giovedì 13 luglio 2023

Ascoltare la Parola con il cuore per condividerla

  Rito Romano

XV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A – 16 luglio 2023

Is 55,10-11; Sal 64; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23

 

 

Rito Ambrosiano

Es 33,18-34,10; Sal 76 (77); 1Cor 3,5-11; Lc 6,20-31

Domenica VI dopo Pentecoste

 

            1) Ascoltatori della Parola.

Nel Vangelo di questa domenica Gesù racconta la parabola del seminatore, che continua a seminare nel cuore degli uomini perché ha fiducia in noi. Lui sa che prima o poi l’uomo aprirà le orecchie e gli occhi e il suo cuore all’ascolto e inizierà una vita nella condivisione perenne con Lui, la Parola che ci dice parole efficaci di vita eterna.

Va però tenuto presente che l’efficacia di questa parola è tale quando l’uomo la ascolta, la comprende e agisce di conseguenza. Quindi per avere tutto il nostro essere aperto all’ascolto della parola di Gesù e diventare ascoltatori docili e disponibili della Parola che salva, facciamo nostra questa preghiera: “Fa’, o Signore, che ascolti con attenzione e ricordi costantemente il tuo insegnamento, che lo metta in pratica con forza e coraggio, disprezzando le ricchezze e allontanando tutte le inquietudini della vita mondana...Fa' che mi fortifichi da ogni parte e mediti le tue parole mettendo profonde radici e purificandomi da tutti gli attacchi mondani» (San Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo secondo San Matteo 44,3-4).

            Se, quali ascoltatori della Parola, oggi andremo da Cristo lo ascolteremo parlarci da una barca. Nel Vangelo di oggi il Signore ci parla da una barca. La sua cattedra è un Legno che solca le acque, immagine della Croce, dalla quale dal giorno della sua passione è maestro di tutte le nazioni et attira ogni persona a sé.

Se, navigheremo nel mare della vita attaccati al legno della Croce, il Vangelo di oggi risuonerà in noi  con grande efficacia e la Croce ci farà cogliere il senso più profondo di quanto Cristo dice a noi peccatori, salvati dalle acque del male.

Se siamo veri ascoltatori della Parola, dobbiamo ascoltare in modo non ingenuo come chi aspetta da Cristo qualcosa che risolva i problemi contingenti, che riordini la vita secondo i piccoli desideri umani e non secondo il cuore che desidera l’infinito. Chi non è maturo  accoglie con gioia la Parola ma, per la fretta di sistemare la propria vita, non si accorge che essa è crocifissa e che crocifigge in Cristo chi la accoglie. Le parole del Redentore sono parole di vita perché, attraverso la Croce, purificano da ogni opera morta e uniscono al Signore Gesù, a Cristo e Cristo Crocifisso, Parola di amore e di verità. Questa Parola ha bisogno di un luogo (il nostro cuore), ha bisogno di scendere in fondo, e, lì, morire, come un seme, per mettere radice, per crescere e germogliare, e resistere dinnanzi alle bufere e alle intemperie, come una casa costruita sulla Roccia.

Nella casa costruita sulla roccia, la Parola non è soffocata dalle preoccupazioni, e può crescere perché ha spazio e aria. In essa il cuore non è dissipato nelle cose del mondo si fa grande,, magnanimo e ospitale. L’ascolto maturo e sincero impedisce è l’adulterio del cuore è proprio quello che ha reso così difficile la storia del popolo di Israele, che ha impedito alla Parola dell’Alleanza di compiersi. La carne, la corruttibilità di questo mondo ha reso impossibile il compiersi della Legge.

La Parola della Croce è stoltezza e scandalo per gli intelligenti e i sapienti di questo mondo. Non la comprendono, ascoltano ma è come se non ascoltassero. I criteri sono altri, la propria giustizia, le proprie opere, gli scribi e i farisei che “non possono” ascoltare la Parola di Gesù presi come sono da se stessi, dai propri pregiudizi, dalla presunzione d’aver capito bene come si vive, di aver individuato quali sono gli atteggiamenti giusti per vivere bene. Pensano che sia un problema di buon senso e di buon cuore. Invece è una questione di cuore e di senso della vita intesa come direzione e significato della vita secondo la mente e il cuore di Cristo
            Questa è la realtà. La verità. Se non siamo convertiti. siamo tutti questi terreni di cui parla il Vangelo di oggi. Questi terreni rendono difficile se non impossibile il rapporto fra la Parola e la nostra vita. Ma il Vangelo di oggi è davvero una Buona lieta Notizia. Il Signore ci dice che siamo beati, perché vediamo e ascoltiamo quello che i profeti non hanno visto e né udito. Siamo beati perché ci è stato svelato il mistero del Regno di Dio, Amore misericordioso e provvidente. 

 

2) La verginità e la concezione della Parola.

La parola che Cristo semina in noi si scontra spesso con l’aridità del nostro cuore e, anche quando viene accolta, rischia di rimanere sterile. Di conseguenza, dobbiamo domandare a Dio la grazia, che libera il terreno del nostro cuore, lo libera dalla pigrizia, dalle incertezze e da tutti i timori che possono frenarlo. In questo modo la Parola del Signore sarà messa in pratica, in modo autentico e gioioso. 

Il cuore di ognuno di noi il campo della fede. Ed è nella nostra vita quotidiana che il Redentore chiede di entrare con la sua Parola, con la sua presenza.

La cosa da fare e vero pericolo nella vita è non rendersi conto della realtà, entrandovi con umiltà che ci fa riconoscere che siamo strada, sassi e spine. La nostra carne è incapace –da sola- di avere la vita che dura. Per questo, Dio ha mandato il Suo unico Figlio, con una carne simile alla nostra perché facesse di noi la terra fertile capace di accogliere la Parola di salvezza e di farla germogliare nel mondo. 

La Croce ha arato la carne del Signore, i chiodi e le spine, la lancia e l’aceto hanno dissodato perfettamente la “terra” di Cristo. Per questo, nella nostra Croce di ogni giorno vi è la nostra vita redenta. Le ferite fisiche o spirituali che subiamo ogni giorno, se messe sulla Croce, diventano le porte attraverso le quali la Parola di Dio può entrare in noi. Quando condividiamo l’amore crocifisso di Gesù la sua Parola scende in noi, penetra fino in fondo, vi mette radici e dà frutti abbondanti in ogni in ogni situazione. La Parola crocifissa da i frutti della Croce: l’amore e la misericordia, le piaghe gloriose del Signore, sangue e acqua, vita e vita eterna.

Une esempio di questo amore crocifisso ci è dato dalle vergini consacrate, la cui dedizione diventa feconda a partire dall’ascolto. Queste donne ci testimoniano quanto sia saggio vivere una vita dedicate alla ricerca di Dio a partire dall’ascolto, che inizia ad essere feconda nell’annuncio della sua Parola. “Faciem tuam, Domine, requiram: il tuo volto, Signore, io cerco (Sal 26,8) … La vita consacrata è nel mondo e nella Chiesa segno visibile di questa ricerca del volto del Signore e delle vie che conducono a Lui (cfr Gv 14,8) … La persona consacrata testimonia dunque l’impegno, gioioso e insieme laborioso, della ricerca assidua e sapiente della volontà divina” (cfr Cong. per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, Istruz. Il servizio dell’autorità e l’obbedienza. Faciem tuam Domine requiram, 11 maggio 2008, n. 1).

Essendo ascoltatrici assidue della Parola, acquisiscono la sapienza, perché ogni sapienza di vita nasce dalla Parola del Signore. Il magistero pontificio le invite ad essere scrutatricii della Parola, attraverso la lettura frequente della Bibbia, la lectio divina, poiché la vita consacrata “nasce dall’ascolto della Parola di Dio ed accoglie il Vangelo come sua norma di vita. Vivere nella sequela di Cristo casto, povero ed obbediente è in tal modo una «esegesi» vivente della Parola di Dio. Lo Spirito Santo, in forza del quale è stata scritta la Bibbia, è il medesimo che illumina di luce nuova la Parola di Dio ai fondatori e alle fondatrici. Da essa è sgorgato ogni carisma e di essa ogni regola vuole essere espressione, dando origine ad itinerari di vita cristiana segnati dalla radicalità evangelica” (Esort. ap. postsinodale Verbum Domini, 83),

 

 

Lettura Patristica

Sant’Efrem, il Siro

Diatessaron, 11, 12-15.17 s.

 

 


       Il seminatore è unico ed ha sparso la sua semente in modo equo, senza fare eccezione di persone; ma ogni terreno, da se stesso, ha mostrato il suo amore con i propri frutti. Il Signore manifesta così con la sua parola che il Vangelo non giustifica per forza, senza il consenso della libertà; le orecchie sterili che egli non ha privato della semente delle sue sante parole ne sono la prova.

       "La semente cadde sul bordo della strada" (
Mt 13,19), ecco una cosa che è l’immagine stessa dell’anima ingrata, di colui che non ha fatto fruttificare il proprio talento ed ha disprezzato il proprio benefattore (Mt 25,24-30). La terra che aveva tardato ad accogliere il suo seme, è divenuta luogo di passaggio per tutti i malintenzionati; così non vi fu più posto in essa per il padrone, perché vi potesse entrare da lavoratore, ne potesse rompere la durezza e spargervi il suo seme. Nostro Signore ha descritto il maligno sotto i tratti degli uccelli, poiché il maligno ha portato via il seme (Mt 13,19). Egli ha voluto indicare così che il maligno non prende per forza la dottrina che è stata distribuita nel cuore. Nell’immagine che egli ha proposto, ecco che in effetti la voce del Vangelo si pone alla porta dell’orecchio, come il grano alla superficie di una terra che non ha nascosto nel suo seno ciò che è caduto su di essa; infatti non è stato permesso agli uccelli di penetrare nella terra alla ricerca di quel seme che la terra aveva nascosto sotto le sue ali.

       "E quella parte che era caduta sui sassi" (
Mt 13,20); Dio che è buono manifesta così la sua misericordia; quantunque la durezza della terra non fosse stata rotta dal lavoro, nondimeno egli non l’ha privata del suo seme. Questa terra rappresenta coloro che si estraniano dalla dottrina di Nostro Signore, come quei tali che hanno detto: "Quella parola è dura; chi può intenderla?" (Jn 6,60). E come Giuda; infatti egli ha ascoltato la parola del Maestro ed ha messo i fiori per l’azione dei suoi miracoli, ma al momento della tentazione, è divenuto sterile.


       Il terreno spinoso (
Mt 13,22), nonostante il grano ricevuto, ha ceduto la propria forza ai rovi e agli spini. Buttando audacemente il suo seme su una terra ribelle al lavoro altrui, il padrone ha manifestato la sua carità. Nonostante il predominio dei rovi, egli ha sparso a profusione il suo seme sulla terra, perché essa non potesse avere scusanti...


       La terra buona e ubertosa (
Lc 8,8) è immagine delle anime che agiscono secondo verità, alla maniera di coloro che sono stati chiamati ed hanno abbandonato tutto per seguire Cristo. . .


       Nonostante una volontà unanimemente buona che ha ricevuto con gioia il seme dei beni, la terra buona e ubertosa produce in modi diversi, dove «il trenta», dove «il sessanta», dove «il cento»; tutte le parti della terra fanno crescere secondo il proprio potere e nella gioia, alla stregua di coloro che avevano ricevuto "cinque talenti" e ne hanno guadagnati "dieci, ciascuno secondo la sua capacità" (
Mt 25,14-30). Colui che rende «il cento» sembra possedere la perfezione dell’elezione; egli ha ricevuto il sigillo di una morte offerta in testimonianza per Dio. Quelli che rendono «il sessanta», sono coloro che sono stati chiamati e che hanno abbandonato il proprio corpo a dolorosi tormenti per il loro Dio, ma non sono arrivati al punto di morire per il loro Signore; tuttavia restano buoni fino alla fine. «Il trenta», è la misura quotidiana della buona terra; sono coloro che sono stati eletti alla vocazione di discepoli e sui quali non si sono levati i tempi della persecuzione; sono tuttavia coronati dalle loro opere buone, proprio come una terra è coronata dal suo frutto, ma non sono stati chiamati al martirio e alla testimonianza della loro fede.

 

 

Lecture Patristique

Saint Grégoire le Grand (+ 604)
Homélies sur l'Évangile, 1, 15, 1-24,

PL 76, 1131-1133


Le texte de saint Grégoire, que l'homéliaire propose comme commentaire de l'évangile de Matthieu, explique en fait la parabole telle qu'elle est rapportée dans l'évangile de Luc (
Lc 8,4-15).

L'évangile que vous venez d'entendre n'appelle pas d'explication, mais une recommandation. En effet, la Vérité elle-même en a fourni une explication que la faiblesse humaine ne se hasarde pas à discuter. Cependant, en rapport avec l'explication qu'en donne le Seigneur, vous devez examiner avec attention le point suivant: si je vous avais dit que la semence représente la parole, le champ le monde, les oiseaux les démons, et les épines les richesses, vous auriez peut-être, dans le secret de votre coeur, hésité à me croire. Aussi bien le Seigneur a-t-il daigné expliquer lui-même ce qu'il venait de dire, pour que vous soyez capables de rechercher également la signification des paroles qu'il n'a pas voulu expliquer lui-même. 

Qui donc m'aurait cru si j'avais avancé que les épines figurent les richesses, d'autant plus que les premières sont acérées et les secondes agréables. Les richesses sont pourtant bien des épines, puisque les soucis qu'elles entraînent avec elles déchirent l'âme de leurs pointes et, après l'avoir poussée au péché, la laissent couverte de sang, comme par une blessure.D'après un autre évangéliste qui rapporte la même parabole, le Seigneur ne les appelle pas richesses mais, avec raison, richesses trompeuses (cf. Mt 13,22). Elles le sont, en effet, puisqu'elles ne peuvent demeurer longtemps en notre possession et qu'elles ne font pas disparaître la pauvreté de notre âme.

Car les seules vraies richesses sont celles qui nous enrichissent de vertus. Aussi, frères bien-aimés, si vous désirez vous enrichir, aimez les vraies richesses. Si vous cherchez à parvenir au sommet de l'honneur véritable, avancez-vous vers le Royaume céleste. Si vous affectionnez la gloire que procure un rang élevé, hâtez-vous de vous enrôler dans la céleste cour des anges.

Après avoir écouté les paroles du Seigneur, retenez-les dans votre âme, car la parole de Dieu est la nourriture de l'âme. 
La parole que l'on écoute sans la conserver dans les profondeurs de la mémoire, ressemble à une nourriture avalée, puis rejetée par un estomac malade. Aussi bien, celui qui ne garde pas les aliments n'a absolument aucun espoir de vivre. Si donc, après avoir reçu la nourriture de la sainte exhortation, vous ne gardez pas en mémoire les paroles de vie, qui sont les aliments de la justice, craignez le péril de la mort éternelle. <>

Veillez dès lors à ce que la parole que vous avez reçue résonne au fond de votre coeur et y demeure. Prenez garde que la semence ne tombe le long du chemin, de crainte que l'Esprit mauvais ne vienne enlever la parole de votre mémoire. Prenez garde que le sol pierreux ne reçoive la semence et ne produise une bonne action dépourvue des racines de la persévérance. 
Beaucoup, en effet, se réjouissent en entendant la parole, et se disposent à entreprendre de bonnes oeuvres. Mais à peine les épreuves ont-elles commencé à les assaillir qu'ils renoncent à ce qu'ils avaient entrepris. Ainsi, le sol pierreux a manqué d'eau, si bien que le germe de la graine n'est pas parvenu à donner le fruit de la persévérance.

Mais la bonne terre donne du fruit par la patience: entendons par là que nos bonnes oeuvres ne peuvent avoir aucune valeur si en outre nous ne supportons pas patiemment les désagréments que nous cause notre prochain. 
D'ailleurs, plus nous avançons vers la perfection, plus nous avons à endurer de souffrances ici-bas. En effet, une fois que notre âme a abandonné l'amour du monde présent, l'hostilité de ce monde grandit. Voilà pourquoi nous en voyons beaucoup peiner sous un lourd fardeau, alors que leurs oeuvres sont bonnes. Ils ont, il est vrai, déjà renoncé aux convoitises terrestres, et pourtant ils sont affligés de très cruelles épreuves. Mais, selon la parole du Seigneur, ils portent du fruit par leur constance (Lc 8,15), en supportant humblement ces épreuves, si bien qu'après avoir souffert, ils seront invités à entrer dans la paix du ciel.

 

 

Patristic Reading

Saint Augustin of Hippo

Sermon XXIII

On the words of the gospel, Mt 13,19 etc., Where the Lord Jesus explaineth the parables of the sower.

1). Both yesterday and to-day ye have heard the parables of the sower, in the words of our Lord Jesus Christ. Do ye who were present yesterday, recollect to-day. Yesterday we read of that sower, who when he scattered seed, “some fell by the way side,”1 which the birds picked up; “some in stony places,” which dried up from the heat; “some among thorns, which were choked,” and could not bring forth fruit; and “other some into good ground, and it brought forth fruit, a hundred, sixty, thirty fold.” But to-day the Lord hath again spoken another parable of the sower, “who sowed good seed in his field. While men slept the enemy came, and sowed tares upon it.”2 As long as it was only in the blade, it did not appear; but when the fruit of the good seed began to appear, “then appeared the tares also.” The servants of the householder were offended, when they saw a quantity of tares among the good wheat, and wished to root them out, but they were notsuffered to do so; but it was said to them, “Letboth grow together until the harvest.”3 Now the Lord Jesus Christ explained this parable also; and said that He was the sower of the good seed, and He showed how that the enemy who sowed the tares was the devil; the time of harvest, the end of the world; His field the whole world. And what saith He? “In the time of harvest I will say to the reapers, Gather ye together first the tares, to burn them, but gather the wheat into My barn.” Why are ye so hasty, He says, ye servants full of zeal? Ye see tares among the wheat, ye see evil Christians among the good; and ye wish to root up the evil ones; be quiet, it is not the time of harvest. That time will come, may it only find you wheat! Why do ye vex yourselves? Why bear impatiently the mixture of the evil with the good? In the field they may be with you, but they will not be so in the barn.

2. Now ye know that those three places mentioned yesterday where the seed did not grow, “the way side,” “the stony ground,” and “the thorny places,” are the same as these “tares.” They received only a different name under a different similitude. For when similitudes are used, or the literal meaning of a term is not expressed, not the truth but a similitude of the truth is conveyed by them. I see that but few have understood my meaning; yet it is for the benefit of all that I speak. In things visible, a way side is a way side, stony ground is stony ground, thorny places are thorny places; they are simply what they are, because the names are used in their literal sense. But in parables and similitudes one thing may be called by many names; therefore there is nothing inconsistent in my telling you that that “way side,” that “stony ground,” those “thorny places,” are bad Christians, and that they too are the “tares.” Is not Christ called “the Lamb”? Is not Christ “the Lion” too? Among wild beasts, and cattle, a lamb is simply a lamb, and a lion, a lion: but Christ is both. The first are respectively what they are in propriety of expression;the Latter both together in a figurative sense.4 Nay much more; besides this it may happen that under a figure, things very different from one another may be called by one and the same name. For what is so different as Christ and the devil? yet both Christ and the devil are called “a lion.” Christ is called “a lion:” “The Lion hath prevailed of the tribe of Judah;”5 and the devil is called a lion: “Know ye not that your adversary the Devil walketh about as a roaring lion, seeking whom he may devour?”6 Both the one and the other then is a lion; the one a lion by reason of His strength; the other for his savageness; the one a lion for His “prevailing;” the other for his injuring. The devil again is a serpent, “that old serpent;”7 are we commanded then to imitate the devil, when our Shepherd told us, “Be ye wise as serpents, and simple as doves”?8

3. Accordingly I yesterday addressed “the way side,” I addressed the “stony ground,” I addressed the “thorny places;” and I said, Be ye changed whilst ye may: turn up with the plough the hard ground, cast the stones out of the field, pluck up the thorns out of it. Be loth to retain that hard heart, from which the word of God may quickly pass away and be lost. Be loth to have that lightness of soil, where the root of charity can take no deep hold. Be loth to choke the good seed which is sown in you by my labours, with the lusts and the cares of this world. For it is the Lord who sows; and we are only His labourers. But be ye the “good ground.” I said yesterday, and I say again today to all, Let one bring forth “a hundred, another sixty, another thirty fold.” In one the fruit is more, in another less; but all will have a place in the barn. Yesterday I said all this, to-day I am addressing the tares; but the sheep themselves are the tares. O evil Christians, O ye, who in filling only press the Church by your evil lives; amend yourselves before the harvest come. “Say not, I have sinned, and what hath befallen me?”9 God hath not lost His power; but He is requiring repentance from thee. I say this to the evil, who yet are Christians; I say this to the tares. For they are in the field; and it may so be, that they who to-day are tares, may to-morrow be wheat. And so I will address the wheat also.

4. O ye Christians, whose lives are good, ye sigh and groan as being few among many, few among very many. The winter will pass away, the summer will come; lo! the harvest will soon be here. The angels will come who can make the separation, and who cannot make mistakes. We in this time present are like those servants of whom it was said, “Wilt Thou that we go and gather them up?”10 for we were wishing, if itmight be so, that no evil ones should remain among the good. But it has been told us, “Let both grow together until the harvest.”11 Why? For ye are such as may be deceived. Hear finally; “Lest while ye gather up the tares, ye root up also the wheat with them.”12 What good are ye doing? Will ye by your eagerness make a waste of My harvest? The reapers will come, and who the reapers are He hath explained, “And the reapers are the angels.”13 We are but men, the reapers are the angels. We too indeed, if we finish our course, shall be equal to the angels of God; but now when we chafe against the wicked, we are as yet but men. And we ought now to give ear to the words, “Wherefore let him that thinketh he standeth, take heed lest he fall.”14 For do ye think, my Brethren, that these tares we read of do not get up into this15 seat?16 Think ye that they are all below, and none above up here? God grant we may not be so. “But with me it is a very small thing that I should be judged of you.”17 I tell you of a truth, my Beloved, even in these high seats there is both wheat, and tares, and among the laity there is wheat, and tares. Let the good tolerate the bad; let the bad change themselves, and imitate the good. Let us all, if it may be so, attain to God; let us all through His mercy escape the evil of this world. Let us seek after good days, for we are now in evil days; but in the evil days let us not blaspheme, that so we may be able to arrive at the good days.


1 (
Mt 13,3-8.
2 (
Mt 13,24-25.
3 (
Mt 13,30 
Per similitudinem.
5 (
Ap 5,5 
6 (
1P 5,8 
7 (
Ap 12,9 
8 (
Mt 10,16).
9 (
Si 5,4 
10 (
Mt 13,28 
11 (
Mt 13,30 
12 (
Mt 13,29 
13 (
Mt 13,39 
14 (
1Co 10,12 
15 Apsidas.
16 Apsis the higher semicircular or arched part of the chancel, where the bishop had his throne with the presbyters. 
See Bing). Antiq. B. 8,c. 6,§§ 9, 10.
17 (
1Co 4,3 

 

 

 




 

 

 

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