Domenica XXVII del Tempo Ordinario – Anno B – 3 ottobre 2021
Rito Romano
Gen 2,18-24; Sal 127; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16
Rito Ambrosiano
Is 45,20-24a; Sal 64; Ef 2,5c-13; Mt 20,1-16
VI Domenica dopo il Martirio di San Giovanni il Precursore.
1) L’amore umano ha il suo nido eterno nel cuore di Dio.
I vari brani del Vangelo, che la liturgia ci sta proponendo in queste domeniche, ci mostrano Gesù in cammino verso Gerusalemme e verso la Croce, perché il Figlio dell’uomo si consegna nelle mani degli uomini. In questo modo Cristo ci insegna che la vita non è avere in mano, ma consegnarsi nelle mani. Avere in mano è l’egoismo e il potere, consegnarsi nelle mani è l’amore.
Nei capitoli che stiamo leggendo, l’Evangelista San Marco raggruppa gran parte degli insegnamenti di Gesù ai discepoli. A questi il Messia, dopo averli istruiti sul servizio, sull’accoglienza e sullo scandalo (cfr. il Vangelo di domenica scorsa), dona il suo insegnamento sul matrimonio e sui piccoli.
Cosa insegna la Bibbia sul matrimonio?
Il matrimonio, così come la Bibbia ce lo presenta, non esiste al di fuori della relazione con Dio. Le letture bibliche dell’odierna domenica parlano del matrimonio. Ma, più radicalmente, parlano del disegno della creazione, dell’origine e, dunque, di Dio. Su questo piano converge anche la seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, là dove dice: “Colui che santifica – cioè Gesù Cristo – e coloro che sono santificati – cioè gli uomini – provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli” (Eb 2,11). Dall’insieme delle letture, risalta dunque in maniera evidente il primato di Dio Creatore, con la perenne validità della sua impronta originaria e la precedenza assoluta della sua signoria, quella signoria che i bambini sanno accogliere meglio degli adulti, ed è per questo che Gesù li indica a modello per entrare nel regno dei cieli (cfr Mc 10,13-15).
Alla luce di queste affermazioni possiamo dire che la vita coniugale tra l’uomo e la donna, e quindi della famiglia che ne deriva, è inscritta nella comunione con Dio e, alla luce del Nuovo Testamento, diventa icona dell’Amore trinitario e sacramento dell’unione di Cristo con la Chiesa. Allora possiamo fare una seconda domanda:
Cosa insegna oggi Gesù sul matrimonio?
Oggi come circa duemila anni fa, Cristo ci dice che un matrimonio indissolubile non è una norma difficile da osservare, ma un “vangelo”, cioè la buona e lieta notizia che l’amore duraturo è possibile e che ha il suo nido nel cuore divino. Infatti, dicendo che “dall’inizio” c’era la stabilità della coppia, Gesù si riferisce al piano di Dio creatore, che sta all’origine di tutto. Non è solo il rinvio ad un passato, ma alla verità che permane nel tempo, perché è l’origine di ogni cosa, secondo la sapienza creatrice di Dio. E questa è già una buona notizia: esiste un piano amoroso di Dio sulla famiglia. Essa fa parte del disegno sapiente del Creatore, non è un prodotto storico delle contingenze. E’ in questo piano di Dio, dunque, che possiamo trovare la sua identità permanente.
Il nido della fedeltà duratura è il cuore di Dio, che accoglie i cuori umani così che il loro amore non è più effimero (che dura un giorno solo), che come un sogno svanisce all’alba. L’amore umano duraturo tra uomo e donna è secondo il cuore e l’intelligenza di Dio.
Vediamo il perché, commentando brevemente il Vangelo di oggi.
Come tutte le altre volte in cui i farisei cercano di coinvolgerlo in un dibattito per metterlo in trappola, il Messia va oltre i termini angusti in cui gli uomini gli pongono un problema e va alla radice. Infatti a coloro che gli domandavano come interpretare la legge mosaica sul divorzio, Gesù non dice come debba essere interpretata di preciso la norma di Mosè a questo riguardo, ma ricorda qual è l’intenzione che all’inizio Dio ha avuto circa il matrimonio e la sua indissolubilità.
2) L’inizio.
Come accennavo nel primo paragrafo, strettamente collegata al testo del Vangelo di oggi è la prima lettura tratta dal Libro della Genesi, dove si parla dell’inizio.
Che cos’è l’inizio? Letteralmente e prima di tutto è il racconto della creazione, che troviamo nel libro della Genesi, soprattutto il primo capitolo. Questo capitolo culmina nella creazione dell’uomo e della donna “a immagine e somiglianza” di Dio. L’immagine di Dio nella sua totalità non è nell’uomo solo o nella donna sola, ma in entrambi come comunione di persone. Per questa la prima lettura di questa domenica è presa dal libro della Genesi ed è strettamente legata al vangelo. Nel primo libro della Bibbia si parla appunto della creazione dell’uomo e della nascita della famiglia, basata sul matrimonio, che è un’istituzione naturale. La coppia, l’unione, la collaborazione entrano a pieno titolo nel progetto della creazione, tant’è vero che si parla di procreazione. Il concetto di coppia, di relazione, di interdipendenza, di comunione, di fecondità, di dono della vita e di condivisione nel matrimonio è qui espresso in modo chiaro e significativo. Noi siamo fatti gli per gli altri. La solitudine, l’individualismo non trovano riscontro in una visione autenticamente cristiana. La comunione feconda e altruista (oblativa) prevale sulla concezione materialistica e edonistica dell’amore e del matrimonio. Capire questo nel nostro mondo significa fare scelte di vita capaci di reggere agli urti devastanti del valore famiglia.
Per questo il riferimento all’inizio, alla creazione, indica che la comprensione del matrimonio non si basa su una teoria fisica o biologica, ma su una categoria personale, quella di vocazione1.
Il riferimento “all’inizio”, ci rimanda anche all’inizio del Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo” (Gv 1, 1), che si riferisce a Cristo stesso, “per mezzo del quale tutto fu fatto”. Lui, il Figlio, è l’immagine perfetta del Padre, che si manifesta alle nozze di Cana anche come Sposo. Quindi, per trovare l’identità del matrimonio dobbiamo guardare non solo alla creazione, ma soprattutto al Figlio e al mistero della Ss.ma Trinità, mistero di amore e di relazione: la relazione del Padre col Figlio e lo Spirito Santo, come dono di amore, che permette di vivere tale identità filiale.
Per Gesù l'intenzione profonda a cui il matrimonio deve rifarsi all’inizio della Creazione ed alla conseguente Alleanza o, se preferiamo, la fedeltà salda, fondata sulla fedeltà che Gesù pratica vivendo nella sua scelta di Messia fedele fino alla morte sulla Croce. Una fedeltà definitiva e senza pentimenti, un’Alleanza senza compromessi. Analogamente, unendosi alla sua donna, l’uomo deve portare tutto se stesso, giocandosi completamente e definitivamente. Ecco perché e a quali condizioni il matrimonio diventa veramente una «sequela», cioè cammino in cui l’amore del Cristo e la sua fedeltà tornano a trasparire.
Infine il rimando “all’inizio” allude anche al cuore dell’uomo, che è il principio degli atti umani, come ricorda il Signore Gesù stesso (Mc 7, 21-23). L’identità personale di ciascuno è scritta nel suo cuore, da dove provengono le parole e le azioni.
3)Un esempio di sequela: i bambini: oggetto di un amore che se non è tenero e misericordioso non è un amore autentico.
Nel Vangelo di questa domenica oltre all’invito all’accoglienza duratura, reciproca e fedele tra uomo e donna, Cristo parla anche dell’accoglienza dei bambini. A differenza dei suoi discepoli, Gesù accoglie i bambini. Con questo non soltanto si oppone alla mentalità del tempo, ma addirittura anche alla mentalità dei discepoli: l’episodio tradisce infatti uno scontro: «I discepoli li sgridarono... Gesù vedendo ciò, si indignò...». Con grande meraviglia dei discepoli, Gesù accoglie i bambini: perde tempo con loro. La serietà del suo cammino verso Gerusalemme non distrae Gesù dai piccoli. Li considera capaci di seguirlo, sempre e dovunque, Croce compresa. A questo riguardo si pensi ai Santi Innocenti. “Al vedere che i discepoli allontanavano i bambini, Cristo “s’indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”. E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.” (Mc 10, 14-16).
E’ curioso l’atteggiamento dei discepoli. Si avvicinano i farisei, per mettere alla prova Gesù. Si avvicinano i bambini per ricevere da Gesù carezze e benedizioni. I discepoli non impediscono ai farisei di accostarsi, sgridano invece i bambini. Il regno di Dio ha ingressi solo per i bambini e per chi diventa come loro.
O è meglio dire per chi diventa come il Bambino Gesù, che si è fatto davvero bambino per servire e salvare.
L’importante è accogliere perché diventiamo Chi accogliamo: Dio.
Gesù si arrabbia con i suoi discepoli perché non hanno capito nulla sulle cose più profonde di quello che Lui sta insegnando e dice: “Lasciate che i bambini vengano a me”. Venire da Gesù.
L’andare da lui e con lui è la salvezza, andare con Lui, il Figlio: “Lasciateli che vengano, non impediteli, perché il Regno è di chi è come loro”. Diventare come bambini è accettare che siamo figli e che la nostra appartenenza al Padre è libertà. Il bisogno di essere figli è il bisogno di essere di Dio, Padre da sempre e per sempre. Padre misericordioso che sempre ci accoglie.
Il Messia ha detto ai suoi discepoli di accogliere i bambini perché questi uomini adulti accettino di essere piccoli. Diede questo insegnamento che oggi ripete a noi, perché anche noi accogliamo Lui che si fa piccolo per noi. Lui chiede il nostro amore: perciò si fa bambino. Nient’altro vuole da noi se non il nostro amore. Stando vicino a Lui con la semplicità dei bambini possiamo imparare a vivere con Lui e a praticare con Lui anche l’umiltà della rinuncia che fa parte dell’essenza dell’amore. Dio si è fatto piccolo affinché noi potessimo comprenderLo, accoglierLo, amarLo.
Un modo significativo di vivere questo essere spiritualmente bambini è quello delle Vergini consacrate nel mondo.
Il bambino è pura ricettività, quindi diventa quello che gli si dà e gli si dice. Così queste donne con la loro consacrazione, si fidano e affidano completamente a Cristo. La loro “attività” è di vivere ricevendo tutto da Dio. La verginità è fanciullezza evangelica alla quale appartiene il Regno di Dio.
Un bambino come accoglie il Regno di Dio? Con stupore e occhi “nuovi”, perché puri: occhi che riflettono il cielo.
Come bambini, le persone vergini hanno occhi nuovi, capaci di uno sguardo che sa stupirsi, entusiasmarsi, gioire, possono veramente entrare nella casa del Padre Buono.
Sull’esempio dei bambini e di chi vive la fanciullezza evangelica, a qualsiasi età sapremo conservare la capacità di guardare alla vita, alle persone, al mondo, con occhi capaci di sgranarsi pieni di meraviglia, interesse, curiosità, attesa, slancio… allora saremo capaci di ridiventare bambini. E quindi sapremo accogliere veramente il Regno di Dio.
1 Ce lo ricorda questo brano della Esortazione apostolica di S. Giovanni Paolo II Familiaris consortio: “Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza: chiamandolo all’esistenza per amore, nello stesso tempo lo ha chiamato all’amore. Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione personale di amore. creandola a sua immagine e somiglianza e conservandola continuamente nell’essere, Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione e di conseguenza anche la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione. L’amore è, pertanto, la vocazione fondamentale e nativa di ogni essere umano”(n. 11).
LETTURA PATRISTICA
Sant’Ambrogio
da Milano
Exp.
in Luc.,
8, 4-7
È Dio l’autore dell’unione coniugale
Non ripudiare quindi la tua sposa: significherebbe negare che Dio è l’autore della tua unione. Infatti se è tuo compito sopportare e correggere i costumi degli estranei, a maggior ragione lo è nei riguardi di tua moglie.
Ascolta quanto dice il Signore: “Chi ripudia la sposa ne fa un’adultera” (Mt 5,32). Colei infatti che, finché vive il marito, non può sposarsi di nuovo, può essere soggetta alla lusinga del peccato. Così colui che è responsabile dell’errore lo è anche della colpa, quando la madre è ripudiata con i suoi bambini, quando, già anziana e col passo ormai stanco, è messa alla porta. Ed è male scacciare la madre e trattenere i suoi figli: perché si aggiunge, all’oltraggio fatto al suo amore, la ferita nei suoi affetti materni. Ma più crudele è scacciare anche i figli per causa della madre, in quanto i figli dovrebbero piuttosto riscattare agli occhi del padre il torto della madre. Quale rischio esporre all’errore la debole età di un adolescente! E quale durezza di cuore scacciare la vecchiaia, dopo aver deflorato la giovinezza! Sarebbe lo stesso se l’imperatore scacciasse un soldato veterano senza compensarlo per i suoi servigi, togliendogli gli onori e il comando che ha; o che un agricoltore scacciasse dal suo campo il contadino spossato dalla fatica! Ciò che è vietato fare nei confronti dei sudditi, sarebbe dunque permesso nei riguardi dei congiunti?
Tu invece ripudi la tua sposa quasi fosse nel tuo pieno diritto, senza temere di commettere un’ingiustizia; tu credi che ciò ti sia permesso perché la legge umana non lo vieta. Ma lo vieta la legge di Dio: e se obbedisci agli uomini, devi temere Dio. Ascolta la legge del Signore cui obbediscono anche quelli che fanno le leggi: “Ciò che Dio ha unito, l’uomo non divida” (Mt 19,6).
Ma non è soltanto un precetto del cielo che tu violi: tu in certo modo distruggi un’opera di Dio.
Tu permetteresti – ti prego – che, te vivente, i tuoi figli dipendessero da un patrigno, oppure che, mentre è viva la loro madre, essi vivessero sotto una matrigna? E supponi che la sposa che hai ripudiata non torni a sposarsi: ebbene, ti era sgradita, quando eri suo marito, questa donna che si mantiene fedele a te, ora che sei adultero? Supponi invece che torni a sposarsi: la sua necessità è un tuo crimine, e ciò che tu credi un matrimonio in realtà è un adulterio. E senza importanza che tu commetta adulterio pubblicamente, oppure che tu lo commetta sembrando marito; c’è solo il fatto che la colpa commessa per principio è più grave di quella commessa furtivamente.
Forse qualcuno potrà dire: “Ma allora perché Mosè ha comandato di dare il libello di divorzio e di licenziare la moglie?” (Mt 19,7 Dt 24,1). Chi parla in questo modo è giudeo, non è cristiano: egli obietta ciò che fu obiettato al Signore, e perciò lasciamo al Signore il compito di rispondergli: “Per la durezza del vostro cuore” –dice – “Mosè vi permise di dare il libello del divorzio e di ripudiare le mogli; ma all’inizio non era così” (Mt 19,8). Cioè egli dice che Mosè lo ha permesso, ma Dio non lo ha ordinato: all’inizio valeva la legge di Dio. Qual è la legge di Dio? “L’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà alla sua sposa, e saranno due in una carne sola” (Gn 2,24 Mt 19,5). Dunque chi ripudia la sposa, dilania la sua carne, divide il suo corpo.
Nessun commento:
Posta un commento