Rito
Romano
– III
Domenica
di
Quaresima
– Anno
A
– 23
marzo
2014
Es
17,3-7; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42
La
sete
di
Gesù
e
quella
della
Samaritana.
Rito
Ambrosiano
– III
Domenica
di
Quaresima
Es
34,1-10; Sal 105; Gal 3,6-14; Gv 8,31-59
Domenica
di
Abramo.
1)
Un
Povero
che
chiede
per
poter
donare.
Nel
suo
esodo
Gesù
passa
per
la
Samaria
e
si
ferma
al
pozzo
di
Giacobbe
nei
pressi
della
città
di
Sicar.
Si
siede
su
muretto
che
cinge
il
pozzo
perché
è
stanco
di
camminare,
ha
sete,
ma
è
povero
e
non
ha
mezzi
per
attingere
l’acqua.
Aspetta
che
venga
qualcuno
che
possa
attingere
l’acqua
per
lui
e
dissetarlo,
ma
la
sua
umile
richiesta
è
un
“pretesto”
per
poter
donare
se
stesso.
Cristo
è
così
assetato
di
noi
che
non
esita
a
chiedere
dell’acqua
per
il
suo
corpo
e
così
poter
offrire
se
stesso
come
sorgente
di
acqua
che
disseta
per
sempre,
perché
sa
che
quanti
vanno
al
pozzo
a
prender
l'acqua
hanno
sete
di
un'altra
acqua,
anche
se
credono
di
non
averne
bisogno.
Cristo
ha
sete,
ma
la
sua
non
è
solo
una
sete
fisica,
è
spirituale:
ha
sete
di
noi,
che
oggi
siamo
rappresentati
dalla
Samaritana.
Gesù
si
fa
buon
Samaritano
alla
samaritana
e,
proponendo
un’acqua
che
disseta
anche
il
cuore,
la
invita
alla
conversione,.
In
fondo
che
cosa
significa
“conversione”?
Non
è
solo
un
atto
della
volontà,
ma
è
una
risposta
all'Amore
di
Dio
che
si
è
fatto
strada
nel
nostro
spesso
complicato,
confuso
o
disordinato
modo
di
vivere,
che
ci
rende
assetati
di
tutto.
Chiediamo
a
Cristo
di
versare
anche
nei
nostri
cuori
il
vero
amore
così
da
avere
un
costante
desiderio
di
Lui
e
il
deserto
della
vita
fiorirà,
e
saremo
nelle
sue
mani
amorose
e
salde,
sempre.
Il
cammino
di
conversione,
che
il
cuore
della
donna
di
Samaria
percorre,
non
è
senza
resistenze.
La
ricerca
di
Dio
da
parte
dell'essere
umano
corre
sempre
il
pericolo
di
rinchiudersi
in
se
stessa,
è
sempre
minacciata,
quindi
l’evangelista
Giovanni
mette
a
nudo
le
radici
di
questa
chiusura
su
se
stessi,
mettendo
in
evidenza
che,
all’inizio,
la
Samaritana
non
capisce.
In
effetti
quando
si
lascia
andare
al
suo
istinto
e
ad
alla sua reattività,
l’uomo
non
è
più
capace
né
di
capire
la
parola
di
Dio,
né
di
interpretare
correttamente
le
proprie
attese.
Il
cuore
ha
sete
e
come
una
cerva
anela
all’acqua,
ma
la
cerca
in
modo
sbagliato,
con
delle
pretese
e
dei
pregiudizi.
La
donna
intuisce
qualcosa
del
dono
di
cui
Cristo
parla
(l'acqua),
ma
lo
interpreta
sul
metro
delle
proprie
preoccupazioni:
“Signore,
gli
disse
la
donna,
dammi
di
quest'acqua,
perché
non
abbia
più
sete
e
non
continui
a
venire
qui
ad
attingere
acqua”1.
La
tentazione
di
chi
cerca
Dio
è
sempre
di
rinchiudere
il
dono
di
Dio
dentro
la
propria
attesa.
Ma
Dio
non
si
lascia
rinchiudere
nelle
attese
dell'uomo:
le
dilata.
La
donna
cerca
di
situare
Gesù
nelle
categorie
religiose
tradizionali,
ma
Gesù
non
esita
a
mostrare
la
loro
inadeguatezza.
Per
due
volte
– a
proposito
del
dono
dell'acqua
e
del
luogo
del
culto
– la
donna
evoca
la
grandezza
dei
patriarchi
2),
evoca
il
passato:
la
sua
ricerca
è
chiusa
nel
passato.
Gesù
la
costringe
a
guardare
al
futuro
e
a
prendere
coscienza
che
nel
mondo
è
arrivata
la
novità
e
che
questa
rinnova
il
problema
dalle
fondamenta.
La
novità
non
sta
in
qualcosa
che
disseta
il
corpo
arido,
ma
in
Qualcuno
che
disseta
il
cuore
ricolmandolo,
Già
san
Paolo
aveva
compreso
che
Gesù
è
“l'acqua
che
disseta”,
quando
affermò:
“E
la
Roccia
era
Cristo”3,
in
riferimento
al
testo
della
prima
lettura
di
oggi.
Alle
volte
possiamo
forse
sentirci
messi
alla
prova
dall'arsura
della
sete,
ma
Gesù
ci
sarà
sempre
vicino
con
l'acqua
viva
del
suo
amore.
L'acqua
che
è
Cristo
stesso
non
soltanto
disseta,
ma
purifica
e
dà
vita.
Infatti,
dal
costato
aperto
di
Cristo
sono
sgorgati
acqua
e
sangue,
simbolo
dei
sacramenti
del
battesimo
e
dell'eucaristia.
Ma
non
è
sufficiente
essere
dissetati,
purificati,
vivificati
dall'Acqua
di
Cristo.
Quest'acqua
non
è
soltanto
per
noi,
è
per
tutti.
La
Samaritana
lo
ha
capito.
Ha
lasciato
per
qualche
istante
Gesù
ed
è
andata
in
città,
facendosi
“missionaria”
verso
i
suoi
concittadini.
L’umanità
intera
ha
bisogno
di
essere
dissetata
e
lavata
da
quest'acqua
di
Cristo.
E la
donna,
giunta
al
punto
in
cui
Gesù
intendeva
condurla,
lascia
le
sue
precedenti
preoccupazioni
e
corre
in
città
(cf.
Gv
4,28).
Il
suo
incontro
con
Cristo
si
fa
comunitario,
il
suo
cammino
diventa
missionario.
Questa
ricerca e questo incontro della donna di Samaria e dei suoi
concittadini è,
ovviamente,
un'immagine
del
cammino
di
ogni
uomo
verso
Dio.
2)
La
sete
di
Gesù
Maestro.
Il
Vangelo ci
parla
di
un
ambiente
“scolastico”
inconsueto,
un
pozzo,
e
un
maestro
inatteso:
Dio.
Un
Maestro
che
oggi
sceglie
come
cattedra
un
muretto,
per
insegnare
non
dall’alto
ma
all’altezza
del
cuore,
e
come
ascoltatore
una
donna.
Di
questo
fatto
se
ne
stupirono
per
primi
i
discepoli,
sia
perché
era
samaritana4
e
sia
perché
era
donna
e
non
sapevano
ancora
che
la
Chiesa
di
Cristo
avrebbe
posto
una
Donna
quale
mediatrice
tra
i
figli
e
il
Figlio:
la
Madonna,
che
riunì
in
sé,
unica
fra
tutte,
le
due
supreme
perfezioni
della
donna:
la
Vergine
e
la
Madre
e che
soffrì
per
noi
dalla
notte
della
nascita
a
quella
della
morte
di
Gesù,
fratello
nostro.
Un
Maestro
che
per
fare
attingere
la
verità
dal
suo
cuore,
chiede
da
bere.
Nel
Vangelo
solo
due
volte
è
detto
che
Gesù
ha
sete:
in
questo
incontro
con
la
samaritana
e
sulla
Croce.
E
dalla
Croce
continua
a
dire
“ho
sete”,
rivolgendosi
a
ciascuno
di
noi,
perché
di
ognuno
di
noi
ha
sete
e
ci
dice:
“Conosco
il
tuo
cuore,
la
tua
solitudine
e
il
tuo
dolore,
le
reazioni,
i
giudizi
e
le
umiliazioni.
Io
ho
sopportato
tutto
questo
prima
di te.
Ho
portato
su
di
Me
tutto
questo
per
te
affinché
tu
possa
dividere
anche
la
Mia
potenza
e
vittoria.
Conosco
specialmente
il
tuo
bisogno
di
amore
e
di
bere
alla
fonte
dell'amore
e
della
consolazione.
Quante
volte
la
tua
sete
è
stata
vana;
dissetandoti
in
modo
egoistico,
riempiendo
la
tua
sete
di
piaceri
illusori,
cioè
la
vacuità
ancora
più
grande
del
peccato!
Hai
sete
di
amore?
“Venite
a
Me
o
voi
assetati...”
(Gv.
7,37).
Io
vi
darò
da
bere
fino
a
pienezza.
Hai
sete
di
essere
amato?
Ti
amo
più
di
quanto
puoi
immaginare,
al
punto
di
morire
in
croce
per
te.
Ho
sete
del
tuo
amore.
Sì,
questo
è
il
solo
modo
di
dirti
il
Mio
amore:
HO
SETE
DI
TE.
Ho
sete
di
amarti
e
di
essere
amato.
Per
dimostrarti
quanto
sei
prezioso
per
Me!
HO
SETE
DI
TE.
Non
dubitare
mai
della
Mia
Grazia,
del
mio
desiderio
di
perdonarti,
di
benedirti
e
di
vivere
la
mia
vita
in
te.
HO
SETE
DI
TE.
Aprimi,
vieni
a
me,
sii
assetato
di
me,
offrimi
la
tua
vita.
E
io
ti
dimostrerò
quanto
conti
per
il
Mio
cuore”.5
Gesù
Cristo,
Figlio
di
Dio,
ha
sete
della
nostra
sete
(cfr
San
Gregorio
di
Nazianzo),
ha
desiderio
del
nostro
desiderio.
Ha
bisogno
di
noi,
ha
sete
di
fratelli.
La
nostra
domanda
è
risposta
alla
sete
di
Cristo.
Non
è
poi
così
paradossale
affermare
che
la
nostra
preghiera
di
domanda
è
una
risposta.
E’
un
dato
di
fatto.
Con
la
forza
dell’amore
siamo
chiamati
a
rispondere
al
lamento
del
Dio
vivente:
“Essi
hanno
abbandonato
me,
sorgente
d'acqua
viva,
per
scavarsi
cisterne,
cisterne
screpolate”6,
risposta
di
fede
alla
promessa
gratuita
di
salvezza7,
risposta
d'amore
alla
sete
del
Figlio
unigenito8.
A
tutti
si
rinnova
l’invito
di
Dio:
“O
voi
tutti
assetati
venite
all'acqua,
chi
non
ha
denaro
venga
ugualmente;
comprate
e
mangiate
senza
denaro
e
senza
spesa,
vino
e
latte”9,
“Chi
ha
sete
venga,
chi
vuole
prenda
in
dono
dell'acqua
della
vita”10.
E’
un
chiaro
invito
di
Gesù
Cristo
a
tutti
gli
uomini.
E’
un
incoraggiamento
a
“bere”
dalla
fonte
eterna:
l'unica
che
toglie
la
sete
del
cuore
e
della
mente,
che
guarisce
l’anima
e
il
corpo,
l’unica
che
dona
salvezza,
la
sola
che
dà
la
felicità
che
dura
per
sempre.
Ma
teniamo
ben
presente
che
questa
acqua
scaturisce
anche
da
coloro
che
hanno
creduto
in
Lui
come
Salvatore,
i
quali,
simili
a
vasi
di
terra,
sono
chiamati
ad
essere
ripieni
dell'Acqua
della
Vita11
e
si
dispongono
umilmente
a
condividerla.
Le
Vergini
Consacrate
sono
chiamate
a
vivere
questa
condivisione
mediante
la
consacrazione,
la
donazione
totale
a
Dio,
da
loro
portato
come
vasi
sacri,
fragili
come
la
creta
ma
forti
della
grazia,
da
cui
attingere
l’amore
che
dio
ha
riversato
in
loro.
Le
Vergini
consacrate,
poi,
con
la
loro
dedizione
assidua alla
preghiera
testimoniano
che
la
preghiera
e
la
vita
spirituale
autentica
sono
simili
alla
pulsione
primaria,
istintiva
della
sete
che
è
bisogno
primario
ed
elementare.
È
una
necessità
quasi
“animalesca”,
analoga
a
quella
che
il
profeta
Geremia
raffigurava
nella
brama
degli
asini
selvatici,
che
durante
la
siccità
“si
fermano
sulle
alture
e
aspirano
l’aria
come
sciacalli”
a
causa
delle
fauci
riarse,
“mentre
i
loro
occhi
languiscono,
perché
non
si
trova
più
erba”12.
Ma
il
vivere
la
preghiera
e
la
vita
come
risposta
alla
sete
di
Dio
permette
a
loro,
ed
anche
a
noi
di
pregare
così:
“Il
tuo
amore
è
più
dolce
della
vita,
le
mie
labbra
ti
celebrano”13.
Queste
donne
testimoniano
di
aver
capito
la
lezione
di
Gesù
alla
Samaritana.
Non
cercano
Dio
sulla
montagna
di
Samaria
né
di
Sion,
Lo
cercano
e
trovano
dentro
il
loro
cuore
come
pozzo
da
cui
sgorga
acqua
di
vita
eterna.
Sono
assetate
di
Dio
e
per
questo
il
loro
Rituale
per
la
Consacrazione
cita
il
Salmo
41:
“Come
un
cervo
assetato
cerca
l’acqua
viva,
così
la
mia
anima
cerca
te,
Dio
mio”
(v.
2).
Poi
dissetate
da
Dio,
“sono
consacrate
al
culto
divino
della
lode
e
del
servizio
a
tutti
gli
uomini”
(cfr
aggiunta
alla
Preghiera
eucaristica
IV
durante
la
Messa
per
la
loro
Consacrazione).
Con
la
loro
vita
queste
donne
dicono,
come
Abramo14:
“Mi
fido
di
Te;
mi
affido
a
Te,
Signore”.
Esse ci
richiamano che
credere
in
Dio
significa
fondare
su
di
Lui
la
nostra vita,
lasciare
che
la
sua
Parola
la
orienti
ogni
giorno,
nelle
scelte
concrete,
senza
paura
di
perdere
qualcosa
di
se
stessi,
senza
esitare
a
consacrarsi
a
Dio,
completamente.
1
Gv
4,15.
2
Gv
4,12.20.
3
1
Cor
10,4,
4
Non
dobbiamo
dimenticare
che
tra
Ebrei
e
samaritani
non
correva
buon
sangue
da
quando
questi
ultimi
si
erano
formati
un
regno
ed
un
culto
autonomo.
Erano
degli
scismatici,
e
per
di
più
mescolati
con
coloni
stranieri
(assiri)
praticanti
culti
pagani.
I
rapporti
erano
improntati
ad
ostilità:
condannati
quelli
personali,
evitato
persino
l'attraversamento
della
regione,
situata
tra
Giudea
e
Galilea,
seguendo
un
percorso
ben
più
lungo,
pur
di
evitarli.
I
Samaritani
al
Tempio
di
Gerusalemme
contrapponevano
il
loro
sul
monte
Garizim.
E'
chiaro
che
per
i
Giudei
questo
rappresentava
un
fatto
gravissimo,
perché
essi
consideravano
essenziale
l'unicità
del
Tempio,
luogo
della
presenza
di
Jahvé
in
mezzo
al
popolo.
5
Preghiera
della
B.
Teresa
di
Calcutta,
che
ha
voluto
che
accanto
al
Crocifisso
posto
dietro
l’altare
di
ogni
cappella
delle
Case
delle
sue
Suore
ci
sia
scritto
“I
THIRST”
=
Ho
sete.
Può
essere
utile
consultare
http://www.motherteresa.org.
6
Ger
2,13.
7
Cfr
Gv
7,37-39;
Is
12,3;
51,1.
8
Cfr
Gv
19,28;
Zc
12,10;
13,1.
9
Is
55,1.
10Ap
22,17.
11Gv
7,38-39.
12
Ger
14,6.
13
Sal
63,4.
14
A
questo
Patriarca
è
“dedicata”
la
II
domenica
di
quaresima
del
Rito
Ambrosiano.
Abramo,
il
credente,
ci
insegna
la
fede;
e,
da
straniero
sulla
terra,
ci
indica
la
vera
patria.
La
fede
ci
rende
pellegrini
sulla
terra,
inseriti
nel
mondo
e
nella
storia,
ma
in
cammino
verso
la
patria
celeste.
Credere
in
Dio
ci
rende
dunque
portatori
di
valori
che
spesso
non
coincidono
con
la
moda
e
l’opinione
del
momento.
In
tante
nostre
società
Dio
è
diventato
il
‘grande
assente’
e
al
suo
posto
vi
sono
molti
idoli,
diversissimi
idoli
e
soprattutto
il
possesso
e
l’‘io’
autonomo.
E
anche
i
notevoli
e
positivi
progressi
della
scienza
e
della
tecnica
hanno
indotto
nell’uomo
un’illusione
di
onnipotenza
e
di
autosufficienza,
e
un
crescente
egocentrismo
ha
creato
non
pochi
squilibri
all’interno
dei
rapporti
interpersonali
e
dei
comportamenti
sociali.
Eppure
la
sete
di
Dio
non
si
è
estinta
e
il
messaggio
evangelico
continua
a
risuonare
attraverso
le
parole
e
le
opere
di
tanti
uomini
e
donne
di
fede.
Lettura
Patristica
Dalle
"Catechesi"
di
san
Cirillo
di
Gerusalemme,
vescovo
(Catech. 16, sullo Spirito Santo 1,11-12.16; PG 33,931-935.939-942)
L'acqua viva dello Spirito Santo
(Catech. 16, sullo Spirito Santo 1,11-12.16; PG 33,931-935.939-942)
L'acqua viva dello Spirito Santo
"L'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna" (Gv 4,14). Nuova specie di acqua che vive e zampilla, ma zampilla solo per chi ne è degno. Per quale motivo la grazia dello Spirito è chiamata acqua? Certamente perché tutto ha bisogno dell'acqua. L'acqua è generatrice delle erbe e degli animali. L'acqua della pioggia discende dal cielo. Scende sempre allo stesso modo e forma, ma produce effetti multiformi. Altro è l'effetto prodotto nella palma, altro nella vite e così in tutte le cose, pur essendo sempre di un'unica natura e non potendo essere diversa da se stessa. La pioggia infatti non discende diversa, non cambia se stessa, ma si adatta alle esigenze degli esseri che la ricevono e diventa per ognuno di essi quel dono provvidenziale di cui abbisognano.
Allo stesso modo anche lo Spirito Santo, può essendo unico e di una sola forma e indivisibile, distribuisce ad ognuno la grazia come vuole. E come un albero inaridito, ricevendo l'acqua, torna a germogliare, così l'anima peccatrice, resa degna del dono dello Spirito Santo attraverso la penitenza, porta grappoli di giustizia. Lo Spirito appartiene ad un'unica sostanza, però, per disposizione divina e per i meriti di Cristo, opera effetti molteplici.
Infatti si serve della lingua di uno per la sapienza. Illumina la mente di un altro con la profezia. A uno conferisce il potere di scacciare i demoni, a un altro largisce il dono di interpretare le divine Scritture. Rafforza la temperanza di questo, mentre a quello insegna la misericordia. Ispira a un fedele la pratica del digiuno, ad altri forme ascetiche differenti. C'è chi da lui apprende la saggezza nelle cose temporali e chi perfino riceve da lui la forza di accettare il martirio. Nell'uno lo Spirito produce un effetto, nell'altro ne produce uno diverso, pur rimanendo sempre uguale a se stesso. Si verifica così quanto sta scritto: "A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune" (1Cor 12,7).
Mite e lieve il suo avvento, fragrante e soave la sua presenza, leggerissimo il suo giogo. Il suo arrivo è preceduto dai raggi splendenti della luce e della scienza. Giunge come fratello e protettore. Viene infatti a salvare, a sanare, a insegnare, a esortare, a rafforzare e a consolare. Anzitutto illumina la mente di colui che lo riceve e poi, per mezzo di questi, anche degli altri.
E come colui che prima si trovava nelle tenebre, all'apparire improvviso del sole riceve la luce nell'occhio del corpo e ciò che prima non vedeva, vede ora chiaramente, così anche colui che è stato ritenuto degno del dono dello Spirito Santo, viene illuminato nell'anima e, elevato al di sopra dell'uomo, vede cose che prima non conosceva.
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