1Sam
3,3-10.19; Sal 39; 1Cor 6,13-15.17-20; Gv 1,35-42.
Rito
Ambrosiano – II Domenica dopo l’Epifania
Is
25,6-10a; Sal 71; Col 2,1-10a; Gv 2,1-11.
- La vocazione nella vita di ogni giorno.
Dopo
la celebrazione del Battesimo di Gesù che domenica scorsa ha
concluso il tempo natalizio, oggi la Liturgia presenta un brano del
primo capitolo del Vangelo di Giovanni per completare la narrazione
degli eventi di manifestazione di Gesù come Messia e Figlio di Dio,
che chiama a seguirlo.
Non
è casuale che pure le altre due letture della Messa di questa
Domenica, la II del Tempo ordinario, abbiano come tema centrale la
vocazione. Tutti siamo stati chiamati a seguire una “vocazione”
da realizzare nella nostra vita di tutti i giorni. Tutti siamo
chiamati a vivere la nostra vocazione a figli di Dio nell'unico
Figlio nell’apparente banalità della vita quotidiana. Tutti siamo
chiamati a essere con Cristo, primo che a fare qualcosa per Cristo.
L’esempio più alto a questa riguardo è la Madonna che prima di
“fare” la mamma, “fu” ed “è” ancora mamma. Ma anche gli
apostoli di cui parla il Vangelo di oggi, prima di fare qualcosa per
Cristo, furono con Cristo. A Giovanni e Andrea che gli chiedevano:
“Maestro, dove abiti”, Gesù rispose: “Venite e vedrete”,
cioè propose loro di “essere” con Lui, prima che di “fare”
qualcosa con Lui.
Non
è casuale neppure il fatto che la liturgia del Tempo ordinario
chieda che il prete indossi i paramenti verdi, per indicare il tempo
verde della nostra vita. Si tratta di un tempo carico di speranza,
che accompagna ed illumina il nostro quotidiano da “spendere”
nella sequela di Cristo. Quello ordinario non è un tempo minore, è
il tempo in cui il Mistero della vita di Cristo e di noi in Lui
scorre sotto i nostri occhi in modo ordinario e noi siamo chiamati ad
accoglierlo e a comprenderlo, per percorrere la via della salvezza,
in Cristo Gesù, nostra Via.
Ogni
esistenza è già una chiamata: Dio ci ha tratti dall’abisso
vertiginoso del nulla e, dandoci l’essere, ci ha dato anche un
progetto da compiere, un disegno da realizzare che è addirittura
disegnato “sul palmo delle sue mani” (Isaia 49). E’
questo il senso della nostra vita: essere con Dio e collaborare al
grande progetto che Lui ha da tutta l’eternità su ognuno di noi.
Siamo
spesso tentati di credere che la vocazione, che Dio ci dona, sia un
dovere penoso, una virtù obbligatoria e fastidiosa. No. La chiamata
che Dio rivolge agli uomini è perché intreccino un rapporto di
amore con Lui. Li invita alla sua dimora, li accoglie di nuovo in
casa quando ritornano al suo amore. E non solo possono stare con Lui
ma Lui sta nel loro cuore. Il dinamismo dell’uomo che è sempre in
cerca della sua casa, è nostalgia della sua patria, della casa
natale e il filosofo e scrittore tedesco Novalis (1772 -1801) scrisse
“la filosofia è la nostalgia di tornare a casa”. Ebbene il brano
del vangelo di oggi mostra come si arriva in questa casa. Seguendo
Cristo, chiedendoGli dove abita e rimanendo con Lui.
La
conseguenza più bella è che noi diventiamo la sua dimora. Infatti,
avvicinarsi a Dio è diventare una cattedrale vivente. Ricevendo la
sua Presenza in noi, comprendiamo la grandezza della condizione
“umana” a cui siamo chiamati. La Bibbia trabocca di storie di
vocazione: ne sono esempi Abramo, Mosè, Davide, i singoli profeti,
il piccolo Samuele di cui si legge nella prima lettura di oggi (1
Samuele 3,3-10), la Vergine Maria, gli apostoli.
Ciascuno
in forme diverse, ma tutti siamo accomunati da questo invito a dare
alla nostra esistenza il valore supremo dell’aprirsi alla relazione
con Dio, dicendo come Maria: “Amen, Fiat, accada di me secondo la
tua Parola”.
2)
I tre verbi della vocazione, che non è una professione.
Le
letture della Messa di oggi mostrano che la vocazione “ha” tre
verbi: chiamare, ascoltare, rispondere.
Chiamare.
Tranne le poche eccezioni di una chiamata diretta, la vocazione
avviene per il tramite di altri uomini, come si vede nell’episodio
di oggi: per i due discepoli del Battista, il tramite è lui, col
segnalare loro l’Agnello di Dio; per Pietro è suo fratello Andrea;
per Samuele bambino è il suo “custode” Eli.
Ascoltare,
come fece il piccolo Samuele che a Dio che lo chiamava per nome
risposte: “Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta”.
Rispondere
andando ad abitare presso Colui che dice a noi, come a Giovanni e
Andrea: “Venite e vedrete”.
Riandiamo
ancora al brano del Vangelo di oggi, nel quale ci è raccontato che,
notando Giovanni e Andrea lo seguivano, Gesù si voltò e chiese:
“Che cosa cercate?”. Gesù interrogò non per informarsi, ma per
provocare la risposta e per indurre a prendere coscienza della
propria ricerca. Gesù costringe l’uomo ad interrogarsi sulle
ragioni del proprio cammino.
La
ricerca deve essere messa in questione. C’è, infatti, ricerca e
ricerca. C’è chi cerca veramente Dio e chi in realtà cerca se
stesso.
Dunque,
la prima condizione è di verificare continuamente l’autenticità
della propria ricerca di Dio. La seconda è di non cercare di capire
la vocazione come ricerca di sistemare il mondo né di sistemarsi nel
mondo, perché la vocazione non è frutto di un progetto umano o di
una strategia organizzativa. La vocazione è all’Amore, ricevuto e
donato. La vocazione non è una scelta, è l’essere scelti: “Non
voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Gv 15, 16).
3)
La vocazione alla felicità attraverso un esodo.
Nel
Vangelo di Marco si legge: “Convocata la folla insieme ai suoi
discepoli, disse loro: “Se qualcuno vuol venire dietro di me
rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà
salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita
per causa mia e del vangelo, la salverà. (...) Allora Gesù,
fissatolo, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca: va’,
vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo;
poi vieni e seguimi” (Mc 8, 34-35; 10,21).
Nel
Vangelo di oggi, con altre parole Gesù ripete l’invito a Giovanni
ed Andrea perché anche loro si mettano in cammino dietro di Lui. In
entrambi i casi Cristo chiede di percorrere con Lui l’esodo nuovo,
che non è solo di liberazione dal male e da ogni altra
schiavitù fisica o morale, ma per la libertà, la verità1,
l’amore, la gioia, che tanto ci stanno a cuore.
Un
esempio di santo che accettò totalmente di fare questo esodo con
Cristo, fu San Francesco d’Assisi (1182
–1226), che
espresse la sua esperienza di liberazione e di vocazione con queste
parole che ricevettero di titolo di La
Preghiera
semplice:
“Signore
fa di me uno strumento della tua Pace:
Dove
è odio, che io porti l’Amore,
Dove
è offesa, che io porti il Perdono.
Dove
è discordia, che io porti l’Unione.
Dove
è dubbio, che io porti la Fede.
Dove
è errore, che io porti la Verità.
Dove
è disperazione, che io porti la Speranza.
Dove
è tristezza, che io porti la Gioia.
Dove
sono le tenebre, che io porti la Luce.
Fa’
che io non cerchi tanto
ad
essere consolato, quanto a consolare,
ad
essere compreso, quanto a comprendere,
ad
essere amato, quanto ad amare.
Poiché
è dando che si riceve;
è
perdonando che si è perdonati;
è
morendo, che si risuscita a Vita eterna.”
Secoli
prima, un altro Santo espresse l’esperienza di essere chiamato in
modo molto profondo. Si tratta di Sant’Agostino d’Ippona (354 –
430), la cui vocazione-conversione fu ottenuta dalla preghiera e
dalle lacrime di sua madre, Monica. Nelle Confessioni, scritte per
narrare la sua vocazione e rendere gloria a Dio per la sua
misericordia, questo grande Santo afferma che “il peso
dell’amore eleva in alto” (Pondus meum amor meus -
Confessioni, XIII, 9, 10). E’ come se il Vescovo di Ippona
avesse detto: “In qualunque parte mi porti l’amore, là io sarò”.
Anche
lui aveva trovato l’amore e non solo non voleva perderlo, voleva
restargli fedele sempre.
Per
anni aveva cercato la verità e l’amore. Una volta incontrato nella
persona di Cristo, vi restò fedele per sempre.
Anche
a lui Cristo disse “che cerchi?”, e alla risposta interrogativa:
“Maestro dove abiti” la replica è ancora “vieni e vedrai”.
4)
La testimonianza della Vergini consacrate nel mondo.
La
vocazione di Giovanni e Andrea fu suscitata dalla testimonianza del
loro “vecchio” maestro, Giovanni il Battista, che aveva indicato
Gesù quale “Agnello che toglie i peccati del mondo”, ma si
chiarì nel dialogo con Cristo: “Che cercate?”, “Maestro, dove
abiti?, “Venite e vedrete”.
A
Giovanni e ad Andrea, come all’interminabile schiera di persone che
Lo cercano e Gli chiedono: “Dove abiti?”, Gesù risponde con un
imperativo (“venite”) e con una promessa (“vedrete”). La
ricerca non è mai finita. La scoperta di Dio non è mai conclusa.
Gesù non dice che cosa vedranno né quando. È stando con lui che il
futuro si dischiuderà e fiorirà.
Seguire
Gesù non significa sapere già dove egli conduce; vuol dire fidarsi
di lui, confidare il Lui completamente. Questo abbandono totale è
vissuto in modo particolare dalle Vergini consacrate. Queste donne ci
testimoniano che la vocazione è riconoscere Cristo come centro
affettivo della vita umana. Sul loro esempio, alla domanda di Cristo
“Chi, che cosa cercate?”, rispondiamo: “Te” e nel quotidiano
“sì” (fiat) si conformano al suo disegno di amore, rinnovando
fedelmente il “sì” pronunciato nelle mani del Vescovo il giorno
della consacrazione.
Tutti
sappiamo che l’amore di Dio per l'uomo è fedele ed eterno: “Ti
ho amato di amore eterno”, dice Dio all’uomo (cfr Ger 31,
3). Le Vergini consacrate ci testimoniano che anche noi possiamo
vivere la vocazione all’amore di Dio che è luce, felicità e
pienezza di vita quaggiù e per l’eternità.
1 Papa Francesco, Le vocazioni come testimonianza alla Verità, 14 maggio 2014.
Lettura
Patristica
Tommaso
d’Aquino,
Ev.
sec. Ioan., 1, 15, 1 s.
L’agnello
di Dio e lo sguardo di Gesù
Quando
dice: "Ecco
l’agnello di Dio",
non solo vuole indicare il Cristo, ma vuole anche esprimere
ammirazione per la sua potenza - "Il
suo nome sarà Ammirabile"
(Is
9,6)
-. Ed è veramente un agnello di meravigliosa potenza questo che,
ucciso, uccise il leone; il leone, dico, del quale parla Pietro - "Il
vostro avversario, il diavolo, come un leone ruggente, cerca chi può
divorare"
(1P
5,8).
Perciò lo stesso agnello venne chiamato leone vincitore e glorioso -
"Ecco
ha vinto il leone della tribù di Giuda"
(Ap
5,5)
-. "Ecco
l’agnello di Dio"
è una testimonianza molto breve; ma è breve perché i discepoli, ai
quali Giovanni parla, da ciò ch’egli aveva già detto di Cristo,
erano bene informati su di lui; e anche perché ciò che soprattutto
interessava a Giovanni era di indirizzare i suoi discepoli a Cristo.
E non dice «Andate da lui», perché i discepoli non credano di
fargli un favore, se lo seguono; ma ne esalta il prestigio, perché
capiscano che fanno bene a sé stessi, se lo seguono. Perciò dice:
"Ecco
l’agnello di Dio",
cioè, ecco dov’è la grazia e la forza epuratrice del peccato;
l’agnello, infatti, veniva offerto in espiazione dei peccati.
"Gesù
poi voltatosi":
queste parole stanno a dire che Gesù compie ciò ch’era stato
iniziato da Giovanni, perché "la
legge non portò nessuno alla perfezione"
(He
7,19).
Quindi Cristo esamina e istruisce i discepoli, poiché "dice
loro: Venite e vedete".
Cristo li esamina ed essi rispondono - "Ed
essi dissero: Maestro, dove abiti?"
E l’evangelista dice: "Gesù
voltatosi e visto che lo seguivano, disse loro".
Il senso letterale dice che Cristo andava avanti e i due discepoli,
che lo seguivano, non ne vedevano la faccia, perciò Cristo, per
incoraggiarli, si voltò verso di loro. E questo ci fa capire che
Cristo dà speranza di misericordia a tutti coloro che si mettono a
seguirlo con cuore puro. "Previene
quelli che lo cercano"
(Sg
6,14).
Gesù si volta verso di noi, perché lo possiamo vedere. Questo
avverrà in quella beata visione quando ci mostrerà il suo volto,
come si dice nel salmo (Ps
79,4).
"Mostraci
il tuo volto e saremo salvi".
Finché siamo in questo mondo però lo vediamo di spalla, perché
arriviamo a lui per via di effetti, per cui nell’Esodo (Ex
33,23)
è detto: "Vedrai
le mie spalle".
Si volge anche Gesù per offrirci l’aiuto della sua misericordia.
Questo chiedeva il Ps
89,13:
"Signore,
volgiti un pochino".
Finché, infatti, Cristo non offre l’aiuto della sua misericordia,
ci sembra ostile. Si voltò, dunque, Gesù ai discepoli di Giovanni,
che s’eran messi a seguirlo, per mostrar loro il suo volto e
infondere la sua grazia in essi. Li esamina poi quanto
all’intenzione. Quelli che seguono Cristo non hanno tutti la stessa
intenzione: alcuni lo seguono con la prospettiva di beni temporali,
altri con la prospettiva di beni spirituali, perciò il Signore gli
chiede: "Che
cosa cercate?",
non certo per venire a sapere, ma perché, dando loro occasione di
manifestare la loro intenzione, li vuole stringere più vicino a sé,
giudicandoli degni del suo interessamento.
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