I Domenica di Avvento – Anno A – 27 novembre 2022
Rito Romano
Is 2,1-5; Sal 121; Rm 13,11-14; Mt 24,37-44
Rito Ambrosiano
Is 35,1-10; Sal 84; Rm 11,25-36; Mt 11,2-15
III Domenica di Avvento (Anno A)
Le profezie adempiute
1) La vigilanza ed altro.
Oggi comincia l’Avvento[1], che prepara la festa per la nascita di Gesù a Betlemme. Questo breve periodo liturgico di poco meno di 30 giorni rappresenta la lunga distesa di secoli trascorsi nell’attesa del Redentore, giunto nella pienezza dei tempi.
La liturgia ci aiuta a vivere questo tempo di grazia
con vigilanza, che è l’impegno intenso e fiducioso di chi confida nell’amore misericordioso di Dio e si prepara all’incontro con Cristo Salvatore.
Con la conversione del cuore, perché senza un cuore rivolto a Dio conversione non sono possibili l’attesa, la speranza e la gioia per la venuta del Messia.
Con cuore di povero, cioè di chi non tanto è povero in senso economico, ma in senso biblico[2] di colui che si affida pienamente a Dio e si appoggia con fiducia in lui.
Con fede, virtù che ci è di sostegno per accogliere, come Maria, il Figlio di Dio fatto carne per la nostra salvezza.
Con speranza, che è fiduciosa attesa di un bene futuro assolutamente buono (cfr. San Tommaso d’Aquino, III Sent., d. 26, q. 2, a. 1, ad 3);
Con pietà che pratica la preghiera, che è – nell’Avvento - affettuosa invocazione all’Atteso: Vieni, Signore Gesù(Ap 22, 20).
Con gioia, espressione di un’attesa lieta perché Chi è atteso, certamente verrà. Dio è fedele.
Ho messo pe prima la vigilanza, l’attenzione -vale dire la tensione a presenza imminente di Cristo -, perché in questa I domenica di preparazione alla venuta del Figlio dell'Uomo nella nostra vita siamo invitati ad essere vigilanti. In effetti, la liturgia di oggi ci propone un brano del Vangelo, nel quale, Cristo ci chiede di essere attenti agli avvenimenti per scoprire in essi l’ora della venuta del Figlio dell’Uomo. Il Redentore, per illustrare come dobbiamo essere attenti agli avvenimenti, prima, ricorre all’episodio del diluvio universale al tempo di Noè e, poi, si paragona a un ladro che viene nella notte e a un padrone di casa che non sorveglia la sua abitazione.
Il non conoscere il giorno e l’ora della venuta di Cristo deve convincerci della necessità di vigilare sempre, di star sempre “pronti”, perché tutta la vita sia tensione a quell’ora e a quel giorno. A questo incontro con il Redentore dobbiamo arrivare preparati, per non essere colti di sorpresa, ma pronti ad accogliere Dio che viene senza avvisare, che arriva quando meno ce l’aspettiamo.
Dunque, la vigilanza è l’atteggiamento nel quale si deve vivere ogni frammento di vita personale e comune come fosse enormemente prezioso, anzi, il solo a disposizione, perché è l’attimo presente. Quando, mentre stava per morire, fu chiesto a santa Teresa del Bambino Gesù, se non aveva paura del ladro che stava per giungere, lei rispose che lo aspettava con desiderio e amore. Questa santa ci dà l’esempio di vigile serenità della carità, di grande apertura nei confronti di Dio, di intensa aspettativa e adesione a Lui. La preghiera d’inizio della Messa di oggi ben sintetizza tutto ciò: “O Dio, Padre misericordioso, che per riunire i popoli nel tuo regno hai inviato il tuo Figlio unigenito, maestro di verità e fonte di riconciliazione, risveglia in noi uno spirito vigilante, perché camminiamo sulle tue vie di libertà e di amore fino a contemplarti nell'eterna gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo” (Colletta della I Domenica di Avvento - Anno A).
2) Conversione nella gioia.
L’Avvento è il tempo in cui la Chiesa celebra la gioiosa attesa del Messia e la salda certezza sicura dell’Avvento del Regno di Dio che non è questione di mangiare o bere ma è giustizia, pace e gioia (cfr. Rm 14, 17). Ma solo ritornando al Signore con tutto il cuore nell’attesa della sua venuta e del suo ritorno questo Regno di pace, giustizia e gioia si instaurerà in noi e nel mondo.
La vigilanza richiede la conversione per lottare contro il dormiveglia e la disattenzione e la dimenticanza. Va però ricordato che la persona vigile, vigilante non indica, come invece abitualmente nel mondo greco, chi sta sveglio, raccogliendo tutte le proprie forze e trovando in se stesso tutto il coraggio possibile per affrontare la notte e l’eventuale nemico. Nel mondo biblico vigile è che è sta sveglio confidando in Dio e aggrappandosi a Lui, abbandonandosi a Lui. La parola vigilanza, quindi, non dica direttamente qualcosa da fare, ma un modo di vivere e di guardare.
L’inno d’Avvento: “Innalzate nei cieli lo sguardo” ci fa cantare che “la salvezza di Dio è vicina” e ci comanda “Risvegliate nel cuore l'attesa per accogliere il Re della gloria”. L'imperativo del guardare con il cuore sveglio cioè con attenzione e lucidità implica la lucidità di non lasciarsi incantare dalle apparenze ma l’acutezza di una vista che ci permetterà di riconoscere in una grotta il Bambino, “messaggero di pace”, che “reca al mondo il sorriso di Dio”.
Per essere biblicamente, cristianamente vigilanti è necessario quindi una conversione del cuore e dei “suoi occhi”. In effetti, senza una profonda conversione non è possibile l’attesa, la speranza e la gioia per la venuta del Signore. Lo spirito di conversione, proprio dell’Avvento, ha tonalità diverse da quelle richiamate dalla Quaresima, anche se in entrambi i due periodi liturgici siamo invitata a praticare più intensamente la preghiera, il digiuno e l’elemosina (=misericordia). La sostanza essenziale è sempre la stessa, ma, mentre la Quaresima è contrassegnata dall’austerità per la riparazione del peccato, l’Avvento è contrassegnato dalla gioia per la venuta del Signore.
A questo riguardo Papa Francesco insegna: “L'Avvento è tempo di gioia perché fa rivivere l'attesa dell'evento più lieto nella storia: la nascita del Figlio di Dio dalla Vergine Maria. Sapere che Dio non è lontano, ma vicino, non indifferente, ma compassionevole, non estraneo, ma Padre misericordioso che ci segue amorevolmente nel rispetto della nostra libertà: tutto questo è motivo di una gioia profonda che le alterne vicende quotidiane non possono scalfire” (18 dicembre 2015).
L’avvento è il tempo dell’attesa dell’eterno Dio che si fa presenza d’amore nel mondo. Proprio per questa ragione è, in modo particolare, il tempo della gioia, di una gioia interiorizzata, che nessuna sofferenza può cancellare. La gioia per il fatto che Dio si è fatto bambino. Questa gioia, invisibilmente presente in noi, ci incoraggia a continuare il nostro cammino con fiducia.
L'Avvento è per eccellenza il tempo della speranza, nel quale i credenti in Cristo sono invitati a restare in un'attesa vigilante ed operosa, alimentata dalla preghiera e dal fattivo e quotidiano impegno dell'amore.
Un esempio quotidiano di vivere l’attesa di Cristo con operosa carità ci viene dalla Vergini consacrate nel mondo. In ciò esse seguono l’invito che il Papa emerito Benedetto XVI :” 6. “La vostra vita sia una particolare testimonianza di carità e segno visibile del Regno futuro” (RCV, 30). Fate in modo che la vostra persona irradi sempre la dignità dell’essere sposa di Cristo, esprima la novità dell’esistenza cristiana e l’attesa serena della vita futura. Così, con la vostra vita retta, voi potrete essere stelle che orientano il cammino del mondo. La scelta della vita verginale, infatti, è un richiamo alla transitorietà delle realtà terrestri e anticipazione dei beni futuri. Siate testimoni dell’attesa vigilante e operosa, della gioia, della pace che è propria di chi si abbandona all’amore di Dio. Siate presenti nel mondo e tuttavia pellegrine verso il Regno. La vergine consacrata, infatti, si identifica con quella sposa che, insieme allo Spirito, invoca la venuta del Signore: “Lo Spirito e la sposa dicono ‘Vieni’” (Ap 22,17) (Discorso alle partecipanti al Congresso dell’ “ORDO VIRGINUM” sul tema “Verginità consacrata nel mondo: un dono per la Chiesa e nella Chiesa”,15 maggio 2008, n.6)
Lettura Patristica
Guerric d’Igny (ca 1070/1080 - 1157)
III serm. 1-2
Esser pronti all’incontro con il Signore
"Tieniti pronto all’incontro col Signore, o Israele, poiché egli viene" (Am 4,12).
E anche voi, fratelli, tenetevi pronti, perché "il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate" (Lc 12,40).
Nulla è più certo che egli verrà, ma nulla più incerto di quando egli verrà. Infatti, è così poco in nostro potere conoscere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta (Ac 1,7) che non è dato neppure agli angeli che lo assistono conoscere il giorno né l’ora (Mt 24,36). Anche il nostro ultimo giorno verrà, è certissimo; ma quando, dove o come sopraggiungerà, questo è molto incerto; noi sappiamo soltanto, come è stato detto prima di noi: per i vecchi, esso è alla porta, mentre per i giovani è in agguato. E almeno vegliassero su sé stessi coloro che vedono la morte pronta ad entrare anzi, che la vedono già entrare. Che non è forse già parzialmente entrata quando alcune parti del corpo sono già morte? E tuttavia in molti semimorti è dato vedere ancora viva la brama del mondo; le membra diventano fredde, e l’avarizia l’arde: la vita finisce, ma l’ambizione si prolunga. Visto che a noi pure, cui forse l’età o la salute sembrano promettere più lungo spazio, quanto meno la morte si profila all’orizzonte, tanto più allora, se noi siamo saggi, ci deve apparire piccola cosa. Affinché non accada che quel giorno ci sorprenda all’improvviso incauti e non preparati come un ladro nella notte (1Th 5,2). Poiché esso sta in agguato, tanto più va temuto quanto meno lo si può vedere o ci se ne può guardare. Per cui l’unica sicurezza è quella di non esser mai sicuri; giacché il timore, non tenendo all’erta, fa stare sempre pronti, finché la sicurezza prenda il posto del timore e non il timore quello della sicurezza...
Com’è bello, fratelli, e quale beatitudine, non solo rimanere sicuri di fronte alla morte, ma altresì trionfare con gloria per la testimonianza della coscienza; ...aprire con gioia al Giudice che viene e che bussa alla porta. Allora invero si vedranno, ahimè, gli uomini come me tremare per la paura; chiedere una dilazione, e non ottenerla; voler comprare con lacrime di penitenza dell’olio per la coscienza e non averne il tempo; voler evitare quei vizi spettrali e non poterlo; volersi nascondere nel corpo davanti alla collera che tuona, ed essere costretti a uscirne. Esalerà, "esalerà il suo spirito", e il peccatore "ritornerà alla terra" donde venne: "In quel giorno svaniranno tutti i loro disegni" (Ps 145,4). So che è della condizione umana essere turbati al momento decisivo della partenza; quando anche i perfetti non vogliono essere spogliati, ma rivestire il loro vestito di gloria sull’altro, e coloro che non si sentono colpevoli, poiché non per questo si trovano giustificati, sono costretti a temere un giudizio di cui ignorano il contenuto. Ma che la mia anima sia turbata a motivo della sua condizione, o per mancanza di santità, o per timore del giudizio, dice il giusto: Tu, o Signore, ricordati della tua misericordia, invia la tua misericordia e la tua verità, e libera la mia anima dai lioncelli, e io che prima ero turbato, poi in pace mi corico e subito mi addormento (Ps 41,7)...
Pertanto "tieniti pronto", o vero "Israele, per l’incontro col Signore", affinché non solo quando viene e bussa tu gli apra, ma quando ancora è lontano tu gli vada incontro allegramente e col cuore pieno di gioia, e avendo fiducia per il giorno del giudizio, tu preghi con tutta l’anima che venga il suo regno. Se dunque in quel momento vuoi essere trovato pronto, "prima del giudizio preparati la giustizia" (Si 18,19) secondo il consiglio del Saggio; sii pronto a compiere ogni opera buona e non meno pronto a sopportare qualsiasi male...
Tu dunque "vieni incontro a me" (Ps 58,5-6), che ti vengo incontro; poiché io non posso elevarmi alla tua altezza, se tu chinandoti "all’opera delle tue mani non mi porgi la destra" (Jb 14,15). "Vienimi incontro e vedi se c’è via di menzogna in me" (Ps 58,6 Ps 138,24); e se trovi in me una "via di menzogna" che io ignoro, "allontanala" e avendo misericordia di me, con la tua legge guidami sulla via eterna (Ps 138,24) cioè Cristo, che è la via per la quale si va e l’eternità alla quale si perviene, la via immacolata, la beata dimora.
[1] L’avvento ha quattro domeniche per il rito romano e sei per quello ambrosiano. Quest’anno siamo nell’anno A - secondo il ciclo liturgico triennale – e saremo accompagnati in esso dal Vangelo di Matteo. Alcune caratteristiche di questo Vangelo sono: l'ampiezza con cui sono riportati gli insegnamenti di Gesù (i famosi discorsi, come quello della montagna), l'attenzione al rapporto Legge-Vangelo (il Vangelo è la “nuova Legge”). È considerato il Vangelo più “ecclesiastico” per il racconto del primato a Pietro e per l’uso del termine Chiesa, in greco “Ecclesia” (dal verbo ek-kalein che vuol dire convocare, il cui sostantivo è appunto ecclesia=convocazione, assemblea) che non si incontra negli altri tre Vangeli di Marco, Luca e Giovanni.
[2] Questo povero o “anawim”, come lo chiama la Bibbia in ebraico, è il mite e l’umile, la cui disposizioni fondamentali sono l’umiltà, il timore di Dio, la fede.