Festa
della SS.ma Trinità - Anno A – 15 giugno 2014
Rito
Romano
Es
34, 4b-6. 8-9; Dn 3,52.56; 2 Cor 13, 11-13; Gv 3, 16-18
Rito
Ambrosiano
Es
3,1-15; Sal 67; Rm 8,14-17;Gv 16,12-15
Premessa.
La
Trinità è un mistero luminoso: “Come tre
soli, ciascuno è contenuto
nell'altro, così che c'è
una sola luce, data
l'intima compenetrazione” (San Giovanni
Damasceno). La rivelazione della Santissima Trinità si riassume in
modo semplice e profondo nella breve frase della Prima Lettera di San
Giovanni: “Dio è amore”. Lui lo è non solo in rapporto a noi o
all’Universo creato. Lui lo è in se stesso, nella sua intimità,
essenzialmente, infinitamente, eternamente. D’altronde l’amore è
veramente se stesso nella relazione con un altro che lo costituisce
Per essere carità, l’amore deve tendere verso un altro (San
Gregorio Magno).
1)Vivere
è convivere.
Due
sono
i
Misteri
fondamentali
della
fede
cristiana:
l’Unità
e
Trinità1
di
Dio
e
l’Incarnazione,
passione,
morte
e
risurrezione
di
Gesù
Cristo.
Tuttavia,
nonostante l'importanza che la Trinità riveste per la nostra fede,
si ha spesso l'impressione che per molti essa sia niente più di una
verità da credere, un mistero del tutto incomprensibile, circa il
quale non ci si pongono molte domande.
La
Trinità è un dogma che può sembrare lontano e non toccare la vita.
Invece è rivelazione del segreto del vivere, della sapienza sulla
vita, sulla morte, sull'amore, e ci dice: in principio a tutto è il
legame di libertà, cioè comunione d’amore.
Un
solo Dio in tre persone: Dio non è in se stesso solitudine ma
comunione, l’oceano della sua essenza vibra di un infinito
movimento d’amore, reciprocità, scambio, incontro, famiglia,
festa. Quando “in principio” Dio dice: “Facciamo l'uomo a
nostra immagine e somiglianza”, l'immagine di cui parla non è
quella del Creatore, non quella dello Spirito, né quella del Verbo
eterno di Dio, ma è tutte queste cose insieme.
Di
fronte alla rivelazione della Trinità non ci è richiesto soltanto
il silenzio, ma anche lo stupore e la gioia, perché si tratta sì di
una realtà inaccessibile, infinitamente più grande di noi, ma si
tratta anche nel contempo di una realtà luminosa: l'uomo stesso ne
viene tutto illuminato nella mente e nel cuore, nella contemplazione
e nell’azione.
Questa
rivelazione non viene semplicemente a soddisfare il nostro bisogno di
conoscere Dio; riguarda direttamente il destino dell’uomo e della
creazione.
La salvezza, come comunione di amore di Dio e
dell’uomo, riflette i caratteri dei due interlocutori che la
costituiscono: Dio e uomo. Ora l’uomo non può essere compreso se
non a partire da Dio: fatto ad immagine di Dio, è modellato sul
Cristo, immagine perfetta di Dio (Col 1,15). Quindi le
domande e le risposte su Dio sono d’importanza fondamentale per
capire l’uomo.
Conoscendo
il
Padre
(l’Amante2),
il
Figlio
(l’Amato)
e
lo
Spirito
(l’Amore),
noi
intravediamo
che,
nel
suo
intimo
più
profondo,
Dio
è
un
dialogo,
una
vita
di
amore
tra
tre
Persone.
È
questa
l'originalità
della
concezione
cristiana
di
Dio,
ed
è
qui
che
l'uomo
trova
la
spiegazione
più
vera
di
se
stesso.
L'uomo
sente
insopprimibile
la
nostalgia
della
comunità,
della
solidarietà
e
del
dialogo;
ne
ha
bisogno
per
vivere
e
per
crescere,
ne
ha
bisogno
più
dell’aria
che
respira.
Ma
è
soltanto
alla
luce
della
Trinità
che
questa
constatazione
acquista
un'insospettabile
profondità:
siamo
fatti
per
incontrarci,
per
dialogare
e
amare,
perché
siamo
“immagine
di
Dio”,
e
Dio
è,
appunto
– per
quanto
ci
è
dato
capire
– una
comunità
di
amore.
2)
La vita è
amore.
La
vocazione
alla
comunità
è
la
traccia
della
Trinità
nell'uomo,
e
“se
vediamo
l’amore,
vediamo
la
Trinità”
(Sant’Agostino3),
che
il
Papa
emerito
Benedetto
XVI
spiega
così:
“Lo
Spirito,
infatti,
è
quella
potenza
interiore
che
armonizza
il
cuore
dei
credenti
col
cuore
di
Cristo
e
li
muove
ad
amare
i
fratelli
come
li
ha
amati
lui”
(Lett.
Enc.
Deus
Caritas
est,
n.
19).
Lo
Spirito
ci
immette
nel
ritmo
stesso
della
vita
divina,
che
è
vita
di
amore,
facendoci
personalmente
partecipi
dei
rapporti
intercorrenti
tra
il
Padre
e
il
Figlio.
Non
è
senza
significato
che
Paolo,
quando
enumera
i
frutti
dello
Spirito,
ponga
al
primo
posto
l’amore:
“Il
frutto
dello
Spirito
è
amore,
gioia,
pace,
ecc.”
(Gal
5,22).
E,
poiché
per
definizione
l'amore
unisce,
ciò
significa
anzitutto
che
lo
Spirito
è
creatore
di
comunione
all'interno
della
comunità
cristiana,
come
diciamo
all'inizio
della
Santa
Messa
con
un’espressione
paolina:
“… la
comunione
dello
Spirito
Santo
[cioè
quella
che
è
operata
da
lui]
sia
con
tutti
voi”
(2
Cor
13,13).
D'altra
parte,
però,
è
anche
vero
che
lo
Spirito
ci
stimola
a
intrecciare
rapporti
di
carità
con
tutti
gli
uomini.
Dunque,
quando
noi
amiamo
diamo
spazio
allo
Spirito,
gli
permettiamo
di
esprimersi
in
pienezza.
I
testi della liturgia di oggi, in effetti, attirano la nostra
attenzione non tanto sul Mistero delle Tre Persone, ma sulla realtà
di amore che è contenuta in questo primo e supremo Mistero della
nostra fede. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono uno, perché
sono amore e l’amore è la forza vivificante assoluta, l’unità
creata dall’amore è più unità di un’unità puramente fisica.
Il Padre dà tutto al Figlio; il Figlio riceve tutto dal Padre con
riconoscenza; e lo Spirito Santo è come il frutto di questo amore
reciproco del Padre e del Figlio.
Dunque,
il
brano
preso
oggi
dal
Vangelo
di
San
Giovanni
ci
fa
riflettere
e
contemplare
la
stupefacente
profondità
e
gratuità
dell’amore
del
Padre
che
ci
dona
il
Figlio.
Questi
nel
suo
farsi
carne4
tocca
l’uomo
nella
sua
realtà
concreta
e
in
qualunque
situazione
si
trovi.
Dio
ha
assunto
la
condizione
umana
per
sanarla
da
tutto
ciò
che
lo
separa
da
Lui,
per
permetterci
di
chiamarlo,
nel
suo
Figlio
Unigenito,
con
il
nome
di
“Abbà,
Padre”
ed
essere
veramente
figli
di
Dio.
Sant’Ireneo
afferma:
“Questo
è
il
motivo
per
cui
il
Verbo
si
è
fatto
uomo,
e
il
Figlio
di
Dio,
Figlio
dell’uomo:
perché
l’uomo,
entrando
in
comunione
con
il
Verbo
e
ricevendo
così
la
filiazione
divina,
diventasse
figlio
di
Dio”
(Adversus
haereses,
3,19,1:
PG
7,939).
Il
Verbo di Dio si fa carne non per un obbligo giuridico, ma per una
esigenza libera di amore, grazie ad una sovrabbondanza d’amore. La
Trinità non è altro che questo mistero sovrabbondante d'amore che
dal cielo si è riversato sulla terra superando ogni frontiera, ogni
confine. Dio ci fa dono del suo Figlio amato, ma non dimentichiamo
che è un dono per tutti: per il mondo intero.
E
per questo che, sempre nel brano evangelico di oggi, San Giovanni
prosegue dicendo che Dio ha mandato il Figlio per salvare il mondo,
non per giudicarlo. Ma ciò non toglie che la presenza del dono
determini una crisi: il dono del Padre può essere accolto o
rifiutato.
3)
La vita è
accogliere la
Vita.
Qual
è la nostra vocazione? Quella di viver la vita trinitaria: non c’è
altra vocazione che questa. Ognuno di noi è chiamato a vivere la
vita di Dio. E la vita di Dio è la Santissima Trinità. La nostra
vocazione è questa. Non è quella di fare scuola, di mandare avanti
il laboratorio, di lavorare in casa, di badare ai bambini; la nostra
vocazione non è nemmeno la semplice preghiera. La nostra vocazione è
Dio stesso, è essere in Lui, vivere Lui. La nostra vocazione a
questo ci chiama: a credere all’amore, ad accoglierlo, a viverlo.
Chi,
almeno una volta nella sua giornata, non fa il segno della croce o
non recita la preghiera del Padre nostro? Gesti che indicano la
nostra naturale appartenenza a Dio, il quale vuole renderci divini,
come Lui. E questo i Santi lo avevano compreso benissimo, vivendo la
loro stessa vita incarnando il modello dell’amore trinitario per le
strade del mondo, poveramente come S. Francesco d’Assisi,
paternamente con San Pio da Pietrelcina, caritatevolmente come Madre
Teresa di Calcutta, nascostamente, dietro le grate di un monastero di
clausura come Santa Teresina del Bambin Gesù, familiarmente come i
Coniugi Martin, genitori della Santa di Lisieux.
Risplende
tra tutti i Santi la Vergine Maria, la creatura più vicina alla
SS.ma Trinità: figlia del Padre, Madre del Figlio, Sposa dello
Spirito Santo. La Vergine Maria, nella sua docile umiltà, si è
fatta umile serva dell’Amore: ha saputo accogliere la volontà del
Padre concependo così il Figlio per opera dello Spirito Santo. In
Lei, l’Onnipotente, ha potuto costruire un tempio degno di Lui,
facendone il modello e l’immagine della Chiesa, casa di comunione
per ogni uomo ed ogni donna.
Ci
aiuti Maria, specchio della Trinità, a crescere nella fede e ad
accogliere nella nostra vita il mistero trinitario, un mistero che ci
parla di amore, di accoglienza e di comunione.
Ci
siano di esempio le Vergine Consacrate nel mondo che nella
quotidianità della vita custodiscono la chiamata alla santità
mediante un’esistenza semplice, mediante un lavoro “profano”.
Con il loro stile di vita nel mondo rendono presente Cristo nella
vita quotidiana, per trasformare il mondo secondo il Cuore di
Dio-Trinità. Queste donne fanno ciò soprattutto mediante la pratica
dei consigli evangelici. In effetti “La vita consacrata, pertanto,
è chiamata ad approfondire continuamente il dono dei consigli
evangelici con un amore sempre più sincero e forte in dimensione
trinitaria : amore al Cristo, che
chiama alla sua intimità; allo Spirito
Santo, che dispone l'animo ad accogliere le sue
ispirazioni; al Padre , prima origine e
scopo supremo della vita consacrata. Essa diventa così confessione e
segno della Trinità, il cui mistero viene additato alla Chiesa come
modello e sorgente di ogni forma di vita cristiana.” (San Giovanni
Paolo II, Es. Ap.
Post-Sinodale Vita Consacrata,
n. 21)
1
Il
mistero
trinitario
è
alla
base
della
fede
cristiana,
eppure
paradossalmente,
pur
se
la
fede
dei
primi
cristiani
di
fatto
era
già
trinitaria
(cfr.
Mt
28,16
e
1
Cor),
il
termine
stesso
Trinità
compare
solo
alla
fine
del
II°
secolo
d.
C.
con
Teofilo
di
Antiochia,
per
indicare
il
mistero
del
Dio
che
è
ad
un
tempo
Uno
e
rivelato
in
tre
Persone:
Padre
Figlio
Spirito
Santo.
2
E
S.
Agostino
scrive
suggestivamente
nel
suo
“De
Trinitate”,:
“Dio
Padre,
nel
pensare,
genera
interiormente
la
propria
sapienza,
o
Verbo.
Ma
è
soprattutto
una
relazione
di
amore
che
lega
la
mente
pensante
al
suo
Logos.
Allora,
se
vedi
la
carità,
tu
vedi
la
Trinità.
Il
Padre
è
donazione
infinita
senza
riserve,
il
Figlio
è
accoglienza
attiva,
lo
Spirito
è
perfetta
unità
di
colui
che
dona
e
di
colui
che
accoglie.
Sono
tre:
l’Amante,
l’Amato,
l’Amore”.
3
Non
saremo
mai
abbastanza
grati
ad
Agostino
per
aver
impostato
il
suo
discorso
sulla
Trinità
sulla
parola
di
Giovanni:
“Dio
è
amore”
(1
Gv
4,10).
Dio
è
amore:
per
questo,
conclude
Agostino,
egli
è
Trinità!
“L'amore
suppone
uno
che
ama,
ciò
che
è
amato
e
l'amore
stesso”-
Il
Padre
è,
nella
Trinità,
colui
che
ama,
la
fonte
e
il
principio
di
tutto;
il
Figlio
è
colui
che
è
amato;
lo
Spirito
Santo
è
l'amore
con
cui
si
amano.
4
“Il
Verbo
si
fece
carne”
(Gv
1,14).
Qui
la
parola
“carne”,
secondo
l’uso
ebraico,
indica
l’uomo
nella
sua
integralità,
tutto
l’uomo,
ma
proprio
sotto
l’aspetto
della
sua
caducità
e
temporalità,
della
sua
povertà
e
contingenza.
LETTURA
PATRISTICA
Sant’Atanasio,
Vescovo (296
- 37
Dalla
Lettera 1 a Serapione, 28-3
(PG
26, 594-595. 599)
Luce,
splendore e grazia della Trinità
Non
sarebbe cosa inutile ricercare l'antica tradizione, la dottrina e la
fede della Chiesa cattolica, quella s'intende che il Signore ci ha
insegnato, che gli apostoli hanno predicato, che i padri hanno
conservato. Su di essa infatti si fonda la Chiesa, dalla quale, se
qualcuno si sarà allontanato, per nessuna ragione potrà essere
cristiano, né venir chiamato tale.
La nostra fede é questa: la
Trinità santa e perfetta é quella che é distinta nel Padre e nel
Figlio e nello Spirito Santo, e non ha nulla di estraneo o di
aggiunto dal di fuori, né risulta costituita del Creatore e di
realtà create, ma é tutta potenza creatrice e forza operativa. Una
é la sua natura, identica a se stessa. Uno é il principio attivo e
una l'operazione. Infatti il Padre compie ogni cosa per mezzo del
Verbo nello Spirito Santo e, in questo modo, é mantenuta intatta
l'unità della santa Trinità. Perciò nella Chiesa viene annunziato
un solo Dio che é al di sopra di ogni cosa, agisce per tutto ed é
in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6). E' al di sopra di ogni cosa
ovviamente come Padre, come principio e origine. Agisce per tutto,
certo per mezzo del Verbo. Infine opera in tutte le cose nello
Spirito Santo.
L'apostolo Paolo, allorché scrive ai Corinzi sulle
realtà spirituali, riconduce tutte le cose ad un solo Dio Padre come
al principio, in questo modo: «Vi sono diversità di carismi, ma uno
solo é lo Spirito; e vi sono diversità di ministeri, ma uno solo é
il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo é Dio, che
opera tutto in tutti» (1 Cor 12, 4-6).
Quelle cose infatti che lo
Spirito distribuisce ai singoli, sono date dal Padre per mezzo del
Verbo. In verità tutte le cose che sono del Padre sono pure del
Figlio. Onde quelle cose che sono concesse dal Figlio nello Spirito
sono veri doni del Padre. Parimenti quando lo Spirito é in noi, é
anche in noi il Verbo dal quale lo riceviamo, e nel Verbo vi é anche
il Padre, e così si realizza quanto é detto: «Verremo io e il
Padre e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23). Dove infatti
vi é la luce, là vi é anche lo splendore; e dove vi é lo
splendore, ivi c'è parimenti la sua efficacia e la sua splendida
grazia.
Questa stessa cosa insegna Paolo nella seconda lettera ai
Corinzi, con queste parole: «La grazia del Signore Gesù Cristo,
l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti
voi» (2 Cor 13, 13). Infatti la grazia é il dono che viene dato
nella Trinità, é concesso dal Padre per mezzo del Figlio nello
Spirito Santo. Come dal Padre per mezzo del Figlio viene data la
grazia, così in noi non può avvenire la partecipazione del dono se
non nello Spirito Santo. E allora, resi partecipi di esso, noi
abbiamo l'amore del Padre, la grazia del Figlio e la comunione dello
stesso Spirito.
Efrem,
Diatessaron, 21, 7
Dio
ama infinitamente il mondo
Abramo
aveva
molti
servitori;
perché
Dio
non
gli
dice
di
sacrificare
uno
di
loro?
Perché
l’amore
di
Abramo
non
si
sarebbe
rivelato
attraverso
un
servitore;
occorreva
per
questo
il
suo
stesso
figlio
(Gn
22,1-18).
Parimenti
c’erano
molti
servitori
di
Dio,
ma
egli
non
mostrò
il
suo
amore
verso
le
creature
tramite
nessuno
di
loro,
bensì
tramite
il
proprio
Figlio,
grazie
al
quale
fu
proclamato
il
suo
amore
per
noi:
"Dio
ha
tanto
amato
il
mondo
da
dare
il
suo
Figlio
unigenito"
(Jn
3,16).
Cromazio
di Aquileia, Sermo,
33, 1
Dalla
bontà di Dio dipende il nostro vivere
È
oltremodo
giusto
che
noi
inneggiamo
a
lui,
perché
il
nostro
essere
e
il
nostro
vivere
non
sono
in
nostro
potere
né
dipendono
da
noi,
ma
dal
suo
favore
e
dalla
sua
bontà.
Dobbiamo
dunque
cantare
a
questo
Dio,
che
è
ed
è
sempre
stato,
le
grandezze
che
gli
competono
e
si
addicono
alla
lode
della
sua
maestà,
cioè:
che
egli
è
eterno,
che
è
onnipotente,
che
è
immenso,
che
è
creatore
del
mondo
e
suo
salvatore,
che
ha
avuto
per
gli
uomini
tale
amore
da
offrire
persino
il
Figlio
suo
per
la
salvezza
del
mondo,
come
dice
egli
stesso
nel
Vangelo:
"Dio
ha
tanto
amato
il
mondo,
che
ha
dato
il
suo
Figliolo
unigenito,
affinché
chiunque
in
lui
crede
non
perisca,
ma
abbia
la
vita
eterna"
(Jn
3,16).
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