VI
Domenica
di
Pasqua
– Anno
A
– 25
maggio
2014
Rito
Romano
At
8,5-8.14-17; Sal 65; 1Pt 3,15-18; Gv 14,15-21
|
Rito
Ambrosiano
At
4,8-14; Sal 117; 1Cor 2,12-16; Gv 14,25-29
1)
La libertà è
osservare i
comandamenti.
Il
Vangelo
ci
insegna
che
l’essenziale
è
amare
Cristo
e
custodire
la
sua
parola
per
attuarla,
ed
anche
il
brano
evangelico
di
oggi
mette
a
tema
l’amore:
“Se
mi
amate
...
chi
mi
ama
sarà
amato
dal
Padre
mio
e
anch’io
lo
amerò
e
mi
manifesterò
a
lui”
(Gv
14,
15.21).
L'amore,
che
Gesù
chiede,
si
esprime
nell'osservare
i
suoi
comandamenti1
ed
è
reso
possibile
dall'amore
che
per
primo
Dio
ci
ha
offerto:
“Non
siamo
stati
noi
ad
amare
Dio,
ma
è
Lui
che
ha
amato
noi
e
ha
mandato
il
suo
Figlio
come
vittima
di
espiazione
per
i
nostri
peccati”
(1Gv
4,10).
In
effetti,
quando
ci
si
sente
amati,
siamo
più
facilmente
spinti
ad
amare.
L’amore
è
il
pieno
compimento
della
vocazione
di
ciascuno
di
noi.
E’
il
grande
dono
che
ci
rende
veramente
e
pienamente
“umani”.
E’
di
questo
amore
che
l’umanità,
oggi
più
che
mai,
ha
bisogno,
“perché
solo
l’amore
è
credibile”(Giovanni
Paolo
II).
Ma
come possiamo credere e praticare l’amore? Il Vangelo di oggi ci
offre due suggerimenti.
Il
primo modo è quello di obbedire ai comandamenti di Dio,
riconoscendoli come il contenuto ed il linguaggio dell’amore, che
ci “afferra” teneramente.
Entrare
nell'Amore di Cristo significa essere afferrati da un dinamismo, per
il quale non solo si osserva la Legge come un obbligo, ma la si mette
in pratica come un’esigenza del cuore: chi gusta l'Amore di Cristo
non può che amare e vivere di questo Amore, che è vita. In effetti
non c’è vera vita se non nel vero Amore. Un Amore che ci fa
esistere come figli e vivere da fratelli e sorelle.
“L'essenziale
è invisibile agli occhi”
(Antoine de Saint-Exupery, Il piccolo
Principe) è il segreto che la volpe consegna al
piccolo
Principe
dopo che
quest'ultimo
l’ha
addomesticata
e tra
loro è
nato il
legame
indissolubile
dell'amicizia
vera. Il
lungo e
difficile
cammino che
Gesù ha
compiuto
con i
suoi
discepoli
ha portato
ad un
“addomesticamento”
reciproco,
come quello
che è
narrato nel
libro di
Saint-Exupéry.
Gesù è
legato ai
suoi
discepoli
che chiama
amici, e
loro sono
legati a
lui e
tra di
loro
(“amatevi
gli
uni
gli
altri
come
io
vi
ho
amati”).
Questo
legame
affrontò
la prova
terribile
della morte
e il
mistero
della
resurrezione,
ma
non si
spezzò.
Da parte
di Gesù
c’è
la promessa
che
l'amicizia
non sarebbe
venuta
meno: il
dono dello
Spirito
Santo è
proprio
questo. Ma,
come dice
la volpe
al piccolo
principe,
“non
si
vede
bene
che
con
il
cuore”,
e i
comandamenti
di Dio
educano il
cuore che
così può
vedere.
2)
Liberi
perché
figli
“legati”
al
Padre
dall’amore
obbediente,
e
non
orfani
“slegati”
dall’Amore.
Si
potrebbe
obiettare:
“Come si
può
comandare
l’amore?
E come
l’amore
può avere
dei
comandamenti?
L’amore
non è
libertà?”
Sì,
l’amore
è libertà,
è quella
libertà
che
aderisce
alla verità
e all’amore
lietamente
e
decisamente.
L’amore
conosce
molti
obblighi e
molti
doveri,
ma sono
vissuti
come
espressione
di libertà,
realizzazione
di sé
stessi e
non come
costrizione.
L’amore
non è
fare quel
che mi
pare e
piace,
l’amore
è amare
l’altro,
volere il
bene
dell’altro,
l’amore
è servire,
l’amore
è mettere
in gioco
la propria
vita,
l’amore
è
esattamente
il
contrario
dell’egoismo.
L'amore
non è dare ciò che si ha, ma ciò che si è; allora si vuole anche
ciò che gli altri sono, non le loro cose. Non il dono delle proprie
cose è amore, ma il dono di sé stessi. Non per nulla nel Vangelo
l'amore è identificato all'obbedienza, perché l'obbedienza è il
dono di sé. Se mi amate,
osservate i miei
comandamenti… Chi osserva
i miei comandamenti, quello
è colui che mi
ama, dice Gesù nell'Ultima Cena.
L’amore
di Cristo
è la
legge
suprema che
mi fa
capire se
quell’azione,
piccola o
grande che
sto
facendo, è
vera o
falsa; se
conduce
alla vita
o alla
morte.
L’amore
per Gesù,
la Sua
legge
d’amore
e di
libertà è
la sorgente
di ogni
azione, di
ogni
comando.
Lui ci
ha amati
per primo,
noi
“dobbiamo”
rispondere
a questo
amore, per
essere come
Lui e
vederLo:
“L’amore di Dio
è il primo che
viene comandato, l’amore
del prossimo è il
primo però che si
deve praticare... Amando il
prossimo, rendi puro il
tuo occhio per poter
vedere Dio” (Sant’Agostino d’Ippona,
In Io. Ev. tr.,
17, 8).
La
nostra mente ed il nostro cuore non possono mai stare vuoti, o si
riempiono di una cosa oppure si colmano di un’altra. Anche durante
le nostre attività quotidiane dobbiamo tenere lo sguardo fisso su
Gesù, che vedremo se il nostro cuore e i nostri occhi hanno una
purezza angelica.
A
chi domanda come fare una preghiera continua, suggerisco di fare,
durante la giornata, brevi soste per rimettere ordine, per
raddrizzare la rotta, per liberarsi dai cattivi pensieri e
alimentarsi di nuovo con un versetto del Vangelo, o di un salmo o di
un episodio della vita del Signore.
Per questo la Chiesa ha
stabilito le Liturgia delle “Ore”. Basta poco per smarrirsi, per
perdere il centro di gravità, uscire e distrarsi. Ecco allora i
salmi a intervalli regolari, per ritrovare il centro (Cristo) e
ricordarsi della “presenza” che abita nel profondo del nostro
cuore. Il cuore è la sede dove possiamo riconoscere che Gesù non
ci ha abbandonati e che il legame stabilito con i suoi discepoli non
si è spezzato nonostante il passare dei secoli e le tante fragilità
e limiti dei cristiani dall'inizio fino ai giorni nostri.
Questo
accade nei monasteri dove niente deve essere anteposto all'Ufficio
divino, perché niente deve essere anteposto all'accoglienza di
questa divina “presenza”.
Occorre praticare la custodia del
cuore e dei sensi. Il voler guardare tutto, parlare di tutto,
curiosare su tutto, riempiono la nostra casa di cianfrusaglie, quando
non di cose cattive. Il Signore allora, non può parlarci, entrare in
colloquio di amore con noi.
Questo
accade nella vita della Vergini consacrate nel mondo, che sono
chiamate a vivere una vita monastica dentro la società. A Questo
riguardo il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna: “Emettendo
il santo proposito di
seguire Cristo più da
vicino, [le vergini] dal
Vescovo diocesano sono
consacrate a Dio secondo
il rito liturgico approvato
e, unite in mistiche
nozze a Cristo Figlio
di Dio, si dedicano
al servizio della Chiesa”.
Mediante questo rito
solenne (Consecratio virginum),
“la vergine è costituita
persona consacrata” quale
“segno trascendente dell'amore
della Chiesa verso Cristo,
immagine escatologica della
Sposa celeste e della
vita futura”.Aggiungendosi
alle altre forme di
vita consacrata,
l'ordine delle vergini
stabilisce la donna che
vive nel mondo (o
la monaca) nella preghiera,
nella penitenza, nel
servizio dei fratelli e
nel lavoro apostolico,
secondo lo stato e
i rispettivi carismi
offerti ad ognuna.
Le vergini consacrate
possono associarsi al fine
di mantenere più
fedelmente il loro
proposito.” (CCC, nn 923 e 924).
Queste
donne consacrate mostrano con la loro esistenza donata interamente a
Dio, la profonda verità di questa affermazione di Cristo: “Chi
accoglie i miei
comandamenti e li osserva,
questi è colui che
mi ama. Chi ama
me sarà amato dal
Padre mio e anch’io
lo amerò e mi
manifesterò a lui” (Gv 14,
21).
La
conseguenza
dell'amore
e
dell'obbedienza
a
Gesù
è
il
dono
del
Paraclito2,
inviato
dal
Padre
su
richiesta
orante
del
Figlio
Gesù.
Non
siamo
e
non
saremo
mai
orfani,
Gesù
ce
lo
assicura
nel
Vangelo
di
oggi.
L’amore
con
il
quale
il
Signore
Gesù
ci
ama
si
traduce
nella
sua
preghiera
costante
che
ci
ottiene,
istante
dopo
istante,
il
dono
del
Paraclito.
E’
un
nome
che
designa
l’avvocato,
colui
che
assiste
e
soccorre
nel
processo
per
difendere
contro
l'accusatore.
E
Satana3
significa
appunto
accusatore.
Lo
Spirito
Santo
è
chiamato
presso
di
noi,
anche
oggi,
in
questo
istante,
e
in
ogni
secondo
della
nostra
vita,
per
difenderci,
per
ricordarci
e
annunciarci
la
Verità,
che
siamo
figli
di
Dio
nel
Figlio
Gesù.
Di
fronte alle
accuse di
infedeltà,
di
ipocrisia,
di
incostanza,
di fronte
al
disprezzo
di noi
stessi cui
ci spinge
l'accusatore,
il
Paraclito
ci
con-sola,
ci colma
dell'amore
del
Signore,
compie in
noi ogni
comandamento,
lo
custodisce
e lo
accoglie
sprigionando
in noi
l'amore a
Cristo.
E’ vero:
lo Spirito
Santo è
l’amore,
con il
quale
amiamo il
Signore, lo
stesso
amore che
unisce il
Padre ed
il Figlio,
e ci
fa intimi
della loro
intimità.
Nello
Spirito
Santo siamo
dimora di
Dio, e
la nostra
vita,
tutta, è
trasformata
in una
cattedrale
meravigliosa
dove ogni
uomo può
riconoscere
la presenza
amorevole e
misericordiosa
di Dio.
1
Faccio
notare
che
questa
indicazione
del
v
15
è
ripresa
ai
vv.
21
e
26,
anche
se
in
forma
diversa.
2
Paraclito
deriva
dal
greco
παράκλητος
(paraclētus)
ossia
chiamato
presso,
invocato
accanto.
Il
Paràclito
o
Avvocato
è
colui
che
è
vicino,
che
sta
dalla
mia
parte,
prende
le
mie
difese,
intercede
per
me,
quindi
il
Consolatore,
che
è
uno
degli
appellativi
dello
Spirito
Santo.
LETTURA
PATRISTICA
Sant’Agostino
d’Ippona (354 -430)
Commento
al Vangelo di San Giovanni
OMELIA
74
Il
dono di un altro Paraclito.
Chi
ama è segno che ha lo Spirito Santo, e quanto più amerà tanto più
lo avrà, affinché possa amare sempre di più.
1.
Abbiamo ascoltato, o
fratelli, mentre veniva
letto il Vangelo, il
Signore che dice: Se
mi amate, osservate i
miei comandamenti; ed io
pregherò il Padre, ed
egli vi darà un
altro Paraclito, il quale
resti con voi per
sempre; lo Spirito di
verità che il mondo
non può ricevere perché
non lo vede e
non lo conosce; ma
voi lo conoscete, perché
rimane tra voi e
sarà in voi (Gv
14, 15-17). Molte sono
le cose da approfondire
in queste poche parole
del Signore; ma sarebbe
troppo cercare ogni cosa
che qui si può
trovare, o pretendere di
trovare ogni cosa che
qui si può cercare.
Tuttavia, prestando attenzione
a ciò che noi
dobbiamo dire e che
voi dovete ascoltare,
secondo quanto il Signore
vorrà concederci e secondo
la nostra e vostra
capacità, ricevete per
mezzo nostro, o carissimi,
ciò che noi possiamo
darvi, e chiedete a
lui ciò che noi
non possiamo darvi. Cristo
promise agli Apostoli lo
Spirito Paraclito; notiamo
però in che termini
lo ha promesso. Se
mi amate - egli
dice - osservate i
miei comandamenti; ed io
pregherò il Padre, ed
egli vi darà un
altro Paraclito, il quale
resti con voi per
sempre: lo Spirito di
verità. Senza dubbio si
tratta dello Spirito Santo,
una persona della Trinità,
che la fede cattolica
riconosce consustanziale e coeterno
al Padre e al
Figlio. E' di questo
Spirito che l'Apostolo
dice: L'amore di Dio
è stato riversato nei
nostri cuori per mezzo
dello Spirito Santo che
ci è stato donato
(Rm 5, 5). Come
può dunque il Signore,
riferendosi allo Spirito
Santo, dire: Se mi
amate, osservate i miei
comandamenti; ed io
pregherò il Padre, ed
egli vi darà un
altro Paraclito, dal
momento che senza questo
Spirito non possiamo né
amare Dio, né osservare
i suoi comandamenti? Come
possiamo amare Dio per
ricevere lo Spirito, se
senza lo Spirito non
possiamo assolutamente amare
Dio? E come possiamo
osservare i comandamenti di
Cristo per ricevere lo
Spirito, se senza questo
dono non possiamo
osservarli? E' forse da
pensare che prima c'è
in noi la carità,
che ci consente di
amare Cristo, e, amandolo
e osservando i suoi
comandamenti, si può
meritare il dono dello
Spirito Santo così che
la carità (non di
Cristo che già era
presente, ma di Dio
Padre), si riversi nei
nostri cuori per mezzo
dello Spirito Santo che
ci è stato donato?
Questa è un'interpretazione
errata. Infatti, chi crede
di amare il Figlio
e non ama il
Padre, significa che non
ama il Figlio, ma
una invenzione della sua
fantasia. Perciò l'Apostolo
dichiara: Nessuno può
dire: Gesù è il
Signore, se non nello
Spirito Santo (1 Cor
12, 3). Chi può
dire: Gesù è il
Signore, nel senso che
intende l'Apostolo, se non
chi lo ama? Molti
infatti riconoscono Gesù a
parole, mentre col cuore
e con le opere
lo rinnegano; come appunto
dice l'Apostolo: Confessano
sì di conoscere Dio,
ma con le opere
lo negano (Tt 1,
16). Se con le
opere si può negare
Dio, è altrettanto vero
che è con i
fatti che lo si
confessa. E così nessuno
può dire: Gesù è
il Signore - con
l'animo, con le parole,
con i fatti, con
il cuore, con la
bocca, con le opere
- se non nello
Spirito Santo; e nessuno
lo dice in questo
senso se non chi
lo ama. Ora, se
gli Apostoli dicevano: Gesù
è il Signore, e
non lo dicevano in
modo finto come quelli
che lo confessano con
la bocca e lo
negano con il cuore
e con le opere,
se insomma lo dicevano
in modo autentico,
sicuramente lo amavano. E
come lo amavano, se
non nello Spirito Santo?
E tuttavia il Signore
ordina loro, prima di
tutto di amarlo e
di osservare i suoi
comandamenti, per poter
ricevere lo Spirito Santo,
senza del quale essi
di sicuro non avrebbero
potuto né amarlo né
osservare i suoi
comandamenti.
[Viene
promesso lo Spirito Santo anche a chi lo ha.]
2.
Dobbiamo dunque concludere
che chi ama lo
Spirito Santo, e, avendolo,
merita di averlo con
maggiore abbondanza, e,
avendolo con maggiore
abbondanza, riesce ad amare
di più. I discepoli
avevano già lo Spirito
Santo, che il Signore
prometteva loro e senza
del quale non avrebbero
potuto riconoscerlo come
Signore; e tuttavia non
lo avevano con quella
pienezza che il Signore
prometteva. Cioè, lo
avevano e insieme non
lo avevano, nel senso
che ancora non lo
avevano con quella pienezza
con cui dovevano averlo.
Lo avevano in misura
limitata, e doveva essere
loro donato più
abbondantemente. Lo possedevano
in modo nascosto, e
dovevano riceverlo in modo
manifesto; perché il dono
maggiore dello Spirito
Santo consisteva anche in
una coscienza più viva
di esso. Parlando di
questo dono, l'Apostolo
dice: Ora, noi non
abbiamo ricevuto lo spirito
del mondo ma lo
Spirito che viene da
Dio, affinché possiamo
conoscere le cose che
da Dio ci sono
state donate (1 Cor
2, 12). E non
una volta, ma ben
due volte il Signore
elargì agli Apostoli in
modo manifesto il dono
dello Spirito Santo. Appena
risorto dai morti, infatti,
alitò su di loro
e disse: Ricevete lo
Spirito Santo (Gv 20,
22). E per averlo
dato allora, forse che
non inviò anche dopo
lo Spirito promesso? O
non era il medesimo
Spirito quello che Cristo
alitò su di loro
e poi ancora inviò
ad essi dal cielo
(cf. At 2, 4)?
Qui si pone un'altra
domanda: perché questo
dono fu elargito in
modo manifesto due volte?
Forse questo dono fu
elargito visibilmente due
volte perché due sono
i precetti dell'amore:
l'amore di Dio e
quello del prossimo, e
per sottolineare che
l'amore dipende dallo
Spirito Santo. Se bisogna
cercare un altro motivo,
non è adesso il
momento, dato che non
possiamo tirare troppo in
lungo questo discorso.
L'importante è tener
presente che senza lo
Spirito Santo noi non
possiamo né amare Cristo
né osservare i suoi
comandamenti, e che tanto
meno possiamo farlo quanto
meno abbiamo di Spirito
Santo, mentre tanto più
possiamo farlo quanto
maggiore è l'abbondanza
che ne abbiamo. Non
è quindi senza ragione
che lo Spirito Santo
viene promesso, non solo
a chi non lo
ha, ma anche a
chi già lo possiede:
a chi non lo
ha perché lo abbia,
a chi già lo
possiede perché lo
possieda in misura più
abbondante. Poiché se non
si potesse possedere lo
Spirito Santo in misura
più o meno abbondante,
il profeta Eliseo non
avrebbe detto al profeta
Elia: Lo Spirito che
è in te, sia
doppio in me (2
Sam 2, 9).
3.
Quando Giovanni Battista
disse: Iddio dona lo
Spirito senza misura (Gv
3, 34), parlava del
Figlio di Dio, al
quale appunto lo Spirito
è dato senza misura,
perché in lui abita
tutta la pienezza della
divinità (cf. Col 2,
9). Non potrebbe infatti
l'uomo Cristo Gesù essere
mediatore tra Dio e
gli uomini senza la
grazia dello Spirito Santo
(cf. 1 Tim 2,
5). Infatti egli stesso
afferma che in lui
si è compiuta la
profezia: Lo Spirito del
Signore è sopra di
me; per questo mi
ha unto, mi ha
mandato a predicare ai
poveri la buona novella
(Lc 4, 18-21). Che
l'Unigenito sia uguale al
Padre, non è grazia
ma natura; il fatto
invece che l'uomo sia
stato assunto nell'unità
della persona dell'Unigenito,
è grazia non natura,
secondo la testimonianza
del Vangelo che dice:
Intanto il bambino
cresceva, si fortificava ed
era pieno di sapienza,
e la grazia di
Dio era in lui
(Lc 2, 40). Agli
altri, invece, lo Spirito
viene dato con misura,
e questa misura aumenta,
finché si compie per
ciascuno, secondo la sua
capacità, la misura
propria della sua
perfezione. Donde l'esortazione
dell'Apostolo: Non stimatevi
più di quello che
è conveniente stimarsi, ma
stimatevi in maniera da
sentire saggiamente di voi,
secondo la misura di
fede che Dio ha
distribuito a ciascuno (Rm
12, 3). Lo Spirito
infatti non viene diviso;
sono i carismi che
vengono divisi come sta
scritto: Vi sono diversità
di carismi, ma identico
è lo Spirito (1
Cor 12, 4).
4.
Dicendo poi: Io pregherò
il Padre, ed egli
vi darà un altro
Paraclito, il Signore
ci fa capire che
egli stesso è Paraclito.
Paraclito corrisponde al
latino avvocato; e Giovanni
dice di Cristo: Abbiamo,
come avvocato presso il
Padre, Gesù Cristo giusto
(1 Io 2, 16).
In questo senso dice
che il mondo non
può ricevere lo Spirito
Santo, così come sta
scritto: Il desiderio della
carne è inimicizia contro
di Dio: esso infatti
non si assoggetta alla
legge di Dio né
lo potrebbe (Rm 8,
7). Come a dire
che l'ingiustizia non può
essere giusta. Per mondo
qui si intende coloro
che amano il mondo
di un amore che
non proviene dal Padre.
E perciò l'amore di
Dio, riversato nei nostri
cuori per mezzo dello
Spirito Santo che ci
è stato donato, è
l'opposto dell'amore di
questo mondo, che ci
sforziamo di ridurre e
di estinguere in noi.
Il mondo quindi non
lo può ricevere perché
non lo vede né
conosce. L'amore mondano,
infatti, non possiede occhi
spirituali, senza dei quali
non è possibile vedere
lo Spirito Santo, che
è invisibile agli occhi
della carne.
5.
Ma voi - dice
il Signore - lo
conoscerete perché rimarrà
tra voi e sarà
in voi. Sarà in
loro per rimanervi, non
rimarrà per esservi;
poiché per rimanere in
un luogo, prima bisogna
esserci. E affinché non
credessero che l'espressione:
rimarrà presso di voi,
volesse significare una
permanenza simile a quella
di un ospite in
una casa, spiegò il
senso delle parole: rimarrà
presso di voi, aggiungendo:
e sarà in voi.
Lo si potrà dunque
vedere in modo invisibile,
e non potremmo conoscerlo
se non fosse in
noi. E' così che
noi vediamo in noi
la nostra coscienza; noi
possiamo vedere la faccia
di un altro, ma
non possiamo vedere la
nostra; mentre possiamo
vedere la nostra coscienza
e non possiamo vedere
quella di un altro.
La coscienza, però, non
esiste fuori di noi,
mentre lo Spirito Santo
può esistere anche senza
di noi; e che
sia anche in noi,
è un dono. E
se non è in
noi, non possiamo vederlo
e conoscerlo così come
deve essere veduto e
conosciuto.
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