San Pietro
è il fondamento della Chiesa, e Paolo l’architetto, il costruttore
(Sant’Ambrogio di Milano, De
Sp. S. II, 13,
158; P.L. 16, 808);
Festa dei Santi
Pietro e Paolo – Anno A – 29 giugno 2014
Rito romano
At 12,1-11; Sal
33; 2 Tm 4,6-8.17-18; Mt 16,13-19
Rito Ambrosiano –
III Domenica dopo Pentecoste
Gen
2,4b-17; Sal 103; Rm 5,12-17; Gv 3,16-21
1)
Unità nella molteplicità.
Per celebrare la
festa dei Santi Pietro e Paolo, la Liturgia della Messa di oggi
propone due testi che si riferiscono a San Pietro e uno che parla di
San Paolo.
Nella 1ª lettura
presa dagli Atti degli Apostoli e nel Vangelo, che presenta un brano
preso da San Matteo, si racconta l’assistenza premurosa che il
Signore non fa mancare a Pietro nella sofferenza e nella prova, la
professione di fede di Pietro (“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio
vivente”), la sua gioia di credente, la missione che gli viene
affidata di essere roccia.
Nella 2ª lettera
a Timoteo, proposta come 2ª lettura, è delineata molto bene la
fisionomia e la statura spirituale e morale di San Paolo.
Queste
letture ci presentano due colonne della Chiesa nascente in generale,
e della Chiesa di Roma, in particolare. La prima colonna è Pietro,
che è la roccia posta da Cristo a fondamento della sua Chiesa, la
seconda è Paolo, che è l’apostolo scelto per portare il messaggio
evangelico ai pagani. Due persone profondamente diverse per
temperamento e per cultura, ma accomunate da una straordinaria
passione per Cristo. Un’unica missione è realizzata da loro
percorrendo strade differenti, ma è convalidata dallo stesso sigillo
della testimonianza spinta fino al versamento del sangue.
In questi due Apostoli ci è proposta
l’immagine di ciò che ogni cristiano è chiamato ad essere: una
persona afferrata da Cristo,
con la missione
di farLo conoscere attraverso la testimonianza
della propria vita, donata a Dio con gioia e semplicità in ogni
istante.
2) Le caratteristiche di San
Pietro.
Il modo di essere Apostolo di Pietro
può essere capito e imitato, se ne comprendiamo il carisma suo
specifico che era fatto di fermezza, solidità, perseveranza, forza
di essere nella diversità delle situazioni sempre sostanzialmente
eguali a se stesso, di vivere e di sopravvivere, sicuri di un Vangelo
iniziale, d’una coerenza attuale, di una meta finale.
Sinteticamente detto: la fede.
Per avere la fede e vivere di fede non
occorre avere doti speciali. Guardiamo la figura di Pietro: la sua
grande fede si innestò su una umanità forte, ma semplice. Egli fu
un pescatore di Galilea, un
discepolo di Giovanni il Precursore. Poi fu chiamato da Gesù con un
nuovo nome, Cefa, che significa Pietro1.
Cristo lo chiamò ad essere pescatore di anime2
e pastore3.
Gli affidò la Chiesa, insieme con gli altri undici e primo di essi.
Il Redentore fece Apostolo4
questo discepolo, che era un uomo umile5,
docile e modesto6,
debole anche7,
ed incostante e pauroso perfino8,
ma pieno d’entusiasmo e di fervore9,
di fede10,
e di amore11.
Pietro da subito esercitò nella nascente comunità cristiana12,
di centro, di maestro, di capo. Un primato di amore e di verità, di
fede, di fedeltà,
E’ la fede che dobbiamo domandare a
Pietro, quella che da lui e dagli Apostoli ci deriva.
Che cosa saremmo senza la fede, la vera
fede? Polvere di storia, granelli di sabbia sbattuta dal vento. Ma ci
è richiesto qualche cosa di più, se vogliamo essere devoti di San
Pietro. Ci è richiesta la fedeltà. La fede è di tutto il Popolo di
Dio; ed anche la fedeltà; ma tocca principalmente a noi dare prova
di fedeltà. «Siate forti nella fede» (1 Pt 5,9). Cioè non
possiamo dirci discepoli e seguaci di San Pietro, se la nostra
adesione al messaggio redentivo di Gesù Cristo non avesse quella
fermezza interiore, quella coerenza esteriore, che ne fa un vero e
pratico principio di vita.
3) Le caratteristiche di San
Paolo.
Per descrivere il carisma, il dono
spirituale specifico che ha ricevuto San Paolo, mi servirò di quanto
scrive San Tommaso d’Aquino nel suo commento alle lettere di questo
Apostolo delle Genti e di un paragone fatto da San Giovanni
Crisostomo.
Il grande teologo domenicano
inquadra la figura di san Paolo e la sua opera con il richiamo alla
espressione degli Atti degli Apostoli (9,15) con la quale il Signore
parla di Paolo ad Anania in una visione: “Egli è per me vaso di
elezione per portare ai popoli il mio nome”. L’immagine del vaso
è sovente usata nella Scrittura per indicare gli uomini e San
Tommaso si serve di questa immagine per descrivere le caratteristiche
della figura di san Paolo.
Quattro sono le caratteristiche di un
vaso:
1) è un prodotto della libera volontà
di un artigiano,
2) è un contenitore capiente,
3) è fatto per essere usato, quindi
4) è utile.
In effetti,
1) come un vaso è plasmato
dall’artigiano, così Paolo è un uomo plasmato da Dio. E’ creta
docile nelle “mani” creative di Dio, che fatto con materiale
prezioso come l’oro, il quale indica la ricchezza della sapienza,
della carità e di tutte le virtù ricevute da questo Apostolo.
Infatti San Paolo insegnò i misteri della Sapienza divina, elogiò
la carità e raccomandò agli uomini le virtù da coltivare.
2) Come contenitore, Paolo fu pieno del
nome di Gesù, da predicare e da amare.
3) Egli fu usato secondo la nobiltà
più grande: per portare il nome di Gesù nel corpo, ricevendo le
stimmate di Cristo, e nella bocca, come la colomba del diluvio portò
nel becco il ramoscello d’ulivo che è simbolo della misericordia
di Dio. Infatti, Gesù è questa misericordia: il suo nome significa
Salvatore. Paolo stesso fu destinatario di questa misericordia, un
convertito, ma la portò con la predicazione anche ai pagani eletti.
4) Quanto all’utilità, Paolo divenne
infatti maestro delle genti. E il frutto del suo insegnamento sono le
sue lettere, nelle quali è esposta la dottrina della grazia di
Cristo.
Per capire questo 4 punto è utile il
paragone che San Giovanni Crisostomo fa tra Paolo e Noè: “Paolo
non mise insieme delle assi per fabbricare un'arca; piuttosto, invece
di unire delle tavole di legno, compose delle lettere e così strappò
di mezzo ai flutti, non due, tre o cinque membri della propria
famiglia, ma l'intera ecumene che era sul punto di perire” (Paneg.
1,5). Proprio questo può -ancora e sempre- fare l’apostolo Paolo.
Prendere da lui, tanto dal suo esempio apostolico quanto dalla sua
dottrina, sarà quindi uno stimolo per il consolidamento
dell’identità cristiana di ciascuno di noi e per il rinnovarsi
costante della Chiesa.
Infine, vorrei mettere in evidenza la
frase di San Paolo che –secondo me- meglio esprime quello che
questo Apostolo è: “Per me
il vivere è Cristo e il morire un guadagno”
(Fil
1,21). E’ un nuovo senso della vita, dell’esistenza umana, che
consiste nella comunione con Gesù Cristo vivente; non solo con un
personaggio storico, un maestro di saggezza, un leader religioso, ma
con un uomo in cui Dio abita personalmente.
Secondo il linguaggio contemporaneo,
potremmo dire che San Paolo era un uomo interculturale. In effetti
riassumeva in sé tre mondi: quello ebraico, quello greco e quello
romano. Non a caso Dio affidò a lui la missione di portare il
Vangelo dall’Asia Minore alla Grecia e poi a Roma, gettando un
ponte che avrebbe proiettato il Cristianesimo fino agli estremi
confini della terra.
Protagonisti di questa missione siamo
tutti noi cristiani, uomini e donne che, come san Paolo, possono
dire: “Per me il vivere è Cristo”. Persone, famiglie, comunità
che accettano di lavorare nella vigna del Signore (cfr
Mt
20,1-16). Operai umili e generosi, che non chiedono altra ricompensa
se non quella di partecipare alla missione di Gesù e della sua
Chiesa.
In questa missione le Vergini
consacrate nel mondo hanno un compito particolare, quello di
testimoniare nel loro lavoro quotidiano che si può vivere in Cristo,
con Cristo e per Cristo, cioè “della
Sua parola, del Suo Corpo, del Suo Spirito”,
come scrive Sant’Agostino che aggiungeva che “la
gioia delle vergini consacrate viene da Cristo, è in Cristo, con
Cristo, alla sequela di Cristo, per mezzo di Cristo e in vista di
Cristo”:
Tutti siamo chiamati a seguire Cristo
riponendo in Lui il senso ultimo della propria vita, fino a poter
dire con l'Apostolo: “Per me il vivere è Cristo”. “Ma
un’esperienza singolare della
luce che promana dal Verbo incarnato
fanno certamente i chiamati alla vita consacrata, cheli pone quale
segno e profezia per la comunità
dei fratelli e per il mondo. Non possono perciò non trovare in essi
particolare risonanza le parole estatiche di Pietro: “Signore, è
bello per noi stare qui” (Mt
17, 4).Queste parole dicono la tensione cristocentrica di tutta la
vita cristiana. Esse, tuttavia, esprimono con particolare eloquenza
il carattere totalizzante
che costituisce il dinamismo profondo della vocazione alla vita
consacrata “( Giovanni Paolo II, Esort. Ap. Post-sinodale Vita
Consecrata, n. 15).
1
Gv
1, 42; Mt
16, 18.
2
Lc
5, 10.
3
Gv
21, 15, ss.
4
Lc
6, 13.
5
Lc
5, 8.
6
Cf. Gv
13, 9; 1
Pt. 5,
1.
7
Mt
14, 30.
8
Mt
26, 40-45, 69 ss.; Gal.
2, 11.
9
Mt.
26, 33; Mc.
14, 47.
10Gv
6, 68; Mt
16, 17.
11Lc.
22, 62; Gv
21, 15 ss.
12Cf
At.
1 - 12, 17.
Lettura patristica
Sant'Agostino,
vescovo
Dal Discorso 295,
1-2. 4. 7-8 (PL 38, 1348-1352)
Questi martiri
hanno visto ciò che hanno predicato.
Il martirio dei
santi apostoli Pietro e Paolo ha reso sacro per noi questo giorno.
Noi non parliamo di martiri poco conosciuti; infatti «per tutta la
terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola»
(Sal 18, 5). Questi martiri hanno visto ciò che hanno predicato.
Hanno seguito la giustizia. Hanno testimoniato la verità e sono
morti per essa.
Il beato Pietro, il primo degli
apostoli, dotato di un ardente amore verso Cristo, ha avuto la grazia
di sentirsi dire da lui: «E io ti dico: Tu sei Pietro» (Mt 16, 18).
E precedentemente Pietro si era rivolto a Gesù dicendo: «Tu sei il
Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 16). E Gesù aveva
affermato come risposta: «E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa
pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16, 18). Su questa pietra
stabilirò la fede che tu professi. Fonderò la mia chiesa sulla tua
affermazione: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Tu
infatti sei Pietro. Pietro deriva da pietra e non pietra da Pietro.
Pietro deriva da pietra, come cristiano da Cristo.
Il Signore Gesù, come già sapete, scelse prima della passione i
suoi discepoli, che chiamò apostoli. Tra costoro solamente Pietro
ricevette l'incarico di impersonare quasi in tutti i luoghi l'intera
Chiesa. Ed è stato in forza di questa personificazione di tutta la
Chiesa che ha meritato di sentirsi dire da Cristo: «A te darò le
chiavi del regno dei cieli» (Mt 16, 19). Ma queste chiavi le ha
ricevute non un uomo solo, ma l'intera Chiesa. Da questo fatto deriva
la grandezza di Pietro, perché egli è la personificazione
dell'universalità e dell'unità della Chiesa. «A te darò» quello
che è stato affidato a tutti. È ciò che intende dire Cristo. E
perché sappiate che è stata la Chiesa a ricevere le chiavi del
regno dei cieli, ponete attenzione a quello che il Signore dice in
un'altra circostanza: «Ricevete lo Spirito Santo» e subito
aggiunge: «A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non
li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20, 22-23).
Giustamente anche dopo la risurrezione il Signore affidò allo stesso
Pietro l'incombenza di pascere il suo gregge. E questo non perché
meritò egli solo, tra i discepoli, un tale compito, ma perché
quando Cristo si rivolge ad uno vuole esprimere l'unità. Si rivolge
da principio a Pietro, perché Pietro è il primo degli apostoli.
Non rattristarti, o apostolo. Rispondi una prima, una seconda, una
terza volta. Vinca tre volte nell'amore la testimonianza, come la
presunzione è stata vinta tre volte dal timore. Deve essere sciolto
tre volte ciò che hai legato tre volte. Sciogli per mezzo dell'amore
ciò che avevi legato per timore.
E così il
Signore una prima, una seconda, una terza volta affidò le sue
pecorelle a Pietro.
Un solo giorno è consacrato
alla festa dei due apostoli. Ma anch'essi erano una cosa sola. Benché
siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una cosa sola.
Pietro precedette, Paolo seguì. Celebriamo perciò questo giorno di
festa, consacrato per noi dal sangue degli apostoli.
Amiamone la fede, la vita, le fatiche, le sofferenze, le
testimonianze e la predicazione.