giovedì 24 ottobre 2024

Per vedere con gli occhi del cuore.

Domenica XXX del Tempo Ordinario – Anno B – 27 ottobre 2024

Rito Romano

Ger 31,7-9; Sal 125; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52

 

Rito Ambrosiano

At 8,26-39; Sal 65; 1Tm 2,1-5; Mc 16,14b-20

Prima Domenica dopo Dedicazione del Duomo di Milano.

            

 

1)    Un salto nella luce.

 Il Vangelo è un dono, è sempre l’annuncio di un dono, è il dono di poter vedere, di poter contemplare la passione  di Cristo e di esserne salvati. Il Vangelo di questa domenica, che precede il racconto della passione, offre alla nostra meditazione la guarigione di un cieco, che anche se ha un nome: “Bartimeo”, rappresenta ciascuno di noi, che gridiamo a Cristo. In questo mendicante cieco che grida a Gesù, possiamo riconoscere la nostra incapacità di vedere, non tanto dal punto di vista fisico, ma soprattutto  da quello spirituale. Possiamo vedervi la nostra incapacità di “vedere” Dio nella nostra vita, al punto da sentirci spesso smarriti e nel buio spirituale.

Ma se noi mendichiamo la guarigione, Cristo ascolta il nostro grido. Ci guarisce e ci salva, e così possiamo seguirlo sulla strada della luce che gli occhi del cuore miracolati possono vedere.

Con la vista e la luce Bartimeo aveva ricevuto Cristo, “per conoscere a un tempo Dio e l’uomo” (Clemente d'Alessandria, Esortazione ai pagani, 11) e gli è ovvio seguire Gesù  “sulla strada” della passione, morte e resurrezione a Gerusalemme. 
Bartimeo rappresenta in questo contesto la “creazione che soffre e geme per le doglie del parto” (Rm8) e che nel suo lamento produce un urlo di dolore che sale a Dio perché l’ascolti. Il “conoscere a un tempo Dio e l’uomo” di Clemente alessandrino sta così a ricordarci che è proprio dell’uomo implorare la guarigione, la nascita dell'uomo nuovo divinizzato dallo Spirito e dunque ritenere il pellegrinaggio terreno necessario a questo fine, mentre è proprio di Dio, il più prossimo di ogni nostro prossimo, ascoltare il gemito che gli proviene dalla persona umana, che, anche se è la più perfetta delle sue creature, ha bisogno della grazia per portare a compimento il suo destino e camminare sulla strade della speranza” (Papa Francesco).     

Il Vangelo di oggi è preparato dalla prima lettura tratta dal libro della consolazione di Geremia: sono pagine pervase da una speranza profonda. Dio annuncia al profeta ciò che sembra impossibile al cuore umano: il popolo in esilio potrà ritornare sui monti di Samaria. Ecco li riconduco dal paese del settentrione
e li raduno all'estremità della terra;
fra di essi sono il cieco e lo zoppo,
la donna incinta e la partoriente;
ritorneranno qui in gran folla” (Ger. 31,8). E’ Dio che agisce in prima persona, è Dio che guida, che conduce. Per assicurare che è opera Sua, Dio specifica che in questo popolo di salvati non spiccano i potenti e i nobili, ma piuttosto i sofferenti, (i ciechi, gli storpi), i deboli e coloro che, nella loro semplicità, racchiudono in sé il futuro del popolo: le donne incinte e le partorienti.

Nel brano evangelico poi ci propone l’esperienza del cieco Bartimeo, che quando “sente” Gesù, gli grida “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!” e, essendo cieco, salta a tentoni verso Cristo e per gettarsi nella luce, che ancora non ha, getta anche il poco che aveva: il mantello. E passò dalla cecità alla vista, quella vista grandiosa che è la fede nell’Uomo, il Figlio di Davide: in Gesù Cristo, Figlio di Dio salvatore

Ecco allora che possiamo guardare al vedente Bartimeo come modello di credente. Il vangelo odierno di San Marco non vuole tanto raccontarci un miracolo, quanto parlarci di un cammino di fede che nasce dall'ascolto e, passando per il riconoscimento della propria infermità e impossibilità di farcela da solo, chiede pietà. Ma c’è di più: il neo-vedente risponde ad una chiamata lasciando d’impeto tutte le sue sicurezze (il mantello), per incontrare il Signore e, poi, seguirlo per le strade della carità missionaria. Travolto dalla pietà che aveva implorato, colmo della carità di Dio che si era fatto a lui prossimo, Bartimeo si mette al seguito di Cristo, che l’ha guarito e salvato dalle tenebre fisiche e da quelle spirituali.

            Quali sono state (e lo sono anche oggi) le condizioni perché questo miracolo di luce accadesse? La preghiera (“Gesù, abbi pietà di me” – Mc 10, 47) e la fede (“Va, la tua fede ti ha salvato” – Mc 10, 52), tutte e due sono espressioni della libertà. La libertà del cieco che “sente” la presenza del Salvatore e intuisce che vale la pena di aderire alla Verità dell’amore di Cristo. che si ferma quando sente il grido del cieco Bartimeo. La libertà di Gesù che “libera” la sua commozione. Il grido di pietà urlato dal cieco ferma Gesù che passa per strada e compie il miracolo implorato. 

            Mettiamo davanti agli occhi del cuore la scena evangelica. Bartimeo, uomo povero e cieco, è raggomitolato al lato della strada, vergognoso di mendicare per vivere. E’ seduto, si è fermato come fa chi cede a causa delle ondate della vita. Ma nel villaggio dove questo mendicante chiedeva la carità, un bel giorno, improvvisamente, passa Gesù, che è la carità fatta carne. Questo cieco sente il rumore della gente che circonda il Messia, avverte una Presenza sanante e intuisce che può riprendere il cammino della vita nella luce. Allora Bartimeo si affretta (letteralmente fa un balzo) verso Gesù e Lo prega gridando: “Abbi pietà di me!”(l’invocazione “Signore pietà” –“Kyrie eleison” della Messa trova qui la sua origine). Alcuni lo sgridano e gli dicono di stare calmo, ma lui grida di più, prega ancora più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. 

            Non chiede qualcosa di materiale, chiede la pietà di Dio sulla sua vita. Anche noi affrettiamoci verso Cristo e, come il cieco, ciascuno di noi implori: Abbi pietà di me, Figlio di Davide, e apri gli occhi della mia anima, perché io veda la Luce del mondo che sei tu, o Dio mio (cfr. Gv 8,12), e diventi anch’io figlio di quella luce divina (cfr. Gv12,36). O clemente, manda il Consolatore anche su di me, affinché lui stesso mi insegni (cfr. Gv 14,26) ciò che riguarda te e ciò che è tuo, o Dio dell’universo. Dimora anche in me, come hai detto, perché io diventi a mia volta degno di dimorare in te (cfr. Gv 15,4).”(Simeone il Nuovo Teologo - Etica – nato nel 949 – morto nel 1022).

          Corriamo da Gesù e otterremo la vista del cuore e della mente. Avviciniamoci e dopo aver ottenuto da Cristo la vista, saremo anche irradiati dallo splendore della sua luce. Più ci avvicineremo al Messia, esponendoci più da vicino allo splendore della sua luce, più magnificamente e splendidamente si irradierà il suo fulgore, come rivela Dio stesso per mezzo del profeta: Avvicinatevi a me e io mi avvicinerò a voi, dice il Signore (Zac 1, 3); e dice ancora: Io sono un Dio vicino e non un Dio lontano (Ger 23, 23). 

            Non è però che tutti andiamo a Lui nella stessa maniera, ma ciascuno va a Lui secondo le proprie capacità e possibilità (cfr. Mt 25, 15). 

            L’importante è andare da Lui come ci è possibile. A Lui ciò basta per salvarci. Facciamo nostra la preghiera del Salmo: “Rialzaci, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi” (Sal 79,20). 

            L’importante è essere lungo la strada dove passa Gesù Nazareno. E’ la via dell’amore che porta a Gerusalemme, dove si consumerà la Pasqua di passione e resurrezione, alla quale il Redentore va incontro per noi. E’ la strada del suo ritorno alla Casa del Padre, del suo esodo che è anche il nostro: l’unica via di riconciliazione che conduce al Cielo, “Terra” di giustizia e di amore, di pace e di luce. Dio è luce e creatore della luce. Noi esseri umani siamo è figli della luce, fatti per vedere la luce, che non vediamo perché accecati dal nostro peccato e dalla nostra mancanza di fede. Se siamo realisti non ci resta che mendicare e allora, il Signore Gesù, che mendica la nostra fede e il nostro amore, ci guarisce e ci rende partecipi del Regno dei Cieli,  che 

“non è questione di cibo o di bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi serve il Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini. Diamoci dunque alle opere della pace e alla edificazione vicendevole” (Rm 14, 17-19).

 

            2) Una domanda amorevole e una richiesta di compassione.

            Bartimeo, come ciascuno di noi, ha bisogno di essere voluto bene e ha la fortuna di sentirsi fare da Gesù una domanda amorevole: Non “che vuoi fare?” gli chiede Gesù, ma : “Cosa vuoi che io ti faccia?”. E una domanda che nasce dal cuore di Cristo e manifesta la sua compassione.

            Se un giorno sentissimo queste stesse parole rivolte a noi, che cosa chiederemmo al Signore? Personalmente io rivolgerei a Cristo la stessa domanda di Bartimeo: “Signore, abbi pietà di me”, ma subito aggiungerei questa seconda preghiera: “Vieni, Signore Gesù” e continuerei  così: “Vieni, Signore, nella tua immensa bontà, abita in me per la fede e illumina la mia cecità. Rimani con me e difendi la mia fragilità. Se tu sei con me chi mi potrà ingannare? Se tu sei con me, che cosa non potrò in te che mi dai forza? Se tu sei per me, chi sarà contro di mei? Tu sei venuto al mondo, Gesù, per abitare in me, con me e per me, per schierarti dalla me parte, per essere il mio Salvatore. Grazie, Signore Gesù.” (San Bernardo di Chiaravalle).

            Immedesimiamoci in Bartimeo e così potremo guardare gli occhi di Cristo che ci guarda con amore e compassione. Se chiediamo al Signore di accrescere la nostra fede, potremo guardare con gli occhi della fede ed essere ricolmi dalla compassione di Cristo.

            Non dimentichiamo, però, che per vedere Dio occorrono cuore e occhi puri. Non si può pretendere di vedere Dio se si è impuri. Ma come è possibile purificarci? Invocando nel dolore il perdono e contemplando nella confidenza la bontà misericordiosa del Signore. La nostra purificazione, la nostra fiducia e la nostra giustizia stanno nella fede che ci fa contemplare la la grandezza del Signore buono[1], compassionevole e accogliente. 

            In effetti,  il brano del vangelo di oggi[2], prima di narrare il miracolo, racconta di Gesù che accoglie il mendicante cieco. Come tutti, per prima cosa quest’uomo ha bisogno di essere accolto. Ma Cristo fa ancora di più lo sorprende ricolmandolo di amore che sana occhi e cuore. Investe quest’uomo di luce e con la luce delle fede. Bartimeo riconosce in Gesù Cristo il Dio fatto uomo. Con questo miracolo l’amore efficace di Dio invade la sua vita per sostenerlo istante per istante con la Sua Presenza. Anche noi, con la vista guarita dal Redentore stampiamo gli occhi su di Lui e chiediamogli la forza di appoggiarci solamente su Lui, in nulla poggiando su  noi stessi, “perché presso nel Signore è la sorgente della vita. Nella sua luce vediamo la luce” (cfr. Sal 36/35, 10).

            In questa luce non dobbiamo smettere mendicare Cristo. Come il cieco, lasciamo quel pezzo di strada dove si è seduti per mendicare la vita e facciamoci, anche noi medicanti di Cristo e, quindi, discepoli della Vita. Con il miracolo di poter vedere Bartimeo è afferrato in una relazione nuova e sorprendente, che lo attrae e lo seduce. Ora il non-più-cieco segue Cristo, con il cuore e gli occhi rivolti a Lui, origine (alfa) e compimento (omega) di tutto: famiglia, lavoro, amicizie. Ora egli sa a Chi mendicare; lo seguirà in un cammino di fede e di illuminazione che durerà per tutta la vita, per imparare ad andare “diritto davanti a sé”.

 

3) La strada.

La strada del cieco è la nostra strada, e Cristo ci passa sempre, fino alla fine: perché Lui è venuto per il cieco, per ciascuno di noi e, finché ci sarà un cieco, Lui sarà sulla strada. Lui è la Via e la fede permette al cieco guarito, come a ciascuno di noi, di camminarvi sopra.  La fede è un cammino di illuminazione: parte dall’umiltà di riconoscersi bisognosi di salvezza e giunge all’incontro personale con Cristo, che chiama a seguirlo sulla via dell’amore che coincide con la via delle Croce. 

            La modalità per eccellenza di seguire il Redentore su questa via è la verginità consacrata. Con la consacrazione le vergini entrano con passo deciso sulla via dell’amore, perché con l’offerta totale, spirituale e fisica, di se stesse seguono Cristo sulla via della Croce, che è strada del sacrificio. Consacrano a Cristo anche  il loro corpo per essere anime pure a sua piena disposizione. Grazie al loro amore verginale e devoto adorano il Corpo di Cristo che sta sull’altare o nel tabernacolo, “avendo cura delle sue membra che sono i poveri” (San Gregorio Magno). Queste spose di Cristo non parlano dell’amore: amano, testimoniando che è possibile imitare Cristo che ha dato la vita con un amore profondo, sofferente, dolce, “tenero cioè attento alla totalità del nostro essere” (San Giovanni Paolo II).

 

 


[1] Cfr. Guglielmo di Saint-Thierry (circa 1085-1148), La Contemplazione di Dio, 1-2 ; SC 61.

[2] E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada” (Mc 10, 46-52).

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