II
Domenica del Tempo Ordinario – Anno C – 20 gennaio 2019
Rito
romano
Is
62,1-5; Sal 95; 1Cor 12,4-11; Gv 2,1-12
Rito
ambrosiano
Est
5,1-1c.2-5; Sal 44; Ef 1,3-14; Gv 2,1-11
1)
Un miracolo di gioia.
Non
è casuale il fatto che il primo miracolo compiuto da Gesù sia
dovuto all’intercessione di Sua Madre per far continuare la gioia
del giorno in cui due sposi consacrano il loro amore alla presenza di
Cristo Gesù.
L’episodio
è molto conosciuto. Gesù insieme con i suoi discepoli è invitato a
nozze in una piccola città non lontana da Nazareth: Cana (1) di Galilea.
Sappiamo che era presente anche la Madonna, che è la co-protagonista
dell’avvenimento. In effetti, quando verso la fine del pranzo
nuziale stava per finire il vino, la Vergine Maria fu la prima ad
accorgersene e, in modo cortese ma deciso, chiese a suo Figlio di
intervenire per risolvere questo inconveniente e, quindi, far
continuare la gioia di due sposi novelli nel giorno in cui
consacravano il loro reciproco amore a Dio.
Può
sembrare strano che la Madonna si preoccupi di qualcosa che il
cosiddetto buon senso considererebbe se non superfluo, almeno di non
grande importanza. Sembrerebbe eccessivo scomodare l’onnipotenza di
Dio per rimediare alla mancanza di vino, anche perché ormai si è
alla fine della festa. Ma la Vergine Madre è donna sensibile e
concreta e conosce l’importanza delle “piccole” gioie della
vita.
Il
primo messaggio del Vangelo odierno è, secondo me, questo: il primo
miracolo di Gesù è, per intercessione della Madonna, un miracolo di
gioia perché non venga meno la serenità della vita, che si svolge
sotto gli occhi del Padre provvidente, che ha creato per noi il cielo
e la terra e l’infinità di cose ed esseri che cielo e terra
contengono.
L’amore
divino fa miracoli sempre, anche per sostenere le gioie semplici
dell’esistenza umana e lo fa con generosità così grande che a noi
sembra uno spreco. Cristo trasforma in vino di alta qualità l’acqua
contenuta in 6 anfore da un ettolitro l’una. Mette a disposizione
ben seicento litri di vino per una fine-pasto: è veramente segno
della generosità di Dio.
Tuttavia
non va dimenticata la risposta, all’apparenza un po’ brusca, di
Gesù alla sollecitudine della Madre: “Che importa a te e a me,
Donna?” (Questo appellativo “Donna” non indica una presa di
distanza, una estraneità verso la Madre, il sostantivo “Donna”
sarà usato da Cristo anche sulla croce quando dirà a sua Madre :
“Donna, ecco tuo figlio” per affidarle l’Apostolo
Giovanni e tutti noi con lui) e subito aggiunge: “La mia ora non
è ancora venuta”. Maria, che non si sente indifferente a
quanto sta accadendo ai giovani sposi, anticipa questa ora, l’Ora
della Passione, con la sua intercessione di tenerezza. Perciò la
Madre disse ai servi: “Fate tutto quello che egli vi dirà”.
Sono queste le ultime parole di Maria che i Vangeli ci riportano. Le
ultime come le prime (quelle dette al momento dell’Annunciazione e
della visita alla cugina Elisabetta) sono parole che la Madonna,
nostra Madre, ci offre per indicarci il corretto rapporto con Cristo.
Chissà
se la Madonna ha presentito che il riferimento all’“Ora”
indicava che l’evento nuziale di Cana è un festoso quadro, sul cui
sfondo si staglia la Passione del Figlio. A Cana l’acqua è
trasformata in vino, a Gerusalemme, nel Cenacolo, quando l’Ora sarà
arrivata, il vino sarà “trasformato” in sangue.
Le
nozze di Cana sono il segno di un’altra Alleanza, quella Nuova,
quella che sarà sigillata dalla Croce e Maria diventerà la Donna
dell’Alleanza sigillata dalla croce. Maria, la cui fede è un
modello per noi, è guidata dal Figlio ad una fede ancor più adulta
e, se la sua richiesta di un miracolo era per avere la soluzione
all’imbarazzo degli sposi e delle loro famiglie, il miracolo
compiuto da Gesù è pure per una rivelazione più alta. Egli rivela
di essere venuto a restituire all'uomo e alla donna la capacità di
essere famiglia, vera e lieta: santa. Egli ne è il fondamento, il
sapore e la gioia, il vino nuovo, serbato fino alla fine e, in ciò
-dice Giovanni- Gesù “manifesta la sua gloria”, perché
“la Gloria di Dio è l'uomo vivente e la vita dell’uomo è la
visione di Dio” (Sant’Ireneo), nell’immensa ed eterna
gioia.
2)
Una risposta positiva grazie a Maria.
Diceva
san Luigi Maria Grignion de Montfort: “Dio ha riunito tutte le
acque e le ha chiamate mare; ha riunito tutte le grazie e le ha
chiamate Maria”. Figuriamoci se la Madre di tutte le grazie
poteva avere una risposta negativa da suo Figlio. La Vergine Madre
non ha avuto la minima indecisione nel dire ai servi, ancor prima di
avere la risposta positiva di Gesù: “Fate tutto ciò che Egli
vi dirà”. Sa benissimo che la fiducia totale in Lui non viene
mai delusa.
Lei è il Vangelo vivente, è l'esperta di Dio. A Lei
furono consegnati i misteri della redenzione. Umile serva di Dio e
liberamente docile alla Volontà di Dio, Maria ha ascoltato la Parola
divina, L’ha accolta nel suo cuore e sotto il suo cuore, e ha
portato frutto. Così, visto che lei per prima aveva ascoltato Lui e
aveva fatto la Sua volontà, ora Gesù ascolta lei e fa la sua
volontà, operando uno straordinario miracolo, ancor prima che fosse
giunta la sua ora.
Anche
noi dobbiamo ascoltare il Signore, accoglierlo nella nostra esistenza
e portare frutto.
Poi,
dobbiamo essere evangelizzatori delle meraviglie, di cui siamo stati
testimoni e beneficiari.
Nel Vangelo odierno, non si tratta solo
di un racconto di nozze. L’apostolo Giovanni dice che in quel
giorno Gesù manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero
in Lui.
La
gloria indica l'essere profondo di una persona che viene rivelato.
Gesù comincia a manifestare chi Egli è veramente. E' colui che dona
il vino migliore, mostrando che Lui è il vero sposo che deve venire:
il Messia. Le nozze di Cana richiamano le nozze di Dio con il suo
popolo, annunciate dai profeti.
3)
Un miracolo nel miracolo.
Quindi,
credo di essere nel vero se affermo che il miracolo principale del
vangelo di oggi riguarda la presenza di Cristo a Cana per queste
nozze, in cui Lui purifica, eleva e santifica l’amore umano di un
uomo e di una donna, radicandolo nel Suo Amore. Il miracolo
dell’acqua trasformata in vino è segno miracoloso, semplice e
stupefacente dell’amore di terra trasformato in amore di cielo.
Il
mistero (parola che vuol dire anche sacramento e luogo
dell’incontro con Dio) di Cana, che è il primo dei miracoli
cristiani, ci spinge a credere pienamente in Gesù, come è accaduto
ai discepoli, e allo stesso tempo ci dona una fiducia filiale in
Maria e ci incoraggia a imitarLa.
Come
imitare Maria? Come giungere alla sua sicura fiducia in Cristo?
Vivendo,
come la Madonna, la consapevolezza di appartenere a Dio, vivendo come
Lei di fede.
Con
e per fede, Maria disse “sì” all’Angelo e credette
all’annuncio che sarebbe divenuta Madre di Dio.
Con
e per una fede amorosa, la Madonna si recò da Elisabetta innalzò il
suo canto di lode all’Altissimo per le meraviglie realizzate in
coloro che si abbandonano fiduciosamente a Lui.
Con
e per una fede gioiosa e trepidante, la Vergine Madre diede alla luce
il suo unico Figlio.
Con
e per questa fede, Lei ebbe piena fiducia in Giuseppe suo sposo e
portò Gesù in Egitto per salvarlo dalla persecuzione di Erode.
Con
e per questa stessa fede Lei accettò la vita pubblica del Figlio e
lo seguì fino sul Calvario, rimanendo sotto la Croce.
Con
e per fede accettò noi come suoi figli nel Figlio, noi che eravamo i
colpevoli della morte del suo Figlio crocifisso.
Imitiamo
la Madonna in questa vita di fede, dove preghiera e azione sono
intimamente unite.
Maria
è modello di fede perché è modello di contemplazione, di orante
amore. Dunque, come faceva la Madonna anche noi contempliamo Gesù.
Con amore che si fa preghiera, guardiamo il Verbo fatto carne quando
vagisce, gioca, lavora, predica, muore sulla Croce e uccide la morte
risplendendo nella Risurrezione.
Sull’esempio
della Madre Vergine domandiamo grazie “visibili” con gli occhi
del corpo come quella dell’acqua trasformata in vino e la Grazia
“visibile” con gli occhi della fede: Gesù Cristo.
In
ciò siano di sostegno le Vergini Consacrate, fra i cui compiti
principali c’è quello di essere sorgenti contemplative e maestre
di preghiera amorosa per tutti i cristiani, uomini e donne, piccoli e
grandi.
É
compito grande delle Vergini Consacrate quello di coltivare la
contemplazione di Cristo, Verità vivente, e di farla scoprire agli
altri. In questo modo il primato del contemplare sul fare,
dell'essere sull'avere sarà sempre più riconosciuto.
Infatti,
la consacrazione delle Vergini si pone essenzialmente sul piano
dell'essere e non su quello del fare. Il ministero delle Vergini
Consacrate è soprattutto un «ministero contemplativo», un
«ministero dell'orante in ascolto della Parola e ministero
dell'amore» (Premesse al Rito della Consacrazione delle Vergine,
1 e 2). In effetti, le vergini consacrate che vivono nel mondo sono
segno e testimonianza profetica all'interno del popolo di Dio. Per
condividere la Grazia di Cristo, esse nutrono la loro vita con il
Corpo dello Sposo, l’alimentano con la meditazione della Parola e
con la preghiera assidua.
1 Collocazione
del brano delle Nozze di Cana nell’anno liturgico::
La
festa dell’Epifania, cioè della manifestazione di Gesù Cristo,
secondo la tradizione comporta tre manifestazioni importanti di Gesù.
La prima è alla visita dei Magi (celebrata due domenica fa), la
seconda è al battesimo nel Giordano (celebrato domenica scorsa), la
terza è il miracolo dell'acqua cambiata in vino alle nozze di Cana .
Nell’anno C queste tre manifestazioni sono proposte in sequenza
nelle prime feste dell'anno solare. Questa domenica vediamo dunque il
miracolo del vino alle nozze di Cana.
Si
tratta di un brano un po’ particolare. Il miracolo dell’acqua
mutata in vino viene presentato come un segno che
manifesta la grandezza di Gesù e la sua natura divina. Il segno
richiede di non soffermarsi su di sé ma di andare subito oltre, al
significato che il segno stesso veicola. Questo si vede bene nel
racconto delle nozze di Cana. I particolari che incorniciano il gesto
di Gesù sfuggono, siamo a nozze, ma non si parla della sposa e solo
fuggevolmente dello sposo.
Non
si sa perché sia venuto a mancare il vino, i personaggi principali
di fatto dovrebbero essere i meno importanti (i servi e il maestro di
tavola). Questo ha portato gli studiosi a leggere il brano in senso
simbolico. Un miracolo avvenuto all'inizio del ministero di Gesù
diventa così il prototipo dei segni, la chiave di lettura
dell’incarnazione, della predicazione e dell'attività di Gesù
durante la sua vita terrena.
LETTURA
PATRISTICA
San
Giovanni Crisostomo (344/354 – 407)
Comment.
in Ioan., 22, 1-2
L’ora
di Gesù
"Che
c’è tra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta"
(Jn
2,4).
È
certamente cosa faticosa il tenere sermoni, come riconosce lo stesso
Paolo con queste parole: "I
presbiteri che governano bene siano compensati di duplice onore:
soprattutto quelli che si affaticano e nella predicazione e
nell’insegnamento"
(1Tm
5,17).
Però dipende unicamente da voi il rendere questa fatica leggera o
pesante. Se respingete quanto vi si dice, oppure, senza respingerlo,
non lo mettete in pratica, la nostra fatica sarà pesante, perché
sappiamo di lavorare inutilmente; se, invece, prestate attenzione e
mettete in pratica quanto ascoltate, non ci accorgeremo neppure del
sudore che tutto questo ci costa: l’abbondanza dei frutti delle
nostre fatiche ce le farà sembrare leggere. Perciò, se volete
stimolare il nostro zelo, e non spegnerlo o diminuirlo, mostratecene,
vi prego, il frutto, affinché, vedendo il buon raccolto, confortati
dalla speranza di prosperità e contando già i buoni risultati che
ne ricaveremo, non siamo indolenti nell’impegnarci in un’impresa
così importante. Infatti, anche la questione che oggi ci proponiamo
di trattare non è di scarsa importanza. La madre di Gesù gli disse:
"Non
hanno più vino",
e il Cristo le rispose: "Che
c’è tra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta"; però,
dopo aver risposto così, egli compì proprio quello che gli aveva
chiesto la madre. Tale questione non è meno difficile e importante
della precedente. Invocando dunque l’aiuto di colui che fece questo
miracolo, cerchiamo di arrivare prontamente alla soluzione.
Notiamo
prima di tutto che questa espressione non ricorre solo in questa
circostanza; lo stesso evangelista dice più avanti: "Nessuno
lo arrestò, perché la sua ora non era ancora venuta"
(Jn
8,20);
e ancora: "Nessuno
gli mise le mani addosso perché la sua ora non era ancora venuta"
(Jn
7,30);
e infine il Salvatore dice: "È
venuta l’ora, glorifica il Figlio tuo"
(Jn
17,1).
Ho raccolto qui tutti questi passi tratti dall’intero Vangelo, per
darne un’unica soluzione. Qual è in effetti il significato di
queste espressioni? In primo luogo, il Cristo non era soggetto alle
leggi del tempo, e non era per obbedire alle esigenze di una
determinata ora che egli diceva: "L’ora
mia non è ancora venuta".
E come avrebbe potuto l’Autore del tempo, il Creatore delle ere e
dei secoli, subire una tale necessità? Esprimendosi in questo modo,
vuole solo farci intendere che egli compie ogni cosa a tempo
opportuno e non tutte nello stesso tempo; giacché se non fissasse a
ciascuna delle sue opere il momento opportuno, la nascita, la
risurrezione, il giudizio dovrebbero mescolarsi l’un l’altro, e
ne nascerebbe confusione e disordine. Notate bene, infatti: Era
opportuno che la creazione avvenisse, ma non tutta in una volta; era
opportuno che venissero creati l’uomo e la donna, ma non entrambi
nello stesso istante; era opportuno condannare alla morte il genere
umano e che avvenisse poi la risurrezione, ma tra i due decreti
doveva esservi un grande intervallo; era opportuno che venisse data
la legge, ma non contemporaneamente alla grazia; a ciascuna delle due
cose conveniva un tempo particolare. Il Cristo non era dunque
soggetto alla necessità dei tempi, ma è lui che ha assegnato un
ordine ai tempi, e che li ha creati.
Se
perciò Giovanni riporta qui la frase del Cristo: "L’ora
mia non è ancora venuta",
è per significare che egli era ancora sconosciuto a molti e che non
aveva neppure al suo seguito l’intera schiera dei discepoli: lo
seguivano solo Andrea e Filippo e nessun altro; e nemmeno questi lo
conoscevano in maniera adeguata, come neanche sua madre e i suoi
fratelli. Prova ne è quanto dice l’evangelista a proposito dei
fratelli, dopo che erano avvenuti molti miracoli: "E
neanche i suoi fratelli credevano in lui"
(Jn
7,5).
Così non lo conoscevano nemmeno quelli che erano presenti alle
nozze: altrimenti, essi stessi gli si sarebbero avvicinati e lo
avrebbero pregato, trovandosi ad aver bisogno di lui. Ecco perché
egli dice: "L’ora
mia non è ancora venuta":
- non sono, cioè, ancora conosciuto dai presenti ed essi non sanno
neppure che il vino manca. Lascia che almeno se ne accorgano. Però
non sei tu che devi rivolgermi questa domanda, perché tu sei la
madre e rendi sospetto il miracolo. Sarebbe stata cosa più opportuna
che quelli stessi che si trovano nel bisogno fossero venuti da me a
pregarmi; non perché questa sia per me una condizione
indispensabile, ma affinché essi accolgano il miracolo che io
compirò con piena soddisfazione -. Chi, infatti, sa di trovarsi in
stato di necessità, appena ottiene quello che desidera, pensa di
aver ricevuto una grande grazia; chi, invece, non si rende ancora
conto di trovarsi nel bisogno, non avrà neanche una chiara e piena
coscienza del beneficio.
«Ma
perché mai - mi chiederete -, dopo aver detto: "L’ora mia non
è ancora venuta" e dopo aver opposto un rifiuto, compì ciò
che la madre gli aveva chiesto?». Per dimostrare ai suoi oppositori
e a quanti lo ritenevano soggetto all’ora e al tempo, che non lo
era affatto. Se, infatti, fosse stato soggetto ad essi, come avrebbe
potuto compiere quest’opera, quando non era ancora venuta l’ora?
Inoltre, egli volle rendere onore a sua madre, affinché non
sembrasse resisterle completamente, non si spargesse la diceria della
sua impotenza a compiere qualcosa di straordinario, e per non farla
vergognare in presenza di tante persone: ella, infatti, gli aveva
mandato i servitori. Anche quando disse alla Cananea: "Non
è bene prendere il pane dei figlioli per gettarlo ai cagnolini"
(Mt
15,26),
le concesse poi ciò che ella gli aveva chiesto, commosso dalla sua
insistenza; e benché le avesse detto precedentemente: "Io
non sono stato mandato se non per le pecorelle smarrite della casa
d’Israele"
(Mt
15,24),
egli le liberò la sua figlia.
Impariamo
da questi esempi che la perseveranza spesso ci rende degni di
ricevere le grazie, anche se ne siamo indegni. Per questo anche la
madre aspettò, e poi saggiamente gli mandò i servitori affinché
egli venisse pregato da più persone. Aggiunse infatti: "Fate
quello che vi dirà"
(Jn
2,5).
Ella sapeva che non era per incapacità che le aveva opposto un
rifiuto, ma perché rifuggiva dalla vanità, e per evitare ogni
apparenza di precipitazione nel fare questo miracolo, gli fece
avvicinare i servitori.
"C’erano
là sei idrie, per la purificazione dei Giudei, della capacità di
due o tre metrete l’una. Gesù disse loro: «Riempite le idrie di
acqua». Ed essi le riempirono fino all’orlo"
(Jn
2,6-7).
Non senza motivo l’evangelista precisò: "per
la purificazione dei Giudei",
affinché nessun incredulo potesse pensare che vi fosse rimasta
dentro un po’ di feccia di vino la quale, mescolandosi con l’acqua
in esse versata, avesse prodotto una sorta di vino leggerissimo.
Disse dunque: "per
la purificazione dei Giudei",
per precisare che in quelle idrie non veniva mai conservato il vino.
Infatti, soffrendo la Palestina di penuria di acqua ed essendo colà
rare le fonti e le sorgenti, i Giudei tenevano idrie piene d’acqua,
per non essere costretti a correre al fiume quando diventavano impuri
e per avere a portata di mano il mezzo per purificarsi.
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