Domenica
XXI del Tempo Ordinario – Anno B – 23 agosto 2015
Rito
Romano
Gs
24,1-2.15-17.18; Sal 33; Ef 5,21-32; Gv 6,60-69
Rito
Ambrosiano
2
Mac 7,1-2.20-41; Sal 16; 2Cor 4,7-14; Mt 10,28-42
Domenica
che precede il martirio di San Giovanni il Precursore.
1)Una
domanda inquietante che scavalca i secoli.
L’insegnamento
di Gesù sul pane di vita, che abbiamo ascoltato nelle ultime quattro
domeniche ci ha comunicato la realtà stessa del grande amore di Dio
per noi. Cristo ha parlato di un amore, che non è solamente parola.
Si tratta di un Amore che va oltre ogni possibile attesa, oltre ogni
nostra povera immaginazione. Il Salvatore è l’Amore che dà se
stesso, che diventa parte della nostra stessa vita, anzi ci fa parte
della Sua stessa Vita: “Chi mangia la mia carne e beve il mio
sangue ha la vita eterna” (Gv 6, 54).
Questa
proposta di un cibo d’amore, purtroppo, suscita una reazione
negativa. Gesù non fu capito allora e da troppi non è capito
neppure oggi. Oggi come allora, molti dicono: “Questa parola è
dura! Chi può ascoltarla? … e “molti dei suoi discepoli
tornarono indietro e non andavano più con Lui” (Gv
6,60.66).
La
parola di Gesù non è “dura”1.
È il nostro cuore che è duro, il mio cuore, perché spesso sa solo
chiudersi e non vuole ascoltare. La parola del Signore è dolce più
del miele (cfr Sal 119, 103). Essa non è neppure troppo
difficile da accogliere e da mettere in pratica. Certo è un
insegnamento esigente con il quale Cristo ci offre una vita felice,
non facile. Dunque alla domanda fatta dal Salvatore con tenerezza,
dolore e fermezza: “Volete forse andarvene anche voi?” (Gv
6,67), rispondiamo con prontezza: “Da chi andremo? Tu solo hai
parole di vita vera”, quindi felice.
In
effetti, questa domanda di Cristo scavalca i secoli e giunge fino a
noi, ci interpella personalmente e sollecita una decisione. Ma se
stiamo meditando questo brano del Vangelo è perché ci riconosciamo
nell’affermazione dell’apostolo Pietro: “Signore, da chi
andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68). Di parole
intorno a noi ne risuonano tante, ma soltanto Cristo ha parole che
resistono all’usura del tempo, che spiegano la vita e che restano
per l’eternità.
Come
ha fatto San Pietro, dunque, aderiamo alle parole di Cristo senza
riserve né esitazioni di qualsiasi tipo.
Come
San Pietro rispondiamo al Messia con parole che esprimono la nostra
fede di discepoli: “Tu solo hai parole di verità”, perché
riconosciamo con fede che Lui è l’unico salvatore, l’unico che
rende la salvezza di Dio presente in mezzo a noi.
Come
San Pietro siamo certo consapevoli della nostra umana fragilità e
come questo Apostolo anche noi possiamo ripetere la sua risposta,
fiduciosi nella potenza dello Spirito Santo, che si esprime e si
manifesta nella comunione con Gesù. La fede è dono di Dio all’uomo
ed è, al tempo stesso, libero e totale affidamento dell’uomo a
Dio; la fede è docile ascolto della parola del Signore, che è
“lampada” per i nostri passi e “luce” sul nostro cammino (cfr
Sal 119, 105).
A
questa inquietante provocazione che ci risuona nel cuore, ciascuno di
noi deve dare a Gesù una risposta personale. Il Messia, infatti, non
si accontenta di un’appartenenza superficiale e formale. Non Gli è
sufficiente una prima ed entusiastica adesione. Occorre, al
contrario, prendere parte per tutta la vita “al suo
pensare e al suo volere”. SeguirLo riempie il cuore di felicità e
dà senso pieno alla nostra esistenza. ma comporta fatiche, rinunce e
difficoltà, perché molto spesso si deve andare controcorrente.
2)
Parole di Vita che fanno viva la vita.
La
risposta di San Pietro alla domanda di Gesù “Volete andarvene
anche voi?” non termina con l’espressione “Tu solo hai parole
di vita eterna”. Il Capo degli Apostoli, parlando a nome degli
altri, aggiunse: “e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il
Santo di Dio" (Gv 6,69). Espressione che
Sant’Agostino spiega così: “Vedete come Pietro, per grazia di
Dio, per ispirazione dello Spirito Santo, ha capito? Perché ha
capito? Perché ha creduto. Tu hai parole di vita eterna. Tu ci dai
la vita eterna offrendoci il tuo corpo e il tuo sangue. E noi abbiamo
creduto e conosciuto. Non dice: abbiamo conosciuto e creduto, ma
abbiamo creduto e conosciuto. Abbiamo creduto per poter conoscere;
se, infatti, avessimo voluto conoscere prima di credere, non saremmo
riusciti né a conoscere né a credere. Che cosa abbiamo creduto e
che cosa abbiamo conosciuto? Che tu sei il Cristo Figlio di Dio, cioè
che tu sei la stessa vita eterna, e nella carne e nel sangue ci dai
ciò che tu stesso sei” (Commento al Vangelo di Giovanni,
27, 9).
L’atteggiamento
che sintetizza le parole di Pietro è quello di mettersi davanti al
Ss.mo Sacramento in adorazione umile e silenziosa, coltivando nel
cuore non il dubbio, ma il desiderio di chi desidera la comunione
piena con Lui.
L’Amen,
che la Chiesa ci fa dire quando riceviamo la Comunione acquista così
un significato profondo, perché ripete la stessa professione di fede
di Pietro: “Non senza ragione dici Amen riconoscendo
che prendi il corpo di Cristo; quando ti presenti per riceverlo il
Vescovo ti dice: il corpo di Cristo! E tu rispondi: Amen! Cioè: è
vero. Il tuo animo custodisca ciò che la tua parola riconosce.” (S.
Ambrogio).
La
Madonna che ha detto il suo fiat, il suo sì, ci
ottenga l’umiltà di cuore per riconoscere il desiderio e la
grandezza del Dono divino datoci nel Pane di Vita.
Anche
San Pietro con la risposta sulla quale stiamo meditando rinnova il
suo fiat, il suo sì a Cristo. Come possiamo imitarlo?
Affidandoci completamente a Cristo rinnovando anche noi il nostro sì,
con la preghiera, con l’adorazione eucaristica, con la
comunione per ricevere la quale diciamo: “Amen”, cioè
“Sì”.
Seguendo
l’esempio della Vergine Maria e di San Pietro, fidiamoci di Cristo.
La
liturgia di oggi ci offre anche un altro esempio. Quello degli gli
Israeliti a Sichem, prima di entrare nella Terra promessa (Gs
24,1-2.15-17.18 – prima lettura): davanti alla scelta prospettata
da Giosuè – “Scegliete oggi chi volete servire” – davanti ad
una simile alternativa, gli Israeliti si fidarono della buona
testimonianza dei loro padri, che erano stati liberati dalla
schiavitù dell'Egitto. Si fidarono e scelsero di servire il Signore,
anche se non vedevano ancora tutto chiaro su di lui e sulla sua
parola.
Un
altro particolare esempio di come mettere Cristo al centro della vita
è dato dalle Vergini consacrate nel mondo. Queste donne hanno capito
che il Signore è colui che ha parole che fanno viva la vita e con la
loro vita consacrata testimoniano che Cristo è il cuore del mondo.
Ogni
giorno ognuna di loro dice a Cristo: “Tu hai parole di vita eterna”
(Gv 6,68) non tanto con le parole ma con la propria vita offerta
pienamente allo Sposo. La loro vita verginale, infatti rimanda a
Cristo, si alimenta alla Sua Parola di vita e si nutre del Suo Pane
che non perisce.
Queste
donne mostrano che Cristo ha “parole di vita eterna” non solo
perché guarisce l’anima e il corpo, ma perché Cristo è il senso
dell’umano, la sua stella polare, professano l’orgogliosa
coscienza che Cristo è l’uomo nuovo. Il suo progetto di vita è
la via e la verità dell’esperienza umana, perché ne è la vita
in pienezza. E possono dirlo mostrando prima di tutto in loro che
questo le fa crescere, sperare e amare. Se Cristo è il medico, lo è
perché è il dono del Padre per ogni uomo e ogni donna. Se Cristo è
la verità, lo è perché si fa valere come una verità attraente per
il cuore di ciascuno. Se Cristo è la via, lo è perché ci ha dato
lo Spirito dell’amore che ci conduce nel cuore di Dio. Se Cristo è
tutto questo, allora è la vita, sì: la vita buona e piena. Insomma
loro sono testimoni che solo Cristo “parola di vita” dà vita,
pace e gioia: si sono date all’Amore e ricevono amore da diffondere
nella vita quotidiana.
Lo
stesso possiamo fare noi, davanti all’Eucaristia domenicale,
davanti a questo gesto che a volte ci appare duro e lontano. La
tentazione di sospenderne la pratica in attesa di comprenderla meglio
indica una prospettiva illusoria: infatti soltanto praticando il
sacramento noi possiamo approfondirne il significato. Soltanto
ascoltando Cristo e affidandoci a Lui, che si affida a noi nella
comunione, capiremo che solo il Signore ha parole che fanno viva la
vita.
1
“Il
discorso duro” di cui parla il Vangelo non si riferisce solamente
all'Eucaristia, cioè alla presenza reale del Cristo nel pane e nel
vino, una presenza giudicata impossibile. Il discorso difficile si
riferisce a tutto il contenuto del capitolo sesto di San Giovanni:
- l’offerta di una salvezza che supera le egoistiche attese della folla;
- la presenza del Figlio di Dio nel figlio del falegname; soprattutto
- la necessità di condividere la Sua esistenza in dono.
Lettura
Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona,
Comment.
in Ioan., 11, 5; 27, 9
L’evangelista ci
racconta che il Signore restò con dodici discepoli, i quali gli
dissero: "Ecco,
Signore, quelli ti hanno abbandonato".
E Gesù rispose: "Anche
voi ve ne volete andare?"
(Jn
6,67),
volendo dimostrare che egli era necessario a loro, e non loro erano
necessari a Cristo.
Nessuno
s’immagini d’intimorire Cristo, rimandando di farsi cristiano,
quasi che Cristo sarà più beato se ti farai cristiano. Diventare
cristiano, è bene per te: perché, se non lo diverrai, con ciò non
farai del male a Cristo. Ascolta la voce del salmo: "Ho
detto al Signore: Tu sei il mio Dio, poiché non hai bisogno dei miei
beni"
(Ps
15,2).
Perciò «Tu sei il mio Dio, poiché non hai bisogno dei miei beni».
Se tu non sarai con Dio, ne sarai diminuito; ma Dio non sarà più
grande, se tu sarai con lui. Tu non lo fai più grande, ma senza di
lui tu diventi più piccolo. Cresci dunque in lui, non ritrarti,
quasi ne ricavasse una diminuzione. Se ti avvicini a lui, ne
guadagnerai; ti distruggi, se ti allontani da lui. Egli non subisce
mutamento, sia che tu ti avvicini, sia che tu ti allontani.
Quando,
dunque, egli disse ai discepoli: «Anche voi ve ne volete andare?»,
rispose Pietro, quella famosa pietra, e a nome di tutti disse:
"Signore,
a chi andremo noi? Tu hai parole di vita eterna"
(Jn
6,68)...
Il
Signore si rivolse a quei pochi che erano rimasti: "Perciò
Gesù disse ai dodici"
- cioè a quei pochi che erano rimasti -: «"Anche
voi ve ne volete andare?"»
(Jn
6,67).
Anche
Giuda era rimasto. La ragione per cui era rimasto era già chiara al
Signore, mentre a noi sarà chiara solo più tardi. Pietro rispose
per tutti, uno per molti, l’unità per la molteplicità: "Gli
rispose Simone Pietro: «Signore, a chi andremo?"»
(Jn
6,68).
Se ci scacci da te, dacci un altro simile a te. «A chi andremo?».
Se ce ne andiamo da te, da chi andremo?
"Tu
hai parole di vita eterna"
(Jn
6,68).
Vedete in qual modo Pietro, con la grazia di Dio, vivificato dallo
Spirito Santo, ha capito le parole di Cristo. In che modo ha capito
se non perché ha creduto? «Tu hai parole di vita eterna». Cioè,
tu ci dai la vita eterna, nell’offrirci la tua carne e il tuo
sangue.
"E
noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto"
(Jn
6,69).
Non dice Pietro, abbiamo conosciuto e abbiamo creduto, ma «abbiamo
creduto e abbiamo conosciuto». Abbiamo creduto per poter conoscere;
infatti se prima volessimo sapere e poi credere, non saremmo capaci
né di conoscere né di credere. Che cosa abbiamo creduto e che cosa
abbiamo conosciuto? "Che
tu sei il Cristo Figlio di Dio (Jn
6,69)",
cioè che tu sei la stessa vita eterna, e tu ci dai, nella carne e
nel sangue tuo, ciò che tu stesso sei.
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