venerdì 11 agosto 2017

Cristo, una Presenza che salva

Rito Romano
XIX Domenica del Tempo Ordinario - 13 agosto 2017

1Re 19,9.11-13; Sal 84; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33

Rito Ambrosiano

1Re 8,15-30; Sal 47; 1Cor 3,10-17; Mc 12,41-44

Domenica X dopo Pentecoste
  1. La preghiera di Gesù
Leggendo il brano del Vangelo proposto oggi dalla Liturgia della Messa, l’attenzione è attirata da Cristo che manifesta la sua potenza camminando sulle acque e calmando la tempesta del mare. Tuttavia, prima di parlare della forza con cui Cristo manifesta la sua divinità, vorrei attirare l’attenzione su due fatti che inquadrano il Vangelo di oggi: la preghiera solitaria di Gesù (“salì sul monte, solo, a pregare” Mt 14,23) e la poca fede di Pietro (“uomo di poca fede, perché hai dubitato?” Mt 14, 31).
Nel ritmo intenso della sua giornata, Gesù trova sempre il tempo per la preghiera. Il Figlio di Dio fatto uomo prega nella solitudine e nella notte (Mt 14,23; Mc 1,35; Lc 5,16), all'ora dei pasti (Mt 14,19; 15,36; 26,26-27). In occasione di eventi importanti: per il suo battesimo nel Giordano (Lc 3,21), prima di scegliere i dodici Apostoli, (Lc 6,12), nella trasfigurazione sul Monte Tabor (Lc 9,28-29), prima di insegnare a pregare (Lc 11,1; Mt 6,5), nel Getsemani (Mt 26,36-44), sulla croce (Mt 27,46; Lc 23,46). Prega per i suoi carnefici (Lc 23,34), per Pietro (Lc 22,32), per i suoi discepoli e per coloro che li seguiranno (Gv 17,9-24). Prega anche per se stesso (Mt 26,39; Gv 17,1-5; Eb 5,7). Insegna a pregare (Mt 6,5), manifesta un rapporto permanente con il Padre (Mt 11,25-27), sicuro che non lo lascia mai solo (Gv 8,29) e lo esaudisce sempre (Gv 11,22.42; Mt 26,53). Infine promette (Gv 14,16) di continuare a intercedere per noi nella gloria (Rm 8,34; Eb 7,25; 1 Gv 2,1).
Confesso che mi piacerebbe conoscere il segreto della preghiera di Cristo, anche se so che impossibile entrare in esso completamente. Tuttavia, è possibile entrarvi almeno un poco, tenendo presente - in primo luogo - che Gesù si è sempre rivolto a Dio invocandolo con il nome di Padre. La preghiera di Gesù è anzitutto filiale. Rivolgendosi a Dio come Padre, Gesù svela la relazione davvero unica che lo lega a Lui. A questo riguardo, è importante tenere presente che Gesù era anche consapevole di essere uomo, e come uomo – nella solitudine – si confrontava col Padre e con la sua Parola per ritrovare costantemente la lucentezza del suo cammino evangelico e il coraggio di percorrerlo.
In secondo luogo, va notato che la preghiera di Gesù è obbediente. E’ la preghiera del Figlio e, al tempo stesso, è la preghiera del Servo del Signore, perché la relazione con il Padre implica familiarità e obbedienza. La coscienza della propria filiazione e la totale dipendenza sono i due pilastri della preghiera di Gesù. Sono le strutture essenziali della sua persona e dovrebbero esserlo per ogni cristiano. Se preghiamo in autentica, totale e filiale dipendenza, la nostra preghiera sarà esaudita già nell’istante in cui la rivolgiamo. Forse sarà compiuta in un modo diverso da come ce lo aspettavamo, ma tuttavia lo sarà realmente. E ogni volta ci stupiremo dell’infinita possibilità di compimento che Dio ha, dando la Vita alla nostra vita nella verità e nell’amore.
Preghiamo dunque, fratelli amatissimi - scrive San Cipriano, Vescovo di Cartagine - come Dio, il Maestro, ci ha insegnato. E’ preghiera confidenziale e intima pregare Dio con ciò che è suo, far salire alle sue orecchie la preghiera di Cristo. Riconosca il Padre le parole del suo Figlio, quando diciamo una preghiera: Colui che abita interiormente nell’animo sia presente anche nella voce ... Quando si prega, inoltre, si abbia un modo di parlare e di pregare che, con disciplina, mantenga calma e riservatezza. Pensiamo che siamo davanti allo sguardo di Dio. Bisogna essere graditi agli occhi divini sia con l’atteggiamento del corpo che col tono della voce ... E quando ci riuniamo insieme con i fratelli e celebriamo i sacrifici divini con il sacerdote di Dio, dobbiamo ricordarci del timore reverenziale e della disciplina, non dare al vento qua e là le nostre preghiere con voci scomposte, né scagliare con tumultuosa verbosità una richiesta che va raccomandata a Dio con moderazione, perché Dio è ascoltatore non della voce, ma del cuore (non vocis sed cordis auditor est)” (San Cipriano, Il Padre nostro: la preghiera del Signore 3-4). Si tratta di parole che sono valide anche oggi e che ci aiutano a celebrare bene la Santa Liturgia in Chiesa e a pregare bene da soli, in casa.


  1. La preghiera di Pietro e nostra.
Oltre alla preghiera di Cristo, il Vangelo di oggi ci mostra la preghiera di San Pietro che per fede è uscito dalla barca e cammina sulle acque verso Gesù. Non ostante abbia lasciato la barca perché credeva in Cristo, l’Apostolo Pietro ha un mancamento di fede e, mentre sta affondando, prega gridando: “Signore, salvami!”.
La poca fede del Capo degli Apostoli è rinsaldata dalla preghiera. Dunque la cosa importante è aver fede, anche se non è grande, e pregare come Pietro: “Signore, salvami!”.
Per spiegare meglio l’affermazione precedente, propongo di riandare al dialogo tra Pietro, pescatore di pesci, e Gesù, pescatore di uomini, come è raccontato dal Vangelo di oggi.
Il Primo degli Apostoli cammina sulle acque come Gesù, ma non per potenza propria. La sua possibilità di camminare sulle acque dipende unicamente dalla parola del Signore (“vieni!”) e la forza sta tutta nella fede. È questa una grande lezione per ciascuno di noi. Se con fede stiamo aggrappati a Cristo, possiamo compiere gli stessi miracoli del Signore. Ma se questa fede si incrina (“uomo di poca fede, perché hai dubitato?”), allora torniamo ad essere facile preda delle forze del male. Il dubbio, di cui qui si parla, non è il dubbio intellettuale intorno alle verità della fede, ma è dovuto alla mancanza di abbandono totale e di amore fiducioso in Cristo di fronte alle difficoltà della vita.
L’importante è che afferriamo la mano tesa di Cristo. Sant’Agostino d’Ippona, immaginando di rivolgersi a San Pietro, scrive: il Signore “sì è abbassato e t’ha preso per mano. Con le tue sole forze non puoi alzarti. Stringi la mano di Colui che scende fino a te” (Enarr. in Ps. 95,7: PL 36, 1233) e dice questo non solo al Capo degli Apostoli, ma lo dice anche a noi. San Pietro cammina sulle acque non per la propria forza, ma per la grazia divina, in cui crede, e quando viene sopraffatto dal dubbio, quando non fissa più lo sguardo su Gesù, ma ha paura del vento, quando non si fida pienamente della parola del Maestro, vuol dire che si sta interiormente allontanando da Lui ed è allora che rischia di affondare nel mare della vita, e così anche per noi: se guardiamo solo a noi stessi, diventiamo dipendenti dai venti e non possiamo più passare sulle tempeste, sulle acque della vita. La fatica impaurita del Pescatore di Galilea ci fa capire che, prima ancora che lo cerchiamo o lo invochiamo, il Redentore in persona ci viene incontro, “abbassa il cielo” per tenderci la mano e portarci alla sua altezza. La sola cosa che Cristo domanda è che ci fidiamo totalmente di Lui, afferrando con forza la sua mano tesa.
In questo modo, comprenderemo più profondamente la verità di Dio, e sperimenteremo il suo amore, che ci trascina fuori dallo “spazio” delle acque tempestose della vita e ci introduce nello spazio di pace vera che Dio dona, come oggi vediamo che accade a San Pietro.
Preghiamo la Madonna, che fra pochissimi giorni sarà celebrata quale Assunta in cielo. L’Assunzione al cielo di Maria nel suo corpo è la sorgente di luce per capire il senso del nostro pellegrinaggio terreno ed esempio luminoso di fiducia amorosa e di abbandono totale. In questo modo, anche tra le preoccupazioni, i problemi, le difficoltà che agitano il mare della nostra vita, risuonerà nel nostro cuore la parola rassicurante di Gesù, che dice anche a noi: “Coraggio, sono io, non abbiate paura”, e crescerà la nostra fede in Lui.
La solennità dell’Assunzione ci impedisce di trasformare la nostra vita in un pellegrinaggio senza meta, in una navigazione senza un porto su una barca con il mare in burrasca.
Infine, la consueta riflessione che si rivolge in particolare alle vergini consacrate, ma penso che sia utile a tutti. Nel giorno dell’Assunzione, la Chiesa (quindi noi) celebriamo il corpo assunto in cielo di Maria, o meglio: la persona di Maria assunta in cielo nella sua integralità, corpo e anima.  Noi oggi comprendiamo facilmente che la salvezza scaturita dalla risurrezione di Gesù, non riguarda solo la nostra anima, la nostra persona nella sua dimensione spirituale. Essa non si riduce alla sua dimensione spirituale. E’ anche corpo. La persona umana è una persona-corporale, ed il nostro corpo è un corpo-personale. La salvezza cristiana non sarebbe vera, se non fosse anche salvezza del corpo. Come si comprende bene l’esortazione di S. Paolo: “Vi esorto, dunque, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente” (Rm 12, 1). Ed ancora: “…non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio….? Glorificate dunque Dio nel vostro corpo” (1 Cor 6, 19.20]. L’offerta del loro corpo nella verginità consacrata è l’esempio più alto di come si possa prendere sul serio l’esortazione di San Paolo che ho appena citato e invita a non lasciarsi ingannare dalle seduzioni del mondo. Molte esibizioni e celebrazioni del corpo che caratterizzano il nostro tempo, sono in realtà disprezzo del corpo. Un disprezzo che negli spot pubblicitari giunge ad usare il corpo della donna per vendere un prodotto.
Glorificate dunque il vostro corpo!”. Il corpo umano è dunque per la gloria quando la persona umana vive la propria sessualità e la sua intera corporeità in obbedienza amorosa alla volontà di Dio, che è come dire in obbedienza al senso stesso della sessualità, alla sua natura più intima e originaria che non è quella di vendersi o di buttarsi via, ma quella di donarsi.
La parola castità dice subito e bene l’austerità e il dominio di sé. Ma non consiste solo nel governare le proprie passioni con la forza. Il dominio di sé evangelico sta nel consegnarsi con fiducia a chi mi ha creato, mi ama e mi conosce meglio di me stesso. È fare spazio dentro se stessi alla signoria di Cristo, cioè sentirsi amati da Lui e desiderare di crederGli e di ricambiarLo osservando quanto ci chiede. La conversione, cioè il governo ordinato della mia persona, è l’atteggiamento che assumo quando mi sento amato da Dio. Le vergini consacrate hanno la vocazione di vivere, testimoniare e riflettere questo amore di Dio.


Lettura Patristica
Origene (185 – 253)
In Matth. 11, 6-7

Che qualcuno più semplice si contenti del racconto degli avvenimenti! Noi però, se un giorno saremo alle prese con tentazioni inevitabili, ricordiamoci che Gesù ci ha obbligati ad imbarcarci e che vuole che lo precediamo sulla sponda opposta (Mt 14,22). Infatti, è impossibile a chi non ha sopportato la prova delle onde e del vento contrario (Mt 14,24) pervenire sulla riva opposta. Poi, quando verremo avvolti da difficoltà numerose e penose, stanchi di navigare in mezzo ad esse con la povertà dei nostri mezzi, pensiamo che la nostra barca è allora in mezzo al mare (Mc 6,47), scossa dalle onde che vorrebbero vederci "far naufragio nella fede" (1Tm 1,19) o in qualche altra virtù. Se d’altro canto vediamo il soffio del maligno accanirsi contro i nostri sforzi, pensiamo che allora il vento ci è contrario. Quando perciò, in mezzo a tali sofferenze, avremo resistito per tre vigilie della notte oscura che regna nei momenti di tentazione, lottando del nostro meglio e rimanendo vigilanti su di noi per evitare «il naufragio nella fede» o in un’altra virtù - la prima vigilia rappresenta il padre delle tenebre (Rm 13,12) e del peccato, la seconda suo figlio, «l’avversario», in rivolta contro tutto ciò che ha nome Dio o ciò che è oggetto di adorazione (2Th 2,3-4), la terza lo spirito nemico dello Spirito Santo -,siamo certi allora che, venuta la quarta vigilia, "quando la notte sarà avanzata e già il giorno si avvicina" (Rm 13,12), arriverà accanto a noi il Figlio di Dio, per renderci il mare propizio, camminando sui suoi flutti. E quando vedremo apparirci il Logos, saremo assaliti dal dubbio (Mt 14,26) fino al momento in cui capiremo chiaramente che è il Salvatore esiliatosi (Mt 21,33 Mc 12,1 Lc 20,9) tra noi e, credendo ancora di vedere un fantasma, pieni di paura, grideremo; ma lui ci parlerà tosto, dicendoci: "Abbiate fiducia, sono io; non abbiate paura!" (Mt 14,26-27). A queste parole rassicuranti, ci sarà forse tra noi, animato dal più grande ardore, un Pietro in cammino "verso la perfezione" (He 6,1) - senza che vi sia ancora pervenuto -,che scenderà dalla barca, nella coscienza di essere sfuggito alla prova che lo scuoteva; dapprima, nel suo desiderio di andare davanti a Gesù, egli camminerà sulle acque (Mt 14,29), ma, essendo ancora la sua fede insufficiente e permanendo lui stesso nel dubbio, vedrà la "forza del vento" (Mt 14,30), sarà colto dalla paura e comincerà ad affondare; peraltro sfuggirà a tale sciagura, poiché invocherà Gesù a gran voce, dicendo: "Signore, salvami!" (Mt 14,30). E, appena quest’altro Pietro avrà finito di parlare, dicendo: «Signore, salvami!», il Logos stenderà la mano, gli arrecherà soccorso e lo afferrerà nel momento in cui cominciava ad affondare, rimproverandogli la sua poca fede e i suoi dubbi. Stai attento, tuttavia, che egli non ha detto: «Incredulo», bensì: «Uomo di poca fede», e che sta scritto: «Perché hai dubitato, poiché avevi un po’ di fede, ma tu hai piegato nel senso ad essa contrario» (Mt 14,31).
       Dopodiché, Gesù e Pietro risaliranno sulla barca, il vento cesserà e i passeggeri, comprendendo a quali pericoli sono sfuggiti, lo adoreranno dicendo, non semplicemente: "
Tu sei il Figlio di Dio", come hanno detto i due ossessi (Mt 8,28), ma: "Veramente, tu sei il Figlio di Dio" (Mt 14,33); e questa parola sono i discepoli saliti «sulla barca» a dirla, poiché io ritengo che non avrebbero potuto essere altri che i discepoli a dirla.

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