venerdì 14 luglio 2017

Ascoltare la Parola per concepirla

Rito Romano
XV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 16 luglio 2017
Is 55,10-11; Sal 64; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23


Rito Ambrosiano

Es 33,18-34,10; Sal 76 (77); 1Cor 3,5-11; Lc 6,20-31

Domenica VI dopo Pentecoste


1) Ascoltatori della Parola.
Nel Vangelo di questa domenica Gesù racconta la parabola del seminatore, che continua a seminare nel cuore degli uomini perché ha fiducia in noi. Lui sa che prima o poi l’uomo aprirà le orecchie, gli occhi e il suo cuore all’ascolto e inizierà una vita nella condivisione perenne con Lui, la Parola che ci dice parole efficaci di vita eterna.
Va però tenuto presente che l’efficacia di questa parola è tale quando l’uomo la ascolta, la comprende e agisce di conseguenza. Quindi per avere tutto il nostro essere aperto all’ascolto della parola di Gesù e diventare ascoltatori docili e disponibili della Parola che salva, facciamo nostra questa preghiera: “Fa’, o Signore, che ascolti con attenzione e ricordi costantemente il tuo insegnamento, che lo metta in pratica con forza e coraggio, disprezzando le ricchezze e allontanando tutte le inquietudini della vita mondana...Fa' che mi fortifichi da ogni parte e mediti le tue parole mettendo profonde radici e purificandomi da tutti gli attacchi mondani» (San Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo secondo San Matteo 44,3-4).
Se, quali ascoltatori della Parola, oggi andremo da Cristo lo ascolteremo parlarci da una barca. Nel Vangelo di oggi il Signore ci parla da una barca. La sua cattedra è un Legno che solca le acque, immagine della Croce, dalla quale dal giorno della sua passione è maestro di tutte le nazioni et attira ogni persona a sé.
Se, navigheremo nel mare della vita attaccati al legno della Croce, il Vangelo di oggi risuonerà in noi con grande efficacia e la Croce ci farà cogliere il senso più profondo di quanto Cristo dice a noi peccatori, salvati dalle acque del male.
Se siamo veri ascoltatori della Parola, dobbiamo ascoltare in modo non ingenuo come chi aspetta da Cristo qualcosa che risolva i problemi contingenti, che riordini la vita secondo i piccoli desideri umani e non secondo il cuore che desidera l’infinito. Chi non è maturo accoglie con gioia la Parola ma, per la fretta di sistemare la propria vita, non si accorge che essa è crocifissa e che crocifigge in Cristo chi la accoglie. Le parole del Redentore sono parole di vita perché, attraverso la Croce, purificano da ogni opera morta e uniscono al Signore Gesù, a Cristo e Cristo Crocifisso, Parola di amore e di verità. Questa Parola ha bisogno di un luogo (il nostro cuore), ha bisogno di scendere in fondo, e, lì, morire, come un seme, per mettere radice, per crescere e germogliare, e resistere dinnanzi alle bufere e alle intemperie, come una casa costruita sulla Roccia.
Nella casa costruita sulla roccia, la Parola non è soffocata dalle preoccupazioni, e può crescere perché ha spazio e aria. In essa il cuore non è dissipato nelle cose del mondo si fa grande,, magnanimo e ospitale. L’ascolto maturo e sincero impedisce l’adulterio del cuore che è proprio quello che ha reso così difficile la storia del popolo di Israele, che ha impedito alla Parola dell’Alleanza di compiersi. La carne, la corruttibilità di questo mondo ha reso impossibile il compiersi della Legge.
La Parola della Croce è stoltezza e scandalo per gli intelligenti e i sapienti di questo mondo. Non la comprendono, ascoltano ma è come se non ascoltassero. I criteri sono altri, la propria giustizia, le proprie opere, gli scribi e i farisei che “non possono” ascoltare la Parola di Gesù presi come sono da se stessi, dai propri pregiudizi, dalla presunzione d’aver capito bene come si vive, di aver individuato quali sono gli atteggiamenti giusti per vivere bene. Pensano che sia un problema di buon senso e di buon cuore. Invece è una questione di cuore e di senso della vita intesa come direzione e significato della vita secondo la mente e il cuore di Cristo
Questa è la realtà. La verità. Se non siamo convertiti. siamo tutti questi terreni di cui parla il Vangelo di oggi. Questi terreni rendono difficile se non impossibile il rapporto fra la Parola e la nostra vita. Ma il Vangelo di oggi è davvero una Buona lieta Notizia. Il Signore ci dice che siamo beati, perché vediamo e ascoltiamo quello che i profeti non hanno visto e né udito. Siamo beati perché ci è stato svelato il mistero del Regno di Dio, Amore misericordioso e provvidente.


2) La veginità e la concezione della Parola.
La parola che Cristo semina in noi si scontra spesso con l’aridità del nostro cuore e, anche quando viene accolta, rischia di rimanere sterile. Di conseguenza, dobbiamo domandare a Dio la grazia, che libera il terreno del nostro cuore, lo libera dalla pigrizia, dalle incertezze e da tutti i timori che possono frenarlo. In questo modo la Parola del Signore sarà messa in pratica, in modo autentico e gioioso.
Il cuore di ognuno di noi il campo della fede. Ed è nella nostra vita quotidiana che il Redentore chiede di entrare con la sua Parola, con la sua presenza.
La cosa da fare e vero pericolo nella vita è non rendersi conto della realtà, entrandovi con umiltà che ci fa riconoscere che siamo strada, sassi e spine. La nostra carne è incapace –da sola- di avere la vita che dura. Per questo, Dio ha mandato il Suo unico Figlio, con una carne simile alla nostra perché facesse di noi la terra fertile capace di accogliere la Parola di salvezza e di farla germogliare nel mondo.
La Croce ha arato la carne del Signore, i chiodi e le spine, la lancia e l’aceto hanno dissodato perfettamente la “terra” di Cristo. Per questo, nella nostra Croce di ogni giorno vi è la nostra vita redenta. Le ferite fisiche o spirituali che subiamo ogni giorno, se messe sulla Croce, diventano le porte attraverso le quali la Parola di Dio può entrare in noi. Quando condividiamo l’amore crocifisso di Gesù la sua Parola scende in noi, penetra fino in fondo, vi mette radici e dà frutti abbondanti in ogni situazione. La Parola crocifissa da i frutti della Croce: l’amore e la misericordia, le piaghe gloriose del Signore, sangue e acqua, vita e vita eterna.
Un esempio di questo amore crocifisso ci è dato dalle vergini consacrate, la cui dedizione diventa feconda a partire dall’ascolto. Queste donne ci testimoniano quanto sia saggio vivere una vita dedicata alla ricerca di Dio a partire dall’ascolto che inizia ad essere feconda nell’annuncio della sua Parola. “Faciem tuam, Domine, requiram: il tuo volto, Signore, io cerco (Sal 26,8) … La vita consacrata è nel mondo e nella Chiesa segno visibile di questa ricerca del volto del Signore e delle vie che conducono a Lui (cfr Gv 14,8) … La persona consacrata testimonia dunque l’impegno, gioioso e insieme laborioso, della ricerca assidua e sapiente della volontà divina” (cfr Cong. per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Istruz. Il servizio dell’autorità e l’obbedienza. Faciem tuam Domine requiram, 11 maggio 2008, n. 1).
Essendo ascoltatrici assidue della Parola, acquisiscono la sapienza, perché ogni sapienza di vita nasce dalla Parola del Signore. Il magistero pontificio le invita ad essere scrutatrici della Parola, attraverso la lettura frequente della Bibbia, la lectio divina, poiché la vita consacrata “nasce dall’ascolto della Parola di Dio ed accoglie il Vangelo come sua norma di vita. Vivere nella sequela di Cristo casto, povero ed obbediente è in tal modo una «esegesi» vivente della Parola di Dio. Lo Spirito Santo, in forza del quale è stata scritta la Bibbia, è il medesimo che illumina di luce nuova la Parola di Dio ai fondatori e alle fondatrici. Da essa è sgorgato ogni carisma e di essa ogni regola vuole essere espressione, dando origine ad itinerari di vita cristiana segnati dalla radicalità evangelica” (Esort. ap. postsinodale Verbum Domini, 83),



Lettura Patristica
Sant’Efrem, il Siro
Diatessaron, 11, 12-15.17 s.



       Il seminatore è unico ed ha sparso la sua semente in modo equo, senza fare eccezione di persone; ma ogni terreno, da se stesso, ha mostrato il suo amore con i propri frutti. Il Signore manifesta così con la sua parola che il Vangelo non giustifica per forza, senza il consenso della libertà; le orecchie sterili che egli non ha privato della semente delle sue sante parole ne sono la prova.
       "La semente cadde sul bordo della strada" (Mt 13,19), ecco una cosa che è l’immagine stessa dell’anima ingrata, di colui che non ha fatto fruttificare il proprio talento ed ha disprezzato il proprio benefattore (Mt 25,24-30). La terra che aveva tardato ad accogliere il suo seme, è divenuta luogo di passaggio per tutti i malintenzionati; così non vi fu più posto in essa per il padrone, perché vi potesse entrare da lavoratore, ne potesse rompere la durezza e spargervi il suo seme. Nostro Signore ha descritto il maligno sotto i tratti degli uccelli, poiché il maligno ha portato via il seme (Mt 13,19). Egli ha voluto indicare così che il maligno non prende per forza la dottrina che è stata distribuita nel cuore. Nell’immagine che egli ha proposto, ecco che in effetti la voce del Vangelo si pone alla porta dell’orecchio, come il grano alla superficie di una terra che non ha nascosto nel suo seno ciò che è caduto su di essa; infatti non è stato permesso agli uccelli di penetrare nella terra alla ricerca di quel seme che la terra aveva nascosto sotto le sue ali.
       "E quella parte che era caduta sui sassi" (Mt 13,20); Dio che è buono manifesta così la sua misericordia; quantunque la durezza della terra non fosse stata rotta dal lavoro, nondimeno egli non l’ha privata del suo seme. Questa terra rappresenta coloro che si estraniano dalla dottrina di Nostro Signore, come quei tali che hanno detto: "Quella parola è dura; chi può intenderla?" (Jn 6,60). E come Giuda; infatti egli ha ascoltato la parola del Maestro ed ha messo i fiori per l’azione dei suoi miracoli, ma al momento della tentazione, è divenuto sterile.
       Il terreno spinoso (Mt 13,22), nonostante il grano ricevuto, ha ceduto la propria forza ai rovi e agli spini. Buttando audacemente il suo seme su una terra ribelle al lavoro altrui, il padrone ha manifestato la sua carità. Nonostante il predominio dei rovi, egli ha sparso a profusione il suo seme sulla terra, perché essa non potesse avere scusanti...
       La terra buona e ubertosa (Lc 8,8) è immagine delle anime che agiscono secondo verità, alla maniera di coloro che sono stati chiamati ed hanno abbandonato tutto per seguire Cristo.
       Nonostante una volontà unanimemente buona che ha ricevuto con gioia il seme dei beni, la terra buona e ubertosa produce in modi diversi, dove «il trenta», dove «il sessanta», dove «il cento»; tutte le parti della terra fanno crescere secondo il proprio potere e nella gioia, alla stregua di coloro che avevano ricevuto "cinque talenti" e ne hanno guadagnati "dieci, ciascuno secondo la sua capacità" (Mt 25,14-30). Colui che rende «il cento» sembra possedere la perfezione dell’elezione; egli ha ricevuto il sigillo di una morte offerta in testimonianza per Dio. Quelli che rendono «il sessanta», sono coloro che sono stati chiamati e che hanno abbandonato il proprio corpo a dolorosi tormenti per il loro Dio, ma non sono arrivati al punto di morire per il loro Signore; tuttavia restano buoni fino alla fine. «Il trenta», è la misura quotidiana della buona terra; sono coloro che sono stati eletti alla vocazione di discepoli e sui quali non si sono levati i tempi della persecuzione; sono tuttavia coronati dalle loro opere buone, proprio come una terra è coronata dal suo frutto, ma non sono stati chiamati al martirio e alla testimonianza della loro fede.


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