Rito romano
XII domenica
del Tempo Ordinario – Anno C - 23 giugno 2013
Zac
12,10-11; Ga 3,26-29; Lc 9,18-24
Che
dice la gente chi io sia?
Rito
ambrosiano
V
Domenica di Pentecoste
Gen
18,1-2a.16-33; Sal 27; Rm 4,16-25; Lc 13,23-29
La
porta stretta
1)Tre
luoghi: il deserto, la preghiera e la comunità.
Quasi
sempre, il Vangelo ci dice il luogo materiale, dove si svolge il
fatto di cui parla: Betlemme, Nazareth, Gerico, Gerusalemme, Cesarea
di Filippo, ecc. Oggi il brano del vangelo narra di Gesù che si
trova in un luogo solitario, “materiale”, e in preghiera, cioè
un luogo “spirituale” ed è circondato dai discepoli, che sono la
sua comunità di vita e missione. Questo terzo luogo potremmo
chiamarlo “luogo umano”, dove vive una fraterna comunione per
l’annuncio della buona Novella.
Quindi
se ciascuno di noi vuol essere discepolo (=colui che impara, dal
verbo latino “dìscere”: imparare) deve stare con Gesù in un
luogo solitario, deserto – cioè nel mondo ma non del mondo - e in
comunità.
Ho
già citato altre volte il versetto 2,16 del profeta Osea, ma oggi è
utile arrivare almeno al 2,22: “Così
dice il Signore: Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e
parlerò al suo cuore. Là canterà come nei giorni della sua
giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto. Ti farò mia sposa
per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella
benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu
conoscerai il Signore. (2,16-17b.21-22
).
Dio
ci vuole completamente per sé e ci strappa da tutte le nostre
consuetudini, dalla vita quotidiana, per portarci nel deserto, nel
luogo solitario del nostro cuore.
E in questa solitudine, Dio è
tutto per l'anima e l'anima è tutta per Dio, che parla al cuore
dell'uomo. Allora la persona umana è capace di accogliere questa
dichiarazione d'amore che Dio gli fa: Egli le dice ti amo.
Ma
dichiarazione d'amore è esigenza di risposta, che l’essere umano
dà a Dio nella preghiera, che per essere fatta bene non ha bisogno
di molte parole, né di molti studi.
Mi
spiego con un episodio della vita del Santo Curato d’Ars, che
vedeva spesso in chiesa un contadino. Questo uomo illetterato dopo
una giornata di lavoro nei campi, andava verso sera nella piccola
chiesetta di Ars, si sedeva in un banco davanti al tabernacolo e vi
restava per molto tempo. Un giorno, il Santo Curato si avvicinò a
questo contadino in preghiera, che non apriva bocca neppure per
mormorare le consuete preghiere popolari, e gli chiese: “Cosa dici
al Signore?”- “Niente” rispose l’uomo e aggiunse “Io guardo
Lui e Lui guarda me”. L’adorazione è l’essenziale della
preghiera, è la preghiera che diventa sguardo ed apre il cuore alla
Presenza di Bontà, Verità e Amore.
Al
giorno d’oggi, viviamo in mezzo a una intensa iperattività.
Neppure i preti e i religiosi vi sfuggono, anche perché sono
sollecitati da compiti pastorali urgenti e così numerosi, da non
poter affrontarli tutti. In mezzo a questo dilagare di vita e di
attività, i periodi di preghiera tendono a presentarsi come dei
vuoti, delle soste. Inoltre, molto spesso, si pensa che l'attività
per gli altri sia l’unico arricchimento possibile e l’unica
necessità evangelica, arrivando a guardare ai momenti di preghiera
come a reali perdite di tempo.
L’esempio
del contadino di Ars dimostra che è un grave errore pensare che la
pura e semplice preghiera possa diventare inutile, che il tempo
dedicato solamente a Dio sia tempo perso.
In
effetti, come amava ripetere il Papa emerito Benedetto XVI, nessuno
più di Gesù Cristo fu permanentemente in stato di adorazione e di
preghiera davanti al Padre, poiché la visione di Dio dimorava
nell'anima sua in mezzo a tutte le sue attività di uomo. Tuttavia
Lui coglieva tutte le occasioni per immergersi nel silenzio e nella
solitudine di una pura preghiera: “E,
avendo congedate le folle, salì sul monte, in disparte, per pregare”
(Mt
14, 23). “Il
mattino, molto prima dell'alba,
egli si levò, uscì e andò in un luogo solitario. E là pregava”
(Mt
1, 35). Questi momenti di preghiera Gesù li sottraeva alle giornate
massacranti, durante le quali non cessava di appartenere ai suoi
discepoli, ai malati, alla folla che gli si accalcava intorno e lo
cercava. Alla sera, di notte, al mattino, Gesù andava in disparte a
pregare. Gesù, come uomo, sentiva il bisogno di momenti prolungati
di preghiera, liberi da ogni attività umana.
Non
va dimenticato che per Lui il legame tra l’azione e la preghiera
era l’amore e altrettanto deve esserlo per noi. Un amore che si
mette a disposizione dell’annuncio
che Dio è diventato uomo e che questo uomo è presente in un “segno”
di concordia, di comunione, di unità e di comunità, di unità di
popolo, nella
comunità dei redenti (è il terzo “luogo” di cui oggi parliamo):
la Chiesa, vissuta
in famiglia, in parrocchia, nel movimento, nel monastero.
2)
La gente chi dice che io sia? E voi?
Con
queste domande Gesù non intende certamente fare un sondaggio di
opinione, che va bene per farsi un'idea su un argomento, non per
impegnare la vita. Egli fa questa domanda e vuole aiutare i discepoli
di allora e quelli di adesso a capire chi è Lui per noi e chi siamo
noi per Lui.
Nel
Vangelo di oggi questa domanda riceve due risposte.
La
prima esprime l’opinione della gente che in Gesù vede un profeta,
magari un grande profeta, ma non riesce a scorgere altro. La gente
non era ostile a Gesù. Anzi accorreva in massa ad ascoltarlo, ma era
interessata più ai vantaggi materiali che poteva ottenere dai suoi
miracoli che dai vantaggi spirituali della sua presenza di carità
tra loro. Evidentemente la folla non aveva capito il mistero della
persona di Gesù.
La
seconda risposta viene da San Pietro. Il Capo degli Apostoli dà una
stupenda risposta: “Tu
sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”.
Gesù è così contento di questa risposta che dice: “Beato
te Simone, perché né la carne, né il sangue te l'hanno rivelato,
ma il Padre mio che sta nei cieli”.
Ma nello stesso tempo afferma che non ci sarebbe mai arrivato da
solo, se il Padre non gliel'avesse suggerito.
Va
notato che Gesù non aveva fatto la domanda dicendo: “Tu chi dici
che io sia”, sebbene: “Voi chi dite che io sia?”. Il “Voi”
è ecclesiale, perché è in questa risposta che nasce la Chiesa. Il
rapporto “Io-Tu” è molto bello, ma l’“Io-Voi” è ancora
più bello, perché in questa risposta personale diventiamo comunità,
“luogo della festa e del perdono” dove incontriamo il Dio della
Vita e dell’Amore.
La
risposta di Pietro è esatta: “Cristo è Dio”, che vince il male
con la Croce, che fa morire la morte con la Croce, che dà la vita
per amore, che è ricco “solamente” di misericordia. E’ il
contrario dell’egoista che vuole salvare
se stesso: Dio-Amore vuole salvare l’altro. Lui il giusto si lascia
giudicare. Lui che è la legge, è misericordia e perdono. Noi gli
togliamo la vita, Lui dona la vita per noi. E’ magnifico questo
Uomo-Dio.
Ma
come possiamo seguirLo (vangelo romano) e varcare la porta stretta
(vangelo ambrosiano) che si apre solo con la Croce come chiave? Come
possiamo parlare di Lui, il Cristo di Dio, come ha fatto San Pietro?
In ciò ci sono di esempio le Vergini consacrate, che parlano di
Cristo solo quando viene loro chiesto, ma vivono in modo tale che si
chieda loro di Cristo (cfr Paul Claudel), perché la loro vita
vissuta nella verginità dice che “Cristo è Dio e merita tutto”.
La loro vita parla. Con una vita di e da Vergini che attendono lo
Sposo e con la preghiera vigilante esse domandano per sé e per
l’umanità intera che sia Cristo a varcare la porta stretta del
nostro cuore dilatandolo. (Rito di Consacrazione della Vergini, n. 36
– Invio per la missione)
Lettura
Patristica
Propongo il
prologo della Regola di San Benedetto perché aiuta a capire e a
vivere il fatto che l’essenziale è che il cuore dilati dicendo
liberamente sì ad una salvezza che non viene da lui mediante la
consacrazione. E poi essenziale è che il cuore, cosciente della sua
incapacità a salvarsi da sé, ma anche del suo inalienabile
desiderio di pienezza e felicità, decida di ascoltare un Altro nella
preghiera, e che lo ascolti con la disponibilità a lasciarsi
guidare, istruire, condurre verso la vita.
Regola
dei monaci
Prologo
- Ascolta, figlio mio, gli insegnamenti del maestro e apri docilmente il tuo cuore; accogli volentieri i consigli ispirati dal suo amore paterno e mettili in pratica con impegno,
- in modo che tu possa tornare attraverso la solerzia dell'obbedienza a Colui dal quale ti sei allontanato per l'ignavia della disobbedienza.
- Io mi rivolgo personalmente a te, chiunque tu sia, che, avendo deciso di rinunciare alla volontà propria, impugni le fortissime e valorose armi dell'obbedienza per militare sotto il vero re, Cristo Signore.
- Prima di tutto chiedi a Dio con costante e intensa preghiera di portare a termine quanto di buono ti proponi di compiere,
- affinché, dopo averci misericordiosamente accolto tra i suoi figli, egli non debba un giorno adirarsi per la nostra indegna condotta.
- Bisogna dunque servirsi delle grazie che ci concede per obbedirgli a ogni istante con tanta fedeltà da evitare, non solo che egli giunga a diseredare i suoi figli come un padre sdegnato,
- ma anche che, come un sovrano tremendo, irritato dalle nostre colpe, ci condanni alla pena eterna quali servi infedeli che non lo hanno voluto seguire nella gloria.
- Alziamoci, dunque, una buona volta, dietro l'incitamento della Scrittura che esclama: "E' ora di scuotersi dal sonno!"
- e aprendo gli occhi a quella luce divina ascoltiamo con trepidazione ciò che ci ripete ogni giorno la voce ammonitrice di Dio:
- " Se oggi udrete la sua voce, non indurite il vostro cuore!"
- e ancora: " Chi ha orecchie per intendere, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese!".
- E che dice? " Venite, figli, ascoltatemi, vi insegnerò il timore di Dio.
- Correte, finché avete la luce della vita, perché non vi colgano le tenebre della morte".
- Quando poi il Signore cerca il suo operaio tra la folla, insiste dicendo:
- "Chi è l'uomo che vuole la vita e arde dal desiderio di vedere giorni felici?".
- Se a queste parole tu risponderai: "Io!", Dio replicherà:
- "Se vuoi avere la vita, quella vera ed eterna, guarda la tua lingua dal male e le tue labbra dalla menzogna. Allontanati dall'iniquità, opera il bene, cerca la pace e seguila".
- Se agirete così rivolgerò i miei occhi verso di voi e le mie orecchie ascolteranno le vostre preghiere, anzi, prima ancora che mi invochiate vi dirò: "Ecco sono qui!".
- Fratelli carissimi, che può esserci di più dolce per noi di questa voce del Signore che ci chiama?
- Guardate come nella sua misericordiosa bontà ci indica la via della vita!
- Armati dunque di fede e di opere buone, sotto la guida del Vangelo, incamminiamoci per le sue vie in modo da meritare la visione di lui, che ci ha chiamati nel suo regno.
- Se, però, vogliamo trovare dimora sotto la sua tenda, ossia nel suo regno, ricordiamoci che è impossibile arrivarci senza correre verso la meta, operando il bene.
- Ma interroghiamo il Signore, dicendogli con le parole del profeta: "Signore, chi abiterà nella tua tenda e chi dimorerà sul tuo monte santo?".
- E dopo questa domanda, fratelli, ascoltiamo la risposta con cui il Signore ci indica la via che porta a quella tenda:
- "Chi cammina senza macchia e opera la giustizia;
- chi pronuncia la verità in cuor suo e non ha tramato inganni con la sua lingua;
- chi non ha recato danni al prossimo, né ha accolto l'ingiuria lanciata contro di lui";
- chi ha sgominato il diavolo, che malignamente cercava di sedurlo con le sue suggestioni, respingendolo dall'intimo del proprio cuore e ha impugnato coraggiosamente le sue insinuazioni per spezzarle su Cristo al loro primo sorgere;
- gli uomini timorati di Dio, che non si insuperbiscono per la propria buona condotta e, pensando invece che quanto di bene c'è in essi non è opera loro, ma di Dio,
- lo esaltano proclamando col profeta: "Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria!".
- Come fece l'apostolo Paolo, che non si attribuì alcun merito della sua predicazione, ma disse:" Per grazia di Dio sono quel che sono"
- e ancora: "chi vuole gloriarsi, si glori nel Signore".
- Perciò il Signore stesso dichiara nel Vangelo: "Chi ascolta da me queste parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio il quale edificò la sua casa sulla roccia.
- E vennero le inondazioni e soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia".
- Dopo aver concluso con queste parole il Signore attende che, giorno per giorno, rispondiamo con i fatti alle sue sante esortazioni.
- Ed è proprio per permetterci di correggere i nostri difetti che ci vengono dilazionati i giorni di questa vita
- secondo le parole dell'Apostolo: "Non sai che con la sua pazienza Dio vuole portarti alla conversione?"
- Difatti il Signore misericordioso afferma: "Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva".
- Dunque, fratelli miei, avendo chiesto al Signore a chi toccherà la grazia di dimorare nella sua tenda, abbiamo appreso quali sono le condizioni per rimanervi, purché sappiamo comportarci nel modo dovuto.
- Perciò dobbiamo disporre i cuori e i corpi nostri a militare sotto la santa obbedienza.
- Per tutto quello poi, di cui la nostra natura si sente incapace, preghiamo il Signore di aiutarci con la sua grazia.
- E se vogliamo arrivare alla vita eterna, sfuggendo alle pene dell'inferno,
- finche c'è tempo e siamo in questo corpo e abbiamo la possibilità di compiere tutte queste buone azioni,
- dobbiamo correre e operare adesso quanto ci sarà utile per l'eternità.
- Bisogna dunque istituire una scuola del servizio del Signore
- nella quale ci auguriamo di non prescrivere nulla di duro o di gravoso;
- ma se, per la correzione dei difetti o per il mantenimento della carità, dovrà introdursi una certa austerità, suggerita da motivi di giustizia,
- non ti far prendere dallo scoraggiamento al punto di abbandonare la via della salvezza, che in principio è necessariamente stretta e ripida.
- Mentre invece, man mano che si avanza nella vita monastica e nella fede, si corre per la via dei precetti divini col cuore dilatato dall'indicibile sovranità dell'amore.
- Così, non allontanandoci mai dagli insegnamenti di Dio e perseverando fino alla morte nel monastero in una fedele adesione alla sua dottrina, partecipiamo con la nostra sofferenza ai patimenti di Cristo per meritare di essere associati al suo regno.
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