistente di questa donna non nasce solamente dalla
necessità di ottenere la guarigione della figlia, nasce dalla fede
che non è il risultato di una teoria o di un bisogno ma di un
incontro con Cristo il Figlio del “Dio vivente che chiama e svela
il suo amore” (Papa Francesco, Lumen
Fidei, 4), con un gesto
di misericordia.
Inoltre,
l’episodio, sul quale stiamo meditando, ci fa capire che
nella preghiera di domanda al Signore non dobbiamo attenderci un
compimento immediato di ciò che noi chiediamo, ma affidarci
piuttosto a cuore di Cristo, cercando di interpretare le vicende
della nostra vita nella prospettiva del suo disegno di amore, spesso
misterioso ai nostri occhi. Per questo, nella nostra preghiera,
domanda, lode e ringraziamento dovrebbero fondersi assieme, anche
quando ci sembra che Dio non risponda alle nostre concrete attese.
L’abbandonarsi all’amore di Dio, che ci precede e ci accompagna
sempre, è uno degli atteggiamenti di fondo del nostro
dialogo con Lui.
Un
esempio chiaro di questo atteggiamento è offerto dalla vergini
consacrate, che sono chiamate a vivere in modo particolare il
“servizio della preghiera”, come è detto durante il Rito di
Consacrazione, quando viene consegnato loro il Libro delle Ore.
Inoltre
con la piena donazione di sè stesse a Cristo, queste donne
testimoniano come chiedere e come pregare: prima che il dono
(=grazia) sia concesso, esse aderiscono a Gesù, che nei suoi doni
dona se stesso. Il Donatore è più prezioso del dono accordato; è
il “Tesoro inestimabile”, la “Perla preziosa”; il dono del
miracolo è concesso “in aggiunta” (cfr Mt 6,21 e
6,33).
Queste
consacrate testimoniano una cosa molto importante: prima che il dono
venga concesso, è necessario aderire a Colui che dona: il donatore è
più prezioso del dono. Anche per noi, quindi, al di là di ciò che
Dio ci da quando lo invochiamo, il dono più grande che può darci è
la sua amicizia, la sua presenza, il suo amore. Lui è il tesoro
prezioso da chiedere e custodire sempre.
Non
dimentichiamo infine il profondo legame tra l’amore a Dio e l’amore
al prossimo che deve entrare anche nella nostra preghiera. La nostra
preghiera apre la porta a Dio, che ci insegna ad uscire costantemente
da noi stessi per essere capaci di farci vicini agli altri,
specialmente nei momenti di prova, per portare loro consolazione,
speranza e luce. Il Signore Gesù ci conceda di essere capaci di una
preghiera perseverante e intensa, per rafforzare il nostro rapporto
personale con Dio Padre, allargare il nostro cuore alle necessità di
chi ci sta accanto e sentire la bellezza di essere “figli nel
Figlio” insieme con tante sorelle e fratelli.
Lettura
Patristica
Erma
(II secolo)
Il
Pastore, Precetto IX
Allontana
da te ogni dubbio e non esitare, neppure un istante, a chiedere
qualche grazia al Signore, dicendo fra te e te: Come è possibile che
io possa chiedere e ottenere dal Signore, che ho tanto peccato contro
di lui? Non pensare a ciò, ma rivolgiti a lui di tutto cuore e
pregalo senza titubare; sperimenterai la sua grande misericordia. Dio
non è come gli uomini che serbano rancore; egli dimentica le offese
e ha compassione per la sua creatura .
Tu dunque purifica prima il tuo cuore da tutte le vanità di questo mondo e da tutti i peccati che abbiamo menzionati, poi prega il Signore e tutto otterrai. Sarai esaudito in ogni tua preghiera, se chiederai senza titubare. Se invece esiterai in cuor tuo, non potrai conseguire nulla di ciò che chiedi. Chi, pregando Dio, dubita, è uno di quegli indecisi che nulla assolutamente ottengono; invece chi è perfetto nella fede, chiede tutto confidando nel Signore e tutto riceve, perché prega senza dubbio o titubanza. Ogni uomo indeciso e tiepido, se non farà penitenza, difficilmente avrà la vita.
Purifica il tuo cuore da ogni traccia di dubbio, rivestiti di fede robusta, abbi la certezza che otterrai da Dio tutto ciò che domandi. Se poi avviene che, chiesta al Signore qualche grazia, egli tarda a esaudirti, non lasciarti prendere dallo scoraggiamento per il fatto di non aver ottenuto subito ciò che domandasti: certamente questo ritardo nell’ottenere la grazia chiesta o è una prova o è dovuto a qualche tuo fallo che ignori. Perciò non cessare di rivolgere a Dio la tua intima richiesta, e sarai esaudito, se invece ti scoraggi e cominci a diffidare, incolpa te stesso, e non colui che è disposto a concederti tutto.
Guardati dal dubbio! È sciocco e nocivo e sradica molti dalla fede, anche se sono assai convinti e forti. Tale dubbio è fratello del demonio e produce tanto male tra i servi di Dio. Disprezzalo dunque e dominalo in tutto il tuo agire, corazzandoti con una fede santa e robusta, perché la fede tutto promette e tutto compie; il dubbio invece, poiché diffida di sé, fallisce in tutte le opere che intraprende.
Vedi, dunque, che la fede viene dall’alto, dal Signore, e ha una grande potenza, mentre il dubbio è uno spirito terreno che viene dal diavolo, e non ha vera energia. Tu dunque servi alla fede, che ha vera efficacia, e tienti lontano dal dubbio che ne è privo. E così vivrai in Dio; e tutti coloro che ragionano così vivranno in Dio.
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