17ª
Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 27 luglio 2014
Rito
Romano
1
Re 3,5.7-12; Sal 118; Rm 8,28-30; Mt 13,44-52
Rito
Ambrosiano
7ª
Domenica dopo Pentecoste
Gs
4,1-9; Sal 77; Rm 3,29-31; Lc 13,22-30
1)
Regno di Dio è simile a…
Il
brano evangelico della liturgia odierna conclude il cap.13° di
Matteo e, insieme, il discorso in parabole di Gesù. Anche le tre
brevi parabole proposte oggi sono relative al Regno di Dio, che è
paragonato a
un tesoro nascosto nel campo (Mt
13,44),
al mercante in cerca di perle preziose (Ibid.
13,45),
ad una rete gettata nel mare (Ibid
13,47)
della
vita.
Il
Regno di Dio, sorgente di pace, di verità e di amore, consiste nella
carità, pace, armonia, gioia e salvezza donate da Dio agli uomini,
nel suo Figlio, Gesù Cristo Signore. E’ un’assoluta novità
nella nostra vicenda storica e a questa novità – indicata nel
messaggio delle prime due parabole “gemelle” del tesoro e della
perla - occorre decidersi con prontezza e radicalità. Si pensi per
esempio a Zaccheo, che
“ subito scese dalla piante, andò a casa sua e vi accolse Gesù
pieno di gioia offrendoGli la metà dei suoi beni per i poveri”
(cfr.
Lc
19, 6-8) o alla Samaritana, che nella gioia subito “lasciò
la brocca, andò in città e disse alla gente: ‘Ho incontrato il
Salvatore (cf
Gv
4, 28-29).
Due
sono le caratteristiche del Regno che l’evangelista sottolinea
oggi: la
preziosità (“il
Regno dei Cieli è simile a un tesoro...; il Regno dei cieli è
simile a un mercante che va in cerca di perle preziose")
e la
gioia
(“l’uomo...va,
pieno di gioia,...e compra quel campo”)
per il bene supremo trovato, anche se non lo si cercava
espressamente.
In
effetti il contadino e il mercante trovano tesori in modi diversi. Il
primo lo trova per caso, tra rovi e sassi, in un campo non suo, è
folgorato dalla sorpresa. Il secondo trova la perla perché è un
intenditore appassionato e sa bene quello che cerca. In ogni caso, è
possibile a tutti incontrare Dio o essere incontrati da Dio.
Trovato
il tesoro, l’uomo pieno di gioia va, vende tutti i suoi averi e
compra quel campo. La gioia è il primo tesoro che il tesoro regala.
Dio ci seduce ancora perché parla il linguaggio della gioia, che
muove, mette fretta, fa decidere: “Ogni uomo segue quella strada
dove il suo cuore gli dice che troverà la felicità”
(sant'Agostino). La gioia duratura è il segno che stai camminando
bene, sulla strada giusta.
Noi
avanziamo nella vita non a colpi di volontà, ma per una passione,
per scoperta di tesori (dov’è il tuo tesoro, là corre felice il
tuo cuore: cfr sant’Agostino); avanziamo per innamoramenti e per la
gioia che accendono. Vive chi avanza verso ciò che ama, verso chi si
ama: Cristo Gesù.
Il
ritrovamento del tesoro o della perla fa di noi contadini o mercanti
fortunati. Di ciò non dobbiamo vantarci, perché, in ultima analisi,
è un dono gratuito di Dio. Un dono deve essere fonte di
non
vanto, ma di gratitudine e di responsabilità. Dobbiamo dire grazie a
Colui che ci ha fatto “inciampare” in un tesoro, anzi in molti
tesori, lungo molte strade, in molti giorni della nostra vita. Se
guardiamo alla nostra vita, una cosa ci è chiara: abbiamo tanto
cercato, in tanti libri, tra tante persone, abbiamo tanto cercato ma
di meglio non abbiamo trovato. Di meglio del Vangelo e della Chiesa
proprio non si trova. Vendere tutto per Cristo è l’affare più
bello della nostra vita. L’ha fatta diventare una vita intensa,
vibrante, appassionata, gioiosa e pacificata, e spero anche, almeno
un po’, che serva a qualcuno. Abbiamo capito che rinunciare per
Cristo è uguale a fiorire. Scegliere Cristo non è un puro e
semplice dovere, è scegliere un tesoro che è pienezza d’umano,
pace e forza, sorpresa, incanto e risurrezione. Dio non è un obbligo
è una Perla.
Siamo
grati al Signore, perché con lui la vita non è mai una vita
qualunque, mai banale, con Lui la vita è stupore, amore, pace,
letizia.
3)
Per Cristo noi siamo il tesoro e la perla.
Credo
di non distorcere il significato delle parabole di oggi se affermo
che per Cristo siamo noi il tesoro e la perla, che ci ricompera con
la “moneta” della sua vita offerta totalmente per noi.
Lui
è il mercante e il contadino, che ci tira fuori dal campo della
nostra vita: per ciascuno di noi, per tutti i nostri fratelli e
sorelle. Lui rinnova il nostro cuore e da cuore di pietra lo
trasforma in cuore di carne, un cuore buono, un cuore attento. È il
nostro campo che matura tesori, in noi e per gli altri, che fa
fiorire la rosa del mondo.
La
terza parabola parla della rete che raccoglie tutto e poi dei
pescatori che si siedono a scegliere il pesce. Essa ci ricorda che
anche noi tutti siamo come pescatori, che nella vita, nel cuore,
abbiamo raccolto di tutto, abbiamo tirato su cose buone e cose che
non valevano niente.
Ora
è il tempo dell’intelligenza del cuore, il momento di discernere,
di conservare e anche di liberarsi da ciò che fa male.
Ora
è il tempo di fare come l’ultima immagine che il Vangelo oggi
suggerisce: fare come lo scriba diventato discepolo che trae fuori
dal suo tesoro cose antiche e cose nuove.
Oggi
ci è data questa bella notizia: ogni discepolo ha un tesoro, nessuno
ne è privo. Quindi siamo invitati fortemente a guardare dentro di
noi, nei nostri archivi interiori così ricchi di eventi, di parole,
di incontri e felicità, di persone come tesori, di esperienze che
dimentichiamo, ciò che non sappiamo gustare, che sprechiamo e non
sappiamo accrescere.
Come
a Messa osiamo dire il “Padre nostro”, oggi osiamo ancora
chiedere a Dio Padre immeritati tesori. Ce ne ha già dati tanti.
ChiediamoGli in dono anche occhi profondi, da scriba attento. Occhi
sappiano vedere impigliati nella nostra rete i tesori raccolti nella
nostra vita, breve o lunga che sia, i talenti ricevuti, le persone
incontrate.
Questo
cuore, diventato buono della bontà di Cristo, sia in noi
riconoscente come il cuore di un bambino.
3)
Delle perle che hanno dato tutto per la Perla.
L’offerta
di se stessi a Dio, riconosciuto come Perla, riguarda ogni cristiano,
perché tutti siamo consacrati a Lui mediante il Battesimo. Tutti
siamo chiamati ad offrirci al Padre con Gesù e come Gesù, facendo
della nostra vita un dono generoso, nella famiglia, nel lavoro, nel
servizio alla Chiesa, nelle opere di misericordia. Tuttavia, questa
consacrazione è vissuta in modo particolare dai religiosi, dai
monaci, alle donne consacrate nel mondo che hanno scelto di
appartenere a Dio in modo pieno ed esclusivo. Totalmente
consacrate a Dio, queste donne sono totalmente consegnate alle
sorelle e ai fratelli, per portare la luce di Cristo nel mondo e per
diffondere la sua speranza nei cuori sfiduciati. Il segno particolare
che indica questo tipo di consacrazione è il velo, che il Vescovo
mette sul loro capo dicendo: “Ricevi questo velo segno della tua
consacrazione; non dimenticare mai che sei votata al servizio di
cristo e del suo Corpo la Chiesa” (Rito di Consacrazione delle
Vergini, n. 25)
Così
intensa e vissuta, la vita consacrata appare proprio come essa è
realmente: è un dono di Dio, un dono di Dio alla Chiesa, un dono di
Dio al suo Popolo! Ogni persona consacrata è un dono per il Popolo
di Dio in cammino.
In
un certo senso, la vita consacrata porta in superficie ciò che è di
tutti, facendosi al tempo stesso memoria e profezia, attesa e
anticipo già ora di ciò che verrà. È in questo modo che la vita
consacrata svolge il suo più importante servizio: farsi
trasparenza del Vangelo
- della radice del vangelo- interpellando così ogni cristiano,
qualsiasi scelta abbia fatto.
Lettura
Patristica
San
Giovanni Crisostomo
Omelia
sul Vangelo di Matteo, 47,2
"Il
regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo: l’uomo
che l’ha trovato, lo nasconde di nuovo e, fuor di sé dalla gioia,
va, vende tutto quanto possiede, e compra quel campo. Inoltre il
regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle
preziose; e trovata una perla di gran valore, va, vende tutto ciò
che possiede e la compra"
(Mt
13,44-46).
Come le due parabole del granello di senape e del lievito non
differiscono molto tra di loro, così anche le parabole del tesoro e
della perla si assomigliano: sia l’una che l’altra fanno
intendere che dobbiamo preferire e stimare il Vangelo al di sopra di
tutto. Le parabole del lievito e del chicco di senape si riferiscono
alla forza del Vangelo e mostrano che esso vincerà totalmente il
mondo. Le due ultime parabole, invece, pongono in risalto il suo
valore e il suo prezzo. Il Vangelo cresce infatti e si dilata come
l’albero di senape ed ha il sopravvento sul mondo come il lievito
sulla farina; d’altra parte, il Vangelo è prezioso come una perla,
e procura vantaggi e gloria senza fine come un tesoro.
Con queste due ultime parabole noi
apprendiamo non solo che è necessario spogliarci di tutti gli altri
beni per abbracciare il Vangelo, ma che dobbiamo fare questo atto con
gioia. Chi rinunzia a quanto possiede, deve essere persuaso che
questo è un affare, non una perdita. Vedi come il Vangelo è
nascosto nel mondo, al pari di un tesoro, e come esso racchiude in sé
tutti i beni? Se non vendi tutto, non puoi acquistarlo e, se non hai
un’anima che lo cerca con la stessa sollecitudine e con lo stesso
ardore con cui si cerca un tesoro, non puoi trovarlo. Due condizioni
sono assolutamente necessarie: tenersi lontani da tutto ciò che è
terreno ed essere vigilanti. "Il
regno dei cieli"
- dice Gesù -"è
simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; e trovata una
perla di gran valore, va, vende tutto ciò che possiede e la compra"
(Mt
13,45-46).
Una sola, infatti, è la verità e non è possibile dividerla in
molte parti. E come chi possiede la perla sa di essere ricco, ma
spesso la sua ricchezza sfugge agli occhi degli altri, perché egli
la tiene nella mano, - non si tratta qui di peso e di grandezza
materiale, - la stessa cosa accade del Vangelo: coloro che lo
posseggono sanno di essere ricchi, mentre chi non crede, non
conoscendo questo tesoro, ignora anche la nostra ricchezza.
A questo punto, tuttavia, per evitare che
gli uomini confidino soltanto nella predicazione evangelica e credano
che la sola fede basti a salvarli, il Signore aggiunge un’altra
parabola piena di terrore. Quale? La parabola della rete. "Parimenti
il regno dei cieli è simile a una rete che, gettata nel mare,
raccoglie ogni sorta di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano
a riva e, sedutisi, ripongono in ceste i buoni, buttando via i
cattivi"
(Mt
13,47-48).
In che cosa differisce questa parabola da quella della zizzania? In
realtà anche là alcuni uomini si salvano, mentre altri si dannano.
Nella parabola della zizzania, tuttavia, gli uomini si perdono perché
seguono dottrine eretiche e, ancor prima di questo, perché non
ascoltano la parola di Dio; mentre coloro che sono raffigurati nei
pesci cattivi si dannano per la malvagità della loro vita. Costoro
sono senza dubbio i più miserabili di tutti, perché, dopo aver
conosciuto la verità ed essere stati presi da questa rete
spirituale, non hanno saputo neppure in tal modo salvarsi.