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Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria – 15 agosto
2015
Ap
11,19a; 12,1-6a.10ab; Sal 44; 1 Cor 15,20-27a; Lc 1, 39-56
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Domenica XX del Tempo Ordinario – Anno B – 16 agosto 2015
Rito
Romano
Pr
9,1-6; Sal 33; Ef 5,15-20; Gv 6,51-58
Rito
Ambrosiano
Ger
25, 1-13; Sal 136; Rm 11, 25-32; Mt 10, 5b-15
XII
Domenica dopo Pentecoste
Premessa.
Quest’anno
2015, la solennità dell’Assunzione1,
15 agosto, cade di sabato e, quindi, è immediatamente seguita dalla
Domenica 20ª del Tempo Ordinario, che propone il brano evangelico,
in cui il pane non simboleggia più soltanto la Parola di Gesù da
accogliere nella fede, ma il sacramento dell'Eucaristia (Gv 6,
51-58). Si tratta di due feste, che hanno come centro Maria portata
in cielo e Cristo portatore di Cielo. Quindi, penso che sia utile
presentarle insieme.
- ASSUNZIONE
1)
Maria, arca dell’alleanza - donna eucaristica.
La
solennità dell’Assunzione è – credo - la più importante tra le
feste della Madonna, perché in essa la Chiesa celebra il mistero
della nostra risurrezione che nella persona di Maria è già
avvenuto. La festa di oggi ci mostra che Maria, la Vergine Madre, è
colei che ha vissuto appieno la sua vita in Cristo. La tradizione,
soprattutto quella orientale, infatti non parla della morte della
Madonna ma della sua “dormizione”: ella cioè non muore alla
vita, la compie in modo tale che Dio la “porta in cielo”. Con
la celebrazione liturgica della Vergine assunta in cielo, la liturgia
ci insegna che la Madre di Dio è la persona umana che in cielo
condivide la pienezza della gloria e gode della felicità stessa di
Dio. Nello stesso tempo, chiede anche a noi di diventare “arche”
viventi del Dio sempre con noi, “dimore” della presenza di Dio
dove gli uomini possono incontrarLo e così possano vivere in
comunione con Lui e conoscere la realtà del Cielo, gioiosamente.
La
solennità di oggi è una festa di gioia, perché l’amore ha vinto.
La Vita ha vinto.. L’amore dimostra di essere più forte della
morte. Dio ha la vera forza e la sua forza è bontà e amore. Il
corpo della Vergine Maria non poteva conoscere la
corruzione della tomba, perché aveva portato in sé l’Autore della
Vita. Guardando a quel corpo, trasfigurato subito dalla gloria di
Dio, noi possiamo intuire il destino di questo nostro corpo.
La morte non è l’ultima parola sulla vita. Essa - ci assicura il
mistero dell'Assunzione della Vergine - è transito verso la Vita
incontro all’Amore.
Quindi
l’Assunzione è pure la nostra festa perché celebra ciò che
saremo, ciò che in noi deve ancora avvenire ma che certamente
avverrà.
E’, dunque, una
festa di speranza gioiosa per tutti noi, perché in Maria Assunta
contempliamo il fatto che la vita non finisce nel nulla ma nel cuore
di Dio. Questo Cuore è la meta verso la quale andiamo, quando
leghiamo la nostra vita a quella di Gesù. Seguendo Cristo come ha
fatto la Madonna, saremo, per sempre, anche noi accanto a Lui in Dio,
perché in Dio “c’è spazio per l’uomo”.
Ma è vero anche che
“nell’uomo c’è spazio per Dio” (Papa
Francesco).
Nessuno più di Maria ha fatto spazio a Dio, tant’è vero che uno
dei nomi con i quali la preghiamo è: “Arca dell’Alleanza”. La
Madonna è arca
vivente dell’alleanza. E già San Giovanni Damasceno
(676 –
749)
riferendosi a questo mistero in un’Omelia insegnava: “Oggi la
santa e unica Vergine è condotta al tempio
celeste … Oggi l’arca sacra e animata del Dio Vivente, [l’arca]
che ha portato in grembo il proprio Artefice, si riposa nel tempio
del Signore, non costruito da mano d’uomo” (Omelia
II sulla Dormizione,
2, PG
96, 723) e continua: “Bisognava che colei che aveva ospitato nel
suo grembo il Logos
(Parola)
divino, si trasferisse nei tabernacoli del Figlio suo … Bisognava
che la Sposa che il Padre si era scelta, abitasse nella stanza
nuziale del Cielo” (ibid.,
14, PG
96, 742).
Maria,
primo tabernacolo della Presenza reale di Dio nel mondo, è la nuova
arca dell’alleanza, davanti alla quale il cuore esulta di gioia,
come Giovanni il Precursore esultò nel grembo di Elisabetta quando
la Madonna rese visita a sua madre nel piccolo paese di Ain Karim, a
pochi chilometri da Gerusalemme.
Maria,
la Madre di Dio, ci insegna a non tenere per noi questa Presenza di
cielo, ma a offrirla portando la luce del bene nell’oscurità
che c’è nel mondo. Il Pane del Cielo condiviso tra fratelli e
sorelle è cibo per il nostro esodo d’amore verso il Cielo.
B) XX DOMENICA DEL
TEMPO ORDINADRIO
2) Maria, Donna
eucaristica.
Con l’Assunzione
celebriamo la Madre di Cristo, che entra nella Gerusalemme celeste
per incontrare il volto del Padre e di suo Figlio: il cammino da lei
iniziato andando dalla cugina Elisabetta termina in cielo. Per la
precisione devo affermare che, nel viaggio della vita, Maria mai si è
staccata dal suo Figlio. Fin dall’inizio, dopo averlo messo al
mondo a Betlemme, fuggì con il piccolo Gesù in Egitto. Tornata in
patria a Nazareth Lo portò adolescente a Gerusalemme. Inoltre a
Nazareth per trent’anni contribuì al Suo umano divenire adulto.
Poi Lo seguì quando lasciò questo villaggio di Galilea per
predicare nei paesi e città di Israele. Infine lo accompagnò fin
sotto la croce, “soffrendo con il suo Figlio e associandosi con
animo materno al sacrificio di lui” (Lumen Gentium 58).
Stando fedelmente
sotto la Croce, Maria si unì completamente al sacrificio di offerta
del suo Figlio. In questo modo Lei visse “una sorta di eucaristia
anticipata, si direbbe una comunione spirituale di desiderio e di
offerta, che ebbe il suo compimento nell’unione col Figlio nella
passione” (Ecclesia de Eucharistia, 56).
Il Vangelo di questa
20ª domenica del Tempo Ordinario, in cui Cristo parla di sé quale
pane vivo è ben commentato dalla antifona gregoriana “Ave,
verum Corpus, natum de Maria Virgine” (Ti saluto, o vero
Corpo, nato da Maria Vergine - sec. XIV), che indica il rapporto
essenziale della Madre di Gesù con l’Eucaristia, creduto e cantato
dalla Chiesa. Senza dubbio il riferimento a Maria è garante della
retta fede nella presenza reale di Gesù nell’Eucaristia. Per
esempio, quando Berengario (+1088) propose un’interpretazione
simbolica dell’Eucaristia svuotando il realismo del corpo di
Cristo, il Concilio Romano del 1079 gli impose di sottoscrivere che
il pane e il vino dopo la consacrazione sono “il vero corpo di
Cristo che è nato dalla Vergine” (DS 700).
Si evidenzia così il
ruolo della Madre che è all’origine della vera umanità del
Figlio. Maria ci ricorda che il Verbo incarnato nel suo seno è lo
stesso pane di vita offerto in cibo ai fedeli. Lei svolge la
funzione preziosa di collegare il Sacramento dell’Eucaristia con il
mistero dell’Incarnazione. Perciò San Bernardo di Chiaravalle si
fece interprete della riconoscenza dei fedeli che ricevono
l’Eucaristia, verso la Madre di Gesù dicendo: “Qui vi prego di
considerare quanto siamo debitori alla beata Genitrice di Dio e
quanti ringraziamenti dobbiamo a lei dopo che a Dio. Quel corpo di
Cristo che la beatissima Vergine generò, tenne in grembo con amore,
avvolse in fasce, nutrì con materna sollecitudine, quello stesso e
indubbiamente non un altro ora riceviamo al santo altare e il suo
sangue attingiamo nel Sacramento della nostra redenzione” (Sermo
2 de Natali Domini).
Sull’esempio della
Madonna, le Vergini consacrate nel mondo sono anch’esse donne
eucaristiche che coltivano in sé stesse in modo speciale i due
atteggiamenti indispensabili per vivere l’eucaristia: quello
dell’amore e quello dell’offerta. Queste donne ci insegnano ad
immedesimarci nei sentimenti di Maria quando partecipava alla Messa e
faceva la comunione. Sentimenti ben espressi da S. Giovanni Paolo II
“Quel corpo dato in sacrificio e ripresentato nei segni
sacramentali era lo stesso corpo concepito nel suo grembo! Ricevere
l’eucaristia doveva significare per Maria quasi un riaccogliere in
grembo quel cuore che aveva battuto all’unisono col suo e un
rivivere ciò che aveva sperimentato in prima persona sotto la Croce
(Ecclesia de Eucharistia, 56).
Come
la Madonna, le vergini consacrate partecipano alla celebrazione
dell’Eucaristia con la gioia
che proviene dalla fede (cf At
8,8.39; 13,48.52; 16,34) che ella aveva sperimentato ed espresso nel
Magnificat (Lc
1,46-47) e la semplicità
di cuore che è
propria del povero di Yahvé e delle persone che vivono
evangelicamente.
Queste donne
consacrate ci mostrano di aver capito come sia ineludibile donarsi a
Cristo, che nell’Eucaristia dà se stesso, il suo amore. Questo
amore mira all’eternità e la vita che Gesù ci comunica, facendosi
pane, è la vita eterna. Questa vita vera non è solo per l’aldilà
ma già da ora restituisce dignità ai giorni terreni dell’uomo e
quindi al suo lavoro, nella ricerca della sua conciliazione con i
tempi della festa e della famiglia e nell’impegno a superare
l’incertezza del provvisorietà.
1Anche
se la proclamazione del dogma dell’Assunzione è abbastanza
recente (1950), questa festa è molto antica e nella tradizione
delle Chiese Orientali è chiamata “Dormizione”. Le
prime indicazioni sull’Assunzione di Maria risalgono al periodo
compreso tra la fine del secolo IV e quella del V. Per esempio,
Sant’Efrem il Siro (306 – 373) sosteneva che il corpo di Maria
non aveva subito corruzione dopo la morte.
Lettura Patristica
Guigone II, Certosino,
Meditatio X
"Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna"
(Jn
6,55).
Insegnaci, Maestro buono (Mc
10,17),
tu che solo insegni all’uomo la sapienza (Ps
93,10);
insegnaci come dobbiamo mangiare la tua carne e bere il tuo sangue...
Quando
mangiamo quel pane corporeo e sensibile, noi mettiamo in bocca
anzitutto un frammento staccato da un pane, che poi trituriamo con i
denti, liquefacciamo con la saliva e ingoiamo, affinché il
nutrimento, entrando dentro, distribuisca alimento e forza a tutto il
corpo. Ora, il pane dell’anima è Cristo, "pane
vivo disceso dal cielo"
(Jn
6,41),
che nutre i suoi, al presente nella fede, nel mondo futuro con la
visione (2Co
5,7).
Infatti, Cristo abita per la fede in te, e la fede in Cristo è
Cristo stesso nel tuo cuore (Ep
3,17).
Nella misura in cui credi in Cristo, in quella stessa misura tu lo
possiedi. E Cristo è in verità un solo pane, poiché vi è un solo
Signore, una sola fede (Ep
4,5)
per tutti i credenti, benché del dono dell’unica fede alcuni
ricevano di più e altri di meno. Epperò non vi sono tante fedi
quanti sono i credenti, altrimenti non sarebbero i fedeli ad essere
sottomessi alla fede, bensì questa a loro. Ora, come è una la
verità, del pari una sola fede nell’unica verità guida e nutre
tutti i credenti e un solo e medesimo Spirito distribuisce a ciascuno
i suoi doni in particolare, secondo il suo beneplacito (1Co
12,11).
Viviamo
tutti dunque dello stesso pane (1Co
10,17),
e ciascuno di noi riceve la sua porzione; tuttavia, Cristo è tutto
intero per tutti, eccettuati coloro che lacerano l’unità. Non dico
tutto intero nel senso che tu gusti Cristo così come lui stesso si
gusta, il che non possono fare né gli angeli in cielo, né alcun’
altra creatura. Però nel dono da me ricevuto, io posseggo tutto il
Cristo, e Cristo mi possiede interamente, come il singolo membro
appartiene a tutto il corpo e possiede in cambio il corpo nella sua
interezza.
Perciò,
la porzione di fede da te ricevuta è come il pezzettino di pane
nella tua bocca; però, se tu non mediti frequentemente e piamente il
contenuto stesso del tuo credere, se con i tuoi denti, ovvero con i
sensi dell’anima, non lo macini triturandolo, esso non andrà oltre
la gola, come dire che non arriverà mai alla tua intelligenza. Come
potrebbe essere compreso, in effetti, quel che viene raramente e con
negligenza meditato, tenendo conto poi che si tratta di cosa tanto
sottile quanto invisibile? La fede infatti propone cose invisibili,
ed occorre compiere un grande sforzo di mente prima che alcunché
possa essere deglutito e assimilato. Se, invero, la saliva della
sapienza, scendendo dall’alto dal Padre dei lumi (Jc
1,17),
non ammorbidisce e liquefa quel nutrimento disseccato, tu fatichi
invano (Ps
126,1),
perché le riflessioni da te coagulate non penetrano
nell’intelligenza...
Attraverso
l’intelligenza, difatti, il cibo stesso passa nell’affetto del
cuore, affinché tu non trascuri tutto ciò che hai compreso, e anzi
tu lo raccolga con diligenza per mezzo dell’amore. Infatti, se tu
non ami ciò che hai compreso, la tua intelligenza avrà lavorato
invano: la sapienza, invero, sta nell’amore.
In
effetti, l’intelligenza precede lo spirito di sapienza e non gusta
che in maniera del tutto transitoria: l’amore, invece, assapora
cibo solido. Nell’amore ha sede tutta la forza dell’anima; in
esso si raccoglie tutto il nutrimento vitale, ed è da qui che la
vita viene diffusa per tutte le membra che sono le virtù. "Con
ogni cura vigila sul cuore, perché da esso sgorga la vita"
(Pr
4,23).
L’amore,
dunque, al pari del cuore, è posto al centro, verso il quale
convergono le tre cose che lo precedono e cioè la fede, la
meditazione e l’intelligenza, e qui si consolidano; da qui stesso
poi, procedono e vengono dirette le successive conseguenze. In primo
luogo, dall’amore procede l’imitazione. Chi infatti non desidera
imitare ciò che ama? Se non amerai Cristo, non lo potrai imitare, e
cioè non potrai seguirlo. Disse infatti a Simon Pietro, dopo aver
indagato sul suo amore: "Seguimi"
(Jn
21,19)...
Occorre,
dunque, seguire Cristo, aderire a lui. "Il
mio bene"
- è scritto - "è
aderire a Dio"
(Ps
72,28);
e: "A
te si stringe l’anima mia e la forza delta tua destra mi sostiene"
(Ps
62,9).
"Chi
si unisce al Signore forma",
infatti,
"con
lui un solo spirito"
(1Co
6,17).
Non soltanto un sol corpo, ma anche un solo spirito. Dello spirito di
Cristo tutto il suo corpo vive. Attraverso il corpo di Cristo, si
perviene al suo spirito. Cerca quindi di stare nel corpo di Cristo e
sarai un giorno un solo spirito con lui. Già, per la fede, sei unito
al suo corpo; per la visione, poi, sarai unito anche al suo spirito.
Tuttavia, né la fede, quaggiù, può stare senza lo spirito, né lo
spirito potrà stare, lassù, senza il corpo, poiché i nostri corpi
non saranno allora degli spiriti, bensì spiritualizzati (1Co
15,44).
"Voglio,
o Padre"
- dice infatti Gesù - "che
come tu sei in me e io in te, siano anch’essi una cosa sola, perché
il mondo creda
(Jn
17,21).
Ecco l’uomo per fede. E poco dopo: "Perché
anch’essi siano perfetti nell’unità, e il mondo conosca"
(Jn
17,23).
Ecco l’unione per visione.
Questo
significa mangiare spiritualmente il corpo di Cristo: avere in lui
una fede pura, e cercare sempre con l’attenta meditazione della
stessa fede: e trovare ciò che cerchiamo con l’intelligenza; amare
poi ardentemente ciò che si è trovato; imitare ciò che amiamo con
tutte le nostre forze, e imitando aderire costantemente a lui; e
aderendo, esservi perennemente uniti.
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