18ª Domenica del Tempo Ordinario –
Anno A – 2 agosto 2020
Rito Romano
Is 55,1-3; Sal 144; Rm 8,33.37-39;
Mt 14,13-21
Rito Ambrosiano
8ª Domenica dopo Pentecoste
1Sam 3,1-20; Sal 62; Ef 3,1-12; Mt
4,18-22
-
Cinque pani benedetti sfamano cinquemila persone
Il
Vangelo di questa domenica mostra la compassione attenta di Cristo
verso l’umanità presentandoci il miracolo della moltiplicazione
dei pani. Per
essere precisi nel
Vangelo oggi Cristo non parla di moltiplicazione, ma di divisione.
Con due risultati diversi.
Noi, essere umani, moltiplichiamo,
aggiungiamo pane a pane ma saziamo misuratamente. Il Figlio di Dio
spezza il pane e lo fa condividere e sazia oltre ogni misura.
Stranamente o, meglio, miracolosamente,
attraverso la divisione c’è un aumento che
sazia in modo così abbondante che avanzano così tanti pezzi di pane
da riempire dodici ceste.
Gesù
compie questo gesto di carità verso una moltitudine di persone, che
lo hanno seguito per ascoltarlo ed essere guarite da varie malattie
(cfr Mt 14,14). Questo gesto espresso da questi
verbi, cioè benedire, spezzare e dare, sono gesti che compie Gesù,
che compie Dio con noi, ma è anche un
gesto che tutti anche il più
povero di questa terra può compiere. Anche
il più povero può
benedire, può spezzare quel poco, pochissimo che ha e può
distribuire, può donare.
Prima di
contemplare la scena evangelica di oggi, immedesimiamoci nei
discepoli di Gesù lieti di camminare con Lui, che avanza sulle
strade di Galilea portando il Vangelo e compiendo le opere del Regno,
opere di misericordia fatte da un Re vicino al suo popolo. Gesù oggi
mostra la sua regalità divina togliendo uno degli ostacoli che
imprigionano l’uomo: la fame. E poiché uno dei segni del Regno dei
Cieli è l’abbondanza, moltiplica i 5 pani in una quantità tale
che ne avanzano 12 ceste colme.
Per
comprendere meglio questa moltiplicazione dei pani e dei pesci
occorre tenere presente anche un fatto a cui spesso non si fa
attenzione. Il fatto che la parabola del seme della Parola (Mt 13, 1
– 23) e la moltiplicazione dei pani e dei pesci appartengono ad uno
stesso contesto: Cristo “amministra” un duplice Pane: quello
“fatto” di spirito, la Parola, e quello del corpo, fatto di
grano.
E ora
contempliamo la scena evangelica di oggi: siamo al tramonto di una
giornata spesa da una moltitudine di persone a nutrirsi della parola
di Cristo per curare il corpo e nutrire lo spirito, quindi i
discepoli suggeriscono a Gesù di dire alla folla di andare in cerca
di cibo per sfamare il corpo.
Il consiglio
degli amici del Messia nasce dal buon senso umano e dall’attenzione
alle necessità delle persone. Il Signore non contesta il
suggerimento dei discepoli, ma dà loro un comando umanamente strano:
“Voi stessi date loro da mangiare” (Mt 14,16).
Il buon senso
umano spinge i discepoli ad obiettare a Gesù che non hanno “altro
che cinque pani e due pesci”. Il Redentore allora compie un gesto
che fa pensare al sacramento dell’Eucaristia: “Alzò gli occhi al
cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai
discepoli, e i discepoli alla folla” (Mt 14,19).
Il miracolo consiste nella condivisione fraterna di pochi pani che,
affidati alla potenza di Dio, non solo bastano per tutti, ma
addirittura avanzano, fino a riempire dodici ceste. Il Signore
sollecita i discepoli affinché siano loro a distribuire il pane per
la moltitudine; in questo modo li istruisce e li prepara alla futura
missione apostolica: dovranno infatti portare a tutti il nutrimento
della Parola di vita, del Pane di Vita eterna e di quella terrena.
In questo
gesto prodigioso si intrecciano l’incarnazione di Dio e l’opera
della redenzione. Gesù, infatti, “scende”
dalla barca per incontrare gli uomini (cfr Mt 14,14).
Il Signore ci offre qui un esempio eloquente della sua compassione
verso la gente. Viene da pensare ai tanti fratelli e sorelle che,
quotidianamente patiscono le drammatiche conseguenze della carestia,
aggravate dalla guerra e dalla mancanza di solide e affidabili
istituzioni. Cristo è attento al bisogno materiale, ma vuole donare
di più, perché l’uomo è sempre “affamato di qualcosa di più,
ha bisogno di qualcosa di più” (Benedetto XVI, Gesù
di Nazaret, Milano 2007, 311). Nel
pane di Cristo è presente l’amore di Dio; nell’incontro con Lui
“ci nutriamo, per così dire, dello stesso Dio vivente, mangiamo
davvero il “pane dal cielo” (ibid.).
“Nell’Eucaristia
Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello
e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio
della carità nei confronti del prossimo” (Esort. ap.
Post-sin. Sacramentum caritatis,
88). Ce lo testimonia anche Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della
Compagnia di Gesù. Ignazio scelse, infatti, di vivere “ricercando
Dio in tutte le cose, amando Lui in tutte le creature”
(cfr Costituzioni della
Compagnia di Gesù, III, 1, 26).
Affidiamo alla Vergine Maria la nostra preghiera, perché apra il
nostro cuore alla compassione verso il prossimo e alla condivisione
fraterna. Chiediamo alla Nostra Madre celeste di essere sempre dei
veri poveri di spirito, per ritrovare il
sapore del pane.
2) Pane del cielo che,
nell’Eucaristia, si fa pane degli uomini.
“L'Ostia,
al pari della Croce, sono braccia e cuori che s’incontrano.
Quando alzo il Pane, esalto la carità di Dio e la fatica dell'uomo:
porto nel cuore del Signore, che le ricovera e le riposa, le opere
del mio popolo laborioso. L'uomo s’è incontrato con Te nel pane,
ancor prima che Tu lo facessi per noi Pane di Vita” (don Primo
Mazzolari).
Anche noi
domandiamo che cosa dobbiamo fare per avere la vera vita. Gesù ci
risponde: credete in me. La fede è la cosa fondamentale. Non si
tratta di seguire un'idea, un progetto, ma di incontrare Gesù come
una Persona viva, di lasciarsi coinvolgere totalmente da Lui e dal
suo Vangelo. Dunque, “Gesù
invita a non fermarsi all'orizzonte umano e ad aprirsi all'orizzonte
di Dio, all’orizzonte della fede. Egli esige un’unica opera:
accogliere il piano di Dio, cioè ‘credere
a colui che egli ha mandato’. Mosè aveva dato ad Israele la manna,
il pane dal cielo, con il quale Dio stesso aveva nutrito il suo
popolo nel deserto. Gesù non dona qualcosa, dona Se stesso: è Lui
il ‘pane
vero, disceso dal cielo’, Lui la parola vivente del Padre ed è
nell’incontro con Lui che noi incontriamo il Dio vivente.
Ci vien
voglia di domandare: “Che cosa dobbiamo fare perché il miracolo
del pane continui?”
Ma non
dimentichiamo che Gesù, vero pane di vita che sazia la nostra fame
di senso, di verità, non può essere ‘guadagnato’
con il lavoro umano; viene a noi soltanto come dono dell'amore di
Dio, come opera di Dio da chiedere e accogliere”.
Durante la
settimana, le giornate sono cariche di
occupazioni e di problemi, ma la domenica, giorno del Signore ed
anche giorno di riposo e di distensione, il Signore ci invita a non
dimenticare che se è necessario preoccuparci per il pane materiale e
ritemprare le forze, ancora più fondamentale è far crescere il
rapporto con Lui, rafforzare la nostra fede in Colui che è il ‘pane
di vita’, che riempie il nostro desiderio di verità e di amore.
Non ci resta
che pregare la Madonna perché questo desiderio santo di vita buona
si faccia in noi preghiera e lavoro.
3)
La Verginità e Eucaristia: l’Amore appassionato.
Un modo molto
bello e spiritualmente efficace di moltiplicare il pane è quello
delle Vergini consacrate nel mondo.
Con il dono
completo di se stesse a Dio, esse diventano come ostie1
per il mondo, con il quale vogliono condividere Cristo, Pane di vita,
donato in abbondanza.
Immerse in un mondo spesso agitato
e distratto, prese talvolta da compiti pesanti e non sempre
piacevoli, le Vergini consacrate sono chiamate a testimoniare con
gioia agli uomini ed alle donne del nostro tempo, nelle diverse
situazioni, che il Signore è l’Amore capace di colmare il cuore
della persona umana. Esse testimoniano che la croce da prendere su di
sé ogni giorno per seguire Cristo non è fatta tanto dalle
sofferenze e dalle contraddizioni della vita, quanto dall’amore
appassionato di Cristo, amore vissuto come dono di sé al Redentore e
come compassione e condivisione con i fratelli e le sorelle in
umanità. In questo modo, queste donne realizzano la preghiera che il
Vescovo fa su di loro nel giorno della consacrazione: “Che esse
brucino di carità e non amino niente al di fuori di Te… Che ti
temano con amore e per amore ti servano” (Rito della
Consacrazione delle Vergini, n. 64) nella preghiera e nelle opere
di misericordia. A questo riguardo, nell’Istruzione Ecclesiae
Sponsae Imago (8
giugno 2018, la Congregazione per gli Istituti di Vita
Consacrate e le Società di Vita Apostolica, afferma: “ Al
centro della loro esistenza le Vergini consacrate mettono
l’Eucaristia, sacramento dell’Alleanza sponsale da cui sgorga la
grazie delle loro consacrazione, Chiamate a vivere l’intimità con
il Signore, l’identificazione e la conformazione a Lui, esse
ricevono il Pane di vita della tavola della Parola di Dio e del Corpo
di Cristo, nella
partecipazione, se possibile quotidiana,, alla celebrazione
eucaristica. Esse manifestano l’amore della Chiesa Sposa per
l’Eucaristia nella preghiera di adorazione del Corpo
eucaristico del Signore e vi attingono la carità attiva verso le
membra del suo Corpo mistico” (n. 32).
1Ostia è parola che viene dalla parola latina “hostia”, che vuol dire vittima. Normalmente con la parola ‘ostia’ si intendeva, nell’epoca classica, l’offerta di animali domestici (per es. pecora, agnello) sacrificati agli dei come offerta di pace per allontanarne l’ira e renderli propizi, prima di marciare contro il nemico. Con la parola ‘vittima’ si intendeva un sacrificio per ringraziare, per esempio, per una vittoria e si usavano animali più grossi (bue, toro). Nel cristianesimo la parola “ostia” indica il pane consacrato durante la Messa. Ovviamente l’Ostia per eccellenza è il Cristo e, per analogia, chi a lui si conforma.
Lettura
Patristica
Sant’Efrem
Diatessaron, 12,
1-4
L’Eucaristia, dono grande e
gratuito
Nel
deserto, Nostro Signore moltiplicò il pane (Mt
14,13-21
Mt
15,32-38
Jn
6,1-13), e
a Cana mutò l’acqua in vino (Jn
2,1-11).
Abituò così la loro bocca al suo pane e al suo vino per il tempo in
cui avrebbe dato loro il suo corpo e il suo sangue. Fece loro gustare
un pane e un vino caduchi per suscitare in loro il desiderio del suo
corpo e sangue che danno la vita. Diede loro con liberalità queste
piccole cose perché sapessero che il suo dono supremo sarebbe stato
gratuito. Le diede loro gratuitamente, sebbene avessero potuto
acquistarle da lui, affinché sapessero che non sarebbe stato loro
richiesto il pagamento di una cosa inestimabile; infatti, se potevano
pagare il prezzo del pane e del vino, non avrebbero certamente potuto
pagare il suo corpo e il suo sangue.
Non
soltanto ci ha colmato gratuitamente dei suoi doni, ma ancor più ci
ha vezzeggiati affettuosamente. Infatti, ci ha donato queste piccole
cose gratuitamente per attirarci, affinché andassimo e ricevessimo
gratuitamente quella cosa sì grande che è l’Eucaristia. Quegli
acconti di pane e di vino che ci ha dato erano dolci alla bocca, ma
il dono del suo corpo e del suo sangue è utile allo spirito. Egli ci
ha attirati con quelle cose gradevoli al palato per trascinarci verso
colui che dà la vita alle anime. Ha nascosto la dolcezza nel vino da
lui fatto, per indicare ai convitati quale tesoro magnifico è
nascosto nel suo sangue vivificante.
Come
primo segno, fece un vino che dà allegria ai convitati per mostrare
che il suo sangue avrebbe dato allegria a tutte le genti. Il vino è
parte in tutte le gioie immaginabili e parimenti ogni liberazione si
riconnette al mistero del suo sangue. Diede ai convitati un vino
eccellente che trasformò il loro spirito per far sapere loro che la
dottrina con cui li abbeverava avrebbe trasformato i loro cuori. Ciò
che all’inizio non era che acqua fu mutato in vino nelle anfore;
era il simbolo del primo comandamento portato a perfezione; l’acqua
trasformata era la legge perfezionata. I convitati bevevano ciò che
era stato acqua, ma senza gustare l’acqua. Parimenti, quando udiamo
gli antichi comandamenti, li gustiamo nel loro sapore nuovo. Al
precetto: Schiaffo per schiaffo (cf. Ex
21,24
Lv
24,20
Dt
19,21) è
stata sostituita la perfezione: "Se
uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra"
(Mt
5,39).
L’opera
del Signore ottiene tutto; in un baleno, egli ha moltiplicato un po’
di pane. Ciò che gli uomini fanno e trasformano in dieci mesi di
lavoro, le sue dieci dita l’hanno compiuto in un istante. Le sue
mani furono come una terra sotto il pane; e la sua parola come il
tuono al di sopra di lui; il sussurro delle sue labbra si sparse su
di lui come una rugiada e l’alito della sua bocca fu come il sole;
in un brevissimo istante egli ha portato a termine quanto richiede di
norma un lungo lasso di tempo. Dalla piccola quantità di pane è
sorta una moltitudine di pani; come all’epoca della prima
benedizione: "Siate
fecondi e moltiplicatevi"
(Gn
1,28). I
pezzi di pane, prima sterili e insignificanti, grazie alla
benedizione di Gesù - quasi seno fecondo di donna - hanno dato
frutto da cui sono sopravanzati molteplici frammenti.
Il
Signore ha mostrato il vigore penetrante della sua parola a quelli
che l’ascoltavano, e ha mostrato la rapidità con la quale egli
elargiva i suoi doni a quelli che ne beneficiavano. Non ha
moltiplicato il pane al punto che avrebbe potuto, ma fino alla
quantità sufficiente per i convitati. Il miracolo non fu su misura
della sua potenza, bensì della fame degli affamati. Se, infatti, il
miracolo fosse stato misurato sulla sua potenza, riuscirebbe
impossibile valutare la vittoria di quella. Commisurato alla fame di
migliaia di persone, il miracolo ha superato le dodici ceste (Mt
14,20). In
tutti gli artigiani, la potenza è inferiore alla richiesta dei
clienti; essi non possono fare tutto quanto gli domandano i clienti.
Le realizzazioni di Dio, invece, superano i desideri. E: "Raccogliete
i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto"
(Gv
6,12) e
non si pensi che il Signore abbia agito solo per fantasia. Ma, quando
i resti saranno stati conservati un giorno o due, crederanno che il
Signore ha agito in verità, e che non si trattò di un fantasma
inconsistente.