Rito Romano – Domenica delle Palme e della Passione del Signore - Anno B – 24 marzo 2024
Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Mc 14,1-15,47
Rito Ambrosiano
Is 52, 13-53,12; Sal 87; Eb 12,1b-3; Gv 11,55-12,11
Settimana Autentica - Domenica delle Palme nella Passione del Signore
1) Dal legno delle palme a quello della Croce.
Oggi inizia la passione d’amore di Gesù Cristo, nostro Salvatore. I riti della Domenica delle Palme ci invitano a partecipare alla gioia del popolo ebreo, che assiste all’entrata solenne e festosa di Gesù in Gerusalemme:
- le palme che la gente agita in segno di vittoria,
- i mantelli stesi a terra per onorare il Messia che entra sul dorso di un asino,
- i festosi osanna dei bambini e del popolo,
- la trionfale processione che acclama Cristo Gesù, Re dei re e Signore dei signori.
Viene spontaneo immedesimarsi in quella folla festosa, unirsi a quei canti, partecipare a quel trionfo.
L’esaltazione della festa, purtroppo, dura pochissimo e si trasforma rapidissimamente in umiliazione e morte. Per passare dalla gioia di questo trionfo delle palme a quella della resurrezione, Cristo deve passare attraverso la dura esperienza della passione, della croce e della morte. E’ un percorso difficilissimo da comprendere umanamente e nella seconda lettura della Messa di oggi parla così di questo misterioso percorso: “Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” (Fil 2, 6-8)
Nell’austera liturgia del Venerdì Santo riascolteremo queste parole, che così proseguono: “Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (ivi 2, 9-11).
L’abbassamento e l’esaltazione: ecco la chiave per comprendere il mistero pasquale; ecco la chiave per penetrare lo stupefacente disegno di Dio, che si compie negli eventi della Pasqua.
La regalità di Cristo si esprime in questo abbassamento, in questa totale spogliazione, nel farsi servo e schiavo in una profondissima e completa umiliazione.
In effetti la lettura della Passione di Crist mette davanti ai nostri occhi le scene terribili della passione di Gesù: la sua sofferenza fisica e morale, il bacio di Giuda, l'abbandono da parte dei discepoli, il processo davanti a Pilato, gli insulti e gli scherni, la condanna, la via dolorosa, la crocifissione. Infine, la sofferenza più misteriosa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Un forte grido, e poi la morte.
Perché tutto questo? L’inizio della preghiera eucaristica ci dà la risposta: “Egli, che era senza peccato, accettò la passione per noi peccatori e, consegnandosi a un'ingiusta condanna, portò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza” (Prefazio).
Ecco perché nostra celebrazione eucaristica (=riconoscente) dice riconoscenza e amore a Colui che si è sacrificato per noi, al Servo di Dio che, come aveva detto il profeta, non ha opposto resistenza, non si è tirato indietro, ha presentato il dorso ai flagellatori, non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi (cfr Is 50, 4-7).
Se da una parte tutta la storia (quella dell’umanità, quella della Chiesa e quella di ognuno di noi) è segnata definitivamente dalla passione di amore che il Figlio di Dio ha patito ed offerto per noi. Dall’altra, siamo chiamati a proclamare anche la gloria di Dio Padre e la sua infinita misericordia. Immersi nella morte e nella croce, attratti dal Crocifisso, possiamo essere veramente partecipi
- della sua gloriosa risurrezione, che ha sconfitto il potere della morte e ci dona la vita per sempre;
- della sua regalità, che usa il potere dell’Amore, che sa ricavare il bene dal male, intenerire un cuore indurito, e accendere la speranza nel buio più fitto; e
- del suo sacerdozio, che lo fa stare davanti al Padre a braccia aperte per servirlo nella lode e servire il suo amore agli uomini.
2) L’appassionata offerta di Cristo.
Credo che si corretto affermare che, per l’evangelista Marco, il filo conduttore (fil rouge) del racconto della passione, che si legge oggi, è la preghiera di Gesù al Padre. E’ una preghiera che esprime una sorta di lacerazione interiore, ma, al di là di tutto, c’è un punto fermo: la consapevolezza del proprio rapporto filiale con Dio: “Abbà”, papà. . È una consapevolezza che non viene mai meno neppure nella prova. Ed è proprio qui che nasce l'implorazione: “Tutto è possibile a te. Allontana da me questo calice”. Se Dio è Padre e può tutto, perché non sottrae alla prova? È questa la domanda spontanea dell'uomo, anche dell’uomo-Gesù. Ma dopo l'implorazione, ecco la fiducia rinnovata, l'abbandono senza riserve: “Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu”. E se all’inizio dell’episodio di Gesù nell’orto delgi ulivi ci viene descritto un Gesù angosciato e impaurito, alla fine - dopo la preghiera - ci viene descritto un Gesù che ha ritrovato la serenità e la fermezza: “Alzatevi, andiamo, colui che mi tradisce è vicino”. Il Padre non ha sottratto Gesù alla Croce, ma lo ha aiutato a stendervisi sopra e portare frutti di vita eterna.
E’ l’amore del Padre che manda il Figlio in Croce. Lui offre suo Figlio per la salvezza del mondo. Nello stesso tempo è l’amore del Figlio il quale non “giudica” il mondo, ma sacrifica se stesso per l’amore verso il Padre e per la salvezza del mondo. Dando se stesso al Padre per mezzo del sacrificio della croce, Gesù offre - allo stesso tempo - se stesso al mondo: ad ogni singola persona e all’umanità intera, bisognosa di misericordia.
Termino queste riflessioni sulla domenica delle Palme, invitando a viverla nella lode come hanno fatto coloro che hanno accolto Gesù a Gerusalemme con i loro “osanna”., e nel ringraziamento, perché anche Settimana Santa e grande, il nostro Signore e fratello Gesù rinnoverà il dono più grande che si possa immaginare: ci donerà la sua vita, il suo corpo e il suo sangue, il suo amore.
Rispondiamo a questo dono così grande prendendo esempio dalla Vergini Consacrate, cioè donando noi stessi, il nostro tempo, la nostra preghiera, il nostro stare in comunione profonda d’amore con Cristo che soffre, muore e risorge per noi. Davanti a Cristo stendiamo la la nostra vita, le nostre persone, in atteggiamento di gratitudine e di adorazione come le vergini nel giorno della loro consacrazione. In questo modo imiteremo anche la gente di Gerusalemme che stese i suoi mantelli a Messia che passava in mezzo a loro, accogliendo l’invito sant’Andrea, Vescovo di Creta: “Stendiamo umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso ... e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese ... per poter offrire al vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di vittoria. Agitando i rami spirituali dell’anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele”(PG 97, 994).
Lettura patristica
Santa Caterina di Siena (1347 – 1380)
Lettera 260
Ai prigionieri, il giorno del Giovedì Santo, 1377
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con disiderio di vedervi bagnati per santo desiderio nel sangue di Cristo crocifisso.
Ponetevelo per obbietto dinanzi all'occhio de lo 'ntelletto vostro, e facendo così acquistarete una pazienzia vera, però che 'l sangue di Cristo ci rapresenta le nostre iniquità, e rapresentaci la infinita misericordia e carità di Dio: la quale ripresentazione ci fa venire in odio e in dispiacimento e' difetti e peccati nostri, e facci venire in amore le virtù.
E se voi mi domandaste, carissimi figliuoli, perché nel sangue si vegono più e' nostri difetti, e la misericordia sua, rispondovi: perché la morte del Figliuolo di Dio fu data a lui per li peccati nostri. El peccato fu cagione della morte di Cristo, ché 'l Figliuolo di Dio non avea bisogno per via di croce intrare nella gloria sua, ché in lui non era veleno di peccato, e vita eterna era sua. Ma noi miserabili avendola perduta per li peccati nostri, era caduta grandissima guerra fra noi e Dio. L'uomo era infermo ed era indebilito, ribellando al suo Creatore, e non potea pigliare l'amara medicina che seguitava la colpa comessa; fu di bisogno dunque che Dio ci donasse el Verbo de l'unigenito suo Figliuolo. E così per la sua inestimabile carità fece unire la natura divina con la natura umana; lo infinito si unì colla nostra miserabile carne finita.
Egli viene come medico infermo, e cavaliere nostro. Medico, dico, ché col sangue suo à sanato le nostre iniquità, e àcci dato la carne in cibo, e 'l sangue in beveragio (Jn 6,55). Questo sangue è di tanta dolcezza e soavità, e di sì grande fortezza, che ogni infermità sana - e dalla morte viene a la vita -; egli tolle la tenebre, e dona la luce. Perché 'l peccato mortale fa cadere l'anima in tutti questi inconvenienti: el peccato ci tolle la grazia, tolleci la vita e dacci la morte; egli offusca el lume de lo 'ntelletto, e fallo servo e schiavo del dimonio; tollegli la vera sicurtà, e dagli el disordinato timore, perché 'l peccato sempre teme. Egli à perduta la signoria, colui che si lassa signoregiare al peccato.
Oimé, oimé, quanti sonno e' mali che ne seguitano! Quante sonno le tribulazioni, l'angosce e le fadighe che ci son permesse da Dio solo per lo peccato! Tutti questi difetti e questi mali sonno spenti nel sangue di Cristo crocifisso, perché nel sangue si lava l'anima delle immondizie sue, riducendosi alla santa confessione. Nel sangue s'acquista la pazienzia, ché, considerando l'offese che abiamo fatte a Dio, e il rimedio ch'egli à posto per darci la vita de la grazia, veniamo a vera pazienzia. Sì che bene è vero ch'egli è medico, ché ci à donato el sangue per medicina.
Dico ch'egli è infermo, cioè ch'egli à presa la nostra infermità, prendendo la nostra mortalità e carne mortale; e sopra essa carne del dolcissimo corpo suo à puniti e' difetti nostri. Egli à fatto come fa la balia che notrica el fanciullo, che, quando egli è infermo, piglia la medicina per lui; perché 'l fanciullo è piccolo e debile, non potrebbe pigliare l'amaritudine, perché non si notrica altro che di latte. O dolcissimo amore Gesù, tu se' balia che ài presa l'amara medicina, sostenendo pene, obrobi, strazii, villanie; legato (Mt 27,2 Mc 15,1 Jn 18,12), battuto (Mt 26,67 Mc 14,65 Lc 22,63) e fragellato (Mt 27,26 Mc 15,15 Jn 19,1) alla colonna, confitto e chiavellato in croce (Mt 27,35 Mc 15,24 Lc 23,33 Jn 19,18); satollato di scherni e d'obrobi (Mt 27,39-41 Mc 15,29-31 Lc 23,35-36); afflitto e consumato di sete (Jn 19,28) senza veruno refrigerio - e gli è dato aceto (Mt 27,48 Mc 15,36 Lc 23,36 Jn 19,29) mescolato con fèle, con grandissimo rimproverio -: ed egli con pazienzia porta, pregando per coloro che 'l crocifigono.
O amore inestimabile, non tanto che tu preghi per quelli che ti crocifigono, ma tu gli scusi dicendo: «Padre, perdona a costoro che non sanno che si fanno» (Lc 23,34). O pazienzia che eccedi ogni pazienzia! Or chi fu mai colui che, essendo percosso, battuto, e schernito e morto, egli perdoni e prieghi per coloro che l'offendono? Tu solo se' colui, Signore mio. Bene è vero dunque che tu ài presa l'amara medicina per noi fanciulli debili e infermi; e con la tua morte ci dai la vita, e con l'amaritudine ci dai la dolcezza. Tu ci tieni al petto come balia, e ài dato a noi el latte della divina grazia, e per te ài tolto l'amaritudine; e così riceviamo perfetta sanità. Sì che vedete ch'egli è infermato per noi.
Dico ch'egl'è cavaliere: venuto in questo campo della bataglia à combatuto e vénto le dimonia. Dice santo Agustino: «Con la mano disarmata questo nostro cavaliere à sconfitti e' nimici nostri, salendo a cavallo in sul legno della santissima croce». La corona delle spine gli fu l'elmo; la carne fragellata l'osbergo; le mani chiavellate e' guanti della piastra; la lancia per lo costato fu quello coltello che tagliò e ricise la morte da l'uomo; e' piei confitti sonno li speroni. Vedete come dolcemente è armato questo nostro cavaliere! Bene el dobiamo seguitare, e confortarci in ogni nostra aversità e tribulazione. E però vi dissi io che 'l sangue di Cristo ci manifesta e' peccati nostri, e mostraci el rimedio e l'abondanzia della divina misericordia, la quale abiamo ricevuta nel sangue suo.
Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, ché in altro modo non potremo participare la grazia sua, né avere il fine per lo quale fumo creati; né portareste pazientemente le vostre tribulazioni, però che nella memoria del sangue ogni amara cosa diventa dolce, e ogni gran peso legiero. Altro non vi dico, per lo poco tempo che ò.
Lecture Patristique
B. Guerric d'Igny (1075 - 1157)
Sermons sur les Rameaux, 3,25
SC 202, 188-192 198-200
Bien des gens ont été stupéfaits du triomphe glorieux remporté par Jésus lorsqu'il fit son entrée à Jérusalem, alors que peu après il montra dans sa passion un visage sans gloire et humilié. <>
Si l'on considère en même temps la procession d'aujourd'hui et la passion, on voit Jésus, d'un côté sublime et glorieux, de l'autre humble et misérable. Car dans la procession il reçoit des honneurs royaux, et dans la passion on le voit châtié comme un bandit. Ici, la gloire et l'honneur l'environnent, là il n'a ni apparence ni beauté (cf. Is 53,2). Ici, c'est la joie des hommes et la fierté du peuple; là, c'est la honte des hommes et le mépris du peuple (cf. Ps 21,7). Ici, on l'acclame: Hosanna au fils de David. Béni soit le roi d'Israël qui vient (cf. Mc 11,10). Là, on hurle qu'il mérite la mort et on se moque de lui parce qu'il s'est fait roi d'Israël. Ici, on accourt vers lui avec des palmes; là, ils le soufflettent au visage avec leurs paumes, et l'on frappe sa tête à coups de roseau. Ici, on le comble d'éloges; là, il est rassasié d'injures. Ici, on se dispute pour joncher sa route avec le vêtement des autres; là, on le dépouille de ses propres vêtements. Ici, on le reçoit dans Jérusalem comme le roi juste et le Sauveur; là, il est chassé de Jérusalem comme un criminel et un imposteur. Ici, il est monté sur un âne, assailli d'hommages; là, il est pendu au bois de la croix, déchiré par les fouets, transpercé de plaies et abandonné par les siens. <>
Si nous voulons, mes frères, suivre notre chef sans trébucher à travers la prospérité comme à travers l'adversité, contemplons-le mis en honneur dans cette procession, soum is aux outrages et aux souffrances dans sa passion, mais gardant une âme immuable dans un tel bouleversement. <>
Seigneur Jésus, c'est toi, joie et salut de tous, que tous bénissent de leurs voeux, qu'ils te voient monté sur l'âne ou suspendu à la croix. Que tous puissent te voir régnant sur ton trône royal et te louent pour les siècles des siècles. A toi louange et honneur pour tous les siècles des siècles.
ou bien
Évangile
Évangile de Jésus Christ selon saint Jean Jn 12,12-16)
C'était quelques jours avant la Pâque. La grande foule qui était venue pour la fête, apprenant que Jésus arrivait à Jérusalem, prit des branches de palmier et sortit à sa rencontre.
Homélie
Saint Augustin d’Hippone (354 - 430)
Homélies sur l'évangile de saint Jean, 51, 2-4
CCL 36, 440-441.
La grande foule qui était venue pour la fête, apprenant que Jésus venait à Jérusalem, prit des branches de palmier et sortit à sa rencontre. Les gens criaient: Hosanna! Béni soit celui qui vient au nom du Seigneur! Béni soit le roi d'Israël! (Jn 12,12-13) Les rameaux de palmier sont des louanges symbolisant la victoire que le Seigneur allait remporter sur la mort en mourant lui-même, et le triomphe qu'il allait obtenir sur le démon, prince de la mort, par le trophée de la croix. <>
Béni soit celui qui vient au nom du Seigneur, le roi d'Israël! Cette acclamation doit se comprendre plutôt en ce sens: "Béni soit celui qui vient au nom du Père", bien qu'on puisse aussi comprendre: celui qui vient en son propre nom, parce que lui-même aussi est Seigneur.
Mais ses paroles nous orientent plutôt vers le sens que nous proposons, car il a dit: Moi, je suis venu au nom du Père, et vous ne me recevez pas; si un autre vient en son propre nom, celui-là, vous le recevrez (Jn 5,43)! En effet, le Christ est le maître de l'humilité, lui qui s'est abaissé en devenant obéissant jusqu'à mourir, et à mourir sur une croix (Ph 2,8). Car il ne perd pas sa divinité lorsqu'il nous enseigne l'humilité. Par celle-là il est égal au Père, par celle-ci il est semblable à nous. Par le fait qu'il est égal au Père, il nous a créés pour que nous existions; par le fait qu'il nous est semblable, il nous a rachetés, pour que nous ne périssions pas.
La foule lui adressait donc ces louanges: Béni soit celui qui vient au nom du Seigneur, le roi d'Israël! Quel supplice l'esprit envieux des chefs des Juifs pouvait-il supporter, quand toute cette foule acclamait le Christ comme son roi! Mais qu'est-ce que cela pouvait représenter pour le Seigneur, d'être le roi d'Israël? Quelle grandeur y avait-il pour le roi des siècles (1Tm 1,17) à devenir un roi pour les hommes? Car le Christ n'était pas roi d'Israël pour exiger l'impôt, pour armer des troupes ni pour terrasser visiblement des ennemis. Il est roi d'Israël pour gouverner des âmes, veiller à leurs intérêts éternels et conduire au Royaume des cieux ceux qui ont mis en lui leur foi, leur espérance, leur amour. Donc, si le Fils égal au Père, le Verbe par qui tout a été fait (Jn 1,3), a voulu être roi d'Israël, ce fut de sa part compassion et non promotion, une marque de miséricorde, non un accroissement de pouvoir. Car celui qui fut appelé sur terre le roi des Juifs, est dans les cieux le Seigneur des anges. <>
Jésus, trouvant w« petit âne, monta dessus. Il accomplissait ainsi l'Écriture: N'aie pas peur, fille de Sion. Voici ton roi qui vient, monté sur le petit d'un ânesse(Jn 12,15 Za 9,9). Cette fille de Sion, à laquelle sont adressées ces paroles inspirées, faisait partie de ces brebis qui écoutaient la voix du pasteur; elles étaient dans cette foule qui louait avec tant d'enthousiasme la venue du Seigneur, qui l'escortait par un tel cortège. C'est à elle qu'il a été dit: N'aie pas peur (Jn 12,15). Reconnais celui que tu acclames et ne tremble pas devant sa passion, car ce sang qui est répandu, c'est lui qui effacera ton péché et te rendra la vie.
Patristic reading
Golden Chain
on Mark 14: 1 - 9
Pseudo-Jerome: Let us now sprinkle our book, and our thresholds, with blood, and put the scarlet thread around the house of our prayers, and bind scarlet on our hand, as was done to Zarah (Gn 38,30), that we may be able to say that the red heifer () is slain in the valley (Dt 21,4). For the Evangelist, being about to speak of the slaying of Christ, premises, "After two days was the feast of the Passover, and of unleavened bread."
Bede, Marc., iv, 43: Pascha, which in Hebrew is, phase, is not called from Passion, as many think, but from passing over, because the destroyer, seeing the blood on the doors of the Israelites, passed by them, and did not smite them; or the Lord Himself, bringing aid unto His people, walked above them.
Pseudo-Jerome: Or else, phrase, is interpreted as a passing over, but Pascha means sacrifice. In the sacrifice of the lamb, and the passing of the people through the sea, or through Egypt, the Passion of Christ is prefigured, and the redemption of the people from hell, when He visits us after two days, that is, when the moon is most full, and the age of Christ is perfect, that when no part at all of it is dark, we may eat the flesh of the Lamb without spot, Who (p. 274) taketh away the sins of the world, in one house, that is, in the Catholic Church, shod with charity, and armed with virtue.
Bede: The difference according to the Old Testament between the Passover and the feast of unleavened bread was, that the day alone on which the lamb was slain in the evening, that is, the fourteenth moon of the first month, was called Passover. But on the fifteenth moon, when they came out of Egypt, the feast of unleavened bread came on, which solemn time was appointed for seven days, that is, up to the twenty-first day of the same month in the evening. But the Evangelists indifferently use the day of unleavened bread for the Passover, and the Passover for the days of unleavened bread. Wherefore Mark also here says, "After two days was the feast of the Passover, and of unleavened bread," because the day of the Passover was also ordered to be celebrated on the days of unleavened bread, and we also, as it were, keeping a continual passover, ought always to be passing out of this world.
Pseudo-Jerome: But iniquity came forth in Babylon from the princes, who ought to have purified the temple and the vessels, and themselves according to the law, in order to eat the lamb.
Wherefore there follows: "And the Chief Priests and the Scribes sought how they might take Him by craft, and put him to death."
Now when the head is slain, the whole body is rendered powerless, wherefore these wretched men slay the Head. But they avoid the feast day, which indeed befits them, for what feasting can there be for them, who have lost life and mercy?
Wherefore it goes on: "But they said, Not on the feast day, lest there be an uproar of the people."
Bede: Not indeed, as the words seem to imply, that they feared the uproar, but they were afraid lest He should be taken out of their hands by the aid of the people.
Theophylact: Nevertheless, Christ Himself had determined for Himself the day of His Passion; for He wished to be crucified on the Passover, because He was the true Passover.
7403 Mc 14,3-9
Bede: The Lord when about to suffer for the whole world, and to redeem all nations with His Blood, dwells in Bethany, that is, in the house of obedience.
Wherefore it is said, "And being in Bethany in the house of Simon the leper, as he sat at meat, there came a woman."
Pseudo-Jerome: For the fawn amongst the stags ever comes back to his couch, that is, the Son, obedient to the Father even unto death, seeks for obedience from us.
Bede: He says "of Simon the leper", not because he remained still a leper at that time, but because having once been such, he was healed by Our Saviour; his former name is left, that the virtue of the Healer may be made manifest.
Theophylact: But although the four Evangelists record the anointing by a woman, there were two women and not one; one described by John, the sister of Lazarus; it was she who six days before the Passover anointed the feet of Jesus; another described by the other three Evangelists. Nay, if you examine, you will find three; (p. 276) for one is described by John, another by Luke, a third by the other two. For that one described by Luke is said to be a sinner and to have come to Jesus during the time of His preaching; but this other described by Matthew and Mark is said to have come at the time of the Passion, nor did she confess that she had been a sinner.
Augustine, de Con. Evan., ii, 79: I however think that nothing else can be meant, but that the sinner who then came to the feet of Jesus was none other than the same Mary who did this twice; once, as Luke relates it, when coming for the first time with humility and tears she merited the remission of her sins. For John also relates this, when he began to speak of the raising of Lazarus before He came to Bethany, saying, "It was that Mary which anointed the Lord with ointment, and wiped His feet with her hair, whose brother Lazarus was sick." (Jn 11,2)
But what she again did at Bethany is another act, unrecorded by Luke, but mentioned in the same way by the other three Evangelists. In that therefore Matthew and Mark say that the head of the Lord was anointed by the woman, whilst John says the feet, we must understand that both the head and the feet were anointed by the woman. Unless because Mark has said that she broke the box in order to anoint His head, any one is so fond of cavilling as to deny that, because the box was broken, any could remain to anoint the feet of the Lord. But a man of a more pious spirit will contend that it was not broken so as to pour out the whole, or else that the feet were anointed before it was broken, so that there remained in the unbroken box enough to anoint the head.
Bede: Alabaster is a sort of white marble, veined with various colors which is often hollowed out for boxes of ointment, because it keeps things of that nature most uncorrupt. Nard is an aromatic shrub of a large and thick root, but short, black and brittle; though unctuous, it smells like cypress, and has a sharp taste, and small and dense leaves. Its tops spread themselves out like ears of corn, therefore, its gift being double, perfumers make much of the spikes and the leaves of the nard. And this is what is meant by Mark, when he says "spikenard very precious", that is, the ointment which Mary brought for the Lord was not made of the root of nard, but even, what made it more precious, by the addition of the spikes and the leaves, the gratefulness of its smell and virtue was augmented.
Theophylact, Matthew 26:2 : (p. 277) Or as is said in Greek, of pistic nard, that is, faithful, because the ointment of the nard was made faithfully and without counterfeit.
Augustine, de Con. Evan. ii, 78: It may appear to be a contradiction, that Matthew and Mark after mentioning "two days" and "the Passover", and afterwards that Jesus was in Bethany, where that precious ointment is mentioned; whilst John, just before he speaks of the anointing, says, that Jesus came into Bethany six days before the feast. (Jn 12,1) But those persons who are troubled by this, are not aware that Matthew and Mark do not place that anointing in Bethany immediately after that two days of which he foretold, but by way of recapitulation at the time when there were yet six days to the Passover.
Pseudo-Jerome: Again in a mystic sense, Simon the leper means the world, first infidel, and afterwards converted, and the woman with the alabaster box, means the faith of The Church, who says, My spikenard sendeth forth its smell. It is called pistic nard, that is, faithful and precious. The house filled with the smell of it is heaven and earth; the broken alabaster box is carnal desire, which is broken at the Head, from which the whole body is framed together, whilst He was reclining, that is, humbling Himself, that the faith of the sinner might be able to reach Him, for she went up from the feet to the head, and down from the head to the feet by faith, that is, to Christ and to His members.
It goes on: "And there were some that had indignation within themselves, and said, Why was this loss of the ointment?"
By the figure synecdoche, one is put for many, and many for one; for it is the lost Judas who finds loss in salvation; thus in the fruitful vine rises the snare of death. Under the cover of his avarice, however, the mystery of faith speaks; for our faith is bought for three hundred pence, in our ten senses (denarii, i.e. ten senses), that is, our inward and outward senses which are again trebled by our body, soul and spirit.
Bede: and in that he says, "And they murmured against her," we must not understand this to be spoken of the faithful Apostles, but rather of Judas mentioned in the plural.
Theophylact: Or else, it appears to be aptly implied that many disciples murmured against the woman, because they had often heard our Lord talking of alms. Judas, however, was indignant, but not with the same feeling, but on account of his love of money, and filthy gain; (p. 278) wherefore John also records him alone, as accusing the woman with a fraudulent intent. But he says, "They murmured against her," meaning that they troubled her with reproaches, and hard words. Then Our Lord reproves His disciples, for throwing obstacles against the wish of the woman.
Wherefore it goes on: "And Jesus said, Let her alone, why trouble ye her?" For after she had brought her gift, they wished to prevent her purpose by their reproaches.
Origen, on Matthew, 35: For they were grieved at the waste of the ointment, which might be sold for a large sum and given to the poor. This however ought not to have been, for it was right that it should be poured over the head of Christ, with a holy and fitting stream; wherefore it goes on, "She hath wrought a good work on me."
And so effectual is the praise of this good work, that it ought to excite all of us to fill the head of the Lord with sweet-smelling and rich offerings, that of us it may be said that we have done a good work over the head of the Lord. For we always have with us, as long as we remain in this life, the poor who have need of the care of those who have made progress in the word, and are enriched in the wisdom of God; they are not however able always day and night to have with them the Son of God, that is, the Word and Wisdom of God.
For it goes on: "For ye have the poor always with you, and whensoever ye will ye may do them good; but me ye have not always.
Bede: To me, indeed, He seems to speak of His bodily presence, that He should by no means be with them after His Resurrection, as He then was living with them in all familiarity.
Pseudo-Jerome: He says also, "She hath wrought a good work on me," for whosoever believes on the Lord, it is counted unto Him for righteousness. For it is one thing to believe Him, and to believe on Him, that is, to cast ourselves entirely upon Him.
It goes on: "She hath done what she could, she is come aforehand to anoint My Body to the burying."
Bede: As if the Lord said, What ye think is a waste of ointment is the service of my burial.
Theophylact: For "She is come aforehand" as though led by God "to anoint my body", as a sign of my approaching burial; by which He confounds the traitor, as if He said, With what conscience canst thou confound the woman, who anoints my body to the burial, and dost not (p. 279) confound thyself, who wilt deliver me to death? But the Lord makes a double prophecy; one that the Gospel shall be preached over the whole world, another that the dead of the woman shall be praised.
Wherefore it goes on: "Verily I say unto you, Wheresoever this Gospel shall be preached throughout the whole world, this also that she hath done shall be spoken of for a memorial of her."
Bede: Observe, also, that as Mary won glory throughout the whole world for the service which she rendered to the Lord, so, on the contrary, he who was bold enough to reprove her service, is held in infamy far and wide; but the Lord in rewarding the good the due praise has passed over in silence the future shame of the impious.
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