Rito
Romano – IV Domenica di Quaresima – Anno A – 30 marzo 2014
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Sam 16, 1b.4a. 6-7. 10-13a; Sal 22; Ef 5, 8-14; Gv 9, 1-41
Cristo
Luce apre gli occhi al cieco.
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Rito
Ambrosiano – IV Domenica di Quaresima
Es
34,27-35,1; Sal 35; 2Cor 3,7-18; Gv 9,1-38b
Domenica
del cieco.
1)
La gioia
Il
titolo e l'introduzione dell’Esortazione di Papa Francesco
“Evangelii gaudium”: “La gioia del vangelo costituiscono
il migliore commento alla Liturgia di questa Domenica “Laetare”1.
Il
Santo Padre in questo documento programmatico scrive: “La gioia
del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si
incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono
liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore,
dall'isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”.
Nel
tempo dell’amarezza, della stanchezza, dell’approccio
intellettuale, astratto alla vita di fede, nella “Evangelii
gaudium” il Papa pone con forza la gioia del Vangelo come
completamento del messaggio di Cristo che ha affermato: “Vi ho
detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e che la vostra
gioia sia perfetta”,
Oggi
siamo invitati a “questa cara gioia sopra la quale ogni virtù si
fonda” (Dante Alighieri, Divina Commedia, Par. 24, 90-91) perché
la Pasqua si avvicina e la liturgia crea un’aurora che annuncia il
sole di Pasqua, ci invita ad un momento di contentezza
serena nel mezzo della austerità della quaresima.
La
colletta della Messa di questa domenica recita: “Concedi al
popolo cristiano di correre incontro alle feste che si avvicinano
pieno di sollecito fervore e di fede alacre”. La fatica del
cammino è il prezzo per la gioia della meta. Questo ci ricorda,
ancora una volta, la finalità della Quaresima che è quella di
prepararsi alla Pasqua, al mondo pasquale che fiorirà dalla Croce,
sulla quale l’Amore eterno si immola per fare da contrappeso a
tutti i nostri rifiuti di amore.
La
gioia inizia dalle piccole e grandi gioie umane che ciascuno
sperimenta fin da bambino gustando l’amore dei genitori, degli
amici e dei fratelli e sorelle in umanità e nella fede. Questa gioia
però si fa piena con Cristo. Essa viene da Gesù Redentore che porta
la lieta buona notizia che Dio è sempre con noi.
Ecco
alcuni esempi per capire ciò: la prima “epifania” di gioia è
l’annunciazione, che fa dire alla Madonna: “L’anima mia
magnifica il signore e il mio spirito gioisce in Dio mio Salvatore”
(Lc 2,10) . La seconda la si ha quando il saluto di Maria, che porta
il Salvatore nel suo seno, raggiunge Elisabetta: Giovanni Battista
esulta di gioia nel seno di lei (Lc 1,44).
Alla natività
di Cristo l’angelo annunzia ai pastori "una grande gioia"
(Lc 2,10). Quando i Magi vedono nuovamente la stella che li
conduce a Cristo "provano una grandissima gioia" (Mt
2,10). Zaccheo riceve Gesù nella sua casa "pieno di gioia"
(Lc 19,6). Nel giorno dell’ingresso messianico in Gerusalemme
"tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare
Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto" (Lc
19,37). E questi sono solamente alcuni degli episodi di gioia
suscitata dalla presenza di Cristo ed anche quella della sua attesa.
Gli
annunzi profetici del Salvatore sono carichi di parole gioiose e di
soprassalti di felicità. “Il popolo che camminava nelle tenebre
vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una
luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si
gioisce quando si spartisce la preda... Poiché un bambino è nato
per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno
della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e
la pace non avrà fine” (Is 9,1-6; cfr. Mt 4,14-15 e liturgia del
Natale).
Ma questa gioia è stata preceduta già dalla gioia dei
patriarchi. E lo dirà Gesù stesso: “Abramo, vostro padre, esultò
nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò”
(Gv 8,56).
Come
ho già accennato, c’è la gioia dell’Incarnazione e del Natale.
Gioia annunziata dall’angelo (Lc 2,10), scoperta dai pastori (Lc 2,
20) e dai magi (Mt 2,10), manifestata dal vecchio Simeone e dalla
profetessa Anna (Lc 2,25-38). La gioia del Natale scaturisce dalla
contemplazione dell’inizio del nostro stupendo destino di redenti e
del nostro ritorno al paradiso. "In questo giorno è stata
piantata sulla terra la condizione dei cittadini celesti, gli angeli
entrano in comunione con gli uomini, i quali si intrattengono senza
timore con gli angeli. Ciò perché Dio è sceso sulla terra e l’uomo
è salito al cielo. Ormai non c’è più separazione fra cielo e
terra, tra angeli ed esseri umani" (S. Giovanni Crisostomo).
La liturgia bizantina esclama: "O mondo, alla notizia (del
parto verginale di Maria) canta e danza: con gli angeli e i
pastori glorifica Colui che ha voluto mostrarsi bambino, il Dio di
prima dei secoli".
Gioia dell’amore, gioia dell’unione,
altissime tenerezze della felicità sovrabbondante e luminosissima.
Infine
c’è la gioia pasquale alla quale ci stiamo preparando. Essa tocca
i vertici più alti e scoppia definitivamente nella risurrezione,
completamento indispensabile alla morte del Signore e alla nostra
salvezza. I vangeli zampillano il fuoco beatificante della gioia che
passa dagli angeli a Maria Maddalena, agli apostoli, ai discepoli di
Emmaus. Sulla fede sconcertata di tutti i suoi, Gesù getta la luce
della sua vita gloriosa, li illumina e li rallegra. "Abbandonato
in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a
dare l’annunzio ai suoi discepoli" (Mt 28,8). "I
discepoli gioirono al vedere il Signore" (Gv 20,20).
Tutto
ciò è sintetizzato in modo splendido da San Tommaso d’Aquino che
afferma: “La gioia è il godimento di un bene certo”, bene
che la fede permette di gustare e vedere.
2)
Il Pane di Verità è Pane di Gioia.
Si
dice che la fede è cieca, ed è un modo di dire sbagliato. La fede
fa vedere quello che gli occhi del corpo e della semplice
intelligenza umana non vedono. La fede fa vedere quello che vede Dio.
“Infatti l’uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore”
(Ia Lettura).
Guarigione
oppure no è solo la fede che mi permette di “vedere” come Dio
vede dall'alto della sua infinita sapienza. Come sta scritto: “Alla
tua luce vediamo la luce” (Sal 35,10).
“Comportatevi
perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in
ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è
gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non
danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente”. (IIa
Lettura).
In
questa Quaresima, tempo di conversione alla luce che viene da Dio,
meditiamo sul fatto che la nostra vita è un soffio, che in un attimo
finisce, e chiediamo al Signore che accresca in noi la luce della
fede per non discutere di chi sia la colpa dei mali del mondo, ma per
fare del Vangelo e di Gesù Cristo la regola della nostra vita. Siamo
morti ancora prima di morire se non crediamo nella risurrezione dai
morti e in Colui che ci guida verso la Pasqua.
Immedesimiamoci
nel cieco nato che uscito dalla cecità e dall'interrogatorio entra
deluso e confuso nel mondo di quelli che credono di vedere. Con lui
andiamo di nuovo ad incontrare Gesù che gli chiede se crede in Lui,
se vede in Lui il vero uomo e il vero Dio, il Salvatore del mondo.
Cerchiamo
di percepire il fremito del cieco quando sentì la voce di Gesù e
poté fissare il suo sguardo in quegli occhi pieni di luce.
Inginocchiamoci insieme e con lui dinanzi a Gesù nell'Eucaristia.
Crediamo che la nostra vita è un miracolo, anche quando è avvolta
dal buio.
Crediamo
che Dio ci ama e si fa vicino a ciascuno di noi. Ascoltiamo la sua
voce nella Bibbia, facciamo quello che Lui ci dice per il tramite
della Chiesa, andiamo dove Egli ci invia.
Confessiamoci
per essere lavati dal suo sangue innocente e guarire dal nostro male
colpevole e dalle nostre incapacità di vedere come Egli vede tutto
ciò che siamo, ciò che potremmo essere, ciò che ci accade, e
saremo nella gioia.
Questa
gioia è un connotato delle Vergini consacrate che sono chiamate a
dare nella gioia
"una particolare
testimonianza di carità e segno visibile del Regno futuro"
(Rito di Consacrazione delle Vergini, n. 30). Questa donne sono
chiamate a dedicare la loro vita a Cristo e a vivere la loro
esistenza rendendo testimonianza di amore a Cristo. Esse ci mostrano
una modalità alta e bella di camminare alla sequela del Redentore
come viene proposta nel Vangelo e, con intima gioia, assumono lo
stesso stile di vita che Egli scelse per Sé.
1
La IV
domenica di Quaresima è detta “la domenica della gioia” =
Laetare
(=Rallegrati), che è la prima parola dell’introito (antifona
di ingresso) della Messa di oggi, il cui testo è preso da Isaia 66,
10 e 11: “Rallegrati
Gerusalemme, e voi tutti che l’amate, riunitevi. Esultate e
gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza
della vostra consolazione”.
Questa
domenica ha una “sorella gemella” nella terza domenica di
Avvento che inizia con la parola “Gaudete”
(=Gioite).
Lettura
Patristica
Efrem
Diatessaron,
16, 28-32
1.
Il cieco nato
E perché essi avevano
bestemmiato a proposito delle sue parole: "Prima
che Abramo fosse, io ero"
(Jn
8,58),
Gesù andò verso l’incontro con un uomo, cieco fin dalla nascita:
"E
i suoi discepoli lo interrogarono: Chi ha peccato, lui o i suoi
genitori? Egli disse loro: Né lui, né i suoi genitori, ma è perché
Dio sia glorificato. È necessario che io compia le opere di colui
che mi ha mandato, finché è giorno"
(Jn
9,2-4),
fintanto che sono con voi. "Sopraggiunge
la notte"
(Jn
9,4),
e il Figlio sarà esaltato, e voi che siete la luce del mondo,
scomparirete e non vi saranno più miracoli a causa dell’incredulità.
"Ciò
dicendo, sputò per terra, formò del fango con la saliva, e fece
degli occhi con il suo fango"
(Jn
9,6),
e la luce scaturì dalla terra, come al principio, quando l’ombra
del cielo, "la
tenebra, era estesa su tutto"
ed egli comandò alla luce e quella nacque dalle tenebre (Gn
1,2-3).
Così «egli formò del fango con la saliva», e guarì il difetto
che esisteva dalla nascita, per mostrare che lui, la cui mano
completava ciò che mancava alla natura, era proprio colui la cui
mano aveva modellato la creazione al principio. E siccome rifiutavano
di crederlo anteriore ad Abramo, egli provò loro con quest’opera
che era il Figlio di colui che, con la sua mano, "formò"
il primo "Adamo
con la terra"
(Gn
2,7):
in effetti, egli guarì la tara del cieco con i gesti del proprio
corpo.
Fece ciò inoltre per
confondere coloro che dicono che l’uomo è fatto di quattro
elementi, poiché rifece le membra carenti con terra e saliva, fece
ciò a utilità di coloro che cercavano i miracoli per credere: "I
Giudei cercano i miracoli"
(1Co
1,22).
Non fu la piscina di Siloe che aprì gli occhi del cieco (Jn
9,7
Jn
11),
come non furono le acque del Giordano che purificarono Naaman; è il
comando del Signore che compie tutto. Ben più, non è l’acqua del
nostro Battesimo, ma i nomi che si pronunciano su di essa, che ci
purificano. "Unse
i suoi occhi con il fango"
(Jn
9,6),
perché i Giudei ripulissero l’accecamento del loro cuore. Quando
il cieco se ne andò tra la folla e chiese: «Dov’è Siloe?», si
vide il fango cosparso sui suoi occhi. Le persone lo interrogarono,
egli le informò, ed esse lo seguirono, per vedere se i suoi occhi si
fossero aperti.
Coloro che vedevano la
luce materiale erano guidati da un cieco che vedeva la luce dello
spirito, e, nella sua notte, il cieco era guidato da coloro che
vedevano esteriormente, ma che erano spiritualmente ciechi. Il cieco
lavò il fango dai suoi occhi, e vide se stesso; gli altri lavarono
la cecità del loro cuore ed esaminarono sé stessi. Nostro Signore
apriva segretamente gli occhi di molti altri ciechi. Quel cieco fu
una bella e inattesa fortuna per Nostro Signore; per suo tramite,
acquistò numerosi ciechi, che egli guarì dalla cecità del cuore.
In quelle poche parole
del Signore si celavano mirabili tesori, e, in quella guarigione era
delineato un simbolo: Gesù figlio del Creatore. "Va’,
lavati il viso"
(Jn
9,7),
per evitare che qualcuno consideri quella guarigione più come un
stratagemma che come un miracolo, egli lo mandò a lavarsi. Disse ciò
per mostrare che il cieco non dubitava del potere di guarigione del
Signore, e perché, camminando e parlando, pubblicizzasse l’evento
e mostrasse la sua fede.
La saliva del Signore
servì da chiave agli occhi chiusi, e guarì l’occhio e la pupilla
con le acque, con le acque formò il fango e riparò il difetto. Agì
così, affinché, allorché gli avrebbero sputato in faccia, gli
occhi dei ciechi, aperti dalla sua saliva, avessero reso
testimonianza contro di essi. Ma essi non compresero il rimprovero
che egli volle fare a proposito degli occhi guariti dei ciechi:
"Perché
coloro che vedono diventino ciechi"
(Mt
26,27);
diceva questo dei ciechi perché lo vedano corporalmente, e di quelli
che vedono perché i loro cuori non lo conoscano. Egli ha formato il
fango durante il sabato (Jn
9,14).
Omisero il fatto della guarigione e gli rimproverarono di aver
formato del fango. Lo stesso dissero a colui "che
era malato da trentotto anni: Chi ti ha detto di portare il tuo
lettuccio?"
(Jn
5,5
Jn
12),
e non: Chi ti ha guarito? Qui, analogamente: «Ha fatto del fango
durante il sabato». E così, anzi per molto meno, non si
ingelosirono di lui e non lo rinnegarono, quando guarì un idropico,
con una sola parola, in giorno di sabato? (Lc
14,1-6).
Cosa gli fece dunque guarendolo? Egli fu purificato e guarito con la
sola parola. Quindi, secondo le loro teorie, chiunque parla viola il
sabato; ma allora - si dirà - chi ha maggiormente violato il sabato,
il nostro Salvatore che guarisce, o coloro che ne parlano con
gelosia?