giovedì 7 dicembre 2023

Conversione alla lieta notizia: la venuta di Cristo.

Rito Romano

II Domenica di Avvento – Anno B –  10 dicembre 2023

Is 40,1-5.9-11; Sal 84; 2Pt 3,8-14; Mc 1,1-8

 

 

 

Rito Ambrosiano

Is 11,1-10; Sal 97; Eb 7,14-17. 22. 25; Gv 1,19-27a. 15c. 27b-28

V Domenica di Avvento – “Il Precursore” 

 

 

  

            1) Cambiare vita e pensieri.

            Domenica scorsa, I di Avvento, la Liturgia ci ha invitato alla vigilanza, oggi, II di Avvento, ci chiede la conversione, il ritorno a Dio. Esige un cambiamento di mentalità e di vita. Prestiamo attenzione ai gesti e alle parole di San Giovanni il Battista, che,  battezzando in un luogo deserto sulle rive del Giordano, proclamava il battesimo di conversione per il perdono dei peccati e gridava:  Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Mc 1, 3).

            Raddrizzare le strade del Signore vuol dire accogliere una parola che viene da Dio e ferisce il cuore di chi lo ascolta, aprendolo al grande dono della conversione che libera e  mettersi nella condizione spirituale di una profonda revisione della nostra vita di fede, speranza e carità e di moralità. Quindi, la conversione inizia con l’ascolto attento ed accogliente della parola di Dio contenuta nella Scrittura. 

E se è vero che la Bibbia ci conduce a Cristo, è altrettanto vero che la parola di Dio ha come primo risultato quello di farci riconoscere i nostri peccati (cfr. Mc 1,5). Di fronte al Signore che viene noi riconosciamo che le nostre vie non sono le sue (cfr. Is 55,9) e siamo spinti alla conversione, a cambiare strada, a mutare direzione di vita per ritornare al Signore.

            Per camminare spediti su questa strada che ci fa tornare a casa, da nostro Padre, occorre ritrovare l’essenzialità quale San Giovanni Battista ce la mostra e come il vangelo ce la descrive dicendo che era sobrio nel cibo e povero nel vestire. L’essenzialità della sua predicazione e profondamente unita all’essenzialità del suo vivere. 

Inoltre, San Giovanni non si limita a preparare una strada al Signore, ma la sua persone è “strada” per Cristo. Lui è il “precursore” non solo perché viene prima del Messia, ma anche perché è la voce che precede Cristo e è il porta-Parola egrida nel deserto spirituale di questa umanità, poco attenta alla Parola  di Dio e molto in sintonia con le parole ( sarebbe più giusto dire: chiacchere) del mondo.

L’Apostolo Pietro invita, in tal senso, a ricercare una nuova ed autentica condotta di vita, che possa condurre alla santità piena, per essere trovati “senza macchia e irreprensibili davanti a Dio” (Cfr. 2Pt. 3, 8-14).

Oltre all’ascolto della parola di Dio ed alla essenzialità della vita per metterla in pratica, c’è un terzo aspetto da non dimenticare per un cammino di conversione ed è quello della Confessione sacramentale, che come insegnano i Padri della Chiesa è un “secondo” battesimo. Nel primo fummo battezzati con acqua e vale una volta per tutte. Nel secondo, che dobbiamo ricevere quando abbiamo perso il candore battesimale, l’acqua sono le nostre lacrime, almeno spirituali, che esprimono il nostro dolore a Cristo, il quale ci conferma nel suo amore e ci abbraccia.

Papa Francesco insegna: “La confessione è l’abbraccio dell’infinita misericordia divina. Ricordiamo quella bella, bella parabola del figlio che se n’è andato da casa sua con i soldi dell’eredità; ha sprecato tutti i soldi, e poi, quando non aveva più niente, ha deciso di tornare a casa, non come figlio, ma come servo. Tanta colpa aveva nel suo cuore e tanta vergogna. La sorpresa è stata che quando incominciò a parlare, a chiedere perdono, il padre non lo lasciò parlare, lo abbracciò, lo baciò e fece festa. Ma io vi dico: ogni volta che noi ci confessiamo, Dio ci abbraccia, Dio fa festa” (Udienza Generale, 19 febbraio 2014) Andiamo avanti su questa strada di conversione e il Natale fiorirà nel nostro cuore, che durante l’Avvento abbiamo preparato  “come la mangiatoia che ha accolto l’Eterno che si è fatto piccolo e povero come uno di noi” (Anonimo medievale).

 

 

2) Giovanni, il Battista: esempio di convertito.

Come ricorda il Vangelo di questa domenica, la venuta di Gesù richiede un tempo di preparazione, che è annunciato da Giovanni il Battista, proponendo “un battesimo di conversione per il perdono dei peccati”.

Il modo più autentico, più semplice, più immediato e, in fondo, più umano per “preparare la via del Signore” (cfr. Mc 1,3) è iniziare a percorrerla. Si vive l’Avvento, mettendosi in cammino per andare, anche solo con qualche timido ed insicuro passo, verso Colui che, misericordioso ed amante, gratuitamente viene incontro all’uomo.

In questo cammino oggi la Chiesa ci propone l’esempio stupendo e umanamente sconcertante (come è possibile imitare un uomo di questo tipo) di San Giovanni il Battista, che chiede di convertirsi e di preparare la strada al Signore perché vive in prima persona tale realtà.

In effetti, San Marco nel suo vangelo non lo presenta come semplice annunciatore di Gesù, ma come suo precursore. Questo Evangelista non si dilunga sulla predicazione del Battista. Si limita a dire che “battezzava nel deserto, predicando un battesimo di conversione” e si concentra sul fatto che il Precursore annuncia la venuta imminente del Messia e ne indicato la superiorità. Giovanni Battista è tutto racchiuso in questo compito: attirare l’attenzione su Gesù. E’ il compito essenziale di ogni discepolo. C'è anche però una seconda insistenza: l'evangelista si dilunga nel descrivere il modo con cui Giovanni viveva: nel deserto, in austerità, come il profeta Elia. Giovanni non è soltanto il predicatore della conversione, è la “figura” del convertito.

Certo se non ci è chiesto di imitarlo nel modo di vivere nel deserto, di vestire pelli di cammello e di mangiare locuste, ci è chiesto di imitarlo nella sobrietà, nell’umiltà e nella salda decisione di tendere a Cristo, che seppe già riconoscere quando era ancora nel grembo di sua madre Elisabetta, esultando di gioia. Da adulto, ebbe occhi così puri che seppe riconoscere il Messia che si trovava fra le gente che andava da lui, e lo indicò con chiarezza dicendo “Ecco l’Agnello di Dio”. Seppe attirare a Cristo e poi ritirarsi dicendo: “Occorre che Lui cresca ed io diminuisca”.

 

3) San Giovanni Battista e la Verginità che non è sterilità.

            Il tema della verginità e quello dello Sposo (Cristo) acquisiscono uno stretto legame a partire dal significato positivo dell’offerta di sé nella verginità per il Regno dei Cieli. Alcune forme di verginità sono immediatamente preparatorie al Nuovo Testamento, come quella di San Giovanni Battista. Altre figure sono la piena realizzazione di questo legame: la Vergine Maria, Giuseppe, l’Apostolo Giovanni, Maria Maddalena, l’Apostolo Paolo. 

            Si potrebbe dire che, con la nascita di Giovanni, la sterilità che è la condizione negativa in cui è vissuta sua madre Elisabetta, prima dell’intervento miracoloso di Dio, è definitivamente separata dalla verginità che inizia ad avere un valore positivo in funzione del Regno di Dio e della persona di Cristo di cui lui è il precursore. 

La verginità del Battista è fortemente ascetica, ha tutte le caratteristiche della rinuncia e dell’offerta, ma questo santo è “apparentemente” austero. Lui non è indifferente all’affetto di Cristo, di cui si definisce amico dicendo di essere l’amico dello Sposo: “Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo», ma: ‘Sono stato mandato avanti a lui’.  Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l'amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. 30Lui deve crescere; io, invece, diminuire” (Gv 3, 27 -30).

Dunque la verginità non significa sterilità, ma, al contrario, fecondità massima, anche se su un piano diverso da quello fisico. 

La prima volta che la verginità compare nella storia della salvezza, è associata alla nascita di un bambino: "Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio..." (Is 7, 14). La tradizione ha colto questo legame, associando costantemente il titolo di vergine a quello di madre. Maria è la vergine madre; la Chiesa è vergine e madre. “Uno è il Padre di tutti - scrive Clemente Alessandrino - uno anche il Verbo di tutti, uno e identico è lo Spirito Santo e una sola è la vergine madre: così io amo chiamare la Chiesa” (Clemente Alessandrino, Pedagogo, I, 6).

            Infine, ogni cristiano, e in particolare ogni vergine consacrata, è vergine e madre: "Ogni anima credente, sposa del Verbo di Dio, madre, figlia e sorella di Cristo, viene ritenuta, a suo modo, vergine e feconda”  (B. Isacco della Stella, Sermo 51, PL 194, 1863).

            L’invito che rivolgo alle vergini consacrate è di tenere desto il loro cuore per accogliere il Cristo-Sposo che arriva nel mondo ed indicarlo ai fratelli e sorelle in umanità come San Giovanni il Battista ha fatto.

 

 

 

Lettura Patristica

Origene (ca 185 - 253)

Evang. Luc., 21, 2, 2-7

 


       Un tempo "la parola di Dio veniva rivolta a Geremia, figlio di Elchia, membro della famiglia sacerdotale" (
Jr 1,1), all’epoca di questo o di quell’altro re di Giuda; mentre ora «a Giovanni figlio di Zaccaria che si rivolge la parola di Dio», quella parola che non era mai stata rivolta ai profeti «nel deserto». Ma siccome «i figli della donna abbandonata» avrebbero dovuto abbracciare la fede «in numero maggiore dei figli della donna sposata» (Ga 4,27 Is 54,1), è per questa ragione che «la parola di Dio fu rivolta a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto».

       Osserva nello stesso tempo che il significato è più forte se si intende «deserto» nel senso spirituale, e non in quello letterale puro e semplice. Infatti colui che predica «nel deserto» spreca la sua voce invano, in quanto non c’è nessuno che lo sente parlare. Il precursore di Cristo, "la voce di colui che grida nel deserto", predica dunque nel deserto dell’anima che non ha pace. E non solo allora, ma anche oggi "è una lampada ardente e brillante" (
Jn 5,35), che viene per prima "e annunzia il battesimo della penitenza per la remissione dei peccati". Poi viene "la luce vera" (Jn 1,9), quando la lampada stessa dice: "è necessario che egli cresca e io diminuisca" (Jn 3,30). La parola di Dio è proferita dunque "nel deserto, e si diffonde in tutta la regione circostante il Giordano". Quali altri luoghi avrebbe dovuto infatti percorrere il Battista, se non i dintorni del Giordano, per spingere al lavacro dell’acqua tutti coloro che volevano fare penitenza?...

       Troviamo nel profeta Isaia il passo dell’Antico Testamento or ora citato: "Voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (
Is 40,3). Il Signore vuol trovare in voi una strada per poter entrare nelle vostre anime e compiere il suo viaggio: preparate dunque per lui la strada di cui sta scritto: «raddrizzate i suoi sentieri». «Voce di colui che grida nel deserto». C’è dunque una voce che grida: "Preparate la via". Dapprima infatti è la voce che giunge alle orecchie; poi, dopo la voce, o meglio insieme con la voce, è la parola che penetra nell’udito. È in questo senso che Giovanni ha annunziato il Cristo.

       Vediamo dunque ciò che annunzia la voce a proposito della parola. Essa dice: «Preparate la via al Signore». Quale strada dobbiamo noi preparare al Signore? Si tratta di una strada materiale? La parola di Dio può forse seguire una simile strada? O non bisogna invece preparare al Signore una via interiore, e disporre nel nostro cuore delle strade dritte e spianate? È attraverso questa via che è entrato il Verbo di Dio, che prende il suo posto nel cuore umano capace di accoglierlo.

       Grande è il cuore dell’uomo, spazioso, capace, sempreché sia puro. Vuoi conoscere la sua grandezza e la sua ampiezza? Osserva l’estensione delle conoscenze divine che esso contiene. È esso che dice: "Egli mi ha dato una vera conoscenza di ciò che è; egli mi ha fatto conoscere la struttura del mondo, le proprietà degli elementi, l’inizio, la fine e lo svolgersi dei tempi, il cambiamento delle stagioni, la successione dei mesi, il ciclo degli anni, la posizione degli astri, la natura degli animali, la furia delle belve, la violenza degli spiriti e i pensieri degli uomini, le varietà degli alberi e la potenza delle radici" (
Sg 7,17-20). Vedi dunque che non è affatto piccolo il cuore dell’uomo che abbraccia tutte queste cose. Devi intendere questa grandezza, non secondo le sue dimensioni fisiche, ma secondo la potenza del suo pensiero, che è capace di abbracciare la conoscenza di tante verità.

       Ma per portare gli uomini semplici a riconoscere la grandezza del cuore umano, prenderò qualche esempio dalla vita di tutti i giorni. Per quanto numerose siano le città che abbiamo visitato, noi le conserviamo tutte nel nostro spirito; le loro caratteristiche, la posizione delle piazze, delle mura, degli edifici restano nel nostro cuore. Conserviamo la strada che abbiamo percorso, disegnata e tracciata nella nostra memoria; serbiamo, chiuso nel nostro silenzioso pensiero, il mare che abbiamo attraversato. Come vi ho detto, non è piccolo il cuore dell’uomo se può contenere tanto. E se non è piccolo, dato che contiene tante cose, si può benissimo in esso preparare il cammino del Signore, e tracciare un dritto sentiero in modo che il Verbo e la Sapienza di Dio possano entrarvi.

       Preparate una strada al Signore osservando una condotta onesta, spianate i sentieri con opere degne, in modo che il Verbo di Dio cammini in voi senza incontrare ostacoli e vi dia la conoscenza dei suoi misteri e del suo avvento, egli "cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. 
Amen" (1P 4,11).

 

Lecture patristique

Origène (ca 185 - 253)
Homélies sur saint Luc, 22, 1-4

SC 67, 300-302.

 


Examinons comment l'avènement du Christ est proclamé, et d'abord ce qui est écrit au sujet de Jean: A travers le désert une voix crie: Préparez le chemin du Seigneur, aplanissez sa route. Ce qui suit concerne en propre le Seigneur notre Sauveur, car ce n'est pas par Jean Baptiste que tout ravin sera comblé, mais par le Seigneur notre Sauveur. Que chacun se considère soi-même, ce qu'il était avant de croire, et il découvrira qu'il a été une vallée basse, une vallée en pente rapide, plongeant vers les bas-fonds. Mais le Seigneur Jésus a envoyé l'Esprit Saint, son remplaçant. Alors toute vallée a été comblée, par les bonnes oeuvres et les fruits de l'Esprit Saint.

La charité ne laisse pas subsister en vous de vallée, si bien que, si vous possédez la paix, la patience et la bonté, non seulement vous cesserez d'être vallée, mais vous commencerez à être montagne de Dieu. Nous voyons se produire et s'accomplir chaque jour pour les païens cette parole: Tout ravin sera comblé, et pour le peuple d'Israël, qui est tombé de si haut: Toute colline et toute montagne seront abaissées (Lc 3,4-5). <>

C'est à la faute des fils d'Israël que les païens doivent le salut: Dieu voulait les rendre jaloux (
Rm 11,11). Si vous dites que ces montagnes et ces collines qui ont été abattues sont les puissances ennemies qui se dressaient contre les hommes, vous ne vous tromperez pas. En effet, pour que les vallées en question soient comblées, il faut que les puissances ennemies, montagnes et collines, soient abaissées.

Mais voyons si une autre prophétie s'est accomplie à l'avènement du Christ. Car le texte poursuit: Les passages tortueux deviennent droits. Chacun de nous était tortueux, du moins s'il l'était et ne le reste plus aujourd'hui, car, par l'avènement du Christ qui s'est réalisé pour notre âme, tout ce qui était tortueux a été redressé. A quoi peut-il nous se rvir en effet, que le Christ soit venu jadis dans la chair, s'il n'est pas venu aussi jusqu'à notre âme? Prions pour que son avènement s'accomplisse chaque jour en nous, et que nous puissions dire: Je vis, mais ce n'est plus moi, c'est le Christ qui vit en moi (
Ga 2,20). <>

Donc Jésus mon Seigneur est venu; il a égalisé nos aspérités et converti en routes unies tout ce qui était chaotique, pour faire de nous un chemin sans danger de chute, un chemin facile et très pur, pour que Dieu le Père puisse progresser en nous et que le Seigneur Jésus Christ fasse en nous sa demeure et dise: Mon Père l'aimera, nous viendrons chez lui, nous irons demeurer auprès de lui. (
Jn 14,23).



 

Patristic reading

Saint John Chrysostom (344(354 – 407)

HOMILY VI.

Jn 1,6

"There was a man sent from God, whose name was John."

[1.] Having in the introduction spoken to us things of urgent importance1 concerning God the Word, (the Evangelist) proceeding on his road, and in order, afterwards comes to the herald of the Word, his namesake John. And now that thou hearest that he was “sent from God,” do not for the future imagine that any of the words spoken by him are mere man’s words; for all that he utters is not his own, but is of Him who sent him. Wherefore he is called2 “messenger” (
Ml 3,1), for the excellence of a messenger is, that he say nothing of his own. But the expression “was,” in this place is not significative of his coming into existence, but refers to his office of messenger; for “‘there was’ a man sent from God,” is used instead of “a man ‘was sent’ from God.”

How then do some say,3 that the expression, “being in the form of God” (
Ph 2,6) is not used of His invariable likeness4 to the Father, because no article is added?5 For observe, that the article is nowhere added here. Are these words then not spoken of the Father? What then shall we say to the prophet who says, that, “Behold, I send My messenger before Thy face, who shall prepare Thy way” (Ml 3,1, as found in Mc 1,2)? for the expressions “My” and “Thy” declare two Persons.

Jn 1,7. “The same came for a witness, to bear witness of that Light.”

What is this, perhaps one may say, the servant bear witness to his Master? When then you see Him not only witnessed to by His servant, but even coming to him, and with Jews baptized by him, will you not be still more astonished and perplexed? Yet you ought not to be troubled nor confused, but amazed at such unspeakable goodness. Though if any still continue bewildered6 and confused, He will say to such art one what He said to John, “Suffer it to be so now for thus it becometh us to fulfill all righteousness” (
Mt 3,15); and, if any be still further troubled, again He will say to him too7 what he said to the Jews, “But I receive not testimony from man.” (c. 5,34). If now he needs not this witness, why was Jn sent from God? Not as though He required his testimony —this were extremest blasphemy. Why then? Jn himself informs us, when he says,

“That all men through him might believe.”

And Christ also, after having said that “I receive not testimony from man” (c. 5,34), in order that He may not seem to the foolish to clash with8 Himself, by declaring at one time “There is another that beareth witness of Me and I know that his9 witness is true” (c. 5,32) (for He pointed to John;) and at another, “I receive not testimony from man” (c. 5,34); He immediately adds the solution of the doubt, “But these things I say” for your own sake, 10 “that ye might be saved.” As though He had said, that “I am God, and the really-Begotten 11 Son of God, and am of that Simple and Blessed Essence, I need none to witness to Me; and even though none would do so, yet am not I by this anything diminished in My Essence; but because I care for the salvation of the many, 12 I have descended to such humility as to commit the witness of Me to a man.” For by reason of the groveling nature and infirmity of the Jews, the faith in Him would in this way be more easily received, and more palatable. 13 As then He clothed Himself with flesh, that he might not, by encountering men with the unveiled Godhead, destroy them all; so He sent forth a man for His herald, that those who heard might at the hearing of a kindred voice approach more readily. For (to prove) that He had no need of that (herald’s) testimony, it would have sufficed that He should only have shown Himself who He was in His unveiled Essence, and have confounded them all. But this He did not for the reason I have before mentioned. He would have annihilated 14 all, since none could have endured the encounter of that unapproachable light. 15 Wherefore, as I said, He put on flesh, and entrusted the witness (of Himself) to one of our fellow-servants, since He arranged 16 all for the salvation of men, looking not only to His own honor, but also to what might be readily received by, and be profitable to, His hearers. Which He glanced at when He said, “These things I say” for your sake, “that ye might be saved.” (c. 5,34). And the Evangelist using the same language as his Master, after saying, “to bear witness of that Light,” adds,

“That all men through Him might believe.” All but saying, Think not that the reason why Jn the Baptist came to bear witness, was that he might add aught to the trustworthiness of his Master. No; (He came,) that by his means beings of his own class 17 might believe. For it is clear from what follows, that he used this expression in his anxiety to remove this suspicion beforehand, since he adds,

Jn 1,8. “He was not that Light.”

Now if he did not introduce this as setting himself against this suspicion, then the expression is absolutely superfluous, and tautology rather than elucidation of his teaching. For why, after having said that he “was sent to bear witness of that Light,” does he again say, “He was not that Light”? (He says it,) not loosely or without reason; but, because, for the most part, among ourselves, the person witnessing is held to be greater, and generally more trustworthy than the person witnessed of; therefore, that none might suspect this in the case of John, at once from the very beginning he removes this evil suspicion, and having torn it up by the roots, shows who this is that bears witness, and who is He who is witnessed of, and what an interval there is between the witnessed of, and the bearer of witness. And after havingdone this, and shown His incomparable superiority, he afterwards proceeds fearlessly to the narrative which remains; and after carefully removing whatever strange (ideas) might secretly harbor 18 in the minds of the simpler sort, so instills into all 19 easily and without impediment the word of doctrine in its proper order.

Let us pray then, that henceforth with the revelation of these thoughts and rightness of doctrine, we may have also a pure life and bright conversation, 20 since these things profit nothing unless good works be present with us. For though we have all faith and all knowledge of the Scriptures, yet if we be naked and destitute of the protection derived from (holy) living, there is nothing to hinder us from being hurried into the fire of hell, and burning for ever in the unquenchable flame. For as they who have done good shall rise to life everlasting, so they who have dared the contrary shall rise to everlasting punishment, which never has an end. Let us then manifest all eagerness not to mar the gain which accrues to us from a right faith by the vileness of our actions, but becoming well-pleasing to Him by these also, boldly to look on Christ. No happiness can be equal to this. And may it come to pass, that we all having obtained 21 what has been mentioned, may do all to the glory of God; to whom, with the Only-Begotten Son and the Holy Ghost, be glory for ever and ever. Amen.


1 ta; katepeivgonta.
2 al). prohgovreutai, “is foretold.”
3 Vid. supra, Hom. 4,3).
4 ajparallaxiva vid. supra, Hom. 3,4 ad fin.
5 i.e. to Qeou`.
6 ijliggiw`n, “dizzy.”
7 [kai; pro;" aujto;n], perhaps “and with reference to him (the Baptist), Sav. al). kai; pro;" sev.
8 peripivptein.
9 aujtou`. h(n marturei` peri; ejmou` G. T.
10 diAE uJma`" (not in G. T).
11 gnhvsio", “genuine.”
12 tw`n pollw`n.
13 eujkolwtevra.
14 hjfavnise.
15 Lit. “unapproachable encounter of that light.”
16 ejpragmateuvsato.
17 oJmovfuloi.
18 uJformou`n).
19 al. 
“goes on and instills.”
20 politeia.
21 al. “living worthily of.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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