Rito
Romano
Is
60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12
Rito
Ambrosiano
Is
55, 4-7; Sal 28; Ef 2,13-22; Lc 3,15-16. 21-22
Battesimo
del Signore.
1)
Tre epifanie1:
un cammino da una festa all’altra.
Se
Cristo si è manifestato già a Betlemme ai pastori perché celebrare
la sua epifania (parola greca che vuol dire manifestazione) ai Re
Magi, agli Ebrei sulle rive del Giordano, ai discepoli di Cristo a
Cana di Galilea? Perché “il Signore conduce il suo gregge
spirituale da una festa all’altra” (Omelia di anonimo
siriano). “Nella prima festa alla grotta di Betlemme, la
creazione ha ricevuto il Creatore dal seno della Vergine, e nella
festa del Battesimo la sposa riceve lo Sposo dal seno del battesimo.
Nella prima nascita, è stato generato dalla Vergine, e nella festa
odierna è stato generato dal battesimo” (Ibid.).
Tra
questa due feste ce ne un’altra: quella Re Magi. Come i pastori
furono chiamati dall’angelo ad essere partecipi della Gloria di Dio
e della pace degli uomini, così anche i Magi, esperti astronomi,
furono guidati dalla stella per partecipare anch’essi all’evento
che ha mutato storia e destini dell’umanità e del mondo.
Anche
da questi misteriosi personaggi, che sono venuti da lontano,
impariamo a conoscere, amare e adorare il Bambino, Salvatore del
mondo intero. Questi pagani hanno cominciato a conoscere Gesù grazie
alle stelle, cioè attraverso una sapienza umana, mediante la
ragione.
La
ragione però da sola non è bastata per condurre i Magi dal Bambino,
hanno avuto bisogno anche della Scrittura, della Rivelazione.
Tuttavia per andare da Gesù non basta neppure la Bibbia. Gli scribi
e farisei, che custodivano la Rivelazione, non si sono mossi per
andare a conoscere il Re dei re. Non basta la conoscenza, ci vuole
qualcosa di più. Ci vuole il desiderio di incontrare Gesù, la
disponibilità ad assumersi il rischio, come hanno fatto i magi, di
un viaggio lungo rischiarato di notte da una stella. Erode e i capi
di Israele invece, pur avendo la Rivelazione e non essendo lontani da
Betlemme non si misero in cammino alla ricerca di Gesù. Anzi saputo
che il Re per eccellenza era nato cercarono di eliminarlo.
I
Saggi uomini dell’Oriente, mossi dal desiderio di verità, di luce
e di vita e lasciarono i loro bei palazzi. Se i Magi non fossero
partiti lasciando i loro palazzi e andando lontano dal loro Paese,
non avrebbero visto Cristo. “Finché restavano nel loro Paese, non
vedevano che una stella; quando invece hanno lasciato la loro patria,
hanno visto il Sole di giustizia (Mt 3,20). Diciamo meglio: se
non avessero intrapreso generosamente il loro viaggio, non avrebbero
nemmeno visto la Stella” (cfr San Giovanni Crisostomo,
Omelie su Matteo, 7-8). Questa Stella è la via, e Cristo
è la Via, perché Cristo è la Stella. Dove c’è Cristo, c’è
anche la stella; egli, infatti, è la stella fulgida del mattino.
Egli si manifesta con la sua stessa luce” (Sant’Ambrogio da
Milano, Commento al Vangelo di San Luca, II, 45).
Se,
come i Re Magi, saremo uomini “in ricerca” di qualcosa di più,
in ricerca della vera luce, che sia in grado di indicare la strada da
percorrere nella vita, lasceremo le nostre case e le nostre sicurezze
per seguire questa stella, che non porta alla grande città di
Gerusalemme. Questa stella ci guida a Betlemme, una piccola città.
Per farci trovare il Re dei re ci fa andare tra i poveri, tra gli
umili. I criteri di Dio sono differenti da quelli degli uomini. Dio
non si manifesta nella potenza violenta di questo mondo, ma nella
potenza mite del suo amore, un amore che non si impone, ma si propone
alla nostra libertà. Se lo accogliamo, ci trasforma e ci rende
capaci di arrivare a Colui che è l’Amore. Questo Amore si
manifesta adulto al fiume Giordano, chiedendo di essere battezzato.
La manifestazione di Cristo ai peccatori pentiti, che andavano da
Giovanni il Battista, ha Dio Padre come testimone che dice: “Questi
è mio Figlio, l’amato: Ascoltatelo” (Mc 9,7) e questo invito
all’ascolto ci introduce alla quotidianità di un rapporto
personale con Cristo, con l’Agnello mandato dal Padre per portar
via i peccati del mondo. Mediante la discesa nelle acque del
Giordano, Gesù, l’Emmanuele, il Dio sempre con noi, manifesta come
si è unito a noi peccatori. Con il suo battesimo il Salvatore
comincia a manifestarsi anche come Colui che è venuto a battezzare
l’umanità nello Spirito Santo, portando all’umanità la vita in
abbondanza (cfr. Gv 10,10), la vita vera.
2)
La terza “epifania”: il miracolo alle nozze di Cana.
L’episodio
delle nozze di Cana è sorprendente per vari motivi. In effetti, è
un fatto raccontato nel Vangelo di Giovanni, che è il Vangelo
interiore, spirituale, contemplativo ed ha l’aria di un miracolo
molto materiale, che trasforma l’acqua in vino per non rovinare una
festa di matrimonio. E’ vero che con questo miracolo Gesù fa
continuare la semplice gioia umana di due sposi nel giorno delle loro
nozze, ma stupisce che il Discepolo prediletto lo abbia scelto come
primo miracolo da raccontare nel suo Vangelo. A meno che l’importanza
di questo episodio venga dal fatto che di fatto San Giovanni vuole
raccontare le nozze di Gesù con l’umanità e dirci che il vino che
manca è quello del sacrificio d’amore dello Sposo.
Papa
Francesco insegna: “Dando avvio al suo ministero pubblico nelle
nozze di Cana, Gesù si manifesta come lo sposo del popolo di Dio,
annunciato dai profeti, e ci rivela la profondità della relazione
che ci unisce a Lui: è una nuova Alleanza di amore” (Udienza
Generale dell’8 giugno 2016). Alle nozze di Cana, dunque, non
accadde solamente un miracolo ma la manifestazione (epifania) di Gesù
come Sposo. Lui è l’atteso Sposo e “in queste nozze Gesù lega a
sé i suoi discepoli con una Alleanza nuova e definitiva. A Cana i
discepoli di Gesù diventano la sua famiglia e a Cana nasce la fede
della Chiesa” (Ibid.). Questa fede si fonda su un atto di
amore attento anche alla mancanza di vino e ci rivela che la vita
cristiana è la risposta a questo amore. La famiglia di Gesù in cui
si riversa questo suo amore è la Chiesa, che custodisce e dona a
tutti questo amore sponsale.
II
segno (è così che San Giovanni chiama i miracoli nel suo Vangelo)
compiuto da Gesù a Cana di Galilea (Gv, 2,1-12) è una
manifestazione messianica, come il Battesimo al Giordano e come
l’adorazione dei Magi a Betlemme. Ma mentre alla grotta erano degli
uomini che rendevano manifesta la verità del Bambino, e al
Battesimo fu il Padre a svelare il significato profondo del Cristo, a
Cana è Gesù stesso che si manifesta.
Il
racconto de miracolo di Cana non sottolinea molto la potenza del
Cristo, è piuttosto attento ad alcuni particolari, come l’abbondanza
del vino (circa 600 litri), la sua ottima qualità, il fatto stesso
che esso sostituisca l’acqua preparata per le abluzioni rituali2.
Sono tutti tratti messianici. Gesù è il Messia, la nuova Alleanza e
la nuova legge. Ma si noti subito un particolare importante. Nella
messianità di Gesù è contenuta l'idea di un cambiamento: c’è
qualcosa di vecchio (l’acqua) che deve venir meno per lasciar posto
a qualcosa di nuovo (il vino). La legge antica lascia il posto alla
nuova, che è legge di libertà (cfr. Gc 1, 25; 2, 12), legge
di grazia e di amore (San Tommaso d’Aquino, Summa Theologica,
I-II, q. 107, a.1). A questa legge nuova e perfetta aderiscono di
discepoli presenti al miracolo, che li spinge a credere in Cristo
accettando il suo amore che trasforma. Un esempio attuale di come
credere e rispondere a questo amore ci viene dalla vergini consacrate
nel mondo. Lo amano come Lui desidera essere amato , nella
concretezza della vita: “Se mi amate, osserverete i miei
comandamenti” (Gv 14, 15; cfr. 14, 21). Lo amano assumendo i
suoi stessi sentimenti (cfr. Fil 2, 5), condividendo il suo
stile di vita, fatto di umiltà e mansuetudine, di amore e di
misericordia, di servizio e di disponibilità, di tenerezza e di
attenzione. In questo modo loro che sono “vergini per Cristo”
realizzano il loro essere “madri nello spirito” (Rito di
consacrazione delle Vergini, n. 16). In effetti, “Secondo la
dottrina dei Padri, le vergini, ricevendo dal Signore la
“Consacrazione della verginità”, diventano segno visibile della
verginità della Chiesa, strumento della sua materna fecondità
spirituale” (San Giovanni Paolo II, Discorso alle
Partecipanti al Convegno Internazionale dell’“Ordo Virginum”
nel 25° Anniversario della promulgazione del Rito,
2 giugno 1995)
1 Quando parliamo di “epifania” intendiamo la manifestazione di Gesù Cristo a tutte le genti, rappresentate dai Re Magi , che si prostrarono davanti al Re Bambino e lo adorarono. Tuttavia come è indicato nella Liturgia delle Ore: “Oggi la Chiesa,
lavata dalla colpa nel fiume Giordano,
si unisce a Cristo, suo Sposo,
accorrono i magi con doni alle nozze regali
e l'acqua cambiata in vino rallegra la mensa, alleluia” (Ant. al Benedictus dell’Epifania). Quindi di per sé, la Solennità dell’Epifania celebra tre manifestazioni: quella a tutta l’umanità rappresentata dai Re-Magi, quella agli Ebrei sulle rive Giordano, dove il Salvatore è battezzato ed indicato come figlio prediletto dal Padre; e quella ai discepoli mediante il miracolo dell’acqua trasformata in vino durante le nozze di Cana, che sono un simbolo delle nozze di Cristo con la Chiesa.
2 “Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri .E Gesù disse loro: ‘Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo’” (Gv 2, 6-7).
Lettura
Patristica
San
Leone Magno, papa
Disc.
3 per l’Epifania, 1-3. 5
PL
54, 240-244)
Il
Signore ha manifestato in tutto il mondo la sua salvezza
La
Provvidenza misericordiosa, avendo deciso di soccorrere negli ultimi
tempi il mondo che andava in rovina, stabilì che la salvezza di
tutti i popoli si compisse nel Cristo.
Un tempo era stata promessa
ad Abramo una innumerevole discendenza che sarebbe stata generata non
secondo la carne, ma nella fecondità della fede: essa era stata
paragonata alla moltitudine delle stelle perché il padre di tutte le
genti si attendesse non una stirpe terrena, ma celeste.
Entri,
entri dunque nella famiglia dei patriarchi la grande massa delle
genti, e i figli della promessa ricevano la benedizione come stirpe
di Abramo, mentre a questa rinunziano i figli del suo sangue. Tutti i
popoli, rappresentati dai tre magi, adorino il Creatore
dell'universo, e Dio sia conosciuto non nella Giudea soltanto, ma in
tutta la terra, perché ovunque «in Israele sia grande il suo nome»
(cfr. Sal 75, 2).
Figli carissimi, ammaestrati da questi misteri
della grazia divina, celebriamo nella gioia dello spirito il giorno
della nostra nascita e l'inizio della chiamata alla fede di tutte le
genti. Ringraziamo Dio misericordioso che, come afferma l'Apostolo,
«ci ha messo in grado di partecipare alla sorte dei santi nella
luce. E' lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha
trasferiti nel regno del suo Figlio diletto» (Col 1, 12-13). L'aveva
annunziato Isaia: «Il popolo dei Gentili, che sedeva nelle tenebre,
vide una grande luce e su quanti abitavano nella terra tenebrosa una
luce rifulse» (cfr. Is 9, 1). Di essi ancora Isaia dice al Signore:
«Popoli che non ti conoscono ti invocheranno, e popoli che ti
ignorano accorreranno a te» (cfr. Is 55, 5).
«Abramo vide questo
giorno e gioì» (cfr. Gv 8, 56). Gioì quando conobbe che i figli
della sua fede sarebbero stati benedetti nella sua discendenza, cioè
nel Cristo, e quando intravide che per la sua fede sarebbe diventato
padre di tutti i popoli. Diede gloria a Dio, pienamente convinto che
quanto il Signore aveva promesso lo avrebbe attuato (Rm 4, 20-21).
Questo giorno cantava nei salmi David dicendo: «Tutti i popoli che
hai creato verranno e si prostreranno davanti a te, o Signore, per
dare gloria al tuo nome» (Sal 85, 9); e ancora: «Il Signore ha
manifestato la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua
giustizia» (Sal 97, 2).
Tutto questo, lo sappiamo, si è
realizzato quando i tre magi, chiamati dai loro lontani paesi, furono
condotti da una stella a conoscere e adorare il Re del cielo e della
terra. Questa stella ci esorta particolarmente a imitare il servizio
che essa prestò, nel senso che dobbiamo seguire, con tutte le nostre
forze, la grazia che invita tutti al Cristo. In questo impegno, miei
cari, dovete tutti aiutarvi l'un l'altro. Risplendete così come
figli della luce nel regno di Dio, dove conducono la retta fede e le
buone opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo che con Dio Padre e
con lo Spirito Santo vive e regna per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
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