Rito
Romano
At
2,42-47; Sal 117; 1 Pt 1, 3-9; Gv 20, 19-31
Rito
Ambrosiano
At
4,8-24; Sal 117; Col 2,8-15; Gv 20,19-31
1)
Il costato trafitto: sorgente di luce e di misericordia.
Questa
domenica, che tradizionalmente era chiamata “Domenica in Albis”,
dal 2000 è stata proclamata Festa della Misericordia da Giovanni
Paolo II. Questo Santo Papa ha così voluto evidenziare lo stretto
legame che esiste tra il Mistero di Pasqua e la Festa della
misericordia: “L’opera della Redenzione è collegata con
l’opera della Misericordia” (Sr Faustina).
E’
vero che, secondo un’antica tradizione, l’odierna domenica aveva
il nome di Domenica “in Albis”, perché in questo giorno, nei
primi secoli della Chiesa, i battezzati della Veglia pasquale
indossavano ancora una volta la loro veste bianca, simbolo della luce
che il Signore aveva loro donato nel Battesimo. In seguito avrebbero
poi deposto la veste bianca1,
ma la nuova luminosità che era stata loro comunicata doveva da loro
essere introdotta nella loro quotidianità. La fiamma delicata della
verità e del bene, che il Signore aveva acceso in loro, doveva da
loro essere custodite diligentemente per portare così in questo
nostro mondo qualcosa della luminosità e della bontà di Dio.
E’
altrettanto vero che il battesimo2
è il sacramento di misericordia, con il quale Dio non solamente ci
perdona il peccato originale ma ci incorpora a Cristo e ci rende
Tempio dello Spirito Santo. Questo sacramento “sgorga” dal
costato trafitto di Cristo, “sorgente di misericordia, fontana
di perdono” (Simeone il Nuovo Teologo,
Inno XLV) e il Vangelo di oggi
ci mostra l’Apostolo Tommaso che ha il dono della fede mettendo il
dito in questo costato, quasi per toccare il Cuore di Cristo
compassionevole da cui escono il sangue
e l’acqua della grazia: la tenera
misericordia di Dio.
Dio
non può tradire il suo nome: Amore, che si dona e che perdona. Con
il Mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo una nuova
creazione è fatta, e come dal costato di Adamo dormiente da Dio
Padre è stata formata Eva, dal costato di Cristo dormiente sulla
Croce Dio Padre trasse la Chiesa3.
La
Chiesa è nata dal cuore trafitto di Cristo4
e San Tommaso, perdonato della sua incredulità, ebbe l’impegnativo
dono di mettere la sua mano nel costato e di arrivare vicino al Cuore
del Crocifisso risorto. Toccò l’uomo e riconobbe Dio, che gli
manifestava ancora una volta la Sua misericordia.
A
noi come a San Tommaso, Gesù dice: “Metti qua il tuo dito,
stendi la tua mano, tocca!” A Tommaso bastò quel gesto. Anche
a noi può e deve bastare sapere e fare esperienza che il prossimo,
il fratello e la sorella, colui che tende le mani verso di te, voce
che non ti giudica ma ti incoraggia e ti chiama, corpo offerto ai
dubbi dei suoi amici, è Gesù.
Non
poté sbagliarsi. C'era un foro nelle mani di Cristo, c’era il
colpo di lancia nel Suo fianco: sono i segni dell'amore, che Gesù
non nasconde, anzi, quasi esibisce: il foro dei chiodi, lo squarcio
nel costato.
Guardiamo
frequentemente il Crocifisso che c’è in ogni chiesa e, spero, in
ogni nostra casa, con gli occhi vedremo piaghe che non ci saremmo
aspettati, con le mani del cuore potremo anche noi toccare e crede.
Forse,
pensavamo che la Risurrezione avrebbe rimarginato per sempre le
ferite del Venerdì santo. E invece no. L'amore ha scritto il suo
racconto sul corpo di Gesù con l'alfabeto delle ferite. Indelebili
ormai, proprio come l'amore. Ma dalle piaghe aperte non sgorga più
sangue, bensì luce e misericordia. E nella mano di Tommaso, guidata
da Cristo verso il suo costato, ci sono tutte le nostre mani.
2)
Dalla paura alla gioia.
“Le
porte erano sprangate per paura dei Giudei” (Gv 20, 19).
Paura improbabile, ma quasi tutte le paure sono improbabili, però ci
sono e sono realissime. Queste paure che ti chiudono totalmente agli
altri, che fanno buio nell’esistenza e che fanno del loro cuore e
del cenacolo un sepolcro; il cenacolo è il luogo dove Gesù aveva
dato il pane, dove adesso entrerà, ormai la loro stanza è un
sepolcro, vivono di paura, di paura della morte. Come la pietra che
chiudeva il Sepolcro non impedì a Cristo di uscire e portare la
Luce, le porte chiuse del Cenacolo non Gli impediscono di entrare e
di rischiarare il luogo ed i cuori dei suoi discepoli. Il Signore è
risorto non c'è più ragione di avere alcuna paura. Persino la morte
è vinta: di che cosa avere allora paura? “Si rallegrarono al
vedere il Signore”: i discepoli passano dalla paura alla gioia.
La gioia, dono del Signore risorto, è una partecipazione alla sua
stessa gioia.
Non
ci sono due gioie differenti, una per Dio e una per l'uomo. In tutte
e due i casi si tratta di una gioia che affonda le sue radici
nell'amore. Questa gioia non sta nell'assenza della Croce, ma nel
comprendere che il Crocifisso è risorto. La fede permette una
comprensione vera della Croce e del dramma dell'uomo.
Insieme
con la gioia c’è un altro dono da parte del Risorto: la pace.
Ricordiamo però che pace e gioia sono “doni” di Cristo e, al
tempo stesso, “tracce” per riconoscerLo. Ma occorre infrangere
l’attaccamento a se stessi. La pace e la gioia fioriscono soltanto
nella libertà e nel dono di sé.
L'offerta
di se stessi a Dio, ha recentemente5
spiegato Papa Francesco, “riguarda ogni cristiano, perché tutti
siamo consacrati a Lui mediante il Battesimo. Tutti siamo chiamati ad
offrirci al Padre con Gesù e come Gesù, facendo della nostra vita
un dono generoso, nella famiglia, nel lavoro, nel servizio alla
Chiesa, nelle opere di misericordia”. Tuttavia, “tale
consacrazione è vissuta in modo particolare dai religiosi, dai
monaci, dai laici consacrati, che con la professione dei voti
appartengono a Dio in modo pieno ed esclusivo. Questa appartenenza al
Signore permette a quanti la vivono in modo autentico di offrire una
testimonianza speciale al Vangelo del Regno di Dio. Totalmente
consacrati a Dio, sono totalmente consegnati ai fratelli, per portare
la luce di Cristo là dove più fitte sono le tenebre e per
diffondere la sua speranza nei cuori sfiduciati”.
Le Vergini consacrate sono segno di Dio nei diversi ambienti di vita,
sono lievito per la crescita di una società più giusta e fraterna,
sono profezia di condivisione con i piccoli e i poveri. Così intesa
e vissuta, la vita consacrata ci appare proprio come essa è
realmente: è un dono di Dio, un dono di Dio alla Chiesa, un dono di
Dio al suo popolo.
3)
Il perdono come missione.
L’incontro
di misericordia di Cristo con Tommaso fu possibile perché Gesù
stava in mezzo ai discepoli. Non solo Tommaso, ma lui e la comunità
riconoscono il Signore dalle sue ferite, che restano sempre aperte
per accogliere tutti. Da esse scaturisce la gioia di chi è amato e
l’invito ad amare come siamo amati. La missione della chiesa è la
stessa di Gesù, inviato dal Padre verso i fratelli. Per questo siamo
creature nuove, vivificate dal suo Spirito, che è amore, dono e
perdono da offrire a tutti. Se perdoniamo, siamo come Gesù Cristo ed
avremo la sua pace: “Pace a voi”.
Ma
è una pace diversa rispetto a quella del mondo. Diversa perché dono
di Dio e perché va alla radice, là dove l’uomo si decide per la
menzogna o per la verità. Diversa perché è una pace che sa pagare
il prezzo della giustizia. La pace di Gesù non promette di eliminare
la Croce - né nella vita del cristiano, né nella storia del mondo -
ma rende certi della sua vittoria: “Io ho vinto il mondo”
(Gv 16,33).
Al
dono della pace Gesù aggiunge quello dello Spirito: “Ricevete
lo Spirito Santo”: lo Spirito è il testimone di Gesù. Davanti
all’ostilità che incontreranno, i discepoli saranno esposti al
dubbio, allo scandalo, allo scoraggiamento: lo Spirito difenderà
Gesù nel loro cuore, li renderà sicuri e saldi. Anche a noi,
discepoli di oggi, lo Spirito offre questa certezza e ci da la forza
di portare nel mondo il perdono di Dio.
La
Chiesa nel Cenacolo è nata dalla contemplazione dell’amore del
Cristo Crocifisso e Risorto ed è inviata a testimoniare e
condividere questo amore che perdona.
2
“Il santo
Battesimo è il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo
d'ingresso alla
vita nello Spirito («
vitae spiritualis ianua »), e la porta che apre l'accesso agli
altri sacramenti. Mediante il Battesimo siamo liberati dal peccato e
rigenerati come figli di Dio, diventiamo membra di Cristo; siamo
incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione:
«
Baptismus est sacramentum regenerationis per aquam in verbo – Il
Battesimo può definirsi il sacramento della rigenerazione cristiana
mediante l'acqua e la parola ».”(Catechismo
della Chiesa Cattolica,
n. 1213).
Lettura
Patristica
Sant’Agostino
d’Ippona
Dal
Commento alla Prima Lettera di S. Giovanni
(In
Io. Ep. tr. 1, 3)
Tommaso
toccò l’uomo e riconobbe Dio!
“Noi - dice Giovanni -
siamo testimoni e vi annunciamo la vita eterna che era presso il
Padre e si è manifestata in noi (1 Gv 1, 2-3), cioè
in mezzo a noi; più chiaramente si direbbe: manifestata a noi.
Le cose dunque che abbiamo visto e sentito le annunciamo a voi.
Faccia bene attenzione la vostra Carità: Le cose che
abbiamo visto e udito noi vi annunciamo. Essi videro presente
nella carne il Signore stesso, da quella bocca raccolsero le sue
parole e ce le hanno trasmesse. Perciò anche noi abbiamo sentito,
sebbene non abbiamo visto. Siamo forse meno felici di quelli che
videro ed udirono? Ma perché allora aggiunse: Affinché anche voi
abbiate parte insieme con noi (1 Gv 1, 3-4)? Essi
videro, noi no, e tuttavia ci troviamo insieme; la ragione è
questa, che abbiamo comune tra noi la fede. Ci fu un tale che, avendo
visto, non credette e volle palpare per arrivare in questo modo alla
fede. Disse costui: Io non crederò se non metterò le mie
dita nel segno dei chiodi e non toccherò le sue cicatrici. Il
Signore permise che le mani degli uomini lo palpassero per un
poco, lui che sempre si offre allo sguardo degli angeli. Il discepolo
dunque palpò ed esclamò: Signor mio e Dio mio. Egli toccò
l'uomo e riconobbe Dio. Il Signore allora, per consolare noi che non
possiamo stringerlo con le mani, essendo egli già in cielo, ma
possiamo raggiungerlo con la fede, gli disse: Tu hai
creduto, perché hai veduto: beati quelli che non vedono e credono
(Gv 20, 25-29). In questo passo siamo noi stessi ritratti
e designati. S'avveri dunque in noi quella beatitudine che il Signore
ha preannunziato per le future generazioni; restiamo saldamente
attaccati a ciò che non vediamo, perché essi che videro ce lo
attestano. Affinché - afferma Giovanni - anche
voi abbiate parte con noi. Che c'è di straordinario a far
parte della società degli uomini? Aspetta ad obiettare; considera
ciò che egli aggiunge: E la nostra vita sia in comune con Dio
Padre e Gesù Cristo suo Figlio. Queste cose ve le abbiamo scritte,
perché sia piena la vostra gioia (1 Gv 1, 3-4). Proprio
nella vita in comune, proprio nella carità e nella unità, Giovanni
afferma che c'è la pienezza della gioia.”
In breve...
Vedeva
e toccava l’uomo, ma confessava Dio che non vedeva e non toccava.
Attraverso ciò che vedeva e toccava, rimosso ormai ogni dubbio,
credette in ciò che non vedeva. (In Io. Ev. tr. 121, 5)