Rito
Romano
XXI
Domenica del Tempo Ordinario - 27 agosto 2017
Rito
Ambrosiano
Domenica
che precede il Martirio di san Giovanni il Precursore
1)
Tu sei
il Cristo.
Nel
Vangelo di oggi Gesù fa due domande agli Apostoli.
La
prima è: “La gente chi dice che
sia il Figlio dell’uomo?” (Mt
16,13). Loro gli risposero che per alcuni Lui era Giovanni Battista,
per altri Elia, Geremia o qualcuno dei profeti.
La
seconda è: “Ma, Voi chi dite che io sia?” (Mt
16, 15). A
nome di tutti i discepoli, Pietro professa la fede che resta quella
della Chiesa di tutti i secoli: “Tu sei il Cristo, il Figlio del
Dio vivente” (Mt
16,16). Infatti, da quel giorno la Chiesa continua a ripetere questa
solenne professione di fede. Anche noi quest’oggi siamo chiamati a
lasciare che Dio parli ai nostri cuori come ha parlato a
quelli degli apostoli. Se ascolteremo le parole evangeliche con fede
perfetta e con amore perfetto capiremo il significato vero di queste
parole: “Gesù, il Cristo, il Verbo, il Figlio dell’uomo e di
Dio” e proclameremo con profonda convinzione:
“Gesù, tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”(Id.).
Lo facciamo con la consapevolezza che è Cristo il vero “tesoro”,
la “perla” di valore inestimabile, per cui vale la pena di
sacrificare tutto, come è stato ricordato la domenica XVII del Tempo
Ordinario - del 30 luglio 2017.
Lui
è l’amico che non ci abbandona mai, perché è l’Emmanuele, il
Dio sempre con noi che conosce le attese più intime del nostro
cuore. Gesù è il “Figlio del Dio vivente”, il Messia promesso,
venuto sulla terra per offrire all’umanità la salvezza e per
soddisfare la sete di vita e di amore che abita nel cuore di ogni
essere umano. Questa sete è soddisfatta dalla Misericordia divina
che è sempre pronta a donarsi a chi si converte nel cuore e lo
chiede alla Chiesa.
Va
dunque tenuto presente che Cristo non rivolge queste due domande ai
discepoli per conoscere una o più opinioni su di Lui. Non ha
bisogno di sapere quello che gli uomini pensano di Lui. Con questa
duplice domanda Gesù chiede un atto di fede in Lui, che ha come
conseguenza la sequela. “Gesù non ha detto ‘Conoscimi!’ ha
detto ‘Seguimi!’. Seguire Gesù con le nostre virtù e nonostante
i nostri peccati. L’importante è seguire sempre Gesù. Non è uno
studio di cose che è necessario, ma è una vita di discepolo. Ci
vuole un incontro quotidiano con il Signore, tutti i giorni, con le
nostre vittorie e le nostre debolezze”(Papa Francesco).
Ovviamente,
la domanda di Cristo non nasce da una crisi di identità, ma si offre
come strada per portare i discepoli dentro il suo mistero di verità
e di amore. La domanda del Messia è una vocazione a seguirlo. E
questa sequela non si fonda sull’adesione ad una teoria, ma sulla
solidità di una presenza, che è salda come la pietra.
Cristo
è la Pietra vivente, e Pietro è scelto come sua pietra. I due non
si escludono. Cristo, Pietra angolare, chiama Pietro ad una
assimilazione progressiva, a farsi sempre più discepolo e ad essere
la Pietra apostolica, perché, nonostante la sua fragilità ed il suo
peccato, ama il suo Signore più di tutti gli altri e deve
confermarli in quella fede operosa che è l’amore.
Per
questo il Papa è colui che preside alla carità e conferma la nostra
fede con il ministero della verità e della misericordia, e che usa
le chiavi del Regno per riconciliare le persone con Dio e tra di
loro. Le Chiavi consegnate a Pietro sono le chiavi della grazia,
della misericordia, del perdono, della speranza e della gioia.
Facciamo
nostra la risposta di Pietro che non ha risposto alle domande di
Cristo con una teoria, ma con una professione di fede. Il problema
non è interrogare Dio, ma lasciarci interrogare da Lui. Lui è e
resta sempre un mistero; rispondergli, invece, costituisce
l’avventura di essere uomini: l’avventura della sequela di Colui
, che è Via, Verità e Vita.
La
fede è l’accoglienza di Lui, il seguire Lui, la comunione d’amore
con Lui. E’ la redenzione nostra e del mondo.
2)
Tu sei Pietro.
Alla
confessione di Pietro: “Tu
sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt
16, 16), Gesù replica: “Tu sei Pietro e su questa pietra
edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno
contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli” (Mt
16, 18).
La
professione di fede di Pietro, l’umile
pescatore di Galilea, è voce dei suoi condiscepoli e oggi indica a
noi la presenza divina e il luogo della salvezza per ogni uomo e
donna della terra. Su questa “pietra” della fede si edifica la
nuova comunità umana riconciliata e sposata con Dio.
E’
vero che la Chiesa è edificata dal Signore: “Su questa pietra
edificherò la mia Chiesa”, perché la Chiesa è puro dono di Dio,
per accogliere e salvare tutti con tutti i limiti e gli errori
dell’umanità ferita e peccatrice.
E’
vero anche che sulla fede di Pietro Cristo fonda la sua Chiesa, con
il potere di legare e di sciogliere, di perdonare e di santificare,
con la missione di evangelizzare, di annunciare la buona notizia a
tutto il mondo. La Chiesa è stabilita sulla comunione con Pietro e
nell’obbedienza a Pietro. Consola e conforta sentire anche oggi la
parola del Signore che sigilla questo disegno di Dio: “Le potenze
degli inferi non prevarranno su di essa”. Dà forza poter camminare
anche nel mondo di oggi, non con presunzione, ma con la certezza che
a condurre la Chiesa è lo Spirito di Dio
La
parola Chiesa, in
greco ekklésia,
significa “convocazione”, “assemblea” e indica il popolo che
si riunisce convocato dalla Parola di Dio, e che cerca di vivere il
messaggio del Regno portato da Cristo. La Chiesa
ha come missione quella di attuare il disegno grandioso di Dio:
riunire in Cristo l’umanità intera in un’unica famiglia.
La
missione di Pietro, e dei suoi successori, è proprio quella di
servire quest’unità dell’unica Chiesa di Dio formata da tutti i
popoli di tutto il mondo. Il suo ministero indispensabile è far in
modo che essa non si identifichi mai con una sola nazione, con una
sola cultura, ma che sia la Chiesa di tutti i popoli, per rendere
presente fra gli uomini, segnati da innumerevoli divisioni e
contrasti, la pace di Dio e la forza rinnovatrice del suo amore.
La
missione peculiare del Papa, Vescovo di Roma e successore di Pietro,
è di servire l’unità interiore che proviene dalla pace di Dio,
l’unità di quanti in Gesù Cristo sono diventati fratelli e
sorelle.
Uniti
al Santo Padre, siamo tutti chiamati ad essere missionari di Cristo e
testimoni del suo amore. La chiave che a noi tutti è data è quella
della croce, che implica il dono di se stessi. In comunione con il
Papa siamo chiamati a offrire - nella nostra vita, salvata e
colma dell’amore di Dio - una pietra su cui ogni persona umana
possa posare i suoi dolori, le incertezze e i dubbi.
“Beati”
noi, scelti per annunciare il Vangelo: per questo, in ogni
circostanza, il potere infinito dell'amore di Dio risplendente nella
Gloria della sua risurrezione, ci terrà stretti alla sua
Croce, chiave del regno di Dio.
Cristo
ha consegnato a Pietro le “chiavi” del Regno, chiamandolo ad
essere crocifisso con Lui, a portare con Lui il suo giogo leggero e
soave sulle spalle, per imparare l'umiltà e la mitezza con le quali
“sciogliere” gli uomini dalla schiavitù al mondo, alla carne e
al demonio, e “legarli” a Lui, a Cristo in un'alleanza che non
avrà mai fine.
Le
vergini consacrate ne sono le testimoni speciali, perché,
“legandosi” totalmente e solamente a Cristo, stanno abbracciate a
Lui in croce. La virginità è la
crocefissione di sé per donarsi a Dio, per inchiodarsi al suo amore
abbracciando Cristo in Croce. La verginità non è riducibile a una
rinuncia, non è una limitazione, ma un potenziamento dell’amore
come dono che consacra la persona nell’Amore e trasforma l’amante
nell’Amato. L’amore vissuto verginalmente è un amore crocifisso
non perché è un amore mortificato, ma perché è un amore
“sacrificato”, cioè reso sacro dal totale dono di se stessi a
Dio.
Lettura
patristica
Cipriano
di Cartagine (ca 210 – 258)
De
Eccl. unitate, 4-5
Il Signore dice a Pietro: "Io ti dico: tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli: ciò che tu legherai sulla terra, sarà legato anche in cielo, e cio che tu scioglierai sulla terra, sarà sciolto anche in cielo (Mt 16,18s). Su uno solo egli edifica la Chiesa, quantunque a tutti gli apostoli, dopo la sua risurrezione, abbia donato uguali poteri dicendo: "Come il Padre ha mandato me, così io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo! A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, e a chi li riterrete, saranno ritenuti" (Jn 20,21-23). Tuttavia, per manifestare l’unità, costituì una cattedra sola, e dispose con la sua parola autoritativa che il principio di questa unità derivasse da uno solo. Quello che era Pietro, certo, lo erano anche gli altri apostoli: egualmente partecipi all’onore e al potere; ma l’esordio procede dall’unità, affinché la fede di Cristo si dimostri unica. E a quest’unica Chiesa di Cristo allude lo Spirito Santo nel Cantico dei Cantici quando, nella persona del Signore, dice: "Unica è la colomba mia, la perfetta mia, unica di sua madre, la prediletta della sua genitrice" (Ct 6,9). Chi non conserva quest’unità della Chiesa, crede forse di conservare la fede? Chi si oppone e resiste alla Chiesa, confida forse di essere nella Chiesa? Eppure è anche il beato apostolo Paolo che lo insegna, e svela il sacro mistero dell’unità dicendo: "Un solo corpo e un solo spirito, una sola speranza della vostra vocazione un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio (Ep 4,4-6).
Innocenzo III (1161 – 1216)
Sermo 21
"Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,17)... che inabita le celesti menti e le illumina con la luce di verità. "Ha nascosto", infatti, "queste cose ai sapienti e le ha rivelate ai piccoli" (Mt 11,25), quale è Pietro, non superbo, bensì umile. Perciò Simone viene benedetto, come dire dichiarato obbediente; figlio di Giona, ovvero di Giovanni, che si interpreta grazia di Dio; infatti la virtù dell’obbedienza procede dalla grazia divina.
Tale beatitudine si sostanzia soprattutto di conoscenza e di amore, come dire di fede e di carità. Delle quali virtù, l’una è prima, l’altra è precipua... Entrambe, il Signore le richiese da Pietro: la fede, quando gli dette le chiavi; la carità, quando gli affidò il gregge (Jn 21). Nella concessione delle chiavi, interrogando sulla fede, chiese: "Ma voi chi dite che io sia? E Pietro rispose: Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivo" (Mt 16,15-16). Nell’affidamento del gregge, esigendo la carità, chiese: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro? Ed egli rispose: Signore, tu sai che io ti amo" (Jn 21,15)...
Quale e quanta fosse la fede di Pietro, lo indicò senza dubbio la sua risposta: "Tu sei" - egli disse - "il Cristo, il Figlio del Dio vivo. Infatti, con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione della fede per avere la salvezza" (Rm 10,10). Egli confessa difatti in Cristo due nature e una persona. La natura umana, quando dice: "Tu sei il Cristo", che significa "unto", secondo l’umanità, come afferma di lui il Profeta: "Il tuo Dio ti ha unto con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali" (Ps 44,8). La natura divina, quando aggiunge: "Figlio del Dio vivo"...
Quindi non "sei" soltanto Figlio dell’uomo, ma anche "Figlio di Dio": non morto, in ogni caso come gli dèi dei gentili... bensì "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo", che vive in sé e vivifica l’universo, "nel quale viviamo, ci muoviamo e siamo" (Ac 17,28). Una cotal fede il Signore non permise che subisse l’erosione di alcuna tentazione. Per cui, quando disse al beato Pietro, all’approssimarsi della Passione: "Simone, ecco Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano", aggiunse subito: "Ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,31-32). Si può infatti ritenere che talvolta abbia dubitato, ragion per cui il Signore lo rimproverò: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?" (Mt 14,31); tuttavia, poiché convalidò la solidità della sua fede, lo liberò all’istante dal pericolo pelagiano.
Questa fede vera e santa, non procedette da formulazione umana, ma da rivelazione divina. Motivo per cui Cristo concluse: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre che sta nei cieli". Su questa fede quasi su pietra, è fondata la Chiesa; ecco perché il Signore aggiunse: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa" (Mt 16,17-18). Questa dignità si esplicita in due modi, in quanto il beatissimo Pietro è nientemeno fondamento e insieme capo della Chiesa. In effetti, va detto che primo ed essenziale fondamento è Cristo, così come afferma l’Apostolo: "Nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo" (1Co 3,11), esistono tuttavia fondamenta di second’ordine e secondari, ovvero gli apostoli e i profeti e, in merito a ciò, dice l’Apostolo: "Edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti" (Ep 2,20), dei quali altrove è detto per bocca del Profeta: "Le sue fondamenta sono sui monti santi" (Ps 86,1). Tra questi, il beatissimo Pietro è primo e precipuo.