16ª
Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 19 luglio 2020
Rito
Romano
Sap
12,13.16-19; Sal 85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43
Rito
Ambrosiano
6ª
Domenica dopo Pentecoste
Es
33,18-34,10; Sal 76 (77); 1Cor 3,5-11; Lc 6,20-31
1)
Il Regno governato dall’amore di Dio potente e provvidente.
Il
brano preso dal
libro della Sapienza (12,13.16-19) e proposto come prima
Lettura della Messa di oggi ricorda la potenza provvidente di
Dio-Amore. Questi esercita il Suo potere con la paziente mitezza,
unendola alla clemenza indulgente, delicata e lenta all’ira. Grazie
a questa “lentezza” Dio si distingue da tutte le altre divinità
antiche ed anche dai potenti di questo mondo, che esercitano il loro
potere senza la “moderazione” dell’amore, ma con la violenza
della forza e non con quella dell’amore vero, che è sempre
delicato. Inoltre, secondo l’autore del libro della Sapienza, il
popolo di Dio dovrebbe comportarsi come il suo Dio, mostrandosi amico
degli uomini. Inoltre dovrebbe sempre ricordare che per quanto
peccatori, si può contare anche ogni giorno sulla misericordia
divina.
Nella
Seconda Lettura presa dalla lettera di S. Paolo Apostolo ai Romani
(8,26-27), ci viene ricordato che da soli e senza la preghiera siamo
incapaci di raggiungere la salvezza offertaci dalla misericordia. Ora
lo Spirito, che è in noi mediante il battesimo, ci aiuta a formulare
quella giusta preghiera che è secondo Dio, cioè secondo il suo
piano di salvezza e che ha come oggetto la nostra stessa salvezza.
La
parabola del buon grano e della zizzania1,
come pure quella del granellino di senape e quella del lievito nella
pasta, che leggiamo nel Vangelo di oggi (Mt
13,24-43) ci parlano del Regno governato dalla potenza paziente e
amorosa di Dio. Il Regno
dei cieli significa la signoria di Dio, e ciò implica che la sua
volontà dev’essere assunta come il criterio-guida della nostra
esistenza.
Il
filo rosso delle tre parabole di oggi è il Regno dei cieli. E qui,
come negli altri momenti in cui Cristo usa la parola “cieli”,
questa parola non indica soltanto l’altezza che ci sovrasta, ma
indica quegli spazi infiniti tipici dell’interiorità dell’uomo.
Inoltre, il Redentore parla del Regno dei cieli come di un campo di
grano, per insegnarci che in noi è seminato qualcosa di piccolo e
nascosto, che, tuttavia, possiede un’insopprimibile forza vitale.
Se accolto con amore, il seme si svilupperà nonostante le
difficoltà, e porterà molto frutto.
Questo
frutto sarà buono solamente
se il terreno della vita sarà stato coltivato secondo la volontà
divina. Per questo, nella parabola del buon grano e della zizzania
(Mt 13,24-30), Gesù ci avverte che, dopo la semina fatta dal
padrone, “mentre tutti dormivano” è intervenuto “il suo
nemico”, che ha seminato l’erba cattiva. Questo significa che
dobbiamo essere pronti a custodire la grazia ricevuta il
giorno del Battesimo, continuando
ad alimentare la fede nel Signore, che impedisce al male di mettere
radici. Sant’Agostino, commentando questa parabola, osserva che
“molti prima sono zizzania e poi diventano buon grano” e
aggiunge: “se costoro, quando sono cattivi, non venissero tollerati
con pazienza, non giungerebbero al lodevole cambiamento” (Quaest.
septend. in Ev. sec. Matth., 12, 4:
PL 35, 1371).
La
presenza della zizzania nel campo di grano – anche se i servi
mostrano di esserne sorpresi – non è ancora in realtà il tratto
più imprevisto e sorprendente della parabola della zizzania. Tant’è
vero che ai servi che gli chiedono spiegazioni, il padrone risponde
semplicemente: “Il nemico ha fatto questo”. E neppure è inattesa
l’affermazione che al tempo della mietitura grano e zizzania
saranno accuratamente separati: il grano raccolto nel granaio e la
zizzania buttata nel fuoco. Lo stupore dell’ascoltatore - stupore
che, come spesso succede, indica il punto su cui concentrarsi – sta
nel fatto che ora la zizzania non debba essere strappata, ma
piuttosto lasciata crescere insieme al grano fino al tempo della
messe: altrimenti c'è il rischio – aggiunge ironicamente il
padrone – di strappare il grano e di lasciare la zizzania.
Gesù
non si separa dai peccatori ma va da loro (da noi), non li (ci)
abbandona ma li (ci) perdona. Accogliamo Lui, Bontà infinita, e
prima di cercare di estirpare la zizzania negli altri sforziamoci di
toglierla dal nostro cuore, “approfittando” della pazienza di
Dio.
In
effetti, nella parabola del grano e della zizzania, Gesù denuncia la
nostra fretta epurativa. Il buon grano e la zizzania crescono
insieme. Che deve fare il contadino? Separare il grano dalla zizzania
prima della mietitura? No, risponde il Signore,. Quando giungerà il
tempo opportuno (il kairòs), il grano buono sarà
separato dalla zizzania cattiva. Il fatto è che noi facciamo fatica
ad accettare la saggezza paziente di Dio. Siamo impazienti. Vorremmo
subito mettere da una parte i buoni, dall'altra i cattivi, il nostro
posto essendo – secondo noi evidentemente - tra i primi.
2)
Pazienza, fedeltà, fiducia.
Dunque,
il centro della parabola è qui, in questa pazienza misericordiosa di
Dio, in questa sua – strana per noi - politica di attesa. Però
questo brano del Vangelo non è solamente un invito alla pazienza è
anche un invito alla fedeltà. Il Cristo spiega in modo chiaro che la
vera giustizia arriverà alla fine dei tempi. Fino ad allora dobbiamo
convivere con la zizzania evitando che il buon grano possa essere
danneggiato in qualche modo. Se questo indica la fedeltà a quel buon
grano che ci alimenta, la pazienza è indicata dal fatto che chi
rappresenta la zizzania fino alla fine deve essere tollerato sperando
che si converta. Lasciamo giudicare a Dio alla fine. Adesso, a noi
non spetta fare giustizia, ma testimoniare nella carità, pregando
che venga aumentata la nostra fede.
E’
la nostra fede che deve continuamente confermarsi e accrescersi. Ogni
indecisione può essere rischiosa e consentire al nemico di gettare
il seme cattivo anche nel campo meglio coltivato. Il Signore stesso
ci avverte: “mentre tutti gli uomini dormivano (...)”. Questo è
un avvertimento per tutti e non solamente per coloro che devono
vigilare sull’integrità del campo. Vigilare anche quando non
sembrano esserci pericoli. La zizzania, infatti, appare solo dopo che
è cresciuta e quando estirparla può essere pericoloso per lo stesso
grano. Si tratta di chiaro invito alla saggezza previdente.
Inoltre,
la parabola della zizzania è un messaggio di fiducia per i discepoli
di allora e di oggi. Anche se nel mondo vi è la presenza del male,
Dio già sta attuando la sua opera di salvezza. Attraverso la
predicazione di Gesù, Dio sparge e fa crescere nei cuori di tutti
gli uomini il seme buono, fino alla fine del mondo, quando Dio
separerà i giusti dai malvagi. Il tempo in cui la Parola sembra
soffocare dall'azione del nemico è il tempo della pazienza salvifica
di Dio.
Soltanto
Dio giudica: noi credenti dobbiamo imitare la bontà del Salvatore, e
pregare, perché il peccatore si converta. Pregare significa
domandare nella carità la mietitura finale, in cui il bene trionferà
definitivamente sul male. Pregare è unirsi al Dio, ricco di
misericordia, che cerca di riportare nell'ovile la pecorella
smarrita. Pregare in Dio è aver fiducia nell'annuncio della Parola
che persiste nel male del mondo. Pregare, infine, è lasciarsi
penetrare dallo Spirito “che viene in aiuto alle nostre
debolezze”(Rm 8,26).
Anche
nella seconda parabola del Vangelo di oggi (Mt 13,31-32), Gesù
ci invita fortemente ad aver fiducia nella sua attività: Egli ha
vinto la morte e il peccato, e instaurando il regno con la Sua
predicazione e con la Sua presenza: ci rende partecipi della vita
divina.
La
terza parabola (13,33) è simile alla seconda. In essa Gesù
sottolinea la sproporzione fra il pizzico di lievito con il quale la
donna impasta la farina, e la quantità enorme di pasta lievitata che
ne deriva. Tale paragone spiega l’attività del Figlio di Dio, che
agli occhi umani di allora come a quelli di oggi appare irrilevante,
e la forza silenziosa e spettacolare con cui Dio trasforma il mondo e
salva l’uomo. Il lievito, dunque, rappresenta la forza del Vangelo,
che, anche se nascosta e silenziosa agli occhi della storia, fermenta
nei cuori dei credenti fino alla fine dei secoli.
Perché
la Parola di Gesù possa fermentare nei nostri cuori, dobbiamo essere
disponibili al Suo ascolto: meditare quotidianamente la Sacra
Scrittura e partecipare assiduamente ai sacramenti. Insomma dobbiamo
lasciare entrare il Salvatore nella casa, vale a dire, nel “campo”
della nostra anima.
3)
La terra del nostro cuore.
Il
nostro cuore è un piccolo grumo di terra, dove è stato seminato il
buon seme, ma che è assediato dalla zizzania.
Con
il nostro modo poco benevolo verso gli altri e anche verso noi stessi
vorremmo strappare subito tutto ciò che è immaturo, sbagliato,
puerile, cattivo. Il Signore dice: abbiate pazienza, non agite con
violenza, perché il vostro cuore è capace di grandi cose solo se è
mite e umile, non se ha grandi reazioni immediate.
Mettiamoci
sulla strada su cui Dio agisce e adottiamo il suo modo di agire: per
vincere la notte Lui accende il mattino, per far fiorire il campo
getta infiniti semi di vita, per far lievitare la farina immobile
immette un pizzico di lievito. E’ il Seminatore dell’amore che
assume su di sè il peccato per trasfigurare il peccatore e non
distrugge l’uomo vecchio per costruire l’uomo nuovo: lo redime.
Le
Vergini consacrate nel mondo mostrano che l’importante è guardare
la vita come la guarda Dio. I servi vedono soprattutto le erbacce, il
negativo, il pericolo. Cristo e le persone consacrate fissano il loro
sguardo sul buon grano, la zizzania è secondaria. Con la loro
dedizione a Cristo mostrano che noi non siamo creati a immagine del
Nemico e della sua notte, ma a immagine del Creatore e del suo
giorno. Nessun essere umano coincide con il suo peccato o con le sue
ombre. Ma se non vediamo la luce in noi, non la vedremo in nessuno.
Queste donne non si preoccupano prima di tutto della zizzania, dei
difetti, delle debolezze, ma di coltivare una venerazione profonda
per le forze di bontà, di generosità, di attenzione, di
accoglienza, di libertà che Dio loro consegna mediante la vocazione.
Esse, secondo me, incarnano è il messaggio della parabola di oggi:
venerano la vita che Dio ha posto in loro, la proteggono in sé e
negli altri. Con la preghiera costante pensano al buon grano, amano i
germi di vita donati da Dio, custodiscono ogni germoglio buono, sono
indulgenti con tutte le creature. E anche con se stesse. Prediamole
come esempio e tutto il nostro essere fiorirà nella luce.
1
Nella
parabola della zizzania troviamo sostanzialmente lo stesso schema
della parabola del seminatore. Vi è descritta la sorte del seme
(Parola di Gesù e Gesù che è la Parola), la cui crescita nel
mondo è vincolata dall’azione del nemico, che semina la zizzania,
un’erbaccia che si avvinghia al frumento. Perché il buon seme
venisse preservato, la zizzania non veniva estirpata prima della
mietitura. Solo allora era possibile dividere il seme buono dalla
zizzania.
LETTURA
PATRISTICA
San
Giovanni Crisostomo
In
Matth. 46, 1
1.
La vigilanza continua
Anche
questo è proprio del sistema diabolico, che consiste nel mescolare
l’errore e la menzogna alla verità, in modo che, sotto la maschera
ben colorata della verosimiglianza, l’errore possa apparire verità
e possa facilmente sorprendere e ingannare coloro che non sanno
resistere alla seduzione, o non comprendono l’insidia. Ecco perché
Gesù chiama il seme del demonio «zizzania» e non con altro nome,
poiché quest’erba è assai simile, in apparenza, al frumento. E
subito dopo ci indica il modo in cui il diavolo attua i suoi tranelli
e coglie le anime di sorpresa.
“Or
mentre gli uomini dormivano”
(Mt
13,25):
queste parole mostrano il pericolo cui sono esposti coloro che hanno
la responsabilità delle anime, ai quali in particolare è affidata
la difesa del campo; non solo però costoro, ma anche i fedeli.
Cristo precisa inoltre che l’errore appare dopo lo stabilirsi della
verità, come anche l’esperienza dei fatti può testimoniare. Dopo
i profeti sono apparsi gli pseudoprofeti, dopo gli apostoli i falsi
apostoli, e dopo Cristo l’anticristo. Se il demonio non vede che
cosa deve imitare, o a chi deve tendere le sue insidie, non saprebbe
in qual modo nuocerci. Ma ora che ha visto la divina seminagione di
Gesù fruttificare nelle anime il cento, il sessanta e il trenta per
uno intraprende un’altra strada; poiché si è reso conto che non
può strappare ciò che ha radici ben profonde, né può soffocarlo e
neppure bruciarlo, allora tende un altro insidioso inganno, spargendo
la sua semente.
Ma
quale differenza vi è - mi chiederete - tra coloro che in questa
parabola «dormono» e coloro che, nella parabola precedente sono
raffigurati nella «via»? Nel caso di coloro che sono simboleggiati
nella «via» il seme è portato via immediatamente dal maligno, che
non gli dà il tempo di mettere radici; mentre in quelli che
«dormono» il grano ha messo radici e allora il demonio deve
intervenire con una più elaborata macchinazione. Cristo dice ciò
per insegnarci a vigilare continuamente, perché - egli ci avverte -
quand’anche riusciste a evitare quei danni cui è sottoposta la
semente, non sareste ancora al sicuro da altri pericolosi assalti.
Come là il seme si perde «lungo la via», o «sul suolo roccioso»,
o «tra gli spini», così anche qui la rovina può derivare dal
sonno; perciò siamo obbligati a una vigilanza continua. Infatti Gesù
ha detto pure che si salverà chi avrà perseverato sino alla fine
(Mc
4,33)...
Ma
voi osserverete: Com’è possibile fare a meno di dormire? Certo non
è possibile, se ci si riferisce al sonno del corpo: ma è possibile
non cadere nel sonno della volontà. Per questo anche Paolo diceva:
"Vigilate
e restate costanti nella fede"
(1Co
16,13)
...
Considerate,
invece, l’affettuoso interessamento dei servitori verso il loro
padrone. Essi si sarebbero già levati per andare a sradicare la
zizzania, anche se in tal modo non avrebbero agito in modo discreto e
opportuno. Questo tuttavia mostra la loro cura per il buon seme e
testimonia che il loro unico scopo non sta nel punire il nemico - non
è questa la necessità più urgente - ma nel salvare il grano
seminato. Essi perciò cercano il mezzo per rimediare rapidamente al
male fatto dal diavolo. E neppure questo vogliono fare a caso, non
s’arrogano infatti questo diritto, ma attendono il parere e
l’ordine del padrone. "Vuoi,
dunque, che andiamo a raccoglierla?"
(Mt
13,28)
- gli chiedono. Cosa risponde il padrone? Egli vieta loro di farlo,
dicendo che c’è pericolo, nel raccogliere la zizzania, di
sradicare anche il grano. Parla così per impedire le guerre, le
uccisioni, lo spargimento di sangue.
2.
Il Logos ha seminato il buon grano
Ma,
mentre dormono coloro che non praticano il comando di Gesù che dice:
"Vegliate
e pregate, per non entrare in tentazione"
(Mt
26,41
Mc
14,38
Lc
22,40),
il diavolo, che fa la posta (1P
5,8),
semina quella che viene detta la zizzania, le dottrine perverse, al
di sopra di ciò che alcuni chiamano i pensieri naturali, e al di
sopra dei buoni semi venuti dal Logos. Secondo tale interpretazione,
il campo designerebbe il mondo intero e non solamente la Chiesa di
Dio; infatti è nel mondo intero che il Figlio di Dio ha seminato il
buon seme e il cattivo la zizzania (Mt
13,37-38),
cioè le dottrine perverse che, per la loro nocività, sono «figlie
del maligno». Ma ci sarà necessariamente, alla fine del mondo, che
vien detta «la consumazione del secolo», una mietitura, perché gli
angeli di Dio preposti a tale compito raccolgano le cattive dottrine
che si saranno sviluppate nell’anima e le consegnino alla
distruzione, gettandole, perché brucino, in quello che viene
definito fuoco (Mt
13,40).
E così, «gli angeli», servitori del Logos, raduneranno «in tutto
il regno» di Cristo, «tutti gli scandali» presenti nelle anime e i
ragionamenti «che producono l’empietà», e li distruggeranno
gettandoli nella «fornace di fuoco», quella che consuma (Mt
13,41-42)
così del pari coloro che prenderanno coscienza che, poiché hanno
dormito, hanno accolto in sé stessi i semi del cattivo, piangeranno
e saranno, per così dire, in collera con sé stessi. Sta in ciò, in
effetti, "lo
stridor di denti"
(Mt
13,42),
ed è anche per questo che è detto nei Salmi: "Hanno
digrignato i denti contro di me"
(Ps
35,16).
È soprattutto allora che "i
giusti brilleranno",
non tanto in modo diverso, come agli inizi, bensì tutti alla maniera
di un unico "sole,
nel regno del Padre loro"
(Mt
13,43).
Origene,
In Matth. 10, 2
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