IV
Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 3 febbraio 2013
Rito
romano
Ger
1,4-5.17-19; Sal 70; 1 Cor 12,31-13,3; Lc 4,21-30
Rito
ambrosiano
Penultima
Domenica dopo l’Epifania
Dn
9,15-19; Sal 106; 1Tm 1,12-17; Mc 2,13-17
Rendete
grazie al Signore, il suo amore è per sempre
1)
Una premessa sulla voce: il profeta , e sulla- Parola: Gesù.
I
brani di oggi, il racconto di Geremia e l'esperienza di Gesù nel
Vangelo (nel Rito Romano), mettono in risalto la vocazione e l'opera
del profeta che parla della vita dell'uomo secondo il progetto di Dio
e della sua realizzazione.
Quindi,
penso che sia utile - come premessa - ricordare che il termine
profeta
deriva dal greco προφήτης
(pronuncia: profétes),
che è parola composta dal prefisso προ-
(pro,
“davanti, prima”, ma anche “per”, “al posto di”) e dal
verbo φημί
(femì,
“parlare, dire”). Letteralmente quindi significa “colui che
parla davanti” o “colui che parla per, al posto di” , sia nel
senso di parlare “pubblicamente” (davanti ad ascoltatori), sia in
quello di parlare “prima” (anticipatamente sul futuro).
E’
altrettanto utile sapere che il
termine ebraico che designa il profeta, “nabi”,
può significare sia “colui che è chiamato”, sia “colui che
parla”: in questo duplice significato è inscritto tutto il senso
della missione del profeta: un chiamato che diventa un porta-voce, un
“porta-parola”, un servo della Parola di Dio. Inoltre Il profeta
non è chiamato semplicemente a parlare in nome di Dio, ma a viverne
l’amore divenendo profeta del Cuore di Dio, che è misericordia.
Il
profeta non è la
variante biblica dell’indovino, perché non ha lo scopo di
comunicare gli avvenimenti di domani e così mettersi al servizio
della curiosità o del bisogno di sicurezza degli uomini.
“L'elemento
essenziale del profeta non è quello di predire i futuri avvenimenti;
il profeta è colui che dice la verità perché è in contatto con
Dio e cioè si tratta della verità valida per oggi che naturalmente
illumina anche il futuro. Pertanto non si tratta di predire
l'avvenire nei suoi dettagli, ma di rendere presente in quel momento
la verità divina e di indicare il cammino da prendere”.
(Joseph Ratzinger, Intervista
con Niels
Christian Hvidt,
1997).
Per questo
Cristo è il Profeta rivelatore definitivo (cfr Ebr. 1, 1-2) ed
eminente. Egli non solo ci conduce a Dio attraverso la Parola e la
Legge, ma ci assume in sé con la sua vita e la sua Passione, e con
l'Incarnazione fa di noi il suo Corpo Mistico. Ciò significa che,
nelle sue radici, la profezia è presente e continua nella Chiesa,
popolo di Dio regale, sacerdotale e profetico (cfr
Lumen Gentium,
12).
2)
Un porta-voce e la Parola.
Cristo
era veramente un profeta differente da quelli precedenti. Anche da
Geremia (cfr I lettura di oggi), a cui il Nuovo Testamento allude
mostrando le numerose corrispondenze tra lui e Gesù. Come l'antico
profeta (Ger
11,18) anche Cristo, nella sua patria di Nazareth, viene contestato
dai propri concittadini (Lc
4,29).
La delicatezza di Geremia (Id.
1,6), poi, lo avvicina al Gesù descritto da San Luca. Come Gesù (Id
23), questo profeta attaccò i detentori del potere religioso (Id
26,28) e il tempio (Id.
7,11 e Mt
21,13). Sono celibi entrambi, ed entrambi amanti dei semplici e dei
puri di cuore (Ger
35). Flagellato (Id.
20,2), il profeta è condotto come agnello (Id.
11,19) alla sua passione. E persino il suo lamento su Gerusalemme
(Id.
32,28), infine, si potrebbe accostare al pianto di Gesù sulla città
prediletta (Mt
23,37).
Ma
mentre Geremia era un porta-voce, che portava
la Parola
di Dio, un
messaggero che si rivolgeva a chi aveva smarrito la via, Gesù Cristo
è la Parola di Verità, che è Via che conduce alla vita.
Il
lieto Messaggio del “profeta” Cristo è Lui stesso, fiore che
germoglia a Nazareth (= giardino), frumento che si fa pane di vita e
di misericordia a Betlemme (=Città del pane), sguardo che legge nel
cuore tanto è penetrante, voce che scaccia il diavolo tanto è
potente, parola che incanta i bambini tanto è dolce, agnello che
porta il peccato e che assolve i peccatori tanto è forte di grazia e
perdono.
L’insegnamento
di Gesù era affascinante e autorevole e la gente accorreva ad
ascoltarlo, ovunque Lui si trovasse, in una sinagoga (cfr il Vangelo
del rito romano
Lc
4,
21-30) o in riva al mare (cfr il Vangelo del rito ambrosiano Mc
12, 13-17).
Ma
che cosa insegnava Gesù? Insegnava Dio. Annunciando la Buona
Novella, parlava di Dio, ma ne parlava in modo nuovo. Ne parlava
partendo dalla sua esperienza, dall’esperienza che lui stesso aveva
di Dio e della vita. Gesù viveva in Dio. Egli rivelava un Dio che è
Giudice di misericordia, un Dio che è vicino, sempre. Cristo, l’Uomo
che vive tra gli uomini per rivelare il Cuore di Dio, è profeta
della felicità (cfr le Beatitudini).
3)
Profeti piccoli, non minori.
Se
come Geremia, il profeta più solo e tra i profeti il più simile a
Cristo (almeno secondo me), risponderemo alla nostra vocazione
dicendo a Dio Padre: “Mi hai sedotto ed io mi sono lasciato
sedurre” (Ger
20,7), anche noi saremo profeti, magari non grandi, non famosi, ma
non meno importanti. Noi
cristiani siamo chiamati ad essere profeti – non importa se piccoli
o grandi -, l’importante è che siamo veri testimoni di Gesù,
Profeta del Volto di Dio.
Se
stiamo davanti a Dio con la semplicità dei bambini e la domanda del
povero, vivremo il Vangelo e ci accorgeremo che altri “vangeli
piccoli”, altre buone notizie apparentemente poco rilevanti sono,
con Cristo, tra noi: la bontà dei nostri familiari e amici, la
bellezza seminata nelle valli e nelle montagne, sui mari e nelle
foreste. Anche questo, come i gigli del campo e l’acqua trasformata
in vino, fa parte del Vangelo cioè della lieta Notizia che Cristo è
il Redentore dell’uomo e del cosmo, che l’incarnazione ha fatto
della Parola una presenza di verità e di salvezza.
Il
grande pittore Van Gogh diceva che amava guardare i bambini nella
culla, perché i loro occhi innocenti riflettono il cielo. Se
diventeremo come bambini potremo avere
gli
occhi
pieni di cielo e sguardi di Vangelo, allora scorgeremo la presenza
evangelica di Cristo nelle piccole e grandi cose della vita, e
diventeremo suoi profeti.
Il Catechismo della Chiesa
Cattolica spiega “Il
popolo santo di Dio partecipa pure alla funzione profetica
di Cristo. Ciò
soprattutto per il senso soprannaturale della fede che è di tutto il
popolo, laici e gerarchia, quando « aderisce indefettibilmente alla
fede una volta per tutte trasmessa ai santi »
e ne
approfondisce la comprensione e diventa testimone di Cristo in mezzo
a questo mondo”
(CCC, n 785).
Dentro
questo popolo ci sono persone che sono chiamate in modo particolare a
vivere questa dimensione profetica
nel quotidiano, in ciò che più che storia sembra polvere di storia:
si tratta delle Vergini Consacrate.
Il
matrimonio è un grandissimo valore, ma la verginità è una
profezia tale che, lungi dall'essere contro gli sposati, è invece
anzitutto per loro, a loro beneficio. Ad essi ricorda che il
matrimonio è santo, è bello, è creato da Dio e redento da Cristo,
è immagine dello sposalizio tra Cristo e la Chiesa, ma che non è
tutto.
Con una chiamata particolare Dio chiama queste donne consacrate a
vivere una più grande intimità con Lui e ad essere nel mondo le
testimoni profetiche di questa presenza divina mediante la verginità.
Mi
sembra che questo sia uno dei compiti principali della verginità
consacrata.
E in ciò mi sono di conforto
- San Cipriano (n. ca 210 – m. 258) che alle prime vergini cristiane scriveva: “Voi avete cominciato a essere ciò che noi tutti un giorno saremo” (S. Cipriano, Sul comportamento delle Vergini, cap. 1),
- il Rituale della Consacrazione delle Vergini che dice: “Il dono della verginità profetica ed escatologica acquista il valore di un ministero al servizio del popolo di Dio e inserisce le persone consacrate nel cuore della Chiesa e del mondo” (dalle Premesse al Rito di Consacrazione, n. 2, 1970) e
- il Papa Benedetto XVI che afferma: “La vita consacrata è chiamata a tale testimonianza profetica, legata alla sua duplice attitudine contemplativa e attiva. Ai consacrati e alle consacrate è dato infatti di manifestare il primato di Dio, la passione per il Vangelo praticato come forma di vita e annunciato ai poveri e agli ultimi della terra. “In forza di tale primato nulla può essere anteposto all’amore personale per Cristo e per i poveri in cui Egli vive. ... La vera profezia nasce da Dio, dall’amicizia con Lui, dall’ascolto attento della sua Parola nelle diverse circostanze della storia” (Giovanni Paolo II, Esortazione post-sinodale ‘Vita Consecrata’, 84). In questo modo la vita consacrata, nel suo vissuto quotidiano sulle strade dell’umanità, manifesta il Vangelo e il Regno già presente e operante” (Benedetto XVI, Omelia per i Vespri – Festa della Presentazione di Gesù al Tempio, 2 febbraio 2011).
Lettura
Patristica
S.
Ambrogio alle Vergini
Tu
che sei una di quelle vergini che fanno risplendere d'una luce
spirituale la bellezza stessa del loro corpo; tu che giustamente sei
paragonata alla Chiesa, tu, dico, che vegli durante la notte nella
tua stanza: pensa sempre a Cristo e spera a ogni istante la sua
venuta. Cristo entra a porte chiuse e non può mancare di venire
perché l'ha promesso. Abbraccia dunque colui che hai cercato;
avvicinati e ne sarai illuminata. Trattienilo. Pregalo di non partire
subito, di non allontanarsi. La parola di Dio se ne va rapida; non si
lascia prendere dai sonnolenti, né ritenere dai negligenti. La tua
anima le vada incontro. Segui le tracce della parola divina poiché
passa via rapidamente. [...] Colei che cerca così Cristo, può dire:
Lo abbracciai e non lo lascerò più finché non lo introdurrò alla
casa di mia madre, nella stanza di colei che mi ha generata (Ct 3,4).
La casa di tua madre o la sua stanza è l'intimità più segreta del
tuo cuore. Conoscila questa casa e tienila pulita. Quando sarà
pulita e la tua coscienza sarà pura da ogni macchia, questa casa
spirituale si innalzerà poggiata sulla pietra angolare e lo Spirito
Santo abiterà in lei. Chi cerca così Cristo e lo prega, non è
abbandonata, ma, al contrario, viene spesso da lui visitata.
(da Ambrogio,
La verginità,
12-13)
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