II
Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 15 gennaio 2017
Rito Romano
Is
49, 3. 5-6; Sal 39; 1 Cor 1, 1-3; Gv 1, 29-34
Rito
Ambrosiano
Nm 20,2.6-13; Sal 94;
Rm 8,22-27; Gv 2,1-11
II Domenica dopo
l’Epifania
1) L’Agnello e
la Colomba al Giordano e a Messa.
Dopo il tempo
natalizio che si è concluso con la celebrazione delle tre epifanie
di Gesù (a Betlemme con i Re magi, sulle rive del Giordano con il
Battesimo, a Cana con il miracolo dei 600 litri di acqua trasformata
in vino), ecco il tempo ordinario1,
che nel linguaggio corrente evoca non solo quotidianità ma
ripetitività e monotonia. Invece, la Chiesa con la sua Liturgia ci
invita a vivere il tempo ordinario come prolungamento quotidiano2
- nella nostra umanità, nella nostra umile storia di ogni giorno -
di quello che abbiamo vissuto a Natale.
Per aiutarci a
prolungare nella vita ordinaria quanto è stato celebrato nel tempo
di Natale ormai concluso, il Vangelo di oggi ci propone l’incontro
tra Giovanni il Battista e Cristo, che al Giordano comincia il suo
quotidiano lavoro di Salvatore. In effetti, Lui ci salva dal peccato
prendendolo su di sé in quanto “Agnello di Dio che toglie il
peccato del mondo” (Gv 1,29)3.
Un giorno, che si
prospettava un giorno come un altro, durante il suo “lavoro
quotidiano” di predicatore e di battezzatore, Giovanni vide fra la
gente, che andava da lui, il Messia da lui tanto atteso. Scorse in un
uomo del quale non conosceva l’identità di Figlio di Dio un che di
veramente eccezionale. Vide che su quest’Uomo discendeva come
colomba lo Spirito di Dio e su di Lui rimaneva (cfr. Gv 1,
32), disse a gran voce “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il
peccato del mondo”.
Due animali miti e
pacifici, immagini di non-violenza e di dolcezza, sono al cuore di
questa rivelazione: l’agnello e la colomba.
Gesù è l’agnello
mite e innocente, che si lascia condurre alla morte (cfr. Ger
11,19; Is 53,7), offrendosi a Dio per il peccato del mondo.
Questo Agnello, che è l’Amato, il Prediletto, è pure il Servo del
Signore (cfr. soprattutto Is 53,4-6.12), che si carica del
peccato del mondo, per toglierlo dalle nostre spalle e cancellarlo
agli occhi del Padre, dal quale invoca e ottiene la misericordia e il
perdono.
Lo Spirito Santo
scende su Gesù come colomba, perché come colomba lo Spirito trova
il suo nido di amore in Gesù. Dimorando su Cristo, questa colomba
indica l’Amore del Padre che si stabilisce in Gesù come in una
abitazione permanente (vedi Mt 3,16; Mc 1,10; Lc
3,22). Con gli occhi del corpo Giovanni vede un “semplice” uomo,
che andava da lui mischiato fra gli altri peccatori penitenti. Grazie
all’indicazione dello Spirito, con gli occhi dello spirito, il
Battista riconosce nel cugino Gesù il Messia e lo indica a tutti ad
alta voce quale Agnello di Dio, proclamando che veniva a cancellare
il peccato.
Ma perché questo mite
ed innocente Agnello deve morire? Di chi è vittima? Dell’ira di
Dio, che si placa solamente con il sangue dei sacrifici? Della
giustizia di Dio, la quale esige che un innocente versi il suo sangue
come risarcimento delle offese?
Nell’Antico
Testamento, come il libro dell’Esodo ci racconta, il sangue
dell’agnello sugli stipiti delle case liberò il popolo ebreo dalla
morte e la carne dell’agnello, mangiata all’inizio dell’esodo,
diventa forza per il cammino di Israele.
Nel Nuovo Testamento,
l’Agnello di Dio, il Figlio che è fatto servo, il buon pastore che
si è fatto agnello, si fa garante non più e non solamente della
liberazione del popolo di Israele, ma del “mondo” intero, di
tutta umanità.
L’Agnello di Dio è
vittima dell’amore del Padre per l’umanità. Per l’uomo Dio
sacrifica suo Figlio, che sacrifica la propria vita per i suoi
fratelli in umanità.
Questo Agnello, che
conduce alla sorgente della vita, della felicità, e asciuga ogni
lacrima dai nostri occhi (cfr. Ap 7,14-17), mostra
un’obbedienza e un amore che vanno fino alla Croce. Lui è il Servo
di Dio che prende su di sé – togliendolo via – il peccato del
popolo. Infatti, “quando il tempo della misericordia di Dio
arrivò, l’Agnello venne sulla terra e portò il perdono, portando
via il peccato” (Sant’Agostino d’Ippona, Comment. in Ioan.,
7, 5-6).
L’Agnello-Cristo
prende su di sé e porta via il peccato del mondo, perché è il
Servo innocente per antonomasia ed è solidale con i peccatori. Anche
se è consapevole della sua innocenza e dalla sua origine divina, non
prende le distanze dai peccatori, si mescola con loro e, oggi, con
noi.
2) Il sacrificio
dell’Agnello è un sacrificio di comunione.
Gesù Cristo è
l’Agnello immacolato che porta sulle sue spalle la croce dei nostri
peccati, sale in croce e su questa croce s’immola da Agnello. Lui
porta sulle sue spalle i nostri peccati, tutti, e sulla croce sono
puliti dal suo Sangue, bruciati dal fuoco dello Spirito Santo che si
sparge col suo Sangue.
Questo, che accadde
sulla croce, riaccade misteriosamente nel battesimo e nella
confessione sacramentale, dove il potere del suo Sangue toglie i miei
peccati.
Questa salita in croce
di Gesù si rinnova sacramentalmente ad ogni Messa, e noi, siccome
siamo battezzati, siamo stati fatti un solo corpo con Lui, e come il
suo corpo viene sacrificato nella Messa, anche noi siamo sacrificati
con Lui. Perciò in questa Messa, rendiamo grazie a Dio, per Gesù
Cristo, l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, il nostro
Salvatore, che ci toglie le tenebre e le ombre di morte, donandosi
Lui stesso in Persona, nella comunione eucaristica.
Entrare in comunione
con lui, fare la comunione, significa diventare ciò che (o meglio
Colui che) mangiamo e rinnovare questo atto di consegna di noi stessi
e del nostro peccato a Lui, che viene a noi come agnello per
prenderlo su di sé.
Ad ogni Messa la
Chiesa rinnova il sacrificio redentore di Cristo, e – tramite un
atto di immenso amore Gesù prende sulle sua spalle il peccato per
toglierlo dalle nostre spalle, come libero dono. La sua non è una
espiazione4,
intesa in senso giuridico, che è quanto di più lontano dalla
concretezza dell’amore di Dio. La sua è un’espiazione che si
coniuga con il perdono, che è la caratteristica del Dio di Gesù
Cristo. Il peccato dunque è tolto non solo perché è cancellato,
portato via, ma perché l’Amore è immesso nell’uomo.
Per continuare ad
immettere questo Amore il modo privilegiato è quello di fare la
comunione. Comunicare assumendo la carne dell’Agnello di Dio che si
è fatto cibo per noi è entrare nella comunione con la persona del
Signore vivo. Questa comunione, questo atto del “mangiare”, è
realmente un incontro tra due persone, è un lasciarsi penetrare
dalla vita di Colui che è il Signore, di Colui che è il mio
Creatore e Redentore. Scopo di questa comunione è l’assimilazione
della mia vita alla sua, la mia trasformazione e conformazione a
Colui che è Amore vivo.
In questo contesto
vorrei richiamare l’importanza della testimonianza verginale
proprio in relazione al mistero dell'Eucaristia. Infatti il Mistero
eucaristico manifesta un intrinseco rapporto con la verginità
consacrata, in quanto questa è espressione della dedizione esclusiva
della Chiesa a Cristo, che essa accoglie come suo Sposo con fedeltà
radicale e feconda.
Nell'Eucaristia le
vergini consacrate trovano ispirazione ed alimento per la sua
dedizione totale a Cristo. Anticipando le “nozze dall’Agnello”
(Ap 19, 7.9) queste donne consacrate nel mondo si affidano
completamente all’Agnello eucaristico e testimoniano che Lui è
conforto e spinta per essere, anche al giorno d’oggi, segno
dell’amore gratuito e fecondo che Dio ha verso l’umanità.
Queste donne
testimoniano che Cristo, che è la misericordia di Dio fatta carne,
trasforma noi, assimilandoci a Lui. Ci rende capaci di vivere secondo
la sua stessa logica di donazione e trasfigura il nostro quotidiano
così che “se siamo appesantiti dal male,
Gesù in Sacramento è la giustizia. Se abbiamo bisogno di aiuto, Lui
è la forza. Se temiamo la morte, Lui è la vita. Se desideriamo il
Cielo, Lui è la via. Se vogliamo fuggire le tenebre, Lui è la luce.
Se cerchiamo il cibo, Lui è l’alimento” (cfr. Sant’Ambrogio).
1 L’anno liturgico è composto dal Temporale e dal Santorale. Il primo comprende il ciclo natalizio con i tempi di Avvento e di Natale: il ciclo pasquale con i tempi di Quaresima e di Pasqua; e le 34 domeniche del Tempo Ordinario. Il Santorale comprende i giorni in cui la liturgia celebra il ricordo dei Santi.
Il Triduo Pasquale, poiché ricorda la passione, la morte e la risurrezione di Gesù, è il centro e il culmine dell’anno liturgico. L’anno liturgico inizia con l’Avvento e termina con la solennità di Cristo Re, che si celebra la 34^ domenica del tempo ordinario
2 Il tempo ordinario è il tempo del cammino verso il Regno come condizione quotidiana. Nei cosiddetti “tempi forti” restiamo sempre pellegrini, ma con soste segnate da un impegno di conoscenza e di partecipazione ai misteri di Gesù che celebriamo; nel tempo ordinario ogni domenica ci fa celebrare la Pasqua del Signore, l’evento che ci permette la fede, la speranza e la carità sulla strada che ci porta al Regno di Dio.
3 La frase “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” può essere tradotta anche così: “Ecco l’Agnello di Dio che porta su di sé il peccato del mondo”. Il verbo greco “airo”, che l’Evangelista e Apostolo Giovanni mette sulla bocca di Giovanni il Battista: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”, non significa solo “portare”, “prendere sulle proprie spalle” ma anche “togliere via”.
Con questa espressione l’Evangelista Giovanni si riferisce sia al quarto carme del Servo del Signore (Is 53,1-12), sia all’agnello espiatorio (Lv 14, 12-13), sia all’agnello pasquale (Es 12, 1-14; Gv 19,36) che diventa il simbolo della redenzione.
4 Nel linguaggio corrente, il verbo “espiare” ha acquisito un significato negativo, nel senso di “subire una pena”, e poco importa se il reo accetti o meno la sentenza di condanna: se subisce la pena, espia. Invece l’idea biblica di ‘espiare’ è quella di “portare rimedio al male”. Nella prima lettera di Giovanni si legge: “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma Dio ha amato noi e ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,10), ma sarebbe più esatto rendere “vittima di espiazione” con “strumento di perdono”. Ecco, espiazione è da intendere come purificazione, non come castigo sostitutivo e sacrificio “in risarcimento” del danno causato dal peccato. Gesù non è stato condannato da Dio al posto nostro, anche se ha sofferto al posto nostro e a vantaggio nostro. L’amore del Padre ha fatto del Figlio in croce lo strumento di purificazione dei nostri peccati, il ponte di riconciliazione con noi peccatori.
Lettura Patristica
Melitone di Sardi
In Pascha, 1-11; 31-34
È stata appena letta
la Scrittura sull’esodo ebraico e sono state spiegate le parole del
mistero: come viene immolato l’agnello e come viene salvato il
popolo. Sforzatevi di ben comprendere, carissimi! E in questo modo
che è nuovo e antico, eterno e temporaneo, corruttibile e
incorruttibile, mortale e immortale il mistero della Pasqua: antico
secondo la Legge, ma nuovo secondo il Logos; temporaneo per il
simbolo, eterno per la grazia, corruttibile per l’immolazione
dell’agnello, incorruttibile per la vita del Signore; mortale per
la sepoltura [nella terra], immortale per la risurrezione dai morti.
Antica
è la Legge, ma nuovo il Logos; temporaneo il simbolo, eterna la
grazia; corruttibile l’agnello, incorruttibile il Signore; immolato
come agnello, risuscitato come Dio.
Infatti,
come pecora fu condotto al macello per essere immolato (Is
53,7),
e tuttavia egli non era una pecora; e a mo’ di agnello senza voce,
e tuttavia egli non era un agnello. In effetti, il simbolo è passato
e la verità è stata trovata [verificata].
Invero,
al posto dell’agnello è venuto Dio e al posto della pecora un
uomo, e nell’uomo, Cristo che contiene tutto.
Così
dunque l’immolazione dell’agnello, il rito della Pasqua e la
lettera della Legge sono terminati in Cristo Gesù, in vista del
quale tutto accadde nella Legge antica e più ancora nell’Ordine
("greco": Logos) nuovo.
Infatti,
anche la Legge diventata Logos, e l’antico nuovo - entrambi usciti
da Sion e da Gerusalemme -, e il comandamento grazia, e il simbolo
verità, e l’agnello Figlio, e l’agnello uomo, e l’uomo Dio.
In
effetti, partorito come Figlio, e condotto come agnello, e immolato
come capretto, e sepolto come uomo, egli risuscitò come Dio, essendo
per natura Dio e uomo.
Lui
che è tutto: legge in quanto giudica, Logos in quanto insegna,
grazia in quanto salva, Padre in quanto genera, Figlio in quanto è
generato, agnello in quanto soffre, uomo in quanto è sepolto, Dio in
quanto è risuscitato.
E
questo è il mistero della Pasqua, quale è descritto nella Legge,
come abbiamo letto poc’anzi...
O
mistero strano e inesplicabile! L’immolazione dell’agnello
risulta essere la salvezza d’Israele, e la morte dell’agnello
diviene la vita del popolo, e il sangue intimidì l’angelo.
Dimmi,
o angelo, cosa ti ha intimidito: l’immolazione dell’agnello o la
vita del Signore? Il sangue dell’agnello o lo Spirito del Signore?
È
evidente che tu sei rimasto intimidito perché hai visto il mistero
del Signore compiersi nell’agnello, la vita del Signore
nell’immolazione dell’agnello, la prefigurazione del Signore
nella morte dell’agnello.
Ecco
perché tu non colpisci Israele, mentre privi l’Egitto dei suoi
figli. Quale inatteso mistero!
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