VI
Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 12 febbraio 2017
Rito
Romano
Sir
15,16-21; Sal 118; 1Cor 2,6-10; Mt 5,17-37
Rito
Ambrosiano
1Sam
21,2-6a; Sal 42; Eb 4,14-16; Mt 12,9b-21
Domenica
VI dopo l’Epifania
1)
L’amore è compimento della legge.
All’inizio
della Messa di questa 6ª domenica del tempo ordinario (Anno A) la
preghiera del sacerdote è: “O Dio, che riveli la pienezza della
legge nella giustizia nuova fondata sull’amore, fa’ che il popolo
cristiano, radunato per offrirti il sacrificio perfetto, sia coerente
con le esigenze del Vangelo, e diventi per ogni uomo segno di
riconciliazione e di pace” (Colletta VI domenica dell’anno
A).
Con
questa preghiera che sintetizza bene la Liturgia della Parola di
oggi, la Chiesa ci invita a pregare perché la legge evangelica
dell’amore guidi il pensare e l’agire dell'uomo, di ognuno di
noi. Quando manca l’amore tutto diventa difficile, pesante e,
spesso, inaccettabile e non c’è regola umana, che possa reggere di
fronte a chi non ama e non sente nel cuore la voce di Dio, che è
amore. Per questo la Liturgia ci fa pregare nella Colletta che si può
usare tutti gli anni: “O
Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con
cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di
diventare tua stabile dimora”.
1
In
effetti, nel Vangelo di oggi Cristo non offre semplicemente delle
regole aggiornate, migliorate perché più complete. Dicendo: “Non
crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono
venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Mt 5, 17),
Gesù afferma di voler portare a compimento la Legge e i Profeti2.
Il Redentore dà pieno compimento alla legge perché, osservandola,
la compie e perché, indicando l’amore come perno della legge, la
completa: tutto è compiuto nell’amore.
Non
dimentichiamo che tutti i comandamenti sono espressione dell’amore
di Dio e sorgente dell’amore tra noi. Sono il pilastro fondamentale
della vita, che costruisce il suo cammino verso il Cielo, come –per
esempio- ce lo ricorda il Siracide, che insegna: “Se vuoi osservare
i suoi (di Dio) comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in
lui, anche tu vivrai. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là
dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la
morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.
Grande infatti è la sapienza del Signore; forte e potente, egli vede
ogni cosa I suoi occhi sono su coloro che lo temono, egli conosce
ogni opera degli uomini. A nessuno ha comandato di essere empio e a
nessuno ha dato il permesso di peccare” (Sir 15, 16-21 –
II lettura della Messa di oggi).
E’
importante ricordare che già la Legge (la Torah consegnata a Mosè)
è prima di tutto un dono che Dio ha fatto al suo popolo, con lo
scopo di far conoscere la sua volontà salvifica. Un esempio di
questo pensiero lo si può trovare nel lungo salmo 118 (119) in cui
si cantano le lodi della Legge e che ci fa pregare cosi: “Sii
benevolo con il tuo servo e avrò vita, osserverò la tua parola.
Aprimi gli occhi perché io consideri le meraviglie della tua legge.
Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti e la seguirò sino alla
fine. Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge e la
osservi con tutto il cuore” (Sal 118, 17-18.34-36).
Oggi,
con la nuova Legge Gesù, nuovo Mosé, ci dà dei comandi che ci
insegnano a costruire la vita e il rapporto con il Signore come
amore, come risposta d'amore, al suo amore infinito, l'unica vera
fonte della salvezza. La salvezza viene dal Signore, viene
dall’amore, non viene dall'osservanza della legge, non viene dalle
nostre opere, ma da Dio. Le nostre opere e l'osservanza dei precetti
ci devono essere ma nella fede e nell'amore. Nella fede, sapendo che
è il Signore che ci dà ogni grazia e ogni salvezza, e noi siamo
felici di vivere nell'umiltà e nella verità davanti a Dio;
nell’amore che è essere appassionati e innamorati di Dio perché
Lui ci ha conquistati, nell’amore che è condivisione e dono di noi
stessi al prossimo, escludendo di giudicare, di sentirci migliori, di
confrontarci con gli altri, di disprezzarli, di escluderli - se
dipendesse in noi - dalla salvezza del Signore. Atteggiamenti tipici
nei farisei e in noi, per tante forme di fariseismo che ci portiamo
dentro.
2)
Ma io vi dico…
Gesù,
nel Vangelo di oggi, più volte ripete: “Ma Io vi dico...”, ma
non lo fa per contrapporsi all’Antico Testamento, Il Signore non
vuole un compimento formale della legge, che non coinvolga il cuore;
sapendo bene che ciò che contamina l’uomo sono le violenze, i
giudizi, gli adulteri che escono dal cuore dell’uomo, è venuto a
“dare compimento” alla legge antica. Si è interamente donato,
offerto alla volontà del Padre e, risuscitato dai morti, ci dona uno
spirito nuovo. Non si entra nel Regno di Dio con l’osservanza
meticolosa della legge, come facevano scribi e farisei: ora è
possibile una “giustizia superiore”: “Siate santi, come io sono
santo” (Lev 19,2).
La
“giustizia di scribi e farisei” aveva, come la nostra, i limiti
della propria carne, perché fondata su opere che avevano
perduto il sapore della gratuità, lettera morta, senza
Spirito.
Lo
dimostrano le parole di Gesù nel vangelo di oggi: “Avete inteso
che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà
essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con
il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi
dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al
sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della
Geenna” (Mt 5, 21s)). In questa parola sembra che Gesù dica
parole assurde quali: “Un pensiero che sfiora appena la mente, ed è
come uccidere un uomo”. Papa Francesco ha chiaramente
ricordato quella forma di omicidio sottile e “facile”, che sono
le maldicenze ed i rancori: “Quello che nel suo cuore odia suo
fratello é un omicida. Noi siamo abituati alle chiacchiere, ai
pettegolezzi. Ma quante volte le nostre comunità, anche la nostra
famiglia, sono un inferno dove si gestisce questa criminalità di
uccidere il fratello e la sorella con la lingua”.
Sono
parole paradossali che rivelano il male che scorre nel cuore di
tutti: se non siamo capaci di “pensare bene” come illudersi
di poter “compiere il bene”? Quante messe e preghiere,
quante buone parole e buoni consigli, sguardi umili, ma il cuore
dov’è? Che ne è del nostro prossimo: il padre, la madre, i
fratelli e sorelle di sangue, i vicini di casa e di lavoro, i
fratelli e sorelle in comunità? Uccisi nel cuore, sepolti e
dimenticati.
Non
è il buon cuore ma il cuore (cioè la radice del nostro essere) che
deve cambiare.
Lo
scopo della legge di Dio non è altro che quello di custodire,
coltivare, far fiorire l’umanità dell’uomo. Per questo -ripeto-
Gesù “comanda” un unico salto di qualità: la conversione del
cuore.
La
conversione del cuore è vissuta dalle Vergini consacrate mediante la
consacrazione e la perseveranza in un cammino in cui in ciascuna di
loro (ma ciò vale anche per ciascuno di noi) Cristo sia tutto:
“Siamo tutti del Signore e Cristo è tutto per noi: se desideri
risanare le tue ferite, egli è medico; se sei angustiato dall’arsura
della febbre, egli è fonte; se ti trovi oppresso dalla colpa, egli è
giustizia; se hai bisogno di aiuto, egli è potenza; se hai paura
della morte, egli è vita; se desideri il paradiso, egli è via; se
rifuggi le tenebre, egli è luce; se sei in cerca di cibo, egli è
nutrimento” (Sant’Ambrogio di Milano, De Virginibus, PL
16, 99).
La
vocazione delle vergini è una chiamata a far fiorire a compiere in
Cristo la loro umanità grazie ad una virtù angelica. A questo
riguardo San Cipriano scrivendo alle vergini afferma giustamente:
“Quello che noi saremo un giorno, voi già cominciate ad esserlo.
Voi fin da questo secolo godete la gloria della risurrezione, passate
attraverso il mondo senza contagiarvene. Finché perseverate caste e
vergini, siete eguali agli angeli di Dio” (De habitu virginum,
22: PL 4, 462).
Felice
è colei che fa le sue scelte di vita alla luce della legge del
Signore e insistentemente implora, con la preghiera, che il Signore
le dia la forza di custodire la legge nel cuore e di osservarla nella
vita di ogni giorno.
1 In latino: “Deus, qui te in rectis et sincéris manére pectóribus ásseris, da nobis tua grátia tales exsístere, in quibus habitáre dignéris”
2 Per gli Ebrei la Legge con i precetti o insegnamenti del Signore e le parole dei suoi servi (i Profeti appunto) indicavano la loro Bibbia.
A complemento di informazione ricordo che la BIBBIA EBRAICA ha 39 Libri così suddivisi:
1. La Torah (Pentateuco);
2. I Profeti a) anteriori (Giosuè, Giudici, 1-2 Samuele, 1-2 Re); b) posteriori (Isaia, Geremia, Ezechiele e i 12 profeti minori);
3. Gli altri scritti: Salmi, Proverbi, Giobbe, Cantico dei Cantici, Daniele, Rut, Qoèlet, Ester, Esdra, Neemia, 1-2 Cronache, le Lamentazioni.
La BIBBIA CRISTIANA comprende 73 libri)
Antico Testamento (46 libri)
1. Il Pentateuco (corrisponde alla Torah ebraica: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio)
2. I Libri storici (Giosuè, Giudici, Rut, 1-2 Samuele, 1-2 Re, 1-2 Cronache, Esdra, Neemia, Tobia, Giuditta, Ester, 1-2 Maccabei)
2. I Libri storici (Giosuè, Giudici, Rut, 1-2 Samuele, 1-2 Re, 1-2 Cronache, Esdra, Neemia, Tobia, Giuditta, Ester, 1-2 Maccabei)
3. Libri sapienziali (Giobbe, Salmi, Proverbi, Qoelet, Cantico dei Cantici, Sapienza, Siracide).
4. Libri profetici
• maggiori (Isaia, Geremia, le Lamentazioni, Baruc, Ezechiele, Daniele) • minori (Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia).
4. Libri profetici
• maggiori (Isaia, Geremia, le Lamentazioni, Baruc, Ezechiele, Daniele) • minori (Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia).
Nuovo Testamento (27 libri)
1. Vangeli (Matteo, Marco, Luca, Giovanni)
2. Atti degli Apostoli
3. Lettere (Romani, 1-2 Corinti, Galati, Efesini, Filippesi, Colossesi 1-2 Tessalonicesi, 1-2 Timoteo, Tito, Filemone, Ebrei, Giacomo, 1-2 Pietro, 1-2-3 Giovanni, Giuda)
4. Apocalisse
2. Atti degli Apostoli
3. Lettere (Romani, 1-2 Corinti, Galati, Efesini, Filippesi, Colossesi 1-2 Tessalonicesi, 1-2 Timoteo, Tito, Filemone, Ebrei, Giacomo, 1-2 Pietro, 1-2-3 Giovanni, Giuda)
4. Apocalisse
Lettura
Patristica
Sant'Efrem,
diacono
Commenti
dal Diatessaron, 1, 18-19
SC
121, 52-53
La
parola di Dio è sorgente inesauribile di vita
Chi
è capace di comprendere, Signore, tutta la ricchezza di una sola
delle tue parole? E' molto più ciò che ci sfugge di quanto
riusciamo a comprendere. Siamo proprio come gli assetati che bevono
ad una fonte. La tua parola offre molti aspetti diversi, come
numerose sono le prospettive di coloro che la studiano. Il Signore ha
colorato la sua parola di bellezze svariate, perché coloro che la
scrutano possano contemplare ciò che preferiscono. Ha nascosto nella
sua parola tutti i tesori, perché ciascuno di noi trovi una
ricchezza in ciò che contempla.
La
sua parola è un albero di vita che, da ogni parte, ti porge dei
frutti benedetti. Essa è come quella roccia aperta nel deserto, che
divenne per ogni uomo, da ogni parte, una bevanda spirituale. Essi
mangiarono, dice l'Apostolo, un cibo spirituale e bevvero una bevanda
spirituale (cfr. 1 Cor 10, 2).
Colui
al quale tocca una di queste ricchezze non creda che non vi sia altro
nella parola di Dio oltre ciò che egli ha trovato. Si renda conto
piuttosto che egli non è stato capace di scoprirvi se non una sola
cosa fra molte altre. Dopo essersi arricchito della parola, non creda
che questa venga da ciò impoverita. Incapace di esaurirne la
ricchezza, renda grazie per la immensità di essa. Rallegrati perché
sei stato saziato, ma non rattristarti per il fatto che la ricchezza
della parola ti superi. Colui che ha sete è lieto di bere, ma non si
rattrista perché non riesce a prosciugare la fonte. E` meglio che la
fonte soddisfi la tua sete, piuttosto che la sete esaurisca la fonte.
Se la tua sete è spenta senza che la fonte sia inaridita, potrai
bervi di nuovo ogni volta che ne avrai bisogno. Se invece saziandoti
seccassi la sorgente, la tua vittoria sarebbe la tua sciagura.
Ringrazia per quanto hai ricevuto e non mormorare per ciò che resta
inutilizzato. Quello che hai preso o portato via è cosa tua, ma
quello che resta è ancora tua eredità. Ciò che non hai potuto
ricevere subito a causa della tua debolezza, ricevilo in altri
momenti con la tua perseveranza. Non avere l'impudenza di voler
prendere in un sol colpo ciò che non può essere prelevato se non a
più riprese, e non allontanarti da ciò che potresti ricevere solo
un po' alla volta.
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