venerdì 2 aprile 2021

L’Amore è più forte della morte: Cristo è risorto e vive in noi e con noi.

 

Rito Romano - Domenica di Pasqua di Resurrezione – 4 aprile 2021.

At 10, 34a. 37-43; Sal 117; Col 3, 1-4; Gv 20, 1-9 o Mc 16, 1 - 8


Rito Ambrosiano –

At 1,1-8a; Sal 117; 1Cor 15,3-10a; Gv 20,11-18



    1) Cristo che è morto per amore risorge per Amore.

E’ Pasqua. In questo giorno di gioia facciamo nostra la preghiera di Papa Francesco: “Che il Signore ci renda partecipi della sua Risurrezione: ci apra alla sua novità che trasforma, alle sorprese di Dio, tanto belle; ci renda uomini e donne capaci di fare memoria di ciò che Egli opera nella nostra storia personale e in quella del mondo; ci renda capaci di sentirlo come il Vivente, vivo ed operante in mezzo a noi; ci insegni, cari fratelli e sorelle, ogni giorno a non cercare tra i morti Colui che è vivo”, affinché in Lui e per Lui possiamo vivere per sempre, nella consolazione e nella pace.

E’ Pasqua, lieto giorno del Triduo Pasquale, l’ultimo dei tre giorni santi, in cui la Chiesa fa memoria del mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù.

Il Giovedì Santo abbiamo fatto memoria dell’Ultima Cena, nella quale Gesù, il vero Agnello pasquale, offrì sé stesso per la nostra salvezza (cfr 1 Cor 5,7) offrendoci come cibo il suo corpo donato e come bevanda il suo sangue versato.

Il Venerdì Santo, abbiamo fatto memoria della passione e della morte del Signore Gesù. Abbiamo adorato Cristo Crocifisso, partecipando alle sue sofferenze con la penitenza e il digiuno. Volgendo “lo sguardo a colui che hanno trafitto” (cfr Gv 19,37), abbiamo contemplato l’immenso amore che Gesù ha per noi.

Ma non ci si è fermati al Venerdì Santo, quando il Cristo, e con Lui l’amore e la dedizione di Dio per noi, è stato picchiato e ucciso sulla Croce. Non ci siamo fermati neppure al giorno del Sabato Santo, quando con Cristo morto, il mondo diventò desolazione di morte e Dio tacque.

Nella notte del Sabato Santo, abbiamo celebrato la Veglia Pasquale, nella quale ci è annunciata la risurrezione di Cristo, la sua vittoria definitiva sulla morte che ci chiede di essere in Lui uomini nuovi. “Io vivo e voi vivrete” (Gv 14, 19)dice Gesù ai suoi discepoli, quindi a noi. Grazie alla comunione esistenziale con Lui, grazie all’essere inseriti in Lui, che è la Vita, noi vivremo oggi e per l’eternità.

E’ arrivato il giorno in cui il “morto” Gesù è diventato un ricordo del passato. Cristo è risorto, vive per l’eternità e la morte è stata sconfitta: Lui ha “il potere sopra la morte e sopra gli inferi” (Ap 1. 18)

Nel giorno di Pasqua facciamo memoria di Cristo risorto. E’ risorto Colui che – fino alla fine - era rimasto sulla Croce per noi. E’ risorto Colui che ora esiste e vive per noi e per noi “intercede fino alla fine” (cfr Rm 8,34).

La Risurrezione di Cristo è il varco aperto dall’amore che redime e assume su di sé tutti i peccati. La risurrezione è la vittoria dell’amore smisurato del Dio di misericordia sulla morte che Gesù, Agnello innocente, ha patito.

L’Agnello di Dio, immolato per i peccati del mondo, testimonia la verità grande e bella di questo Amore che non ci costringe a seguirlo. Dio muore nel Verbo incarnato per suscitare in noi una adesione completamente libera al suo Amore. Niente è più convincente che dell’amore rivelato da Cristo in Croce, offerta divina per la nostra libertà. Niente è più attraente di Gesù, Sole di Pasqua, che mostra le piaghe ormai gloriose e chiama alla vera vita, effusa nei nostri cuori come frutto del Suo completo dono di sé.

            2) Tre fedeltà.

La Risurrezione mostra che Dio vince sempre, ma con l’amore: un amore grazie al quale Cristo dona la sua vita, muore al nostro posto perché noi viviamo per sempre. Questo amore si rivelò alle donne, che per prime andarono al sepolcro, perché erano prime nell’amore e chi ama cerca perché la morte non uccide l’amore.

La risurrezione è anche il trionfo di tre fedeltà: quella del Padre che non abbandona Gesù nella morte, quella di Gesù che non abbandona i discepoli nella dispersione e quella delle donne che, di prima mattina vanno al sepolcro. In queste donne c'era tristezza, perché credevano che la loro grande avventura con Gesù fosse terminata e, prima di ritornare alla vita precedente, andarono alla tomba perché l’amore fedele continuava.

Spinte dall’amore andarono alla tomba e la videro vuota dell’Amato. Cercavano Cristo e incontrarono un Suo angelo (parola d’origine greca che vuol dire messaggero). Questo messaggero angelico disse loro che Gesù, il Crocifisso, era risorto. Queste donne, che erano rimaste fedeli all’Amore che avevano visto morire, avrebbero dovuto gioire, invece restarono impaurite e senza parole. San Marco (è il racconto secondo questo Evangelista che si legge quest’anno) probabilmente vuole dire che l’essere umano non soltanto ha paura della Croce, ma anche di fronte all’evento, che la capovolge e la trasforma in vita e gloria, resta stupito, immobile, come se non riuscisse a crederci. “Voi cercate Gesù il Nazareno, il Crocifisso, è risorto” (Mc 16,6): un annuncio, questo, che attira l’attenzione sul Crocifisso. La risurrezione è la manifestazione del senso vero, profondo e misterioso del cammino terreno di Gesù, che trova il suo culmine nella crocifissione. Fra i due momenti - il Gesù di Nazareth e il Gesù risorto - vi è un rapporto di profonda continuità, come tra ciò che è nascosto e ciò che è svelato. La Risurrezione è la verità della Croce. Non è cambiato il volto della dedizione, dell’amore e del servizio che Gesù ha mostrato nel suo cammino terreno, ma è divenuto luminoso e vittorioso. Senza la memoria della Croce la risurrezione perderebbe il suo significato.

La risurrezione di Gesù non è semplicemente la notizia di una generica vittoria della vita sulla morte. È una notizia molto più precisa: è l’Amore che vince la morte.

La risurrezione di Gesù inaugura un nuovo, preciso modo di vivere. Si tratta di una notizia lieta e impegnativa. Di più: la Croce dice il volto nuovo del Dio rivelato da Gesù: un volto rifiutato perché troppo distante da come gli uomini lo pensano. Qui si apre lo spazio per quella profonda conversione “teologica” a cui ogni cristiano è invitato. Dio ha veramente il volto che Gesù ha rivelato: in questo volto il Padre si è riconosciuto. È dunque la nostra immagine di Dio che va cambiata.

“Egli vi precede in Galilea, là lo vedrete, come vi ha detto” (16,7). Gesù, appena risorto, pensa ai discepoli. Lo hanno abbandonato, ma per lui sono sempre i “suoi discepoli”.

Di fronte alla novità, come gli apostoli, spesso abbiamo un momento di smarrimento: «spesso preferiamo tenere le nostre sicurezze». “Abbiamo paura delle sorprese di Dio”. Anche quando si tratta di Gesù Cristo, abbiamo paura della Resurrezione perché, se crediamo veramente che sia risorto, allora la nostra vita cambia. Dunque preferiamo “fermarci ad una tomba, al pensiero verso un defunto, che alla fine vive solo nel ricordo della storia come i grandi personaggi del passato”.

Questo è il vero appello della Pasqua: “Non chiudiamoci alla novità che Dio vuole portare nella nostra vita! Siamo spesso stanchi, delusi, tristi, sentiamo il peso dei nostri peccati, pensiamo di non farcela. Non chiudiamoci in noi stessi, non perdiamo la fiducia, non rassegniamoci mai: non ci sono situazioni che Dio non possa cambiare, non c’è peccato che non possa perdonare se ci apriamo a Lui” (Papa Francesco, Pasqua 2013).

Le “pie” donne che per prime andarono al sepolcro al levar del sole, ebbero la reazione di paura trasformata in fiducia, l’istinto di fuga divenne sequela, il loro silenzio si fece annuncio e la loro vita venne trasfigurata.

Andiamo anche noi da Cristo risorto ed anche per noi la paura si trasformerà in fiducia, la fuga si convertirà in sequela, e il silenzio diventerà stupito annuncio di una Presenza incontrata.

Un esempio particolare di come oggi si possano imitare le donne fedeli che andarono alla tomba e furono le prime portatrici del vangelo della Risurrezione sono le Vergini consacrate nel mondo.

Il loro essersi donate completamente a Cristo, al quale hanno aderito come unico, indiviso amore, testimonia la fede nella Risurrezione dello Sposo regale e eterno. Il Signore Gesù nel vangelo presenta se stesso come lo Sposo ( Mt 9, 14-15, e par.), a cui si deve andare incontro (Mt 25, 1-13, qui 6), nella vigilanza continua. Sono nozze d’amore e dunque di Sangue, consumate, cioè portate a pienezza sulla Croce, l’Albero della Vita. Le vergini consacrate rispondendo di sì al Vescovo che ha chiesto loro: “Volete essere consacrate con solenne rito nuziale a Cristo, Figlio di Dio e nostro Signore?” (Rituale della Consacrazione delle Vergini, n. 30), hanno accolto la chiamata a crescere ogni giorno di più nel loro rapporto con il Signore, accogliendo con fiducia il progetto di Dio nell’ordinarietà della vita quotidiana.


Lettura Patristica

San Massimo di Torino

Sermone 53, 1, 2, 4

CCL 23, 214-216.


Pasqua: giorno senza tramonto

Tutta la creazione è invitata ora ad esultare e a gioire, perché la resurrezione di Cristo ha spalancato le porte degli inferi, i nuovi battezzati hanno rinnovato la terra e lo Spirito Santo apre il cielo. L'inferno, a porte spalancate, lascia uscire i morti, dalla terra rimessa a nuovo germogliano i resuscitati, il cielo aperto accoglie coloro che ad esso salgono. Il ladrone è asceso in paradiso, i corpi dei santi hanno accesso alla città santa, i morti ritornano presso i vivi. In virtù di una specie di sviluppo della resurrezione di Cristo, tutti gli elementi son portati verso l'alto. L'inferno lascia risalire alla sommità quelli che deteneva, la terra invia verso il cielo coloro che aveva sepolto, il cielo presenta al Signore coloro che accoglie. Con un unico e medesimo movimento, la passione del Salvatore ci fa risalire dai bassifondi, ci solleva dalla terra e ci colloca nei cieli. La resurrezione di Cristo è vita per i defunti, perdono per i peccatori e gloria per i santi. Quando Davide dice che bisogna esultare e rallegrarci in questo giorno che il Signore fece (cf. Sal. 117, 24), egli esorta tutta la creazione a festeggiare la resurrezione di Cristo.
La luce di Cristo è un giorno senza notte, un giorno senza fine. Ovunque risplende, ovunque irraggia, ovunque è senza tramonto. Che cosa sia questo giorno di Cristo, ce lo dice l'Apostolo: La notte è già "inoltrata, il giorno s'avvicina (Rom. 13, 12). La notte è già inoltrata, non ritornerà più. Comprendilo: una volta apparsa la luce di Cristo, le tenebre del demonio si sono date alla fuga e l'oscurità del peccato non ritorna più; le foschie del passato sono disciolte dallo splendore eterno. Infatti il Figlio è questa stessa luce cui il giorno, suo Padre, ha comunicato l'intimo segreto della sua divinità (cf. Sal. 18, 3). Egli è la luce che ha detto per bocca di Salomone: Feci levare nel cielo una luce senza declino (Eccli. 24, 6). Come la notte non può succedere al giorno celeste, così le tenebre non possono succedere alla giustizia di Cristo. Il giorno celeste risplende, scintilla e sfolgora senza posa, e non può essere coperto da oscurità alcuna. La luce di Cristo splende, brilla e irraggia senza sosta, e non può essere coperta dalle ombre del peccato; da cui le parole dell'evangelista Giovanni: La luce risplende fra le tenebre; ma le tenebre non l'hanno ricevuta (Gv. 1, 5).
Questa è la ragione per cui, fratelli, noi tutti dobbiamo esultare in questo santo giorno. Nessuno si sottragga alla gioia comune a causa della consapevolezza dei propri peccati; nessuno si allontani dalle preghiere del popolo di Dio, a causa del peso dei propri errori. In questo giorno tanto privilegiato nessun peccatore deve perdere la speranza del perdono. perché. se il ladrone ha ricevuto la grazia del paradiso, come potrà mai il cristiano non avere quella del perdono?

 




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