Domenica
XXVI del Tempo Ordinario – Anno B – 30 settembre 2018
Rito Romano
Nm 11,25-29; Sal 18;
Giac 5,1-6; Mc 9,38-43.45.47-48ESTO
Rito
Ambrosiano
Dt
6,1-9; Sal 118; Rm 13,8-14a; Lc 10,25-37
V Domenica dopo il
Martirio di San Giovanni il Precursore.
1)
In cammino con la Vita che dà la vita e regole di vita.
Il brano del Vangelo
di Marco che è proposto in questa 26ª Domenica del tempo ordinario,
ci narra due episodi.
Nel primo, Giovanni fa
notare a Cristo che c’è qualcuno che scaccia i demoni in Suo nome
senza essere del gruppo dei Suoi discepoli. Gesù giustamente fa
osservare che ogni opera di bene, da qualsiasi parte venga, è sempre
ben accetta, perché la sorgente della bontà e dell’amore è Dio
stesso. Chi opera il bene è comunque e sempre dalla parte di Cristo
e di Dio. La risposta di Gesù a Giovanni riguardo all'esorcista
estraneo al gruppo dei discepoli si ispira a grande tolleranza ed è
identico all'atteggiamento assunto da Mosè nei confronti di Eldad e
Medad durante l’esodo (Nm 11,24-30 – Prima lettura della
messa di oggi).
Nel secondo episodio
Gesù esorta i discepoli a non scandalizzare i “piccoli” cioè i
fratelli immaturi nella fede allontanandoli dal Vangelo con una
condotta scorretta e un comportamento non conforme al Vangelo. Per
fare questa ammonizione, il Messia usa espressioni dure: “Se la tua
mano ti è motivo di scandalo, tagliala, è meglio per te entrare
nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella
Geenna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di
scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede
solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geenna. E se il
tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te
entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi
essere gettato nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco
non si estingue” (Mc 9, 45.47-48). Con queste parole Gesù
invita i discepoli a un atteggiamento ispirato all’umiltà, alla
comprensione e al sacrificio per evitare lo scandalo, che oscura la
luce del Vangelo.
Potremmo formulare
l’invito di Cristo con le parole che, nell’“L’annuncio a
Maria” di Paul Claudel, la protagonista ormai cieca, Violaine,
fa a quanti godono del dono della vista: “Ma voi che ci vedete,
cosa ne avete fatto della luce?”
Se sapremo convertire
anche e prima di tutto il nostro cuore, allora chi vive accanto a
noi, anche se non è credente, capirà che Gesù non è
un'incomprensibile e inaccettabile formula teologica nella nostra
mente, ma la vita di Dio nel nostro cuore e luce ai nostri passi, e,
anche se non cambierà la sua religione, cambierà il suo cuore,
diventando più aperto, tollerante, libero.
Gesù
chiede ai discepoli, e quindi a noi, di avere il suo pensiero che non
respinge nessuno e lo stesso suo sguardo che riconosce anche i più
piccoli segni della fede, come il dono di un semplice bicchiere
d’acqua che, se dato a un “piccolo”, “condizionerà” il
giudizio finale quando il Figlio dell'uomo giudicherà tutti i popoli
della terra.
L’apertura totale,
senza alcuna transenna di spazio e di tempo, è mostrata proprio da
Gesù con la sua incarnazione e morte in croce, accomunato a tutta
l’umanità. In ogni uomo e donna della terra è possibile una
relazione misteriosa e profonda con Gesù Cristo. Anche la comunità
cristiana è chiamata ad allargare i propri confini fino a
considerare tutti in qualche modo come suoi figli, anche quelli che
non hanno una conoscenza-esperienza piena di Gesù.
Se la "piccolezza"
è la fisionomia profonda della vita del credente, anche una mano, un
piede e un occhio, possono farle del male e ostacolare - nel senso di
fare scandalo, inciampo - la presenza del Signore in noi. Piccolo è
un bicchiere d’acqua e i piccoli sanno apprezzarlo, non mancando di
ringraziare, soprattutto quando è ricevuto in nome di Gesù.
2) Il nome di
Gesù.
Questo nome: “Gesù”
è da “utilizzare” non solamente per servirsene ma per
appartenere a Lui. Il fatto è che chi opera nel suo nome può fare
cose grandi, a iniziare dagli apostoli che appartengono a Gesù
Cristo. Ma chi è di Cristo? I discepoli che lo seguono, ma non si
fanno proprietari di Cristo. Quando i cristiani hanno creduto di
avere il monopolio di Gesù, hanno corso il rischio di essere
intolleranti. Il bene, sotto ogni forma, è diritto e dovere di ogni
uomo. Gesù e lo Spirito sono presenti ovunque si fa il bene. Nella
pagina precedente, i discepoli si dividevano tra loro in nome del
proprio io. Qui si dividono dagli altri nel nome del proprio noi.
Solo il “Nome” di Gesù è radice di unità tra tutti. Lo
scandalo è tutto ciò che impedisce a qualcuno di seguire Dio per
giungere alla salvezza. Piuttosto che far perdere la fede anche a uno
solo, sarebbe meglio morire.
Il che non significa
certo mettere in secondo piano o addirittura vanificare l’impegno
dell’annuncio e della chiamata a convertirsi al Vangelo, come
qualcuno potrebbe pensare. Non va dimenticato che la testimonianza e
l’annuncio sono parte integrante dell’autentica fede cristiana,
che non può tacere l’immensa gioia di aver incontrato il Signore;
e, se io non nascondo il fatto di essere cristiano convinto e
praticante, ogni gesto di amicizia, di aiuto, di scambio che compio è
annuncio, così come ogni parola e gesto di Gesù lo era, prima
ancora che Egli dichiarasse: “Io sono il Figlio di Dio”. Dal
Nuovo Testamento emerge chiaramente il “dovere” dell’annuncio:
“Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura”
(Mc 16,15); “Non è per me un vanto predicare il vangelo; è
un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!” (1 Cor
9,16); “Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi
ragione della speranza che è in voi ... con dolcezza e rispetto e
con una retta coscienza” (1 Pt 3,15-16).
Il primo appello di
Gesù è alla “conversione del cuore” e chiede ai Suoi discepoli
di non mettere l’altro in schemi preconcetti, ma di accoglierlo e
di ascoltarlo. Ascoltare la sinfonia del gemito di un bambino, di un
povero di un malato per portare loro la tenerezza di Dio. Ascoltare
le parole del mondo e ridargli la Parola, perché tutto ciò che
riguarda l’umana avventura riguarda ciascuno di noi: “Sono un
uomo e nulla di ciò che è umano mi è estraneo” (Terenzio).
La risposta di Gesù,
l’uomo senza barriere, è di quelle che possono segnare una svolta
della storia: gli uomini sono tutti dei nostri, come noi siamo di
tutti. Prima di tutto l’uomo. “Quando un uomo muore, non
domandarti per chi suona la campana: essa suona sempre un poco anche
per te” (John Donne). Tutti sono dei nostri. Tutti siamo ‘uno’
in Cristo Gesù.
Ma l’annuncio di
Gesù è ancora più coraggioso: ci porta a non sentirci estranei. Ci
chiede di amare il prossimo e di vivere la vita come condivisione: ci
porta a vivere molte vite, storie d’altri come fossero le nostre.
Ci dà cento fratelli e sorelle, cento cuori su cui riposare, cento
labbra da dissetare, cento bocche che non sanno a Chi gridare, di cui
siamo la voce.
E’ vero, come ho
detto poco sopra, che il Vangelo di oggi termina con parole dure: “Se
la tua mano, il tuo piede, il tuo occhio ti scandalizzano, tagliali,
buttali via”. Vangelo delle ferite, scandalose e luminose come le
stigmate di Gesù. In effetti, le parole di Cristo non sono l’invito
a un’inutile automutilazione, sono invece un linguaggio
figurato, incisivo, per trasmettere la serietà con cui si deve
pensare alle cose essenziali. Anche perdere ciò che ci è prezioso,
come la mano e l’occhio, non è paragonabile al danno che deriva
dall’aver sbagliato la vita. Il Signore ci invita a temere di più
una vita fallita che non le ferite dolorose della vita.
Un modo speciale di
accogliere Cristo e le ferite del suo amore per noi è quello delle
Vergini consacrate nel mondo. Essere vergine significa mantenere il
carattere sponsale del proprio corpo intatto per il Signore. Una
vergine non si spreca, non cerca vita negli altri esseri umani, nella
carne e sangue, la cerca in Dio. Serve molta maturità ed anche molta
fede per tagliare le affettività malate verso le persone, per
aspettare con fedeltà e perseveranza il Signore che viene. Occorre
avere un’esperienza concreta dello stare con il Signore, non basta
una conoscenza teoretica. Se uno ha la fede debole, smette di
pregare, vive la solitudine per se stesso, non vuole assumere le
responsabilità della vita adulta, rischia seriamente. Può
conservare la verginità fisica, però perdendo il senso diventerà
un egoista o narcisista, cinico o amareggiato, acido o vampiro
affettivo. Sant’Agostino dice che una verginità senza l’umiltà
non serve.
Essere vergine
nell’anima, nello spirito vuol dire essere liberi dagli idoli, non
idolatrare se stessi o gli altri, ma essere solo per Dio.
La
verginità consacrata non è un mezzo di preservazione
di se stessi, un seppellire il
proprio talento sotto terra per restituirlo un giorno, integro ma
senza interessi; è anzi un mezzo di donazione
di se stesso, che accetta certe
rinunce solo per poter dare tutto a Dio e di più al prossimo.
“La
verginità cristiana è esperienza dell’unione sponsale intima,
esclusiva, indissolubile, con lo Sposo divino che si è donato
all’umanità senza riserve e per sempre, e in questo modo si è
acquistato un popolo santo, la Chiesa. Iscritta nella creatura umana
come capacità di vivere la comunione nella differenza tra uomo e
donna, per le vergini consacrate la sponsalità è esperienza della
trascendenza e della sorprendente condiscendenza di Dio; la
consacrazione si compie attraverso il patto di alleanza e di fedeltà
che unisce la vergine al Signore in mistiche nozze, per rendere
sempre più profonda e piena la partecipazione ai suoi sentimenti e
la conformazione alla sua volontà di amare” (Istruzione Ecclesiae
Sponsae Imago, n. 24)
Lettura
Patristica
Beda
il Venerabile,
In
Evang. Marc., 9, 38-43
"Giovanni gli rivolse la parola: «Maestro, abbiamo visto un tale che scacciava i demoni in nome tuo, ma non gliel’abbiamo permesso perché non è dei nostri»" (Mc 9,38).
Giovanni, che amava con
straordinario fervore il Signore e perciò era degno di essere
riamato, riteneva dovesse essere privato del beneficio chi non
ricopriva un ufficio. Ma viene ammaestrato che nessuno dev’essere
allontanato dal bene che in parte possiede, ma che piuttosto
dev’essere invitato a ciò che non ancora possiede. Continua
infatti:
"Ma
Gesù gli disse: «Non gliel’impedite. Non c’è nessuno infatti
che operi miracoli nel mio nome e possa subito dopo parlar male di
me. Chi infatti non è contro di voi, è con voi»"
(Mc
9,39-40).
Lo stesso concetto ripete il dotto Apostolo: "Purché Cristo sia in ogni modo annunziato, per dispetto o con lealtà, io di questo godo e godrò!" (Ph 1,18). Ma anche se egli s’allieta per coloro che annunziano Cristo in modo non sincero e, poiché fanno di conseguenza talvolta miracoli per la salvezza degli altri, consiglia che non ne vengano impediti, tuttavia costoro per tali miracoli non possono sentirsi giustificati; anzi, in quel giorno in cui diranno: "Signore, Signore, non abbiamo forse profetato in nome tuo, e non abbiamo scacciato i demoni nel tuo nome, e nel tuo nome non abbiamo compiuto molti miracoli?", essi riceveranno questa risposta: "Non vi ho mai conosciuti, allontanatevi da me voi che operate l’iniquità" (Mt 7,22-23). Perciò, per quanto riguarda gli eretici e i cattivi cattolici, dobbiamo solennemente respingere non quelle credenze e quei sacramenti che essi hanno in comune con noi e non contro di noi, ma la scissione che si oppone alla pace e alla verità, per la quale essi sono contrari a noi e non seguono in unità con noi il Signore.
«Infatti, chiunque vi darà da bere un bicchier d’acqua in mio nome, perché siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa» (Mc 9,41).
Lo stesso concetto ripete il dotto Apostolo: "Purché Cristo sia in ogni modo annunziato, per dispetto o con lealtà, io di questo godo e godrò!" (Ph 1,18). Ma anche se egli s’allieta per coloro che annunziano Cristo in modo non sincero e, poiché fanno di conseguenza talvolta miracoli per la salvezza degli altri, consiglia che non ne vengano impediti, tuttavia costoro per tali miracoli non possono sentirsi giustificati; anzi, in quel giorno in cui diranno: "Signore, Signore, non abbiamo forse profetato in nome tuo, e non abbiamo scacciato i demoni nel tuo nome, e nel tuo nome non abbiamo compiuto molti miracoli?", essi riceveranno questa risposta: "Non vi ho mai conosciuti, allontanatevi da me voi che operate l’iniquità" (Mt 7,22-23). Perciò, per quanto riguarda gli eretici e i cattivi cattolici, dobbiamo solennemente respingere non quelle credenze e quei sacramenti che essi hanno in comune con noi e non contro di noi, ma la scissione che si oppone alla pace e alla verità, per la quale essi sono contrari a noi e non seguono in unità con noi il Signore.
«Infatti, chiunque vi darà da bere un bicchier d’acqua in mio nome, perché siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa» (Mc 9,41).
Leggiamo nel profeta
David (Ps
140,4)
che molti, a titolo di scusa dei loro peccati, pretendono che siano
giusti gli stimoli che li spingono a peccare, così che, mentre
volontariamente peccano, s’illudano di farlo per necessità. Il
Signore, che scruta il cuore e i reni, sarà capace di vedere i
pensieri di ciascuno. Aveva detto: "Chiunque
riceverà uno di questi fanciulli in mio nome, riceve me"
(Mt
18,5).
Qualcuno avrebbe potuto obiettare polemizzando: «Me lo vieta la
povertà, la mia miseria mi impedisce di riceverlo», ma il Signore
annulla anche questa scusa col suo lievissimo comandamento per
indurci almeno a porgere con tutto il cuore un bicchier d’acqua,
magari fredda, come dice Matteo (Mt
10,42).
Dice un bicchiere d’acqua fredda, non calda, affinché non si
cerchi in questo caso una scusa adducendo la miseria e la mancanza di
legna per scaldarla.