Pentecoste
– Anno A - 8 giugno 2014
Rito
Romano
At
2,1-11; 1Cor 12,3-7.12-13; Gv 20,19-23
Rito
Ambrosiano
At
2,1-11; Sal 103; 1Cor 12,1-11; Gv 14,15-20
1)
La festa
della Chiesa.
La
Pentecoste è mistero di amore donato e di comunione vissuta, di
consolazione duratura e di gioia condivisa.
E’
gioia per la Presenza costante di Cristo tra noi.
E’
gioia
per
la
certezza
che
il
Maestro,
il
Signore
è
vivo,
è
con
i
Suoi,
di
ieri
e
di
oggi,
di
sempre,
e
dona
loro
(a
noi)
il
suo
Spirito,
Guida
nella
conoscenza
della
Verità1,
che
rende
liberi
davvero
e
fa
vivere
nella
pace.
Condividiamo
questa gioia e celebriamo oggi la grande festa della Pentecoste, in
cui la liturgia ci fa rivivere la nascita della Chiesa. “Possiamo
dire che la Chiesa
ebbe il suo solenne
inizio con la discesa
dello Spirito Santo”
(Benedetto XVI). Oggi è la festa della Chiesa; è la nostra festa; è
la festa dello Spirito Santo; la festa di Dio-Amore.
“InvochiamoLo. BenediciamoLo.
ViviamoLo. EffondiamoLo” (Paolo
VI).
Prima
di salire al Cielo, Gesù aveva ordinato ai discepoli innanzitutto di
non fare nulla ognuno per proprio conto, ma di restare insieme, in
comunità, e di aspettare il dono dello Spirito Santo. E così si
riunì la Chiesa nascente, il piccolo gruppo di credenti insieme con
Maria e con gli Apostoli che nel frattempo, con la scelta di Mattia,
erano tornati ad essere dodici. E così cinquanta giorni dopo la
Pasqua, lo Spirito Santo scese sulla comunità dei discepoli –
“assidui e concordi
nella preghiera” - radunati “con
Maria, la madre di
Gesù” e con i dodici Apostoli (cfr At 1,14;
2,1).
La
concordia è condizione del dono dello Spirito Santo e la preghiera è
condizione della concordia. Ma c’è anche un’altra condizione,
perché questo dono possa essere da noi ricevuto, è quella di essere
vigili in attesa del Signore.
Spesso
diamo la priorità all’attività, ad una operosità che ci
coinvolge fino al limite delle nostre forze e, spesso, anche oltre.
Però saremmo più liberi, lieti e fecondi, se dessimo più tempo
alla Parola di Dio, in cui il nostro volere e il nostro agire si
distendono.
Certo,
il Signore ha bisogno della nostra opera e della nostra dedizione, ma
noi abbiamo bisogno della sua presenza. Dobbiamo imparare il coraggio
dell’“inazione” e l'umiltà dell’attesa della Parola e delle
Sue parole. Ascoltare in silenzio e nella comunione la parola di Dio
fa meglio di tante parole umane; e i tempi di preghiera saranno più
fruttuosi di molte azioni.
2)
Il dono dello
Spirito e la
certezza del
cuore.
Durante
la passione di Cristo, gli Apostoli scapparono. Alle prime notizie
della Risurrezione i discepoli non vollero credere e ci sono voluti
quaranta giorni, perché Gesù risorto potesse riportarli alla
superficie della vita, infondendo nel loro spirito fiducia e
certezza. La Pentecoste ha segnato la loro rinascita: le lingue di
fuoco li scossero e in quel mattino di Paradiso tutto divenne loro
chiaro. Veramente tutto: la natura e la missione di Cristo, le
persecuzioni e il martirio, che li attendevano nel compiere la loro
missione per la fondazione della Chiesa. Il loro cuore si incendiò
di una certezza, di una dolcezza e di una gioia irrefrenabile. Lo
Spirito opera sempre così anche nei nostri cuori, con dolce forza e
con forte dolcezza. Lui è innanzitutto Spirito di Verità e verità
è il vedere chiaro nelle cose e in noi stessi, avere la certezza che
Dio ci ama, che noi possiamo amarLo e rifugiarci in Lui.
Lo
Spirito Santo, che in un istante ha trasformato gli Apostoli,
continua nella Chiesa a trasformare noi, duri di testa e ottusi di
cuore: basta che Gli apriamo la porta del cuore. Allora Lui entra con
il Figlio e con il Padre e fa di noi la dimora di Dio, il Quale è
dimora dell’uomo, di tutta l’umanità.
Lontana
da Dio l’umanità cerca
solamente
se stessa,
cerca di
ottenere la
sua
salvezza
nella
soddisfazione
dell'insorgente
egoismo di
ognuno,
cade in
una
radicale
contrapposizione,
dove
nessuno più
capisce il
vicino. E,
con la
fine della
comprensione,
rimane
insoddisfatto
anche
l'egoismo.
Lo
“Spirito
Santo”
crea
comprensione,
perché è
l’amore
che
proviene
dalla
croce, dal
dono totale
di Gesù
Cristo.
Non è
necessario
tentare qui
parlare
dettagliatamente
degli
insegnamenti
dottrinali
e pratici
della
Pentecoste.
Penso che
possa
essere
sufficiente
ricordare
l’espressione
con cui
Agostino
provò a
riassumere
il nucleo
del
racconto di
Pentecoste:
La storia
del mondo
– afferma
Sant’Agostino
- è
una lotta
tra due
diversi
amori:
l’amore
di sé
fino
all'odio di
Dio e
l’amore
di Dio
fino
all'abbandono
dell’io.
Ma questo
amore di
Dio è
la
redenzione
del mondo
e dell’io.
Nel
primo
chiarore
del giorno
di
Risurrezione,
Gesù diede
un nome
a questo
io:
“Maria”.
E la
salvezza
dell’“uomo”:
ogni essere
umano è
chiamato
per nome
da Dio.
Da tutta
l’eternità
Dio ci
conosce.
Non siamo
figli del
caso e
del caos,
siamo figli
dell’Amore.
E’ nello
Spirito
Santo che
Dio ci
ama ed
è nello
Spirito che
noi lo
amiamo.
Perciò la
nostra vita
è questo
rapporto di
amore, nel
quale siamo
chiamati e
rispondiamo,
nel quale
chiamiamo e
Lui
risponde a
ciascuno di
noi, e
diventiamo
nella
Chiesa e
con la
Chiesa
luogo di
incontro
col Verbo
e tempio
dello
Spirito.
3)
Testimonianza
di
unità
e
di
perdono.
Nella
prima lettura della Messa di oggi San Luca descrive la venuta dello
Spirito (At 2,1-11), utilizzando i simboli classici che
accompagnano l'azione di Dio: il vento, il terremoto e il fuoco. Ma
nel suo racconto c'è un simbolo in più: le lingue si dividono e si
posano su ciascuno dei presenti, cosicché “incominciarono
a parlare in altre
lingue”. Con questo diventa chiaro il compito di unità
e di universalità a cui lo Spirito chiama la sua Chiesa. L’autore
sacro si dilunga anche nel dire che la folla accorsa era composta di
uomini di varie nazionalità (2,19-11). E aggiunge: “Ciascuno
li sentiva parlare
nella sua propria lingua”
(2,8). È come dire che lo Spirito non ha una sua lingua, né si lega
a una lingua o a una cultura particolare, ma si esprime attraverso
tutte. Con la venuta dello Spirito a Pentecoste e la nascita della
comunità cristiana inizia in seno all'umanità una storia nuova,
rovesciata rispetto alla storia di Babele. Nel racconto del Genesi
(11,1-9) si legge che gli uomini hanno voluto raggiungere Dio, come
conquista propria e non come dono. È l’eterna tentazione dell'uomo
di voler costruire una città senza Dio e cercare salvezza in se
stessi. Ma al di fuori di Dio l'uomo non trova che confusione e
dispersione. A Babele uomini della stessa lingua non si intendono
più. A Pentecoste invece uomini di lingue diverse si incontrano e si
intendono. Il compito che lo Spirito affida alla sua Chiesa è di
imprimere alla storia umana un movimento di riunificazione nello
Spirito, nella libertà e attorno a Dio.
Lo
Spirito trasforma un gruppo di persone racchiuse nel rifugio del
Cenacolo in testimoni consapevoli e coraggiosi. Apre i discepoli sul
mondo e dà loro il coraggio di proporsi in pubblico, raccontando
davanti a tutti “le grandi opere
di Dio”. Non va però dimenticato
che Gesù risorto non soltanto dona lo Spirito in vista della
missione, ma anche in vista del perdono dei peccati. In effetti
l’evangelista Giovanni pone una stretta relazione fra lo Spirito,
la comunità dei discepoli e il perdono.
Nella
Chiesa, luogo della festa e
del perdono (Jean Vanier), hanno un posto
particolare le Vergini consacrate che, pur vivendo nel mondo, vivono
di preghiera per lodare Dio e intercedere il suo perdono sul mondo.
Esse testimoniano che la donazione completa a Dio non è un affidarsi
a qualcosa, ma a Qualcuno, e che nella
fede che
trasforma
il cuore
è
possibile
accogliere
quotidianamente
Dio stesso
presente in
loro (e
in noi)
con il
suo
Spirito:
“L’amore
di
Dio
è
diffuso
nel
nostro
cuore
per
mezzo
dello
Spirito
che
Dio
ci
ha
dato”
(Rm
5,5). La
loro
esistenza
vissuta in
modo
sponsale
con Cristo
testimonia
tenerezza,
fedeltà e
misericordia.
La loro
vita e
la loro
missione è
di
accogliere
Dio per
donarlo al
mondo.
La
qualità di
sposa di
Cristo dà
alla
personalità
della donna
un notevole
sviluppo
affettivo.
Ella mostra
l’aspetto
positivo
della
verginità,
perché vi
è una
rinuncia
solamente
in vista
di una
pienezza
d’ordine
superiore.
D’altra
parte,
l’impegno
verginale è
destinato,
secondo il
disegno
divino, a
suscitare
una
fecondità
spirituale.
La chiamata
è un
dono di
Dio alla
persona:
“Non voi
avete
scelto me,
ma io
ho scelto
voi” (Gv
15,1) che
diviene un
dono della
persona
umana
mediante la
consacrazione
nella
verginità.
“Il dono della
Verginità profetica ed
escatologica, acquista il
valore di un ministero
al servizio del popolo
di Dio e inserisce
le persone consacrate nel
cuore della Chiesa e
del mondo” (Premesse al Rito della
Consacrazione delle Vergini, n. 2).
Nelle
vergini,
che
seguono
la
via
aperta
dalla
Madonna,
l’amore
verginale
consacrato
a
Cristo
è
fonte
di
maternità
spirituale.
E’
sorprendente
constatare
che
per
esprimere
la
sua
paternità
spirituale,
San
Paolo
si
sia
servito
di
un’immagine
propriamente
femminile:
quella
del
parto
doloroso
“Figlioli
–lui
scrive
ai
Galati
(4,19)-
che
io
di
nuovo
partorisco
nel
dolore”2.
1
Il
senso
della
parola
“verità”
in
Giovanni
significa
sia
la
realtà
divina
che
la
conoscenza
della
realtà
divina.
L'interpretazione
tradizionale,
specialmente
quella
cattolica,
ha
inteso
la
“verità”
soprattutto
nel
secondo
senso,
nel
senso
dogmatico.
Lo
Spirito
guida
la
chiesa
attraverso
i
Concili,
il
Magistero,
la
Tradizione.
Questo
è
un
aspetto
importante
dell'azione
dello
Spirito
di
Verità
-
il
più
importante
se
vogliamo
-
ma
non
l'unico.
C’è
un
aspetto
più
personale
che
dobbiamo
tenere
presente:
lo
Spirito
Santo
ci
introduce
alla
vera
vita
di
Cristo.
Sant’Ireneo
definisce
lo
Spirito
Santo
la
nostra
“comunione
con
Dio”,
e
San
Basilio
dice
che
“grazie
allo
Spirito
diventiamo
amici
intimi
di
Dio”.
2
Si
può
ricordare
che
mostrare
la
fecondità
della
sofferenza,
Gesù
stesso
ha
usato
il
paragone
della
donna
che
partorisce:
con
ciò
faceva
comprendere
ai
suoi
discepoli
i
frutti
che
la
loro
partecipazione
alla
sua
passione
può
produrre
(cfr
Gv
16,
21).
Questo
significa
che
la
fecondità
d’ordine
spirituale
si
esprime
più
adeguatamente
in
termini
femminili,
anche
se
è
comune
agli
uomini
e
alle
donne.
Lettura
Patristica
San
Bernardo di Chiaravalle
II
Sermone sulla Pentecoste
1
Oggi, carissimi, cieli stillarono davanti a Dio, quello del Sinai,
davanti a Dio, il Dio d’Israele e una pioggia abbondante hai
riversato, o Dio, la tua esausta eredità tu hai consolidato (Sal 68,
9-10)[CEI 2008]1 . Infatti lo Spirito Santo, che procede
dal Padre, discese sugli apostoli nella pienezza della sua maestà e
concesse loro i doni dei carismi. Dopo la magnificenza della
resurrezione, dopo la gloria dell’ascensione, dopo la sublimità
della permanenza [di Gesù Cristo in cielo], non restava che l’arrivo
dell’attesa letizia dei giusti, e che gli uomini del cielo fossero
colmati dei doni celesti. Vedi infatti se Isaia, con l’autorità
dei suoi detti e con l’ordine delle sue parole, non avesse detto
tutto ciò molto tempo prima: “In quel giorno – disse – il
germoglio del Signore crescerà in onore e gloria e il frutto della
terra sarà a magnificenza e ornamento per i superstiti d’Israele”
[CEI 2008]. Il germoglio del Signore, Gesù Cristo, [è] l’unico
concepito con un seme castissimo; poiché, sebbene [sia stato
concepito]nell’apparenza del peccato di carne, tuttavia non [è
stato concepito] nella carne del peccato. Benché figlio della carne
di Adamo, non [è] figlio della prevaricazione di Adamo; perché non
fu, per natura, un figlio dell’ira, come tutti gli altri uomini,
che furono concepiti nell’iniquità. Dunque questo germoglio, che
germinò dal ramo di Jesse con purezza verginale, fu nella
magnificenza resuscitando dai morti; per questo dunque, Signore mio
Dio, fosti sommamente celebrato, poiché indossasti maestà e
bellezza, avvolto di luce come di un mantello (Sal 104, 1-2)2.
Quanto [più] grande però [fu] la gloria dell’ascensione,
quando fosti condotto dal Padre nel mezzo [delle schiere]degli angeli
e delle anime sante, introdotto nei cieli con la palma del trionfo,
accolto come uomo nella stessa identità della divinità che
racchiudi? Chi può pensare, e tanto più dire, quanto sia sublime il
frutto della terra che siede alla destra del Padre, che abbaglia gli
occhi degli esseri celesti, per il quale lo sguardo degli angeli
trema e non arriva a Lui? Venga dunque l’esultanza per quelli che
furono salvati in Israele, per i tuoi apostoli, che tu designasti
prima della creazione del mondo. Venga il tuo Spirito buono a lavare
ogni sporcizia e ad infondere le virtù, in spirito di discernimento
e di fervore.
2.
Orsù dunque, fratelli, pensiamo alle opere della Trinità su di noi
ed in noi dall’inizio del mondo alla fine, e vediamo quanto sia
stata sollecita quella maestà, sulla quale poggiano tanto la
direzione quanto il governo dei secoli, perché non ci perdiamo per
l’eternità. E certamente aveva creato tutto con potenza, e
governava con sapienza, e i segni evidentissimi di entrambe le cose,
tanto della potenza quanto della sapienza, si osservavano nella
creazione e nella conservazione della macchina terrestre. E
senz’altro la bontà era in Dio, ed era fin troppa; ma era al
sicuro nel cuore del Padre, per accumularsi, nel momento opportuno,
sulla stirpe dei figli di Adamo. Diceva pure il Signore: “Ho in
animo progetti di pace” (Ger 29,11), per mandarci colui che è la
nostra pace, che fece di due cose una, per dare finalmente la pace
sulla pace, la pace a chi [è] lontano e la pace a chi [è] vicino
(Ef “, 14-17). Quindi la sua generosità spinse il Verbo di Dio,
collocato nel più alto dei cieli, a calarsi verso di noi, la sua
misericordia lo trascinò, la verità, poiché aveva promesso che
sarebbe venuto, lo costrinse, la purezza del ventre verginale lo
accolse [e fu] salva l’integrità della Vergine, la potenza lo
trasse fuori [dal ventre], l’obbedienza lo accompagnò in tutto, la
pazienza lo fortificò, manifestò l’amore con le parole e con i
miracoli.
3.
Insomma, a questo punto la materia vastissima dei miei mali e dei
beni del mio Signore mi basta per pensare ai miei percorsi [e] per
dirigermi3 verso le sue testimonianze. Quelle infatti sono
beni ineffabili, perché, per concludere tutti gli argomenti in
breve, in tutta la sua saggezza, la Sapienza di Dio non poté trovare
niente di meglio per redimerci. Ma anche gli innumerevoli peccati ci
avevano circondato: perché peccai (dice il giusto) più volte di
quanti non siano i granelli di sabbia del mare: e: Per il tuo nome,
Signore, perdona la mia colpa, anche se è grande (Sal. 25, 11). Fu
mandato dal Diavolo un serpente sinuoso, per riversare il veleno
della sua mente nelle orecchie della donna, e così versarlo
nuovamente nella stirpe di tutta la posterità: nondimeno fu mandato
da Dio l’angelo Gabriele per riversare il Verbo del Padre
nell’orecchio della Vergine, affinché l’antidoto entrasse per la
stessa via attraverso la quale era entrato il veleno. Vediamo
veramente la sua gloria, gloria come quella dell’Unigenito dal
Padre; perché ciò che Cristo ci ha portato dal cuore del Padre è
tutto del Padre, perché il genere umano non ammirasse niente, nel
Figlio di Dio, se non di dolce e di paterno. Dalla testa ai piedi non
esisteva purezza in noi. Sbagliavamo fin dall’utero, [eravamo]
condannati nel ventre [della madre] prima di essere nati, perché
concepiti dal peccato e nel peccato.
4.
Gesù Cristo quindi, come primo rimedio, appose la medicina là dove
si era manifestata la prima ferita4; e, introdotto
sostanzialmente nel ventre della Vergine, fu concepito di Spirito
Santo, per purificare il nostro concepimento, non operato ma tuttavia
macchiato dallo spirito del male; [e] perché anche nel grembo
materno la Sua vita non fosse oziosa, durante nove mesi purga
l’antica ferita, scrutando, come si dice, fin nel più profondo
della putrefazione virulenta, affinché venisse, dopo, la salute
eterna. E in quel momento, sulla terra5 realizzava già la
nostra salvezza cioè nel ventre della Vergine Maria, che, con
mirabile proprietà [di termini], è chiamata mezzo della terra
[strumento, mediatrice...n. d. t.] A Lei infatti guardano come al
mezzo, come all’arca di Dio, come alla causa delle cose, come
all’oggetto principale dei secoli, sia quelli che abitano in cielo
sia quelli all’inferno, e chi ci ha preceduto, e noi che siamo qui,
e quelli che seguiranno, e i nati dei nati e quelli che nasceranno da
loro. Quelli che sono in cielo perché siano ricompensati e quelli
che sono all’inferno perché siano liberati, coloro che sono venuti
prima per essere riconosciuti come profeti fedeli, quelli che sono
venuti dopo per essere glorificati. Per questo tutte le generazioni
ti chiameranno beata (Lc 1, 48), Madre di Dio, signora del mondo,
regina del cielo. Tutte le generazioni, dico. Ci sono infatti
generazioni del cielo e della terra. Il Padre degli spiriti, dice
l’Apostolo, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla
terra (Ef 3, 15) [CEI 2008]. Per questo, quindi, tutte le generazioni
ti chiamano beata, [tu] che hai generato vita e gloria per tutte le
generazioni. In te infatti gli angeli trovano in eterno letizia, i
giusti la grazia, i peccatori il perdono. In te vedono il Merito gli
occhi di tutte le creature, perché in te, attraverso te e da te la
benigna mano dell’Onnipotente ricreò tutto ciò che aveva creato.
5.
Non ti sarà gradito, Signore, donarmi la tua vita come donasti la
concezione? Perché non solo il mio concepimento [fu] immondo, ma la
morte [sarà] perversa, la vita rischiosa e dopo la morte resta la
morte più grave, la seconda morte. Non soltanto, dirai, ti donerò
il mio concepimento, ma anche la mia vita, in ogni singola età:
dell’infanzia, della fanciullezza, dell’adolescenza, della
gioventù, aggiungendo la morte, la resurrezione e l’invio dello
Spirito Santo. Questo perché il mio concepimento purifichi il tuo,
la mia vita edifichi la tua, la mia morte distrugga la tua, la mia
resurrezione preceda la tua, la mia ascensione prepari la tua e in
seguito lo Spirito sostenga la tua debolezza. Così, infatti, vedrai
pienamente sia la via su cui camminare, sia la cautela con cui
camminare e verso quale compito. Nella mia vita conoscerai la tua,
così come io [ho conosciuto] i sentieri saldi della povertà e
dell’obbedienza, dell’umiltà e della pazienza, della carità e
della misericordia; così anche tu avanzerai sulle stesse tracce,
senza deviare a destra né a sinistra. Inoltre nella mia morte ti
darò la mia giustizia, che spezzerà il giogo della tua prigionia e
sconfiggerà i nemici che sono sulla via o vicino alla via, perché
non ti arrechino un danno più grave. Poi, fatte queste cose,
ritornerò nella mia casa, da dove partii. E mostrerò il mio volto a
quelle pecore che erano rimaste e che avevo lasciato vicino a te, non
per richiamarti ma per ma per portarti.
6.
E perché non ti lamenti o ti rattristi per la mia assenza, ti
manderò lo Spirito Paraclito, che ti donerà il pegno della
salvezza, la forza della vita e il lume della scienza. Il pegno della
salvezza perché lo stesso Spirito Santo renda testimonianza al tuo
spirito che sei figlio di Dio: perché imprima al tuo cuore i segni
certissimi della tua predestinazione6 e li mostri; perché
regali gioia al tuo cuore, e riempia la tua mente, se non
continuamente almeno spessissimo, con la rugiada del cielo. La forza
della vita, perché ciò che per te sarebbe naturalmente impossibile,
per la sua grazia sia non soltanto possibile ma anche facile;
cosicché tu proceda piacevolmente, come nella massima ricchezza,
anche nel lavoro, nella veglia, nella fame e nella sete, e in tutte
queste cose della religione (che, se non fossero rese più dolci da
questa poca farina, in una parola sembrerebbero la morte nel vaso).
Il lume della scienza, perché [pur] facendo bene ogni cosa, tu ti
ritenga un servo inutile; e perché tu attribuisca qualunque cosa
buona che trovassi in te a colui dal quale [viene] tutte il bene, e
senza il quale [non soltanto] qualunque cosa non [sarebbe] abbastanza
ma non potresti assolutamente non dico finirla ma nemmeno
cominciarla. Così dunque questo Spirito ti insegnerà tutto di
queste tre cose, ma [anche] tutto ciò che riguarda la tua salvezza,
perché in esse si trova la piena ed assoluta perfezione.
7.
Questo è ciò che lo stesso Spirito ha detto attraverso il profeta:
Seminate per voi secondo giustizia, dove è mostrato il pegno della
salvezza; mietete la speranza della vita7, dove si riceve la
forza vitale; illuminatevi con il lume della scienza (Osea, 10, 12)8,
[frase]che non ha bisogno di altre spiegazioni9. E questo
Spirito apparve agli apostoli in [forma di] fuoco, come luce e ardore
allo stesso modo. Infatti [li] avrebbe riempiti di questi per
renderli ferventi nello spirito e far loro conoscere nella verità
che è soltanto la misericordia che li precede e li guida. Il
servitore di Dio procura per sé molto, da questa misericordia,
dicendo: La sua misericordia mi preceda (Sal 59, 11)10 e La
tua misericordia è davanti ai miei occhi (Sal 26,3)10;e La
tua misericordia mi seguirà per tutti i giorni della mia vita (Sal
23, 6)12; e Lui mi cinge nella misericordia e nella pietà
(Sal 103, 4)13; e: Dio mio, misericordia mia (Sal 59, 18)14.
Signore Gesù, con quanta dolcezza hai parlato con gli uomini! Con
quanta abbondanza hai donato agli uomini molti e grandi beni! Con
quanta forza hai sopportato per gli uomini cose tanto indegne quanto
dolorose! Sarebbe possibile veder scaturire miele dalle pietre, olio
dal sasso più duro, per quanto sei stato resistente alle parole, più
resistente ancora alle sferzate, resistentissimo all’orrenda croce;
perché in tutte queste cose sei stato come l’agnello che di fronte
al tosatore ammutolisce e non apre bocca. Vediamo dunque quanto
avesse detto il vero chi aveva detto: di me ha cura il Signore (Sal
40, 18) [CEI 2008]. Il Padre, per redimere I suoi servitori, non
risparmia il Figlio; Il Figlio si consegna più che volentieri,
entrambi mandano lo Spirito Santo, e lo stesso spirito prega per noi
con gemiti inenarrabili.
8.
O figli di Adamo duri, induriti e e resi insensibili, che così tanta
benevolenza, tanta fiamma, tanto grande ardore di amore, un amico
tanto veemente, che scambia tanta preziosa merce per miseri fagotti,
non mitiga! Non ci redime infatti con I corruttibili oro o argento,
ma col suo prezioso sangue che effuse abbondantemente; poiché le
onde di sangue scaturirono abbondantemente da cinque parti del corpo
di Gesù. Che cosa avrebbe dovuto fare in più e che non fece?
Illuminò I ciechi, ricondusse [sulla buona strada] chi sbagliava,
perdonò gli empi, passò trentatre anni sulla terra, parlò con gli
uomini, morì per gli uomini, Lui che parlò dei cherubini, dei
serafini e di tutte le virtù angeliche e tutto ciò fu creato; Lui,
al quale tutto è sottomesso e che, volendolo, può tutto. Che cosa
dunque ti chiede chi ti ha cercato con tanta sollecitudine, se non
che tu, sollecito, cammini con il tuo Dio? Questa [tua] sollecitudine
non nasce se non dallo Spirito Santo, che scruta la profondità dei
nostri cuori, che discerne I pensieri e le intenzioni del cuore, che
non sopporta che neanche una pagliuzza dimori nel cuore che possiede,
ma che immediatamente accende con un fuoco di rigorosissima
circospezione; Spirito dolce e soave, che piega la nostra volontà,
la erige dal profondo e la dirige maggiormente verso la sua; affinché
possiamo comprenderla esattamente, amarla con fervore e compierla
efficacemente.
Note
1
San Bernardo scrive: “coeli distillaverunt
a facie Dei Sinai,
a facie Dei Israel,
et pluvia voluntaria
segregata est haereditati
Christi”; la Volgata riporta: “Pluviam
voluntariam segregabis, Deus,
hereditati tuae” proseguendo poi
nel versetto successivo con “et infirmata
est”; nella Nuova Volgata troviamo invece:
“Pluviam voluntariam effundebas,
Deus;hereditatem tuam infirmatam,
tu refecisti eam”;
2
nella trad. CEI 2008: “Sei rivestito
di maestà e di
splendore, avvolto di luce
come di un manto”,
3
lett. “Dirigere i miei
piedi”;
4
lett. “dove si manifestava
il primo luogo della
ferita”;
5
lett. “nel mezzo della
terra”;
6
Per capire esattamente che cosa intenda S. Bernardo per “segni
certissimi della …predestinazione”
dobbiamo fare riferimento al primo sermone per la Domenica di
Settuagesima, dove il Santo afferma che certamente non possiamo avere
certezza alcuna della nostra salvezza, ma che alcuni segni manifesti
ci evitano l’eccessiva inquietudine e ci consentono di sperare con
più ragione oltre che spingerci ad un impegno sempre maggiore.
7
nella trad. CEI 2008 si riporta “mieterete
secondo bontà”;
8
la traduzione CEI 2008 riporta invece: “dissodatevi
un campo nuovo”e
tanto nella Volgata quanto nella Nuova Volgata troviamo “inovate
vobis novale”.
9
un po’ meno infedelmente: “cui parole
proprie sarebbero aggiunte”;
10
nella traduzione CEI 2008: “Il mio
Dio mi preceda con
il suo amore”;
11
nella traduzione CEI 2008: “La tua
bontà è davanti ai
miei occhi “;
12
nella traduzione CEI 2008: Sì, bontà
e fedeltà mi saranno
compagne tutti i giorni
della mia vita”;
13
nella traduzione CEI 2008: “ti circonda
di bontà e misericordia”;
14
nella traduzione CEI 2008: “Dio della
mia fedeltà”.
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