giovedì 8 febbraio 2024

Implorare di essere purificati

Rito Romano – VI Domenica del Tempo Ordinario - Anno B – 11 febbraio 2024

Lv 13,1-2.45-46; Sal 31; 1Cor 10,31-11,1; Mc 1,40-45

 

 

Rito Ambrosiano 

Is 54,5-10; Sal 129; Rm 14,9-13; Lc 18,9-14

Ultima domenica dopo l’Epifania – detta “del perdono”

 

 

 

            

1) Signore: “Purificami”

Il brano di vangelo di questa domenica ci propone  la guarigione di un malato di lebbra[1]. L’evangelista San Marco anche con questo miracolo vuol far comprendere agli ascoltatori di allora e di oggi che Gesù Cristo è Figlio di Dio.

In effetti, il lebbroso per essere sanato non usa il verbo “guariscimi”, ma si mette in ginocchio, come si fa davanti a un Signore e lo supplica dicendo: “Se vuoi, purificami”. Chiede di essere purificato, cioè di vedere la sua pelle e la sua carne integra, ma anche di essere perdonato dai suoi peccati, liberato da tutto ciò che lo tiene lontano da Dio e dagli uomini. 

Questo atteggiamento è da avere solo con Dio, che solo può purificare dal peccato provocato la malattia.

            Per capire questa affermazione, che può sembrare assurda, prendiamo brevemente in esame la prima lettura della Messa di oggi. Il brano scelto propone una parte del capitolo 13 del Levitico. In questo capitolo, è descritta la tipologia della lebbra, includendo in maniera piuttosto larga forme diverse di malattie della pelle, di cui molte guaribili. Nel capitolo 14 è presentato il rituale della purificazione dei lebbrosi e delle case infette. 

Dunque, da una parte, il Levitico afferma che i Sacerdoti erano i competenti ad esaminare l'ammalato e a diagnosticarne il contagio dichiarandolo “immondo” (Lev 13, 3), d’altra parte questo libro, nel capitolo 14, lo stesso sacerdote è poi preposto a certificare l’eventuale la guarigione (Lev 14, 1-4). Nelle società antiche le norme precauzionali erano effettivamente l’unica difesa possibile verso malattie contagiose, soprattutto se inguaribili; di qui le dure norme esposte nei vv. 45-46: “Il lebbroso colpito dalla lebbra porterà vesti strappate e il capo scoperto, si coprirà la barba e andrà gridando: - Immondo! Immondo! - Sarà immondo finché avrà la piaga; è immondo, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento”.

Il lebbroso è dunque un impuro, colpito da Dio a causa di un’impurità fisica e morale: lui è un intoccabile e deve vivere al bando della società.

Ciò fa capire perché, al tempo di Gesù, i lebbrosi erano davvero degli “inavvicinabili”, degli intoccabili – un’immagine di ciò che il peccato fa nell’uomo. Davanti al grido di aiuto del lebbroso, che riconosce in Gesù l’inviato di Dio per curare anche i lebbrosi, Gesù risponde con la sua “compassione” divina: tende la mano, lo tocca – diventando Lui stesso impuro secondo la legge – e gli dice: “Lo voglio, sii purificato”.

È su questo sfondo che il racconto evangelico acquista un significato preciso: Gesù tocca un intoccabile. Il Regno di Dio non tiene conto delle barriere del puro e dell'impuro: le supera. Non esistono uomini da accogliere e uomini da evitare, uomini vicini e uomini lontani, uomini con diritti e uomini senza diritti. Tutti sono amati da Dio. Tutti sono chiamati, e la prassi evangelica deve essere il segno di questo amore divino che non fa differenze.

 

 

2) La purezza.

Qual è la concezione biblica della purezza? Per non annoiare con un lungo esame dei testi biblici a questo riguardo, mi soffermo ancora sulla prima lettura presa da Levitico[2], nella quale si dice in cosa incorre chi diventa impuro. In questo libro come ho accennato nel primo paragrafo, quando qualcuno manifestava dei sintomi che potevano essere ricondotti alla lebbra, proprio perché la lebbra è una malattia infettiva, immediatamente veniva dichiarato dal sacerdote “impuro”. La conseguenza era che doveva stare solo fuori dall'accampamento.

Gli ebrei, come gli antichi popoli orientali, consideravano “puro” tutto ciò che apparteneva all’ambito del sacro e favoriva il culto a Dio. Ritenevano invece “impuro” tutto ciò che si opponeva al sacro ed era di ostacolo al culto. Una simile distinzione non riguardava però la sfera morale della persona, ma solo le condizioni necessarie per essere ritenuti idonei o no al culto e per essere inseriti nella vita della comunità (un lebbroso ne era escluso). 

Al tempo della vita terrena di Gesù, era in vigore questa distinzione tra puro e impuro, sostenuta dal gruppo dei farisei. Ma Cristo insegna a dare il primato alla purezza interiore, che ha il suo centro nel cuore dell’uomo, da dove può uscire ciò che veramente contamina la sua esistenza (Cfr Mt 15,10-20; Mc 7,14-23). Anche noi, sull’esempio di Gesù, dobbiamo privilegiare la purezza interiore e morale: la purezza del cuore

Essere puri di cuore vuol dire, soprattutto, essere santi e sinceri.

Il santo non è un superuomo. Il santo è un uomo vero, restituito alla sua verità perché purificato dal peccato. Il santo è una persona vera, che si mette in ginocchio davanti a Cristo, ne riconosce la sua divinità, implora di essere purificata dalla sua misericordia  e vive del suo amore puro che condivide con il prossimo. Santo è colui che – nonostante le sue debolezze, anzi proprio a causa di esse e per la consapevolezza del proprio nulla – sa di aver bisogno di essere convertito e rialzato, guarito e salvato da Cristo, ogni giorno. Per questo il santo è  colui che Lo segue con perseveranza e con cuore saggio ed intelligente lungo il cammino. Lungo la via che è Cristo stesso.

Santo è colui che segue Cristo con sincerità. 

La sincerità è lo specchio di verità delle altre virtù. La persona santa manifesta la sua verità nella sincerità. Questa è la virtù che garantisce la verità delle relazioni con Dio e con il prossimo.  La sincerità è la trasparenza del cuore.  La mancanza di sincerità oscura la nostra vocazione di servitori di Dio. Il fondamento della sincerità è stare alla presenza di Dio che è la trasparenza della Verità. Gesù era sincero. Le persone sapevano come era il suo cuore. “Sappiamo che sei veritiero” (Mt 22,16). La sua sincerità era stampata nei suoi occhi. 

Dunque imitiamo Cristo nella sua sincerità e con semplicità e lealtà siamo fedeli al suo Cuore che custodisce il nostro cuore e facciamo nostra questa preghiera: “O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora” (Colletta della VI domenica per anno).

 

3) Sincerità e verginità.

“Che dolce gioia pensare che il buon Dio è giusto, cioè che tiene conto delle nostre debolezze,  conosce perfettamente la fragilità della nostra natura. Di che cosa dunque dovrei avere paura?” (Santa Teresa di Gesù Bambino, Vergine e Dottore della Chiesa)

“La castità è sincerità, perciò la migliore protezione per la castità è non nascondere nulla”
(Santa Madre Teresa di Calcutta)

Una testimonianza attuale della verità delle affermazione delle due Sante è la vita delle vergini consacrate. Queste donne si donano completamente a Cristo e il loro amore purificato e santificato dalla consacrazione diventa la visibilità dell’amore di Dio. Come Dio ama sinceramente, senza secondi fini, senza chiedere niente in cambio, perché Lui ama a gioia di donare, così le vergini consacrate amano sinceramente Dio è il prossimo, per donarsi a Dio e per donare castamente al prossimo l’Amore santo di cui vivono. 

“Totalmente consacrate a Dio, sono totalmente consegnate ai fratelli, per portare la luce di Cristo là dove più fitte sono le tenebre e per diffondere la sua speranza nei cuori sfiduciati. Le persone consacrate sono segno di Dio nei diversi ambienti di vita, sono lievito per la crescita di una società più giusta e fraterna, sono profezia di condivisione con i piccoli e i poveri. Così intesa e vissuta, la vita consacrata ci appare proprio come essa è realmente: è un dono di Dio, un dono di Dio alla Chiesa, un dono di Dio al suo Popolo” (Papa Francesco).

 

 

 

Lettura patristica

Cromazio di Aquileia (tra 335 e il 340 – 407 o 408) 

In Matth. Tract., 38, 10

 

       Grande la fede di questo lebbroso e perfetta la sua professione! Per primo, infatti, adorò, quindi disse: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi» (Mt 8,2-4). In ciò che egli adorò, mostrò di aver creduto a quel Dio che egli adorò, poiché la legge prescriveva che non si deve adorare se non un solo Dio.

       Quando, col dire: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi» prega la sua onnipotenza e la natura della divina potestà sotto l’influsso della sua volontà affinché voglia soltanto il Signore, come rimedio, poiché sapeva che il potere della virtù divina, si sottometteva alla sua volontà. Per conseguenza poiché credette che al Figlio di Dio soltanto il volere significava (era) potere, e il potere, volere, per questo disse: «Signore, se vuoi, puoi guarirmi».

       Non senza ragione, il Signore conoscendo l’animo devoto e fedele del lebbroso che credeva in sé, per confermare la sua fede subito lo ricompensò del dono della sanità, dicendo: «Lo voglio, sii guarito» (Mt 8,2-4). Quindi, «stendendo la mano, lo toccò. E istantaneamente la lebbra scomparve» (
Mt 8,3).

       E così facendo pubblicamente si dichiarò il Signore del potere assoluto come già aveva creduto il lebbroso. Immediatamente e come volle, la virtù del suo manifesta la sua volontà. Così, infatti, disse: «Voglio, sii guarito. E subito la sua lebbra scomparve». E Gesù gli disse: «Guardati dal dirlo a qualcuno, ma va’, presentati al sacerdote, e poi fa’ l’offerta che Mosè prescrisse in testimonianza ad essi» (
Mt 8,3-4). Il Signore comanda a colui al quale aveva guarito la lebbra e di presentarsi al sacerdote e di offrire sacrifici per sé prescritti nella legge. E in questo volle manifestare compiuti da sé i misteri (le adempienze) della legge, e accusare l’infedeltà dei sacerdoti, affinché constatando il lebbroso guarito che né la legge, né i sacerdoti avevano potuto mondare, o credessero che Egli era il Figlio di Dio e riconoscessero che Egli stesso era il padrone della legge; a causa della giustizia e della fede del lebbroso e della testimonianza della sua stessa opera, ricevessero la condanna della loro infedeltà.

       Chi, infatti, avrebbe potuto col potere della propria virtù guarire il lebbroso, che la legge non poté mondare, se non colui che è il padrone della legge, e che è il Signore di tutte le virtù, del quale leggiamo scritto: «Il Signore delle virtù è con noi chi ci accoglie è il Dio di Giacobbe» (Ps 45,8-12), anche prima che fosse mondato, credette con religiosa professione di fede che il Figlio di Dio era Dio; i sacerdoti, invece, neppure dopo il prodigio della divina virtù vollero credere.

       In verità se (riusciamo a capire) comprendiamo che per questo il Signore aveva comandato a colui che aveva liberato dalla lebbra, affinché offrisse sacrifici prescritti nella legge per sé, mostrasse con questo che egli era l’autore del precetto dato, e per gli stessi misteri adempiuti nella verità, che erano stati in antecedenza manifestati come figure.

 



Lecture patristique

Saint Paschase Radbert (790 - 860)
Commentaire sur l'évangile de Matthieu, 5, 8

CCM 56 A, 475-476.


Le Seigneur guérit chaque jour l'âme de tout homme qui l'implore, l'adore pieusement et proclame avec foi ces paroles: Seigneur, si tu le veux, tu peux me purifier (Mt 8,2), et cela quel que soit le nombre de ses fautes. Car celui qui croit du fond du coeur devient juste (Rm 10,10). Il nous faut donc adresser à Dieu nos demandes en toute confiance, sans mettre nullement en doute sa puissance.

Et si nous prions avec une foi pleine d'amour, nous bénéficions certainement, pour parvenir au salut, du concours de la volonté divine qui agit en proportion de sa puissance et qui est capable de produire son effet. C'est la raison pour laquelle le Seigneur répond aussitôt au lépreux qui le supplie: Je le veux (Mt 8,3). Car, à peine le pécheur commence-t-il à prier avec foi, que la main du Seigneur se met à soigner la lèpre de son âme. <>

Ce lépreux nous donne un conseil excellent sur la façon de prier. Ainsi ne met-il pas en doute la volonté du Seigneur, comme s'il refusait de croire en sa bonté. Mais, conscient de la gravité de ses fautes, il ne veut pas présumer de cette volonté. Quand il dit que le Seigneur, s'il le veut, peut le purifier, il fait bien d'affirmer ainsi le pouvoir qui appartient au Seigneur, de même que sa foi inébranlable. Car, pour obtenir une grâce, la foi pure et vraie est à bon droit requise tout autant que la mise en oeuvre de la puissance et de la bonté du Créateur.

Par ailleurs, si la foi est faible, elle doit d'abord être fortifiée. C'est alors seulement qu'elle révélera toute sa puissance pour obtenir la guérison de l'âme et du corps. L'apôtre Pierre parle sans aucun doute de cette foi quand il dit: Il a purifié leurs coeurs par la foi (Ac 15,9). Si le coeur des croyants est purifié par la foi, nous devons entendre par là la force de la foi, car, comme le dit l'apôtre Jacques, celui qui doute ressemble au flot de la mer (Jc 1,6).

Mais la foi pure, vécue dans l'amour, maintenue par la persévérance, patiente dans l'attente, humble dans son affirmation, ferme dans sa confiance, pleine de respect dans sa prière et de sagesse dans ce qu'elle demande, est certaine d'entendre en toute circonstance cette parole du Seigneur: Je le veux.

En ayant présente à l'esprit cette réponse admirable, nous devons regrouper les mots selon leur sens. Aussi bien le lépreux a-t-il dit pour commencer: Seigneur, si tu le veux, et le Seigneur: Je le veux. Le lépreux ayant ajouté: Tu peux me purifier, le Seigneur ordonna avec la puissance de sa parole: Sois purifié (
Mt 8,2-3). Vraiment, tout ce que le pécheur a proclamé dans une vraie confession de foi, la bonté et la puissance divine l'ont aussitôt accompli par grâce.

Un autre évangéliste précise que l'homme qui recouvra la santé était tout couvert de lèpre (Lc 5,12), afin que personne ne perde confiance en raison de la gravité de ses fautes. Car tous les hommes sont pécheurs, ils sont tous privés de la gloire de Dieu (Rm 3,23).

C'est pourquoi, si nous croyons à bon droit que la puissance de Dieu est à l'oeuvre partout, nous devons le croire également de sa volonté. Il veut, en effet, que tous les hommes soient sauvés et arrivent à connaître pleinement la vérité (1Tm 2,4).

 

 

Patristic reading

Golden Chain

On Mark 1, 40 -45

 


Bede, in Marc., i, 7: After that the serpent-tongue of the devils was shut up, and the woman, who was first seduced, cured of a fever, in the third place, the man, who listened to the evil counsels of the woman, is cleansed from his leprosy, that the order of restoration in the Lord might be the same as was the order of the fall in our first parents.
Whence it goes on: "And there came a leper to him, beseeching Him."
Augustine, de Con. Evan., ii, 19: Mark puts together circumstances, from which one may infer that he is the same as that one whom Matthew relates to have been cleansed, when the Lord came down from the mount, after the sermon. (
Mt 8,2)
Bede, in Marc., i, 9: And because the Lord said that He came "not to destroy the Law but to fulfill," (
Mt 5,17) he who was excluded by the Law, inferring that he was cleansed by the power of the Lord, shewed that grace, which could wash away the stain of the leper, was not from the Law, but over the Law. And truly, as in the Lord authoritative power, so in him the constancy of faith is shewn.
For there follows: "Lord, if Thou wilt, Thou canst make me clean."
He falls on his face, which is at once a gesture of lowliness and of shame, to shew that every man should blush for the stains of his life. But his shame did not stifle confession; he shewed his wound, and begged for medicine, and the confession is full of devotion and of faith, for he refers the power to the will of the Lord.
Theophylact: For he said not, If thou wilt, pray unto God, but, "If Thou wilt," as thinking Him very God.
Bede: Moreover, he doubted of the will of the Lord, not as disbelieving His compassion, but, as conscious of his own filth, he did not presume.
It goes on; "But Jesus, moved with compassion, put forth His hand, and touched him, and saith unto him, I will, be thou clean."
It is not, as many of the Latins think, to be taken to mean and read, I wish to cleanse thee, but that Christ should say separately, "I will," and then command (p. 34), "be thou clean."
Chrys., Hom. in Matt., 25: Further, the reason why He touches the leper, and did not confer health upon him by word alone, was, that it is said by Moses in the Law, that he who touches a leper shall be unclean till the evening; that is, that he might shew that this uncleanness is a natural one, that the Law was not laid down for Him, but on account of mere men. Furthermore, He shews that He Himself is the Lord of the Law; and the reason why He touched the leper, though the touch was not necessary to the working of the cure, was to shew that He gives health, not as a servant, but as the Lord.
Bede: Another reason why He touched him, was to proved that He could not be defiled, who free others from pollution. At the same time it is remarkable, that He healed in the way in which He had been begged to heal.
"If Thou wilt," says the leper, "Thou canst make me clean."
"I will," He answered, behold, thou hast My will, "be clean;" now thou hast at once the effect of My compassion.
Chrys., Hom. in Matt., 25: Moreover, by this, not only did He not take away the opinion of Him entertained by the leper, but He confirmed it; for He puts to flight the disease by a word, and what the leper had said in word, He filled up in deed.
Wherefore there follows, "And when He had spoken, immediately, &c."
Bede: For there is no interval between the work of God and the command, because the work is in the command, for "He commanded, and they were created." (
Ps 148,5
There follows: "And He straitly charged him, and forthwith, &c." See thou tell no man." 
Chrys., Hom 25: As if He said, It is not yet time that My works should be preached, I require not thy preaching. By which He teaches us not to seek worldly honour as a reward for our works. 
It goes on: "But go thy way, shew thyself to the chief of the priests." 
Our Saviour sent him to the priest for the trial of his cure, and that he might not be cast out of the temple, but still be numbered with the people in prayer. He sends him also, that he might fulfil all the parts of the Law, in order to stop the evil-speaking tongue of the Jews. He Himself indeed completed the work, leaving them to try it. 
Bede: This He did in order that the priest might understand that the leper was not healed by the Law, but by the grace of God above [p. 35] the Law. 
There follows: "And offer for thy cleansing what Moses, &c." 
Theophylact: He ordered him to offer the gift which they who were healed were accustomed to offer, as if for a testimony, that He was not against the Law, but rather confirmed the Law, inasmuch as He Himself worked out the precepts of the Law. 
ede: If any one wonders, how the Lord seems to approve of the Jewish sacrifice, which the Church rejects, let him remember that He had not yet offered His own holocaust in His passion. And it was not right that significative sacrifices should be taken away before that which they signified was confirmed by the witness of the Apostles in their preaching, and by the faith of the believing people. 
Theophylact: But the leper, although the Lord forbade him disclosed the benefit, wherefore it goes on: "But he having gone out, began to publish and to blaze abroad the tale;" for the person benefitted ought to be grateful, and to return thanks, even though his benefactor requires it not.
Bede, see Greg., Moral., 19, 22: Now it may well be asked, why our Lord ordered His action to be concealed, and yet it could not be kept hid for an hour? But it is to be observed, that the reason why, in doing a miracle, He ordered it to be kept secret, and yet for all that it was noised abroad, was, that His elect, following the example of His teaching, should wish indeed that in the great things which they do, they should remain concealed, but should nevertheless unwillingly be brought to light for the good of others. Not then that He wished any thing to be done, which He was not able to bring about, but, by the authority of His teaching, He gave an example of what His members ought to wish for, and of what should happen to them even against their will.
Bede: Further, this perfect cure of one man brought large multitudes to the Lord.
Wherefore it is added, "So that He could not any more openly enter into the city, but could only be without in desert places."
Chrys.: For the leper every where proclaimed his wonderful cure, so that all ran to see and to believe on the Healer; thus the Lord could not preach the Gospel, but walked in desert places.
Wherefore there follows, "And they came together to Him from all places."
Pseudo-Jerome: Mystically, our leprosy is the sin of the first man, which began from the head, when he (p. 36) desired the kingdom of the world. For covetousness is the root of all evil; wherefore Gehazi, engaged in an avaritious pursuit, is covered with leprosy.
Bede: But when the hand of the Saviour, that is, the Incarnate Word of God, is stretched out, and touches human nature, it is cleansed from the various parts of the old error.
Pseudo-Jerome: This leprosy is cleansed on offering an oblation to the true Priest after the order of Melchisedec; for He tells us, "Give alms of such things as ye have, and, behold, all things are clean unto you." (
Lc 11,41)
But in that Jesus could not openly enter into the city, it is meant to be conveyed that Jesus is not manifested to those who are enslaved to the love of praise in the broad highway, and to their own wills, but to those who with Peter go into the desert, which the Lord chose for prayer, and for refreshing His people; that is, those who quit the pleasures of the world, and all that they possess, that they may say, "The Lord is my portion." But the glory of the Lord is manifested to those, who meet together on all sides, that is, through smooth ways and steep, whom nothing can "separate from the love of Christ." (
Rm 8,35)
Bede, in Marc., i, 10: Even after working a miracle in that city, the Lord retires into the desert, to shew that He loves best a quiet life, and one far removed from the cares of the world, and that it is on account of this desire, He applied Himself to the healing of the body.

 



[1] Al giorno d’oggi facciamo fatica a capire la tragicità della lebbra. Questa malattia oggi è curabile, tuttavia ancora ogni anno circa 211.000 nuove persone di cui 19.000 bambini sono colpiti. Vale a dire che c’è una contaminazione ogni due minuti. Questa malattia è ancora presente nel mondo con 700-800 mila casi. Per la sua tragica devastazione del corpo, causa deformità delle mani e dei piedi, cecità ed altro, e le sue conseguenze sociali di esclusione dalla comunità civile e religiosa, la lebbra era ed è anche oggi considerata, in molte parti, una maledizione divina. 

[2] Nel libro del Levitico (il libro della Bibbia che si interessa alla vita religiosa del popolo di Israele), troviamo un’ampia sezione, racchiusa nei capitoli 11-15, interamente dedicata alla distinzione tra ciò che è puro e ciò che è impuro (noi diremmo, oggi, tra sacro e profano). In questa sezione viene presentata la distinzione tra animali puri (di cui ci si può cibare, come pecore, vitelli, agnelli) e animali impuri (di cui è proibito cibarsi, come il cammello e il maiale) e viene considerata come fonte di contaminazione (o impurità) la sfera legata al parto, alla nascita, alla morte, alle relazioni sessuali e alla malattia (in particolare la lebbra). Chi era incorso nell’impurità originata da una di queste condizioni, prima di dedicarsi al culto, doveva sottoporsi a particolari riti di purificazione (come lavarsi in acqua corrente e offrire un sacrificio di espiazione).

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