Rito
Romano
3ª
Domenica di
Avvento -
Anno C
– 13
dicembre
2015
Sof
3,14-18;
Sal Is
12; Fil
4,4-7; Lc
3,10-18
Domenica
“Gaudete”.
Rito
Ambrosiano
5ª
Domenica di
Avvento
Is
30,18-26b;
Sal 145;
2Cor 4,1-6;
Gv
3,23-32a8
Il
Precursore
1)
Gioite!
Questa
3ª
Domenica1
di
Avvento
è
un
invito
alla
gioia,
perché
la
visita
di
Dio
nel
mondo
è
imminente.
Fra
pochi
giorni
Gesù,
il
Vangelo
della
Gioia,
viene
per
abitare
in
mezzo
a
noi.
Il
primo
che
gioì
di
questa
visita
fu
Giovanni
il
Battista,
che
esultò
di
gioia
nel
grembo
di
sua
madre
quando
percepì
la
presenza
del
Salvatore
nel
grembo
di
Maria,
che
era
venuta
a
visitare
la
cugina
Elisabetta.
Non
deve
ingannarci
il fatto
che
Giovanni il
Battista
conduca nel
deserto una
vita
austera, ma
non triste.
E’ vero
che il
suo vestito
è fatto
peli di
cammello e
mangia
cavallette,
ma è
altrettanto
vero che
lui
annuncia la
gioia di
Gesù
presente.
Già da
piccolo
Giovanni (=
Dio è
misericordia)
aveva
accolto
Cristo
nascente ed
ebbe una
gioia
nascente.
Da grande
questo
grande
profeta
prepara la
via a
Cristo e
lo indica
dicendo:
“Ecco
l’Agnello
di Dio
che toglie
i peccati
del mondo”.
Come si
può
annunciare
questa
lieta
novella e
non essere
nella
gioia?
Alla
domanda
delle varie
persone,
che vanno
da lui
per
imparare a
vivere una
vita vera:
“Maestro,
che cosa
dobbiamo
fare?”
(Lc
3,10.12.14),
potremmo
dire che
non
solamente
lui indica
cosa fare,
dando
consigli
molto
pratici e
profondi
(lo
spiegherò
fra poco),
ma fa
sue le
parole
della prima
e seconda
lettura di
oggi e
risponde
“...Rallegratevi
…siate
sempre
lieti nel
Signore...”
(Sof
3,14; Fil
4,4), che
danno la
chiave di
lettura al
suo
“vangelo”
fatto di
comportamenti
concreti,
per una
conversione
che tocca
anche il
semplice
quotidiano.
La vita
di ogni
giorno non
è mai
banale
quando ogni
nostro
gesto
quotidiano
è fatto
secondo il
Vangelo. In
questo caso
il gesto
apre una
finestra
sull’infinito.
2)
Che
fare?
Se
il Profeta
Sofonia (I
lettura) ci
invita a
dire, “sì”
a Dio,
nel Vangelo
di oggi
Giovanni il
Battezzatore
ci invita
a dire
“sì”
al
prossimo,
rispondendo
alla
domanda:
“Che
fare?”.
Questa
domanda:
“Che
dobbiamo
fare?” è
rivolta a
Gesù da
parte di
tre
categorie
di persone.
La prima
è quella
della
folla,
praticamente
tutta la
gente
normale.
La
seconda è
quella dei
pubblicani,
una
categoria
particolare
di ricchi,
che avevano
l’appalto
delle
tasse.
Categoria
la più
odiata di
tutte
perché per
conto
dell’oppressore
incassavano
i soldi
delle
imposte e,
spesso,
rubavano
alla gente
e
l’imbrogliavano.
Infine
c’è
la terza
categoria:
i soldati,
che con
le armi
possono
ottenere
tutto
quello che
voglio,
anche ciò
che
momentaneamente
non si
può avere
con il
denaro.
A
costoro
Giovanni il
Battista
risponde
dando tre
indicazioni,
che non
hanno perso
di
attualità.
La
prima: “Chi
ha due
tuniche, ne
dia una
a chi
non ne
ha, e
chi ha
da mangiare
faccia lo
stesso”.
Detto in
altre
parole,
siamo
invitati a
condividere.
Se la
condivisione
fosse
praticata
costantemente
la faccia
della Terra
sarebbe
diversa. La
regola
principale
per una
ecologia
umana, per
il nostro
abitare
umanamente
la Terra
è quella
di
prenderci
cura gli
uni degli
altri,
applicando
la regola
d’oro:
“Fai agli
altri ciò
vuoi sia
fatto a
te”.
Inoltre non
dimentichiamo
che “c'è
più gioia
nel dare
che nel
ricevere”
(At 20,
20) e
che quindi
la carità
apporta
molte più
soddisfazioni
di quanto
ne
precludano
la chiusura
egoistica.
La
seconda
indicazione
è rivolta
ai
pubblicani
ma vale
per tutti:
“Non
esigete
nulla di
più di
quanto vi
è stato
fissato”.
E’ un
consiglio
così
semplice da
sembrare
scontato.
Invece è
importante
perché se
si è
onesti, non
si cede
alla
cupidigia
del denaro,
che rende
l’essere
umano
insaziabile
e
corruttibile,
deridendo
la legge,
sfruttando
le persone
e
vendendosi
per il
denaro da
accumulare
senza
sosta. La
strada
buona
indicata da
Giovanni il
Precursore
è quella
di essere
onesti,
tenaci e
semplici in
tutto,
perfino
nelle
piccole
cose.
La
terza
istruzione
è per
i soldati.
A chi
riveste
ruoli di
autorità
Giovanni
rivolge
l’invito
a non
approfittare
della forza
per imporre
la propria
volontà.
Insomma,
il Battista
chiede
concretamente
a tutti
di avere
un
comportamento
onesto e
rispettoso,
che esprima
uno spirito
di
fraternità
e quindi
di
accoglienza
della
paternità
comune di
Dio.
La
sua
concretezza
la si
vede anche
nell’invitare
al gesto
del
battesimo
o, come
sarebbe
meglio
dire,
dell'immersione,
un gesto
concreto
con il
quale
rendere
visibile a
se stessi
e agli
altri il
proprio
desiderio
di
abbandonare
il peccato
e di
intraprendere
una nuova
via per
accogliere
Cristo ed
il Suo
Regno dei
Cieli.
3)
Gioia
e
Misericordia.
Giovanni
dice che
“viene
uno più
forte di
me e
vi
battezzerà
in Spirito
Santo e
fuoco”.
Gesù è
il più
forte,
perché è
Dio, è
un Dio
di Amore
che parla
al cuore
e vince
con la
forza del
perdono. E
più forte
perché ha
il potere
della
Misericordia.
Quello
di Giovanni
è un
battesimo
di
penitenza,
ben diverso
dal
sacramento
che Gesù
istituì.
Con il
Battesimo
di Cristo
non ci
si immerge
semplicemente
nelle acque
del
Giordano
per
proclamare
il nostro
impegno di
conversione,
ma si
effonde su
di noi
il sangue
redentore
del Cristo
che ci
purifica e
ci salva.
Grazie a
Gesù nel
battesimo
riacquistiamo
la dignità
e la
gioia di
chiamarci
ed essere
realmente
“figli”
di Dio.
La
misericordia
è la
veste di
luce che
il Padre
ci ha
donato nel
Battesimo.
Il
battesimo
di Giovanni
- con
acqua -
purifica e
prepara il
credente al
battesimo
di Gesù
- in
Spirito
Santo –
che è
dono
radicale e
assolutamente
gratuito
della
misericordia
divina che
ci rende
una cosa
sola con
Lui e
in Lui.
In
quest’Anno
Santo della
Misericordia
ricordiamoci
del nostro
battesimo
mediante il
quale siamo
stati
immersi nel
grembo
dell’Amore
Misericordioso
di Dio,
che ci
custodisce
come la
pupilla dei
suoi occhi.
Viviamo la
Misericordia
come
“secondo
battesimo”,
che come
acqua usa
quelle
delle
nostre
lacrime di
peccatori
pentiti.
Con
il cuore
purificato
facciamoci
cirenei e
samaritani,
testimoniando
con le
opere e
con la
vita donata
e offerta
a e
con Cristo
per la
salvezza
del mondo.
La
Misericordia
è il
nome stesso
di Dio
(Papa
Francesco).
Dalla
Misericordia
divina, che
pacifica i
cuori,
scaturisce
l’autentica
pace nel
mondo, la
pace tra
i popoli,
culture e
religioni
diverse.
Le
Vergini
Consacrate
nel mondo
sono
particolari
apostole
della
Misericordia
divina
perché
hanno preso
sul serio
l’invito
di San
Paolo ai
Romani: “Vi
esorto per
la
Misericordia
di Dio
ad offrire
i vostri
corpi come
sacrificio
vivente,
santo e
gradito a
Dio, è
questo il
vostro
culto
spirituale,
non
conformatevi
alla
mentalità
di questo
secolo, ma
trasformatevi
rinnovando
la vostra
mente, per
poter
discernere
la volontà
di Dio,
ciò che
è buono,
a Lui
gradito e
perfetto
(Rm 12-12).
In questa
offerta
completa di
sé, perché
grazie al
dono della
verginità,
le Vergini
Consacrate
nel mondo
dedicano al
Signore e
al suo
Regno tutte
le loro
forze di
amore.
Consapevoli
che il
Signore,
nella Sua
Misericordia,
le ha
scelte, le
ha
perdonate,
le ha
abbracciate
e
riabbracciate,
portano con
la
preghiera e
la loro
vita buona
la
tenerezza
della
Misericordia
alle
persone che
incontrano
nell’esistenza
quotidiana.
Grazie
al dono
della
verginità,
queste
donne
consacrate
amano il
Signore con
cuore
indiviso e
si prendono
cura del
prossimo
per amore
di Lui,
che è
Misericordia
infinita.
L’augurio
che faccio
loro in
primo
luogo, ma
che rivolgo
a tutti,
è quello
di
diventare
persone
della
misericordia
di Dio.
Rivestiti
della
lucente
veste della
misericordia,
portiamo al
mondo il
lieto
annuncio
che Dio
è nella
gioia
quando può
perdonare,
perché:
“la gioia
di Dio
è
perdonare”
(Papa
Francesco).
In questo
Anno Santo
della
Misericordia
imitiamo
“Gesù
Cristo ché
è venuto
ad
annunciare
e
realizzare
il tempo
perenne
della
grazia del
Signore,
portando ai
poveri il
lieto
annuncio,
la
liberazione
ai
prigionieri,
la vista
ai ciechi
e la
libertà
agli
oppressi
(cfr Lc
4,18-19).
In Lui,
specialmente
nel suo
Mistero
Pasquale,
il senso
più
profondo
del
giubileo
trova pieno
compimento.
Quando in
nome di
Cristo la
Chiesa
convoca un
giubileo,
siamo tutti
invitati a
vivere uno
straordinario
tempo di
grazia. La
Chiesa
stessa è
chiamata ad
offrire in
abbondanza
segni della
presenza e
della
vicinanza
di Dio,
a
risvegliare
nei cuori
la capacità
di guardare
all’essenziale.
E’
chiamata ad
essere
luogo di
festa e
di perdono
in
particolare,
in questo
Anno Santo
della
Misericordia
che “è
il tempo
per la
Chiesa di
ritrovare
il senso
della
missione
che il
Signore le
ha affidato
il giorno
di Pasqua:
essere
strumento
della
misericordia
del Padre”
(Papa
Francesco,
Omelia
nei
Primi
Vespri
della
Domenica
della
Divina
Misericordia,
11 aprile
2015).
Lettura
Patristica
Origene
In
Luc.,
22,
1-5
Sta
scritto
di
Giovanni:
"Voce
di
colui
che
grida
nel
deserto:
preparate
la
via
al
Signore,
raddrizzate
i
suoi
sentieri"
(Lc
3,4
Is
40,3).
Quanto
segue
si
riferisce
espressamente
al
nostro
Signore
e
Salvatore.
Non
è
infatti
Giovanni
che
«ha
colmato
ogni
valle»,
ma
il
nostro
Signore
e
Salvatore.
Osservi
ciascuno
che
cosa
era
prima
di
avere
la
fede:
si
accorgerà
che
era
una
valle
bassa,
una
valle
in
pendio
che
sprofondava
negli
abissi.
Ma
quando
è
venuto
il
Signore
Gesù
e
ha
inviato
quale
suo
vicario
lo
Spirito
Santo,
«ogni
valle
è
stata
colmata».
È
stata
colmata
con
le
buone
opere
e
i
frutti
dello
Spirito
Santo.
La
carità
non
lascia
che
in
te
resti
una
valle,
perché,
se
tu
possiedi
la
pace,
la
pazienza
e
la
bontà,
non
soltanto
cesserai
di
essere
una
valle,
ma
comincerai
a
divenire
«montagna»
di
Dio.
Queste
parole:
«Ogni
valle
sarà
colmata»,
vediamo
che
ogni
giorno
si
realizzano
e
si
compiono
tanto
per
i
Gentili
quanto
per
il
popolo
di
Israele,
che
è
stato
rovesciato
dalla
sua
grandezza:
"ogni
montagna
e
ogni
colle
sarà
abbassato"
(Lc
3,5
Is
40,4).
Questo
popolo
era
un
giorno
un
monte
e
un
colle,
ed
è
stato
abbattuto
e
smantellato.
Ma
"per
il
loro
delitto
è
stata
data
la
salvezza
alle
genti,
per
provocare
la
loro
emulazione"
(Rm
11,11).
E
per contro,
non
sbaglierai
se vedrai
in queste
montagne e
in queste
colline
abbattute
le potenze
nemiche che
si levano
contro gli
uomini.
Affinché
infatti
siano
colmate le
vallate di
cui
parliamo,
dovranno
essere
abbattute
le potenze
nemiche,
montagne e
colline.
Ma
vediamo
se
si
è
compiuta
la
profezia
seguente
che
concerne
l’avvento
del
Cristo.
Dice
infatti:
"E
tutte
le
cose
tortuose
diverranno
dritte"
(Lc
3,5
Is
40,4).
Ognuno
di
noi
era
tortuoso
-
sempreché
lo
sia
stato
allora
senza
esserlo
ancora
oggi
-
e,
per
la
venuta
di
Cristo
che
si
è
compiuta
anche
nella
nostra
anima,
tutto
ciò
che
era
tortuoso
è
diventato
dritto.
A
che
ti
serve
infatti
che
Cristo
sia
venuto
un
tempo
nella
carne,
se
non
è
venuto
anche
nella
tua
anima?
Preghiamo
dunque
perché
ogni
giorno
il
suo
avvento
si
compia
in
noi,
onde
possiamo
dire:
"Vivo,
ma
non
più
io;
è
Cristo
che
vive
in
me"
(Ga
2,20).
Se
Cristo
vive
in
Paolo
e
non
vive
in
me,
che
vantaggio
ne
ho?
Ma
quando
egli
sarà
venuto
anche
in
me
e
io
ne
gioirò
come
ne
ha
gioito
Paolo,
anch’io
potrò
dire
come
Paolo:
"Vivo,
ma
non
più
io;
è
Cristo
che
vive
in
me"
(Ga
2,20).
Consideriamo
anche
il
resto
di
ciò
che
si
annunzia
a
proposito
dell’avvento
del
Cristo.
Niente
al
mondo
era
più
aspro
di
te.
Guarda
le
tue
passioni
di
un
tempo,
la
tua
ira
e
i
tuoi
altri
vizi,
sempreché
ora
siano
scomparsi;
e
comprenderai
che
niente
era
più
aspro
di
te,
oppure,
per
esprimermi
in
un
modo
più
chiaro,
comprenderai
che
niente
era
più
ingiusto
di
te.
La
tua
condotta
era
ingiusta,
ingiuste
le
tue
parole
e
le
tue
opere.
Ma
è
venuto
il
mio
Signore
Gesù,
ha
spianato
le
tue
asperità,
ha
mutato
in
strade
dritte
tutto
il
tuo
disordine,
perché
in
te
sorgesse
una
strada
senza
inciampi,
un
cammino
dolce
e
puro,
lungo
il
quale
in
te
Dio
Padre
potesse
procedere
e
Cristo
Signore
in
te
potesse
fissare
la
sua
dimora
e
dire:
"Io
e
il
Padre
mio
verremo
e
porremo
in
lui
la
nostra
dimora"
(Jn
14,23).
Così
continua:
"e
ogni
carne
vedrà
la
salvezza
di
Dio"
(Lc
3,6
Is
40,5).
Tu
un
tempo
eri
carne;
ebbene,
mentre
eri
carne,
anzi
mentre
ancora
sei
carne,
ecco
il
prodigio,
vedi
già
«la
salvezza
di
Dio».
Quanto
al
significato
delle
parole:
«ogni
carne»,
senza che
nessuna sia
esclusa
dalla
visione
«della
salvezza
di
Dio»,
lo lascio
comprendere
a coloro
che sono
capaci di
sondare il
mistero e
il cuore
della
Scrittura.
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