L’Amore
divino fonda e svela l’amore umano.
Festa della
SS.ma Trinità – 26 maggio 2013
Rito romano
Pro 8, 22-31;
Sal 8; Rm 5, 1-5; Gv 16, 12-15
Rito
ambrosiano
Gen
18,1-10a; Sal 104; 1Cor 12,2-6; Gv 14,21-26
1)
Dalla Croce alla Trinità.
Nella Croce
di Gesù tutta la santissima Trinità è coinvolta: coinvolta
nell'Amore e per Amore! Molti antichi dipinti occidentali
raffigurano il Crocifisso sostenuto dalle braccia del Padre, scelgo
quello del Masaccio (a Firenze, in Santa Maria Novella, si veda
http://catholicteenapologetics.files.wordpress.com/2012/05/masaccio_trinity.jpg
oppure foto alla fine di queste riflessioni) dove lo Spirito Santo
sotto forma di colomba è tra la testa del Padre ed il capo coronato
di spine di Cristo. E’ vero! Tra il Padre e il Figlio c'è una
misteriosa, comunione di amore. Per questo Gesù ha potuto dire dalla
croce senza esitazione: “Padre,
perdonali, perché non sanno quello che fanno”
(Lc
23,34). Tra il Padre e il Figlio c'è una perfetta, spirituale
comunione d'Amore! Per questo, morendo, Gesù ha potuto esclamare con
filiale fiducia: “Padre,
nelle tue mani consegno il mio Spirito”
(Lc
23,46). E da questo momento l'umanità di Gesù, attraversata
dall'atto di Amore che unisce il Figlio al Padre dall'eternità, è
diventata sorgente di vita
filiale per
tutti coloro che si aprono a Gesù nell'umiltà della fede: “A
quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: a
quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere
di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”
(Gv
1,12-13).
Se Dio è
così, se questa è la via attraverso la quale egli ci salva (ed è
così!) la Trinità non è un mistero remoto, irrilevante per la
nostra vita. Queste tre Persone divine che ci sono più “intime”
nella vita: non sono infatti fuori di noi, come la stessa moglie o il
marito o i figli o gli amici, ma sono dentro di noi. Esse “dimorano
in noi” (Gv 14, 23).
Un esempio
grande di come la Croce sia via alla Trinità ci è dato da San
Francesco d’Assisi. Contemplando il Verbo incarnato e crocifisso,
questo grande Santo visse l’amore del Dio-Trinità, che si dona a
lui e lui, Francesco, rispose a sua volta con piena dedizione.
San Francesco
mutato nel cuore divenne simile a Cristo anche nel corpo, con le
stigmate. Condotto dallo Spirito tra i lebbrosi, il Santo di Assisi
condivise la misericordia che aveva ricevuto da Dio Padre, ricco di
misericordia. San Francesco capì e ci fa capire che l'atto del
morire del Cristo è il dono che Egli fa del suo Spirito. E se il
Cristo ci dona il suo Spirito, noi diveniamo membra del Cristo,
viviamo la sua Presenza.
Sulla Croce
Gesù donò il suo Spirito e in quel momento lo ricevettero in pochi,
perché in pochi (la Madonna, San Giovanni e Santa Maria Maddalena)
erano rimasti ai piedi della Croce. Poi, nel giorno della sua
Resurrezione, la domenica, quando Egli entrerà nel Cenacolo a porte
chiuse lo donò ai dodici: “Ricevete
lo Spirito Santo”.
Poi ancora lo donò alla Chiesa il giorno di Pentecoste: “Si
effonderà su tutti”
disse San Pietro. È un crescere continuo di questo dono che oggi è
stato fatto anche a noi e che fa di noi “Tempio della Trinità”.
2)
Il Dio vicino.
La liturgia
della Messa odierna ci ricorda che Dio non è un Dio impersonale,
freddo e lontano da noi. In effetti, Lui “è
buono e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore”
(Sal
102 [103], 8), “ricco
di misericordia, di grazia e di fedeltà”
(Ef
4,2 e Es
34, 6). Il Signore non disprezza la polvere di cui siamo plasmati e
ci sazia di misericordia e di perdono.
Affermiamo con grande
gioia: Benedetto sia Dio, il Padre e il suo Figlio unigenito e lo
Spirito Santo ,perché Dio è il Padre, che ci ha amato così tanto
da offrirci suo Figlio e da concederci il suo Spirito cosicché
possiamo riconoscere Dio come amore infinito.
Niente è più
vero, vivificante e confortante per noi che la presenza della Santa
Trinità nella nostra vita. Niente, infatti, può esistere o agire
oppure divenire perfetto senza le tre Persone divine, senza Dio,
tanto che san Paolo non esita di affermare che “in
Lui, infatti, viviamo, ci muoviamo e siamo”
(At
17, 28)).
x
Dio
è vicino e noi lo pensiamo lontano. E' nel reale e negli avvenimenti
e noi lo cerchiamo nei sogni e nelle utopie impossibili.
Il
vero segreto per entrare in rapporto con Dio è la piccolezza, la
semplicità del cuore, la povertà di spirito: tutte cose che vengono
frustrate in noi dall'orgoglio, dalla ricchezza e dalla furbizia.
Gesù lo aveva detto: “Se
non sarete come bambini... non entrerete nel mio Regno”
(cfr Mt
18, 3): cioè “non mi sarete vicini” e non aveva certo voglia di
scherzare o di prenderci in giro. Il vedere o il non vedere Dio
dipende dal nostro occhio: se è un occhio semplice e puro Lo vede,
se è un occhio maligno e impuro non Lo vede. Poi, Se per
distrazione o superficialità ci si dimentica qualche volta di Lui,
ci pensa il dolore o il mistero a richiamarmene la presenza. Certo
che il mistero continuava a circondarci, ma è un mistero d’amore.
Come il grembo di nostra mamma che ci ha contenuti e generati alla
vita.
Cosa
c'è di più vero e di più semplice del grembo di una madre che
contiene un figlio? Come cogliere il mistero di Chi ci ama?
Il
modo più semplice è di essere semplici, intelligenti e saggi come
bambini. In loro, nei bambini, c'è una intuizione di base data da
Dio stesso. Ma non basta essere piccoli, occorre anche essere poveri.
Attenzione, però, perché essere piccoli nel Vangelo non significa
essere piagnucolosi e immaturi. E essere poveri, non vuol dire avere
abiti frusti, scarpe consumate e case brutte. Piccolo –cristianamente
parlando - è chi non pone la sua sicurezza in quello che è o ha, ma
confida totalmente nella paternità di Dio. Povero è chi non
trasforma in idoli le cose che possiede e sente nel profondo che
nulla riuscirà a saziarlo se non Dio Amore.
3)
La Trinità: un mistero che ci rivela Dio e che rivela chi siamo noi.
Nei confronti
della Trinità, la cosa più importante non è speculare sul mistero,
ma rimanere nella fede della Chiesa che è la “nave” che porta
alla Trinità.
Siamo
condotti a un Dio che “Amante
(Padre), Amato
(Figlio) e Amore
(Spirito Santo)” (Sant’Agostino), che è amore e dialogo, non
solo perché ci ama e dialoga, ma perché in se stesso è un dialogo
d'amore. Ma questo non rinnova soltanto la nostra concezione di Dio,
bensì anche la verità di noi stessi. Se la Bibbia ripete che
dobbiamo vivere nell'amore, nel dialogo e nella comunione, è perché
sa che siamo tutti “immagine di Dio”. Incontrare Dio, fare
esperienza di Dio, parlare di Dio, dar gloria a Dio, tutto questo
significa - per un cristiano che sa che Dio è Padre, Figlio e
Spirito - vivere in una costante dimensione di amore, di dialogo e di
dono.
La Trinità è un mistero davvero luminoso: rivelandoci Dio,
ha rivelato chi siamo noi.
Nella
comprensione di questa rivelazione ci sono di particolare aiuto ed
esempio la vergini consacrate. Con la pratica dei consigli evangelici
di castità obbedienza e povertà questa donne che si sono donate
completamente a Dio vivono con particolare intensità il carattere
trinitario, che contrassegna tutta la vita cristiana. La castità
delle vergini, in quanto manifestazione della dedizione a Dio con
cuore
indiviso
(cfr 1 Cor
7, 32-34), costituisce un riflesso dell'amore
infinito
che lega le tre Persone divine nella profondità misteriosa della
vita trinitaria. La povertà,
vissuta
sull'esempio di Cristo che «da
ricco che era, si è fatto povero»
(2
Cor 8,
9), diventa espressione del dono
totale di sé
che le tre Persone divine reciprocamente si fanno. L' obbedienza,
praticata ad imitazione di Cristo, il cui cibo era fare la volontà
del Padre (cfr Gv
4, 34), manifesta la bellezza liberante di una dipendenza
filiale e non servile,
ricca di senso di responsabilità e animata dalla reciproca fiducia,
che è riflesso nella storia dell' amorosa
corrispondenza
delle tre Persone divine. (Giovanni Paolo II, Esort. Ap.
Post-sinodale Vita
Consacrata,
n. 21)
Oltre ad una
preghiera di Elisabetta della Trinità ed ad una lettura patristica
unisco la riproduzione della Trinità dipinta dal Masaccio
ELEVAZIONE
ALLA SANTISSIMA TRINITA' di S. Elisabetta della Trinità
O
mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi completamente,
per fissarmi in Te, immobile e tranquilla, come se la mia anima fosse
già nell'eternità. Nulla possa turbare la mia pace né farmi uscire
da Te, o mio Immutabile, ma che ogni istante m'immerga sempre più
nella profondità del tuo Mistero.
Pacifica la mia anima, rendila
tuo cielo, tua dimora prediletta, luogo del tuo riposo. Che non ti ci
lasci mai solo, ma che sia là tutta, interamente desta nella mia
fede, tutta in adorazione, pienamente abbandonata alla tua azione
creatrice.
O mio Cristo amato, crocifisso per amore, vorrei essere
una sposa per il tuo Cuore, vorrei coprirti di gloria, vorrei amarti
fino a morirne. Ma sento la mia impotenza, e ti chiedo di "rivestirmi
di te", d'identificare la mia anima a tutti i movimenti della
tua anima, di sommergermi, d'invadermi, di sostituirti a me, affinché
la mia vita non sia che un'irradiazione della tua vita. Vieni in me
Adoratore, come Riparatore e come Salvatore.
O Verbo eterno, Parola
del mio Dio, voglio passare la mia vita ad ascoltarti, voglio
rendermi perfettamente docile per imparare tutto da Te. Poi,
attraverso tutte le notti, tutti i vuoti, tutte le impotenze, voglio
sempre fissare Te e restare sotto la tua grande luce. O mio Astro
amato, affascinami perché non possa più uscire dalla tua
irradiazione.
Fuoco consumante, Spirito d'amore, "discendi in
me", affinché si faccia nella mia anima come una incarnazione
del Verbo e io gli sia una umanità aggiunta nella quale Egli rinnovi
il suo Mistero.
E tu, o Padre, chinati sulla tua povera piccola
creatura, "coprila della tua ombra", e non vedere in lei
che "Il Diletto nel quale hai posto tutte le tue compiacenze".
O
miei Tre, mio tutto, mia beatitudine, solitudine infinita, immensità
in cui mi Perdo, mi abbandono a Voi come una preda.
Seppellitevi in
me perché io mi seppellisca in Voi, in attesa di venire a
contemplare nella vostra luce l' abisso delle vostre grandezze.
Lettura
(quasi) Patristica
Dal
Libro della più alta verità di Giovanni Ruusbroec,
scritto
per i monaci della Certosa di Herinnes.
Livre
de la plus haute verité,811. Oeuvres,BruxellesParis, 1921, t. I1,
211 218.
Vi descriverò
come l'uomo interiore fa l'esperienza dell'unione con Dio non
mediata.
Quando un uomo
si eleva verso Dio con tutto se stesso con tutte le sue forze, e vi
si consacra con amore vivo operante, sente nel fondo del suo essere
un amore dilettevole e senza limiti. Egli prova una gioia estrema in
questo fondo donde proviene e ove ritorna questo amore.
Se poi con il
suo amore operante egli vuole penetrare più addentro in quell'amore
dilettevole, allora tutte le potenze della sua anima devono cedere e
accettare di patire la verità e la bontà di Dio, cioè Dio stesso.
Sapete che
l'aria è bagnata dalla lucentezza e dal calore del sole; vi è noto
che Il ferro, quando è tutto penetrato dal fuoco, scalda e illumina
come il fuoco stesso. Anche l'aria, se fosse dotata di ragione,
potrebbe dire: "Rischiaro e illumino il mondo intero".
Tuttavia, ogni elemento conserva la propria natura e il fuoco non
diventa ferro, cosi come il ferro non diventa fuoco.
L'unione non
avviene tramite elementi intermedi, perché il ferro è nel fuoco e
il fuoco nel ferro; ugualmente, l'aria è nella luce del sole e la
luce del sole nell'aria.
Dio è sempre
presente nell'essenza dell'anima. Quando le potenze superiori
dell'anima rientrano in se stesse con amore attivo, sono unite a Dio
in modo non mediato.
Questa unione
è una conoscenza semplice della verità, un sentimento e un gusto
essenziale per il bene. Possediamo questa conoscenza e questa
esperienza semplici di Dio nell'amore dilettevole ed essenziale, e le
esercitiamo mediante l'amore attivo.
Questa
conoscenza ed esperienza di Dio, a cui si accede per le potenze
dell'anima, supera poi queste potenze, perché il ritorno interiore a
Dio esala nell'amore. Eppure le potenze sono necessarie, perché
dimorano sempre nella parte essenziale dell'anima.
Ecco perché
dobbiamo sempre far ritorno all'amore e rinnovarci in esso, se
vogliamo trovare l'amore con l'amore. Ce lo insegna san Giovanni,
quando scrive: Chi sta
nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui.
Tuttavia,
benché quest'unione tra lo spirito amante e Dio sia senza modi
intermedi, i due esseri rimangono perfettamente distinti. La creatura
non diventa Dio ne Dio diventa creatura, così come ho spiegato sopra
nell'esempio del ferro e del fuoco o dell'aria e del sole.
Abbiamo detto
che le cose materiali create da Dio, come il ferro e il fuoco,
potevano unirsi senza elementi medianti. A maggior ragione, Dio
stesso può unirsi in modo non mediato con i suoi diletti, purché
questi si applichino e si preparino a ciò, aiutati dalla grazia.
Per rendere
possibile quest' unione, Dio ha ornato di virtù l'uomo interiore e
lo ha innalzato alla vita contemplativa. Nell'atto supremo del
ritorno verso Dio, l'uomo non sperimenta nessun'altra funzione
intermediaria tra 1 (Gv 4,16) se e Dio, se non la sua ragione
illuminata e il suo amore operante. Tramite queste attività, egli
aderisce a Dio o, per dirla con san Bernardo, è uno con Dio.
Oltre la
ragione e l'amore operante, l'uomo è elevato fino all'amore
essenziale in una visione pura e scevra di attività. Egli è un solo
spirito e un solo amore con Dio, come vi descrissi. Quest'unione è
abituale per i contemplati vi e trascende l'intelligenza.
Finché l'uomo
permane in questo stato, è capace di contemplare e di avvertire
l'unione non mediata. Sente in se quel tocco di Dio che è un
rinnovamento della grazia e di tutte le virtù divine.
Dovete sapere
che tale grazia di Dio penetra pure nelle potenze inferiori
dell'anima. Essa tocca il cuore dell'uomo, vi produce un amore tenero
e provoca un'attrattiva sensibile per Dio.
Il sentimento
di questa unione
è la
nostra beatitudine sovra essenziale. Dio gode allora dei suoi eletti
ed essi godono di lui. Questa beatitudine è silenzio nelle tenebre,
è quiete. Tale silenzio appartiene all'essenza stessa di Dio, ma è
sovra essenziale a ogni creatura.
In quella
quiete le persone divine ritornano nell'amore essenziale e vi
s'inabissano come in un'unione fruitiva; eppure rimangono sempre
distinte, secondo le loro proprietà personali e le loro operazioni.
Secondo il
modo delle persone divine, la Trinità è eternamente attiva, mentre
secondo la semplicità della sua essenza dimora eternamente nella
quiete e senza modo. Ecco perché tutto quello che Dio ha eletto e
accolto nel suo amore eterno e personale, lo gode perfettamente
nell'unità dell'amore essenziale.
Infatti le
persone divine si abbracciano in una reciproca compiacenza eterna.
Nella loro unità esse condividono un amore infinito e operoso che si
rinnova senza posa nella sorgente viva della Trinità. Infatti, in
seno a essa vi è sempre nuova generazione e nuova conoscenza, nuova
compiacenza e nuova ispirazione in nuovo amplesso, nuovo torrente
d'amore eterno.
Tutti gli
eletti, angeli e uomini, dal primo all'ultimo, sono coinvolti in
questa compiacenza. Da essa dipendono il cielo e la terra, la vita,
l'essere, l'attività e la conservazione di tutte le creature.
Dall'amore
divino però è escluso il peccato, che proviene dalla cieca
perversità propria alla creatura e che la allontana da Dio.
Dalla
compiacenza divina derivano la grazia, la gloria, tutti i doni in
cielo e in terra. Questa compiacenza si manifesta in ogni essere con
modo differente, secondo la necessità e le capacità che gli sono
proprie. Infatti la grazia di Dio si offre ad ogni uomo e aspetta che
ogni singolo peccatore faccia ritorno.
Quando,
soccorso dalla grazia, il peccatore consente ad avere pietà di se
stesso e ad implorare Dio con fiducia, si scopre sempre perdonato da
lui. La compiacenza amorosa lo conduce fino all'eterna compiacenza di
Dio, per cui egli è afferrato e risucchiato nell'amore infinito che
è Dio stesso.
L'uomo così
abbracciato da Dio, va rinnovandosi in amore e in virtù, perché
esercita l'amore e partecipa alla vita eterna non appena si compiace
in Dio e Dio si compiace in lui.
Se capissimo
davvero che l'amore di Dio e la sua compiacenza sono eterne, il
nostro amore e la nostra compiacenza verso di lui si rinnoverebbero
senza posa, ad immagine delle relazioni tra le persone divine. In
esse infatti vi è sempre nuova compiacenza nell'unità, e nuova
emanazione d'amore in nuovo amplesso.
L'amplesso
divino è fuori del tempo, senza prima ne dopo, in un eterno
presente. Tutto è consumato nell'unità di questo abbraccio; tutto
si attua nell'effusione di questo amore, e tutto riceve l'esistenza
nella natura viva e feconda della Trinità.
In questa
natura viva e feconda, il Figlio è nel Padre, il Padre nel Figlio e
lo Spirito Santo in entrambi, L'unità trinitaria è all'inizio di
ogni vita e all'origine di ogni divenire. In Dio tutte le creature
sono presenti come nella loro causa eterna, condividendo cosi una
medesima essenza e una medesima vita con Dio.
La distinzione
delle persone divine proviene dalla loro reciproca emanazione. Il
Figlio è generato dal Padre e lo Spirito Santo procede dall'uno e
dall'altro.
Grazie
all'emanazione del Figlio nello Spirito, il Padre crea e ordina ogni
cosa, ciascuna nella sua essenza propria. Là, per quanto dipende da
lui, Dio ricrea l'uomo mediante le sue grazie e la sua morte in
croce; lo adorna d'amore e di virtù, e lo riconduce con se
nell'unità divina.
Nella Trinità,
tutti gli eletti sono afferrati e risucchiati nel vincolo dell'amore
con il Padre e il Figlio, cioè nell'unità dello Spirito Santo.
L'unità trinitaria feconda l'emanazione delle persone divine e nel
loro ritorno è legame d'amore eterno e indissolubile.
Tutti coloro
che hanno l'esperienza di quel legame d'amore posseggono una
beatitudine eterna; sono ricchi in virtù, illuminati nella loro
contemplazione e semplici nel loro riposo fruitivo. Quando infatti
ritornano nel loro fondo interiore, vedono l'amore di Dio effondersi
in essi con tutti i beni e attirarli nell'unità divina. Essi
avvertono questo amore come sovra essenziale e senza modo in una
quiete eterna.
Ecco perché i
beati sono uniti a Dio in modo non mediato, mediato e anche senza
differenza. I giusti avvertono l'amore di Dio come un bene comune che
si espande in cielo e sulla terra, e sentono la santissima Trinità
china su di loro e presente in loro con la pienezza di grazie.
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