Rito
Romano
XXIII
Domenica del Tempo Ordinario - 10 settembre 2017
Rito
Ambrosiano
II
Domenica dopo il Martirio di san Giovanni il Precursore.
1)
Correggere perdonando.
Il
Vangelo di oggi ci propone due insegnamenti di Cristo circa la vita
della Chiesa, quale comunità di fratelli, perché figli nel Figlio
di Dio.
Il
primo riguarda la correzione
fraterna e dice come procedere in caso di conflitto tra i membri
della comunità (Mt
18,15-18). Il brano evangelico di oggi è dedicato alla vita
della comunità cristiana e ci insegna che l’amore fraterno
comporta anche un senso di responsabilità reciproca, per cui, se un
nostro fratello commette una colpa contro di noi, dobbiamo usare
carità verso di lui, parlandogli a tu per tu per fargli capire
l’errore commesso verso di noi. Questo modo di fare si chiama
correzione fraterna, che non deve essere una reazione all’offesa
subita, ma deve essere mossa dall’amore per il fratello, come
spiega bene Sant’Agostino: “Colui che ti ha offeso, offendendoti,
ha inferto a se stesso una grave ferita, e tu non ti curi della
ferita di un tuo fratello? ... Tu devi dimenticare l’offesa che hai
ricevuto, non la ferita di un tuo fratello” (Discorsi 82,
7).
Il
secondo insegnamento riguarda l’onnipotenza "d’intercessione”
(omnipotentia supplex)
della preghiera fatta dalla comunità, anche se molto piccola,
“perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono
io in mezzo a loro” (Mt 18. 19-20). Dunque, il Signore è
presente nell'assemblea liturgica che prega e loda, nei sacramenti,
che comunicano la sua vita e nella sua Parola: “è lui che parla
quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura” (Conc. Vat. II,
Costituzione sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, 7).
Certo la preghiera personale è indispensabile, ma il Signore
assicura la sua presenza alla comunità che è unita e concorde,
perché essa riflette la realtà stessa di Dio Uno e Trino, comunione
perfetta d’amore.
Continuiamo
la nostra riflessione approfondendo brevemente il primo insegnamento
che Cristo ci offre oggi e che
riguarda il dovere di carità della correzione.
In
una predica durante la Santa Messa nella chiesa di Casa Santa Marta,
Papa Francesco ha
detto: “Chi giudica un fratello sbaglia e finirà per essere
giudicato allo stesso modo. Dio è l'unico giudice e chi è giudicato
potrà contare sempre sulla difesa di Gesù, il suo primo difensore,
e sullo Spirito Santo.... Se noi vogliamo andare sulla strada di
Gesù, più che accusatori dobbiamo essere difensori degli altri
davanti al Padre e parlare loro con carità”. Ciò dicendo il Santo
Padre ha riproposto pure l’esortazione odierna di san Paolo:
“Fratelli, non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di
un amore vicendevole...L’amore non fa nessun male al prossimo:
pieno compimento della legge è l'amore” (Rm 13, 8-10).
Fondandosi sull’insegnamento di Cristo, Papa Francesco
insegna che la correzione è espressione di amore umile e dolce
perché il fratello non sia vittima del male e conosca la gioia del
bene.
La
correzione fraterna è un frutto puro dell’amore, forse la sua
incarnazione più difficile, perché per correggere occorre amare
l’altro al punto di desiderare di portare con lui il peso dei suoi
peccati. In effetti “correggere” significa “reggere
insieme”, per camminare insieme sul retto cammino.
Perché
la correzione sia fraterna deve fondarsi sulla preghiera concorde dei
fratelli. Quando la preghiera della comunità è unanime, Cristo è
presente e porta al raduno concorde della Chiesa la misericordia del
Padre.
Quando
nella preghiera viviamo la relazione con i “fratelli che peccano”
e li amiamo in Cristo, non li giudichiamo, ma fremiamo di compassione
e di misericordia, li guardiamo con gli occhi del cuore e non li
lasciamo andar via senza il perdono, che è la correzione secondo il
cuore di Cristo. La preghiera concorde - cioè con il nostro cuore
unito a quello dei fratelli e a quello di Cristo - è una preghiera
giusta, pura, umile e confidente che ci pone nella luce della
comunione con Dio-Trinità, La preghiera è cristiana in quanto è
comunione con Cristo e si dilata nella Chiesa, che è il suo corpo.
Le sue dimensioni sono quelle dell’amore di Cristo, presente nella
comunità che è luogo del perdono e della festa per il peccatore
pentito, corretto dal perdono.
2)
Preghiera concorde.
A
questo insegnamento sulla correzione fraterna Cristo unisce quello
sull’importanza della preghiera, che è l’onnipotenza
dell’intercessione, soprattutto quando è fatta in comunità. La
preghiera concorde, anche se fatta da due o tre persone solamente,
rende presente Dio in essa.
E’
la presenza di Cristo che rende efficace la preghiera comune di
coloro che sono riuniti nel suo nome. Quando ci riuniamo concordi per
pregare, è Gesù stesso che è in mezzo a noi. Noi siamo solo uno
con Colui che è l’unico mediatore tra Dio e gli uomini, quando
siamo riconciliati con Lui dal suo perdono, che dobbiamo condividere
con i nostri fratelli e sorelle.
E’
davvero consolante sapere che se siamo riuniti concordi in preghiera,
Cristo è in mezzo a noi. Ma Cristo non insiste solo sul fatto che
dobbiamo essere uniti, Lui dice anche che dobbiamo riunirci nel suo
nome. Ci sono tante ragioni per stare insieme: per lavorare,
per divertirci, per stare in famiglia, per mangiare, per manifestare,
ecc., ecc. Ma c’è un modo di essere insieme che è garanzia della
Presenza di Gesù tra noi: se siamo uniti nel suo Nome.
Cosa
vuol dire essere riuniti nel suo Nome? Vuol dire:
- pregare per Cristo: per mezzo di lui, per i suoi meriti, per la forza del suo comando, per la sua autorità;
- pregare con Cristo: uniti a lui nostro fratello.;
- pregare in Cristo: chiedere di essere uniti indissolubilmente a lui nella mente, nel cuore, nei pensieri e nei sentimenti, negli ideali, nei desideri: in tutto.
Se,
da una parte, la preghiera concorde è la condizione perché
essa sia esaudita, d’altra parte la presenza di Cristo in questa
concordia è la garanzia dell'esaudimento della preghiera rivolta al
Padre da noi figli nel Figlio. E' questo l’insegnamento che Cristo
oggi ci dà dicendo: “se due
di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque
cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché
dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a
loro” (Mt
18, 19 -20).
Se,
consultiamo un vocabolario, alla voce “accordo”
possiamo trovare che questa parola può voler dire :
o concordanza di sentimenti, conformità d'idee, essere in perfetta
concordia
o avere lo stesso cuore, incontro di più volontà.
Se,
poi, cerchiamo il verbo “accordare” possiamo trovare questi
significati: Mettere d'accordo; Conciliare; Disporre, combinare
qualcosa in modo armonico, gradevole, conveniente; Armonizzare tra
loro strumenti e voci.
Dunque
la frase: “Se due si accorderanno” fa pensare agli strumenti
musicali che si accordano tra di loro per poter suonare una sinfonia.
Nessun Maestro di musica dà l’attacco per iniziare a suonare una
sinfonia con la sua orchestra, se prima non accorda tra loro gli
strumenti; nessun Direttore di coro inizia a a fare cantare, se non
si sono prima accordate le voci.
Dunque
possiamo dire che come in musica l’accordo produce la bellezza
armoniosa di due strumenti o di due voci, così l’accordo di due
persone nella comunità produce la bellezza di due cuori e di due
volontà che si uniscono fino ad essere una cosa sola: Gesù
presente tra loro, in loro. E' lui che diviene la preghiera che il
Padre non può non ascoltare, non accogliere, non esaudire.
Il
Vangelo di questa domenica ci svela una verità meravigliosa: Dio
ascolta le voci accordate, la preghiera concorde, espressa da un
cuore che vibra all’unisono con l’altro, la volontà che ricerca
nell'accordo con l'altro il bene, perché in questo orante raduno
concorde è presente il Figlio amato. Prima di rivolgere la nostra
domanda a Dio Padre, ci mettiamo d’accordo con l’altro, non
perché scendiamo a compromessi ma perché uniamo il nostro cuore a
quello degli altri fratelli e sorelle e lo accordiamo al cuore di
Cristo.
Un
esempio di questa preghiera “concorde” è quella delle vergini
consacrate, che durante il Rito della Consacrazione ricevono il Libro
della Liturgia delle Ore e sono invitate ad una preghiera assidua per
la Chiesa.
La
preghiera costante e unanime è un prezioso strumento che permette a
queste donne di svolgere un servizio efficace di intercessione. Il
loro essere profondamente unite a Dio mediante il dono totale di se
stesse, permette loro di essere anche profondamente unite agli
altri.
Consacrandosi
a Dio, esse mostrano che vale la pena fidarsi completamente di Dio.
Questa confidenza si esprime con una preghiera concorde assidua,
solidale con gli altri, pienamente fiduciosa verso Dio che ci conosce
nell’intimo e si prende cura di noi al punto che – dice Gesù –
“perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate
dunque paura” (Mt 10,
30-31).
Infine, con la
Liturgia delle Ore queste donne consacrate mettono in evidenza che
“la nostra preghiera è pubblica e comune: e quando noi preghiamo,
preghiamo non per uno solo, ma per tutto quanto il popolo: e ciò
perché noi, tutto l'intero popolo, siamo uno” (San Cipriano, De
oratione dominica, 8).
In questo modo, esse mettono in pratica l’insegnamento di unità
che Cristo, Principe della pace e e fondamento della concordia,
chiede a ciascuno di noi suoi fratelli e sorelle di pregare per tutti
come Lui fece per tutti noi.
Lettura
Patristica
San
Cipriano di Cartagine
De
oratione dominica
8
Il
Dottore della pace e il Maestro dell’unità non vuole che la
preghiera si faccia individualmente e in privato, nel senso che chi
prega preghi solo per sé.
Non diciamo: Padre mio,
che sei nei cieli; e neppure: dammi oggi il mio pane quotidiano; e
ciascuno non domanda che gli sia rimesso solo il suo debito; né
prega solo per sé affinché non sia indotto in tentazione e sia
liberato dal male.
La nostra preghiera è
pubblica e comune: e quando noi preghiamo, preghiamo non per uno
solo, ma per tutto quanto il popolo: e ciò perché noi, tutto intero
il popolo, siamo uno.
Il Dio della pace e il
Maestro della concordia, che ha insegnato l’unità, vuole che uno
preghi per tutti, così come in uno egli portò tutti.
Proprio questa legge
della preghiera osservarono i tre fanciulli gettati nella fornace
ardente: essi pregarono in piena consonanza, spiritualmente uniti in
un cuor solo. Ce lo testimonia la divina Scrittura, la quale,
indicandoci come essi pregavano, ci dà il modello da imitare noi
nelle nostre preghiere affinché possiamo essere come quelli.
"Allora"
- sta scritto - "loro
tre, come con una sola voce, cantavano un inno e benedicevano Iddio"
(Da
3,51).
Essi pregavano come con una sola voce, e tuttavia Cristo non aveva
ancora insegnato loro a pregare! Ebbene, la loro preghiera fu
efficace, poté essere esaudita, perché una preghiera pacifica,
semplice e spirituale attira la benevolenza di Dio.
Così vediamo che
pregarono anche gli apostoli, riuniti coi discepoli, dopo
l’ascensione del Signore. "E
tutti"
- sta scritto - "perseveravano
unanimi nella preghiera, con le donne, e Maria la madre di Gesù, e
con i fratelli di lui"
(Ac
1,14).
Persevera vano unanimi nella preghiera, testimoniando in tal modo, in
questa loro preghiera, e l’assiduità e il loro amore scambievole:
ché Dio, il quale fa abitare nella stessa casa coloro che sono una
sola anima (Ps
67,7),
non ammette nella divina ed eterna dimora se non quelli che pregano
essendo un’anima sola.
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