sabato 15 settembre 2012

XXIV Domenica del Tempo Ordinario – Anno B – 16 settembre 2012


Rito Romano
Is 50,5-9a;Sal 114;Giac 2,14-18;Mc 8,27-35
“Tu sei il Cristo … Il Figlio dell’Uomo deve soffrire”

Rito Ambrosiano
III Domenica dopo il Martirio di San Giovanni il Precursore
Is 32,15-20; Sal 50; Rm 5,5b-11; Gv 3,1-13
“Manda il tuo Spirito, Signore, e rinnova la faccia della terra”


            1) Secondo me o secondo verità?
            Oggi come poco meno di duemila anni fa, Gesù chiede ai suoi discepoli: «Chi dicono che io sia?» (Mc 8,27).
            Con questa domanda, Cristo non vuole fare un sondaggio d’opinione, intende aiutare a rispondere non “secondo me”, ma “secondo verità”.
            Alla domanda di che cosa la gente pensi di lui, i discepoli rispondono: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Questa risposta mette in evidenza che i più non hanno colto la novità che Gesù è.
            Il Redentore allora si rivolge ai discepoli: «E voi, chi dite che io sia?», Pietro Gli risponde secondo verità e dice: «Tu sei il Cristo», ma  Gesù sente il bisogno di precisare: «Sono il Figlio dell'uomo che deve molto soffrire».
            Perché il Cristo fa questa precisazione? Perché per mostrare che «Dio è Amore» (1 Gv 4,16), il Figlio di Dio deve soffrire e morire crocifisso?
            Ai tempi della vita “terrena” di Cristo la croce era il supplizio infame per eccellenza. Era la condanna dello schiavo. Neppure l'animale era trattato così.
            Perché Dio ha scelto per il suo Figlio e per noi questa via? Perché il Cristianesimo è il rovesciamento di tutti i valori, così come l'uomo li sente, così come l'uomo li vive? Perché invece della gioia il dolore, invece della grandezza l'umiltà, invece della forza la debolezza, invece del trionfo l'infamia e la morte. Perché seguire Cristo sulla Croce se Lui stesso prima di iniziare la sua Passione ha pregato il Padre: «Padre,se è possibile allontana da me questo calice»? Che cosa dunque c'è di strano se anche San Pietro circa duemila anni fa e noi oggi proviamo una reazione immediata di ripugnanza e di rifiuto nei confronti della Croce e della sofferenza, sia che questa colpisca il fisico, sia che opprima l'anima?
            Fortunatamente a tutte queste domande ci sono le risposte, che possiamo capire se, prima di tutto, stampiamo i nostri occhi sul Crocifisso e in lui –trafitto- contempliamo l’Amore che offre la vita per noi.
            L’importante è non scappare dal Calvario e stare  sotto la Croce come la Madonna e Giovanni. Così potremo imparare la sapienza della Croce e cogliere la grandezza e l’efficacia della carità di Crocifisso che in Croce ha ucciso la morte ed ha fatto trionfare la vita con l’amore che si dona. La morte di Cristo è vita in noi e il suo amore riempie della sua pienezza il nostro cuore che è reso sorgente di pace perché capace di amare persino i nemici e: «Non ci sono più nemici se li amiamo» (Giovanni Papini).
            «La croce non è fine a se stessa. Essa si staglia in alto e fa richiamo verso l'alto. Quindi non è soltanto un'insegna, è anche l'arma potente di Cristo, la verga da pastore con cui il divino Davide esce incontro all'infernale Golia, il simbolo trionfale con cui Egli batte alla porta del cielo e la spalanca. Allora ne erompono i fiotti della luce divina, sommergendo tutti quelli che marciano al seguito del Crocifisso» (Andrea da Creta).
           
            2) Secondo la verità vuol dire secondo la libertà!
            La Croce, dunque, non è una fatalità e abbracciarla è libertà e pace senza misura. Non si sale il Calvario perché si obbligati dal destino,  ma perché sulla cima di quel monte c’è Cristo in Croce che ci aspetta e ci mostra non solo com’è  l’amore secondo verità, ma come grande è la libertà di un amore che fa dire al Signore Crocifisso: “Perdonali, Padre, perché non sanno quello che fanno”, “Ecco tua Madre…Ecco tuo figlio”. Insomma l’amore di Dio è misericordia, verità e libertà, pace e dolcezza.
            Solo il Crocifisso è capace di essere il vero buon Pastore che mette Giuda sulle sue spalle, come si vede in un capitello della Basilica di Vezelay, bellissima Chiesa francese, dedicata alla Misericordia come Santa Maddalena l’ha sperimentata e vissuta.
            La Croce è il segno massimo del perdono. La Croce non è la fine triste di un’avventura carica di promesse non mantenute, è la chiave che apre alla Vita per sempre.
            La Croce di Cristo è un libro da studiare come ha fatto san Francesco d’Assisi. Si legge nelle Fonti Francescane che questo grande santo “sfogliava e risfogliava, di giorno e di notte, il libro della Croce” (FF). Con Cristo la Parola non è più una parte di un discorso ma una Presenza, una concreta Parola d’amore concreto, che fa vivere ora e sempre, che libera ora e per sempre.           
            Dall’inizio alla fine della sua vita, dall’incontro col Crocifisso di San Damiano all’impressione delle Stimmate sulla Verna, il Cristo in Croce sta davanti agli occhi di san Francesco come l’Amore di Dio che si è lasciato inchiodare sulla croce per la nostra salvezza.
            E’ questo amore che Francesco volle accogliere, conformandosi ad esso, divenendo simile a Cristo anche fisicamente e irraggiando gioia: la letizia francescana.
            La Croce è stata per San Francesco la chiave per comprendere le Scritture, per capire appieno la Parola di Dio. E’ stata precisamente questa chiave, la Passione di Dio per l’uomo, a rendere il piccolo Francesco un grande sapiente, un vero «esegeta della Parola di Dio», del Verbo Crocifisso.
            San Francesco non temeva la Croce, ma l’inutilità della vita. Lui capì pienamente che la Croce è ciò che dà senso al vivere, è ciò che permette di vivere con gioia, mano nella mano con Dio, Padre provvidente.
            La Croce è il segno evidente che Dio non è un despota ma un amore che si dona. Cristo, il Redentore dell’uomo e del mondo, si mette in ginocchio davanti all’uomo per lavargli i piedi, prende la croce per lavarlo totalmente, con l’acqua ed il sangue sgorgati dal suo cuore aperto da una lancia.

            3) La Verità “utile”.
            Chi e che cosa garantisce che il Crocifisso sia la verità e che sia una verità “utile”? Come può un morto in Croce essere la Verità buona per la salvezza?
            Ogni essere umano desidera la luce, la vita, l’amore vero. Cristo tramite la Croce dimostra di essere tutto ciò, perché con la Croce Lui ha aperto la strada del ritorno.
            Non solo perché l’uomo può camminare verso di lui, ma perché è Dio che con la Croce conferma il suo cammino verso di noi e con noi: la Croce è la “via”, su cui Cristo raggiunse e raggiunge l’uomo .
            La vita cristiana più che essere un cammino verso Dio è un cammino di Dio che discende  verso l’uomo. Lui è disceso tra di noi e noi possiamo incontrarlo, e accoglierlo. Non dobbiamo capire solo in modo teorico, intellettualoide il ruolo della Croce nella vita Sua e nostra.
            Mi spiego con un episodio che mi è successo quando ero viceparroco a Casirate d’Adda, piccola parrocchia della diocesi di Cremona.
            Eravamo nel periodo di Natale. Anche a scuola i bambini delle elementari avevano fatto un presepe. Un giorno in cui ero andato per fare la lezione settimanale di religione, alcuni di loro mi chiamarono per dirmi: “Venga a vedere il nostro presepe”. Andai nel grande corridoio della scuola, raggiunsi l’angolo (era una superficie di 8-10 mq) dove il presepio era stato messo. Era una presepe ben costruito ma semplice perché fatto da bambini di 9-10 anni: c’era Gesù bambino, Maria e Giuseppe, i pastori, i Re Magi. Un presepe come tanti. Fui però stupito quando vidi che la volta della grotta era attraversata da una croce, la quale nella sua parte finale diventava la culla dove era stato deposto Gesù bambino.
            Stupito, domandai ai bambini che con le maestre mi circondavano: “Perché avete messo Gesù bambino sulla Croce?”. Un piccolo scolaro mi rispose subito: “Ce l’ha detto Lei. La Croce è lo scivolo con il quale Gesù è disceso dal Cielo”. Fui toccato profondamente, perché i bambini avevano capito la spiegazione che avevo fatto loro alcuni giorni prima di Natale, dicendo che Gesù  era l’unica persona al mondo che era nata per morire, per morire per noi, e che ci salvava non nonostante la Croce, ma attraverso la Croce, la cui parte terminale fu trasformata dai bambini di Casirate nella culla di Gesù bambino.
            Quei bambini non solo avevano capito bene il mio insegnamento, ma lo avevano completato e migliorato.
            Non ci resta che ritornare bambini, che ascoltano senza pregiudizi, che guardano a Cristo con semplicità e stupore e prendono sul serio Cristo.
           Con lo stupore dei bambini chiediamo, come suggerisce la liturgia ambrosiana di oggi, “Manda il tuo Spirito, Signore, e rinnova la faccia della terra. E Cristo ci donò questo Spirito, spirando  in Croce, che non è una sconfitta, ma la radice della Risurrezione, di una vita nuova, vera: spirituale.

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