giovedì 13 agosto 2015

Pane del Cielo, nato da Maria Vergine, Assunta in Cielo.

- Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria – 15 agosto 2015
Ap 11,19a; 12,1-6a.10ab; Sal 44; 1 Cor 15,20-27a; Lc 1, 39-56

- Domenica XX del Tempo Ordinario – Anno B – 16 agosto 2015
Rito Romano
Pr 9,1-6; Sal 33; Ef 5,15-20; Gv 6,51-58

Rito Ambrosiano
Ger 25, 1-13; Sal 136; Rm 11, 25-32; Mt 10, 5b-15
XII Domenica dopo Pentecoste



Premessa.
Quest’anno 2015, la solennità dell’Assunzione1, 15 agosto, cade di sabato e, quindi, è immediatamente seguita dalla Domenica 20ª del Tempo Ordinario, che propone il brano evangelico, in cui il pane non simboleggia più soltanto la Parola di Gesù da accogliere nella fede, ma il sacramento dell'Eucaristia (Gv 6, 51-58). Si tratta di due feste, che hanno come centro Maria portata in cielo e Cristo portatore di Cielo. Quindi, penso che sia utile presentarle insieme.

  1. ASSUNZIONE
1) Maria, arca dell’alleanza - donna eucaristica.
La solennità dell’Assunzione è – credo - la più importante tra le feste della Madonna, perché in essa la Chiesa celebra il mistero della nostra risurrezione che nella persona di Maria è già avvenuto. La festa di oggi ci mostra che Maria, la Vergine Madre, è colei che ha vissuto appieno la sua vita in Cristo. La tradizione, soprattutto quella orientale, infatti non parla della morte della Madonna ma della sua “dormizione”: ella cioè non muore alla vita, la compie in modo tale che Dio la “porta in cielo”. Con la celebrazione liturgica della Vergine assunta in cielo, la liturgia ci insegna che la Madre di Dio è la persona umana che in cielo condivide la pienezza della gloria e gode della felicità stessa di Dio. Nello stesso tempo, chiede anche a noi di diventare “arche” viventi del Dio sempre con noi, “dimore” della presenza di Dio dove gli uomini possono incontrarLo e così possano vivere in comunione con Lui e conoscere la realtà del Cielo, gioiosamente.
La solennità di oggi è una festa di gioia, perché l’amore ha vinto. La Vita ha vinto.. L’amore dimostra di essere più forte della morte. Dio ha la vera forza e la sua forza è bontà e amore. Il corpo della Vergine Maria non poteva conoscere la corruzione della tomba, perché aveva portato in sé l’Autore della Vita. Guardando a quel corpo, trasfigurato subito dalla gloria di Dio, noi possiamo intuire il destino di questo nostro corpo. La morte non è l’ultima parola sulla vita. Essa - ci assicura il mistero dell'Assunzione della Vergine - è transito verso la Vita incontro all’Amore.
Quindi l’Assunzione è pure la nostra festa perché celebra ciò che saremo, ciò che in noi deve ancora avvenire ma che certamente avverrà.
E’, dunque, una festa di speranza gioiosa per tutti noi, perché in Maria Assunta contempliamo il fatto che la vita non finisce nel nulla ma nel cuore di Dio. Questo Cuore è la meta verso la quale andiamo, quando leghiamo la nostra vita a quella di Gesù. Seguendo Cristo come ha fatto la Madonna, saremo, per sempre, anche noi accanto a Lui in Dio, perché in Dio “c’è spazio per l’uomo”.
Ma è vero anche che “nell’uomo c’è spazio per Dio” (Papa Francesco). Nessuno più di Maria ha fatto spazio a Dio, tant’è vero che uno dei nomi con i quali la preghiamo è: “Arca dell’Alleanza”. La Madonna è arca vivente dell’alleanza. E già San Giovanni Damasceno (676 – 749) riferendosi a questo mistero in un’Omelia insegnava: “Oggi la santa e unica Vergine è condotta al tempio celeste … Oggi l’arca sacra e animata del Dio Vivente, [l’arca] che ha portato in grembo il proprio Artefice, si riposa nel tempio del Signore, non costruito da mano d’uomo” (Omelia II sulla Dormizione, 2, PG 96, 723) e continua: “Bisognava che colei che aveva ospitato nel suo grembo il Logos (Parola) divino, si trasferisse nei tabernacoli del Figlio suo … Bisognava che la Sposa che il Padre si era scelta, abitasse nella stanza nuziale del Cielo” (ibid., 14, PG 96, 742).
Maria, primo tabernacolo della Presenza reale di Dio nel mondo, è la nuova arca dell’alleanza, davanti alla quale il cuore esulta di gioia, come Giovanni il Precursore esultò nel grembo di Elisabetta quando la Madonna rese visita a sua madre nel piccolo paese di Ain Karim, a pochi chilometri da Gerusalemme.
Maria, la Madre di Dio, ci insegna a non tenere per noi questa Presenza di cielo, ma a offrirla portando la luce del bene nell’oscurità che c’è nel mondo. Il Pane del Cielo condiviso tra fratelli e sorelle è cibo per il nostro esodo d’amore verso il Cielo.


B) XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINADRIO
2) Maria, Donna eucaristica.
Con l’Assunzione celebriamo la Madre di Cristo, che entra nella Gerusalemme celeste per incontrare il volto del Padre e di suo Figlio: il cammino da lei iniziato andando dalla cugina Elisabetta termina in cielo. Per la precisione devo affermare che, nel viaggio della vita, Maria mai si è staccata dal suo Figlio. Fin dall’inizio, dopo averlo messo al mondo a Betlemme, fuggì con il piccolo Gesù in Egitto. Tornata in patria a Nazareth Lo portò adolescente a Gerusalemme. Inoltre a Nazareth per trent’anni contribuì al Suo umano divenire adulto. Poi Lo seguì quando lasciò questo villaggio di Galilea per predicare nei paesi e città di Israele. Infine lo accompagnò fin sotto la croce, “soffrendo con il suo Figlio e associandosi con animo materno al sacrificio di lui” (Lumen Gentium 58).
Stando fedelmente sotto la Croce, Maria si unì completamente al sacrificio di offerta del suo Figlio. In questo modo Lei visse “una sorta di eucaristia anticipata, si direbbe una comunione spirituale di desiderio e di offerta, che ebbe il suo compimento nell’unione col Figlio nella passione” (Ecclesia de Eucharistia, 56).
Il Vangelo di questa 20ª domenica del Tempo Ordinario, in cui Cristo parla di sé quale pane vivo è ben commentato dalla antifona gregoriana “Ave, verum Corpus, natum de Maria Virgine” (Ti saluto, o vero Corpo, nato da Maria Vergine - sec. XIV), che indica il rapporto essenziale della Madre di Gesù con l’Eucaristia, creduto e cantato dalla Chiesa. Senza dubbio il riferimento a Maria è garante della retta fede nella presenza reale di Gesù nell’Eucaristia. Per esempio, quando Berengario (+1088) propose un’interpretazione simbolica dell’Eucaristia svuotando il realismo del corpo di Cristo, il Concilio Romano del 1079 gli impose di sottoscrivere che il pane e il vino dopo la consacrazione sono “il vero corpo di Cristo che è nato dalla Vergine” (DS 700).
Si evidenzia così il ruolo della Madre che è all’origine della vera umanità del Figlio. Maria ci ricorda che il Verbo incarnato nel suo seno è lo stesso pane di vita offerto in cibo ai fedeli. Lei svolge la funzione preziosa di collegare il Sacramento dell’Eucaristia con il mistero dell’Incarnazione. Perciò San Bernardo di Chiaravalle si fece interprete della riconoscenza dei fedeli che ricevono l’Eucaristia, verso la Madre di Gesù dicendo: “Qui vi prego di considerare quanto siamo debitori alla beata Genitrice di Dio e quanti ringraziamenti dobbiamo a lei dopo che a Dio. Quel corpo di Cristo che la beatissima Vergine generò, tenne in grembo con amore, avvolse in fasce, nutrì con materna sollecitudine, quello stesso e indubbiamente non un altro ora riceviamo al santo altare e il suo sangue attingiamo nel Sacramento della nostra redenzione” (Sermo 2 de Natali Domini).
Sull’esempio della Madonna, le Vergini consacrate nel mondo sono anch’esse donne eucaristiche che coltivano in sé stesse in modo speciale i due atteggiamenti indispensabili per vivere l’eucaristia: quello dell’amore e quello dell’offerta. Queste donne ci insegnano ad immedesimarci nei sentimenti di Maria quando partecipava alla Messa e faceva la comunione. Sentimenti ben espressi da S. Giovanni Paolo II “Quel corpo dato in sacrificio e ripresentato nei segni sacramentali era lo stesso corpo concepito nel suo grembo! Ricevere l’eucaristia doveva significare per Maria quasi un riaccogliere in grembo quel cuore che aveva battuto all’unisono col suo e un rivivere ciò che aveva sperimentato in prima persona sotto la Croce (Ecclesia de Eucharistia, 56).
Come la Madonna, le vergini consacrate partecipano alla celebrazione dell’Eucaristia con la gioia che proviene dalla fede (cf At 8,8.39; 13,48.52; 16,34) che ella aveva sperimentato ed espresso nel Magnificat (Lc 1,46-47) e la semplicità di cuore che è propria del povero di Yahvé e delle persone che vivono evangelicamente.
Queste donne consacrate ci mostrano di aver capito come sia ineludibile donarsi a Cristo, che nell’Eucaristia dà se stesso, il suo amore. Questo amore mira all’eternità e la vita che Gesù ci comunica, facendosi pane, è la vita eterna. Questa vita vera non è solo per l’aldilà ma già da ora restituisce dignità ai giorni terreni dell’uomo e quindi al suo lavoro, nella ricerca della sua conciliazione con i tempi della festa e della famiglia e nell’impegno a superare l’incertezza del provvisorietà.

1Anche se la proclamazione del dogma dell’Assunzione è abbastanza recente (1950), questa festa è molto antica e nella tradizione delle Chiese Orientali è chiamata “Dormizione”. Le prime indicazioni sull’Assunzione di Maria risalgono al periodo compreso tra la fine del secolo IV e quella del V. Per esempio, Sant’Efrem il Siro (306 – 373) sosteneva che il corpo di Maria non aveva subito corruzione dopo la morte.



Lettura Patristica
Guigone II, Certosino,
Meditatio X


       "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna" (Jn 6,55). Insegnaci, Maestro buono (Mc 10,17), tu che solo insegni all’uomo la sapienza (Ps 93,10); insegnaci come dobbiamo mangiare la tua carne e bere il tuo sangue...

       Quando mangiamo quel pane corporeo e sensibile, noi mettiamo in bocca anzitutto un frammento staccato da un pane, che poi trituriamo con i denti, liquefacciamo con la saliva e ingoiamo, affinché il nutrimento, entrando dentro, distribuisca alimento e forza a tutto il corpo. Ora, il pane dell’anima è Cristo, "pane vivo disceso dal cielo" (Jn 6,41), che nutre i suoi, al presente nella fede, nel mondo futuro con la visione (2Co 5,7). Infatti, Cristo abita per la fede in te, e la fede in Cristo è Cristo stesso nel tuo cuore (Ep 3,17). Nella misura in cui credi in Cristo, in quella stessa misura tu lo possiedi. E Cristo è in verità un solo pane, poiché vi è un solo Signore, una sola fede (Ep 4,5) per tutti i credenti, benché del dono dell’unica fede alcuni ricevano di più e altri di meno. Epperò non vi sono tante fedi quanti sono i credenti, altrimenti non sarebbero i fedeli ad essere sottomessi alla fede, bensì questa a loro. Ora, come è una la verità, del pari una sola fede nell’unica verità guida e nutre tutti i credenti e un solo e medesimo Spirito distribuisce a ciascuno i suoi doni in particolare, secondo il suo beneplacito (1Co 12,11).

       Viviamo tutti dunque dello stesso pane (1Co 10,17), e ciascuno di noi riceve la sua porzione; tuttavia, Cristo è tutto intero per tutti, eccettuati coloro che lacerano l’unità. Non dico tutto intero nel senso che tu gusti Cristo così come lui stesso si gusta, il che non possono fare né gli angeli in cielo, né alcun’ altra creatura. Però nel dono da me ricevuto, io posseggo tutto il Cristo, e Cristo mi possiede interamente, come il singolo membro appartiene a tutto il corpo e possiede in cambio il corpo nella sua interezza.

       Perciò, la porzione di fede da te ricevuta è come il pezzettino di pane nella tua bocca; però, se tu non mediti frequentemente e piamente il contenuto stesso del tuo credere, se con i tuoi denti, ovvero con i sensi dell’anima, non lo macini triturandolo, esso non andrà oltre la gola, come dire che non arriverà mai alla tua intelligenza. Come potrebbe essere compreso, in effetti, quel che viene raramente e con negligenza meditato, tenendo conto poi che si tratta di cosa tanto sottile quanto invisibile? La fede infatti propone cose invisibili, ed occorre compiere un grande sforzo di mente prima che alcunché possa essere deglutito e assimilato. Se, invero, la saliva della sapienza, scendendo dall’alto dal Padre dei lumi (Jc 1,17), non ammorbidisce e liquefa quel nutrimento disseccato, tu fatichi invano (Ps 126,1), perché le riflessioni da te coagulate non penetrano nell’intelligenza...

       Attraverso l’intelligenza, difatti, il cibo stesso passa nell’affetto del cuore, affinché tu non trascuri tutto ciò che hai compreso, e anzi tu lo raccolga con diligenza per mezzo dell’amore. Infatti, se tu non ami ciò che hai compreso, la tua intelligenza avrà lavorato invano: la sapienza, invero, sta nell’amore.

       In effetti, l’intelligenza precede lo spirito di sapienza e non gusta che in maniera del tutto transitoria: l’amore, invece, assapora cibo solido. Nell’amore ha sede tutta la forza dell’anima; in esso si raccoglie tutto il nutrimento vitale, ed è da qui che la vita viene diffusa per tutte le membra che sono le virtù. "Con ogni cura vigila sul cuore, perché da esso sgorga la vita" (Pr 4,23).

       L’amore, dunque, al pari del cuore, è posto al centro, verso il quale convergono le tre cose che lo precedono e cioè la fede, la meditazione e l’intelligenza, e qui si consolidano; da qui stesso poi, procedono e vengono dirette le successive conseguenze. In primo luogo, dall’amore procede l’imitazione. Chi infatti non desidera imitare ciò che ama? Se non amerai Cristo, non lo potrai imitare, e cioè non potrai seguirlo. Disse infatti a Simon Pietro, dopo aver indagato sul suo amore: "Seguimi" (Jn 21,19)...

       Occorre, dunque, seguire Cristo, aderire a lui. "Il mio bene" - è scritto - "è aderire a Dio" (Ps 72,28); e: "A te si stringe l’anima mia e la forza delta tua destra mi sostiene" (Ps 62,9). "Chi si unisce al Signore forma", infatti, "con lui un solo spirito" (1Co 6,17). Non soltanto un sol corpo, ma anche un solo spirito. Dello spirito di Cristo tutto il suo corpo vive. Attraverso il corpo di Cristo, si perviene al suo spirito. Cerca quindi di stare nel corpo di Cristo e sarai un giorno un solo spirito con lui. Già, per la fede, sei unito al suo corpo; per la visione, poi, sarai unito anche al suo spirito. Tuttavia, né la fede, quaggiù, può stare senza lo spirito, né lo spirito potrà stare, lassù, senza il corpo, poiché i nostri corpi non saranno allora degli spiriti, bensì spiritualizzati (1Co 15,44). "Voglio, o Padre" - dice infatti Gesù - "che come tu sei in me e io in te, siano anch’essi una cosa sola, perché il mondo creda (Jn 17,21). Ecco l’uomo per fede. E poco dopo: "Perché anch’essi siano perfetti nell’unità, e il mondo conosca" (Jn 17,23). Ecco l’unione per visione.

       Questo significa mangiare spiritualmente il corpo di Cristo: avere in lui una fede pura, e cercare sempre con l’attenta meditazione della stessa fede: e trovare ciò che cerchiamo con l’intelligenza; amare poi ardentemente ciò che si è trovato; imitare ciò che amiamo con tutte le nostre forze, e imitando aderire costantemente a lui; e aderendo, esservi perennemente uniti.




Nessun commento:

Posta un commento